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Autore: LaMicheCoria    20/08/2010    4 recensioni
[Star Trek: The Original Series/ Star Trek XI: Il Futuro Ha Inizio]
Anno:2261 - Una missione, la lotta personale di James Tiberius Kirk con il proprio futuro, che è per lui passato e presente, e la minaccia costante dell'Impero Romulano. Spock Prime, assunto il ruolo di Ambasciatore col nome Selek, vuole la pace coi Romulani. Vulcano e Romulus la guerra. Riuscirà o troverà la morte?
Anno: 2387 - La Supernova raggiunge Romulus, distruggendolo. Il destino di Spock è quello di finire trascinato nel baratro di un paradosso temporale causato dal Buco Nero creato dalla Materia Rossa, ma che ne sarà di coloro che hanno perso con lui anche il proprio popolo? La rabbia e il dolore. Un'azione disperata..

-Capitano?-
-Sì? Cosa c’è, signor Spock?-
-C’è un Vulcaniano tra i prigionieri- (tratto dal Capitolo 3)
La tanto promessa Long Fiction di Nemeryal è finalmente arrivata alla Base Stellare di EFP!
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2261-5-

Capitolo 5
Missione di Salvataggio

 

Anno: 2261

 

(Kingdom Hearts I Original Soundtrack – Treasured Memories)
I raggi lunari scivolavano argentei sulle cupole splendenti della Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato1: le spire azzurre e bianche che si rincorrevano sulla superficie curva e liscia della più alta facevano a gara per raccogliere lo scintillio candido delle stelle. Accanto, la cupola dorata risaltava, colpita dalle luci della città, e la sua compagna, oltre le due arricchite di placche argentate, mostrava solo in parte il proprio volto, nascosto nell’ombra.
Il fiume cantava sotto la Chiesa, accompagnando lo scricchiolare delle scarpe dei passanti sulla neve fresca e le grida eccitate dei bambini che si rincorrevano sotto la luce dei lampioni e l’imponente facciata.
Sotto di essa, Ivan teneva in braccio il piccolo Rafail, che si sporgeva dal petto del padre con la manina tesa ad indicare la guglia più bassa, incantato dai riflessi dei fiocchi di neve che vi turbinavano attorno.
Ivan rideva, piccoli cristalli di ghiaccio incastonati come gemme preziose nell’accenno ispido di barba, sulla lunga sciarpa nera o nel cappello blu notte, da cui uscivano alcune ciocche bionde, bagnate per la neve.
Ida si strinse di più nel cappotto, sfregandosi le palme delle mani e soffiandovi sopra per riscaldarle, nonostante fossero protette da un paio di guanti di lana; il respiro si condensò davanti ai suoi occhi, divenendo una macchia bianca contro il cielo notturno di Leningrado2.
Alzò lo sguardo su Ivan, nascondendo un sorriso dietro la sciarpa, prima di chinarsi a terra e raccogliere un po’ di neve fra le mani e appallottolarla. Cercando di non ridere, alzò il braccio e lanciò la palla, che andò a schiantarsi con un sonoro tonfo contro la schiena di Ivan. L’uomo emise un verso sorpreso e si voltò, sul volto un finto cipiglio indignato.
La donna scoppiò a ridere, mentre Ivan poggiava Rafail a terra e gli sussurrava qualcosa all’orecchio; il bambino, le guance arrossate per il freddo e gli occhi lucidi per la stanchezza e la gioia, annuì, facendo dondolare il pon pon rosso del cappellino.
-Stai pronta, mamma!- le gridò Rafail, inginocchiandosi a terra e raccogliendo un po’ neve.
Ida sorrise in direzione di Ivan e non si scansò quando si vide arrivare addosso la palla di neve; alzò le mani per proteggersi il viso, i capelli che le aderivano bagnati alle tempie e le labbra livide per il freddo.
Fece per abbassare le braccia, ma qualcuno, più veloce, le cinse la vita, costringendola contro il suo petto.
La donna chiuse gli occhi. Sentiva il cuore di Ivan pulsare caldo sotto le proprie guance e il suo respiro profondo, appena ansante per la corsa che aveva fatto per raggiungerla. Le mani di lui erano forti, la stringevano con dolcezza, ma decisione, come se non la volesse lasciare, per paura di perderla.
Ida scostò il volto dal torace dell’uomo e gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte, per potersi perdere nei suoi occhi così caldi e intensi. Ivan le accarezzò la schiena, poi le posò un lieve bacio sulla fronte.
La donna sorrise, con le guance arrossate, alzandosi in punta di piedi e sfiorando le labbra di lui con le proprie.
Ivan strofinò il naso contro il suo e sorrise, rendendo più profonda la piccola cicatrice sotto l’occhio sinistro.
-Quanto starai via?- le chiese.
-Non sarà una missione lunga- rispose Ida, evitando il suo sguardo e osservando il piccolo Rafail giocare con la neve poco più in là –Si tratta solo di un anno-
-Un anno è lungo- le ricordò lui, prendendole il mento fra le dita –E lo Spazio è pericoloso-
La donna sorrise
-Sì, ma è solo una missione di ricerca e studio- disse, circondandogli il collo con le braccia –Staremo lontani dai territori Klingon e i Romulani ci hanno dato un permesso particolare di transito quando ci troveremo ai confini della zona Neutrale-
-Non ti fidare del Romulano che porta doni3- annuì Ivan, aumentando la stretta attorno alla sua vita.
-I Romulani ora vogliono la pace- Ida sbatté le palpebre, con la sensazione che l’abbraccio dell’uomo le stesse togliendo il respiro –Dopo quello che è successo due anni fa..-
-Lo so. Fai attenzione comunque. Abbiamo bisogno di te, qui- Ivan accennò al piccolo Rafail con un movimento del viso.
Ida ansimò, sentendosi intrappolata fra le braccia dell’uomo. Il respiro le lacerava i polmoni e la gola, gli occhi bruciavano e il cuore batteva impazzito contro il petto.
-Ivan..- gemette, facendo leva con le braccia per allontanarsi da lui –Ivan, lasciami!-
Alzò lo sguardo, ma non era più Ivan a tenerla stretta tra le braccia, ma l’Ombra. Nera, orribile, viscida, sinuosa e pericolosa come un serpente. La Chiesa si sgretolò davanti ai suoi occhi, il lampione si sciolse, la sua luce divenne nera come la pece e colò pesante sulla neve candida, stendendosi su di essa come un corvo che dispiega le proprie ali contro il sole.
Si voltò, terrorizzata, in direzione di Rafail, ma del bambino non erano rimasti altro che gli occhi, grandi, supplichevoli, che la chiamavano silenziosi, con un grido muto e straziante, che le affondava bollente nel cuore, mentre la stretta dell’ombra si faceva più forte, sempre più forte, mozzandole il fiato, impedendole di respirare.
Sentì dietro di sé il fiume ribollire e le sue acque agitarsi melmose contro le caviglie, artigliandosi alla sua pelle e salendo, salendo ghiacciato e pesante, avvolgendola, gambe, braccia, petto, fino ad arrivare al collo e al viso e da lì riversarsi nelle labbra aperte in un urlo di disperazione e di aiuto.
Boccheggiò, annaspando in cerchia di aria, ma stava affogando, nelle tenebre e nelle acque melmose del fiume, col grido di Rafail che schioccava e rimbalzava e rombava nella sua mente e nel suo cuore, con Ivan che la teneva stretta, sempre più stretta, col fiato tenacemente aggrappato alla gola, il respiro costretto nei polmoni brucianti, gli occhi che lacrimavano e si appannavano, e il Padre Eterno che la fissava grave dallo sfondo dorato della facciata, circondato dagli angeli, e la guardava senza fare nulla, mentre lei affogava, stretta dalle tenebre, dall’ombra, dal fiume, da Ivan e da Rafail che urlava senza voce, Rafail dagli occhi grandi e supplichevoli.
-Ida!-
Riaprì gli occhi di scatto, inghiottendo l’aria stantia della cella;boccheggiò e si gettò carponi a terra, scossa dai conati di vomito. Sentì una mano accarezzarle la schiena per cercare di calmarla, mentre tutto il corpo era attraversato da brividi di freddo e paura, e le braccia tremavano, incontrollate.
La donna prese un respiro profondo e si asciugò le labbra con il dorso della mano, chiudendo gli occhi e ignorando il tremito che la stava attraversando come una scossa.
Tornò a sedersi, poggiando la schiena contro il muro e prendendo qualche respiro profondo, poi si azzardò a riaprire gli occhi. Dovette sbattere più volte le palpebre, perché la vista era appannata e i contorni, seppure bui, immersi nell’oscurità, erano velati e parevano quasi ondeggiare.
Si sfregò gli occhi con le mani e si accorse di avere le guance bagnate di lacrime.
-Stai bene?- mormorò Haleema, affiancandosi a lei e mettendole una mano sulla spalla.
Ida annuì, ancora incapace di parlare. Abbassò la mano e i suoi occhi si posarono sulla fede d’oro che portava all’anulare: la superficie era graffiata e il colore era opaco, freddo.
Chiuse le dita a pugno e le portò al petto.
-Hai sognato Ivan, vero?- le chiese Haleema, lasciandole andare la spalla e raccogliendo le ginocchia al petto.
Ida non rispose, evitando di guardarla.
-Ida..- le sussurrò Eleni, la voce rotta dalla fatica e dal dolore, dalla cella accanto –Se lui è..morto..né tu, né Ivan, né tuo figlio dovete..sentirvi in..colpa-
La donna serrò la mascella per reprimere un singhiozzo, sbattendo veloce le palpebre per cacciare via le lacrime che erano andate a raccogliersi ai lati degli occhi.
Non si era nemmeno accorta di aver ceduto alla stanchezza. L’ultima cosa che ricordava era di aver continuato a gridare fino a quando Eleni non le aveva risposto di star bene, e poi il buio.
Si stava arrendendo. Stava scivolando nel passato, nei ricordi, la sua mente stava iniziando a proteggersi dal dolore e dalla sofferenza del presente e di un futuro che non avrebbe conosciuto.
Là, a Leningrado, nella neve che turbinava lenta, sotto la luce dei lampioni e delle stelle, dove il piccolo Rafail non sarebbe mai cresciuto e l’amore di Ivan non si sarebbe mai spento, là, la sua mente e il suo corpo avrebbero trovato un rifugio da cui non sarebbero mai usciti.
Ma arrendersi, rifugiarsi in un mondo illusorio di ricordi e memorie non era quello che desiderava.
Rafail, Ivan, Leningrado, l’avrebbero aiutata ad andare avanti, come un obiettivo, una nuova missione che non le era permesso fallire.
-Era la sera prima della mia partenza per San Francisco- spiegò, poggiando la nuca contro il muro mentre un sorriso malinconico le si posava sulle labbra.

 

***

(Final Fantasy VII Advent Children Original Soundtrack – Aeris No Theme)
Diario di Bordo, parla il Tenente Comandante, Montgomery Scott.
Data Astrale: 53781.44
Il Capitano Kirk insieme alla squadra di salvataggio, di cui fanno parte anche il Primo Ufficiale, il signor Spock, l’Ufficiale Medico Capo, il signor McCoy e il Tenente Sulu, sono partiti dalla Base Stellare K-9 da otto giorni punto cinque ore.
Sono quattro giorni punto nove ore che non riceviamo più alcun messaggio criptato da parte della Nave non-registrata Odysseus.
Non è mi è comunque concesso intervenire in nessun modo, né inviando un messaggio dalla stessa Enterprise né lasciando la Base Stellare K-9. A conti fatti, non mi è neppure permesso prendere una qualsivoglia decisione che vada contro gli ordini precedentemente datimi dal Capitano Kirk.
L’unica cosa possibile è aspettare.
Aspettare la riuscita o aspettare la sconfitta, non ci è concesso altro.
Nonostante la preoccupazione, nonostante la paura, devo aspettare. Un qualsiasi intervento di Starfleet ai confini dell’Impero Klingon potrebbe essere usato da questi ultimi come pretesto per una guerra intergalattica.
Tutto in segreto, agire per Starfleet senza far sapere a nessuno che è Starfleet a muovere le fila, usare Navi non-registrate concesse dalla Federazione per evitare che si sappia del coinvolgimento della Federazione stessa nel piano di salvataggio.
Le trame di Starfleet sono sottili e segrete e se qualcuno, alla fine, ci rimetterà, sono pronto a scommetterci le gondole della Enterprise che  quel qualcuno sarà proprio il Capitano Kirk. Oh, certo. Se la guerra intergalattica dovesse davvero scoppiare, la colpa non sarebbe di Starfleet, perché Starfleet, a tutti gli effetti, non è mai davvero intervenuta per salvare i membri della Ifigenia, interferendo nelle leggi di un mondo che a Starfleet ha candidamente mostrato il dito medio, e..

Scott si bloccò, riconsiderando a mente lucida l’ultima parte che aveva appena registrato. Si lasciò sfuggire un sospiro impotente e premette uno dei tasti sulla consolle della poltrona del Capitano.
-Computer, cancellare l’ultima parte- decise, passandosi una mano sugli occhi –Anzi, cancella tutto a partire da “L’unica cosa possibile è aspettare”-
Il Tenente Comandante  si passò una mano sul collo, mentre i dati venivano cancellati dal database con un sommesso crepitare del computer.
Certo, ci mancava solo che Starfleet ascoltasse quel rapporto e poi lo strapazzasse per bene di conseguenza. Forse la Corte Marziale no, ma avrebbe sicuramente dovuto dire addio alla Enterprise e a tutto quel ben di Dio che aveva al posto dei motori. E, soprattutto, avrebbe dovuto dire addio al Capitano e all’equipaggio.
-Io non sono fatto per il comando!- sbottò, allargando le braccia nel silenzio della plancia vuota –Io sono più un tipo da motori e simili, che passa il suo tempo libero con un bicchiere di Scotch Whiskey in una mano e un cacciavite nell’altra! Cosa ci sto a fare, io, sulla poltrona di comando?-
Si strinse la radice del naso fra le dita, soffocando un’imprecazione fra i denti.
Era preoccupato, diamine!
Preoccupato che quella combriccola di matti capitanati di Kirk non facesse più ritorno, che la Enterprise dovesse lasciare la Base Stellare K-9 senza il suo miglior capitano al comando e che Starfleet potesse perdere uno dei suoi uomini più promettenti.
Nemmeno lavorare sui suoi adorati motori riusciva a distoglierlo da quei pensieri cupi.
Solitamente, tutte i brutti presentimenti, il pessimismo, la rabbia, il rancore, la preoccupazione, scorrevano dalla sua mente fino alle dita, crepitavano come fiammelle nelle sue mani e svanivano in un soffio caldo, trascinati via dal rombare delle turbine, persi nei condotti che percorrevano simili ad un labirinto il corpo flessuoso della Nave. Se aveva un problema tecnico da risolvere, ecco che anche quelli personali parevano risolversi con una controllata al reattore, ai fusibili delle macchine, agli schermi o agli scudi.
Tutto assumeva una connotazione più terrena e manuale, e non c’era nulla di manuale che lui, Montgomery Scott, non sapesse risolvere.
Eppure questa volta era diverso.
I presentimenti si rifiutavano categoricamente di scomparire in uno sbuffo di fumo, cancellati da una macchia d’olio scuro e appiccicoso, ma si aggrappavano con tenacia al suo animo, scalciando come cavalli imbizzarriti e scalpitando inferociti dentro la sua testa.
Sfregò fra loro i palmi delle mani, sbuffando contrariato, cercando di inventarsi qualcosa per tenersi occupato, quando la porta del TurboLift si aprì con un ronzio sommesso.
Scott si voltò di scatto.
-Scotty!-
-Nyota!- esclamò sorpreso lui.
Il Tenente Uhura rimase per alcuni istanti ferma sulla soglia del TurboLift, mordicchiandosi il labbro inferiore e schiarendosi appena la gola.
Se oltre a loro ci fosse stata la plancia al completo, Scott non avrebbe mai osato chiamare Nyota col suo nome, limitandosi ad un neutro e professionale “Tenente Uhura” o, al massimo, ad un semplice “Uhura”, ma lì, da soli, poteva anche tralasciare la freddezza del protocollo lavorativo per qualcosa di più caldo e famigliare.
-Sei venuta a controllare se è arrivato qualche messaggio?- le chiese Scotty, vedendola a disagio.
-Sì- ammise lei, avvicinandosi alla propria postazione e prendendo l’auricolare metallico fra le dita.
Scott si limitò ad annuire, mentre la donna si girava sulla sedia, dandogli le spalle, il viso piegato a sinistra e rivolto verso l’alto, le mani posate sulla consolle delle comunicazioni e gli occhi fissi, le labbra appena dischiuse e l’orecchio attento a captare anche il più piccolo segnale da parte di Kirk e Spock.
Era bella, Scotty doveva ammetterlo.
Col corpo alto e flessuoso avvolto nella divisa scarlatta della Sezione Tecnica, il viso triangolare dai tratti delicati, la pelle d’ebano e gli occhi grandi e profondi, accentuati dal collo sottile e dalla coda di cavallo che le ricadeva con grazia oltre le spalle5,Nyota era fra le donne più belle che avesse incontrato.
Uhura dovette accorgersi del suo sguardo, perché abbassò gli occhi scuri e gli rivolse un accenno di sorriso.
Scotty ricambiò, rivolgendole un cenno di incoraggiamento.
La amava? No, ma gli sarebbe piaciuto.
Rispettava Uhura e voleva per lei tutto il bene possibile, per lei, che sembrava così fragile con quel viso minuto e lo sguardo limpido e aperto, ma col sangue ardente dell’Africa che le scorreva dentro come fuoco, che le illuminava il volto e gli occhi, che riscaldava con dolcezza chi si fosse avvicinato per tenerla stretta a sé e amarla come meritava, ma che bruciava chiunque si fosse avvicinato solo per ferirla.
Scotty aveva visto più volte il fuoco ardere dentro i suoi occhi e incendiarle lo sguardo, ma non lo aveva mai visto sciogliersi in lacrime di cenere spenta e inutile.
Nemmeno quando il silenzio si era insinuato gelido fra lei e Spock l’aveva vista piangere.
Non c’era stato nessun segno della disfatta della loro relazione, forse per quel “legame” che gli altri membri dell’equipaggio, soprattutto i più vicini ai due, dicevano esistesse fra loro. Un legame per cui i pensieri dell’uno si fondevano, si abbracciavano e si univano con quelli dell’altra, in una dolce assenza di parole, dove non c’era bisogno di voce, ma solo del “legame” dei loro spiriti sempre in accordo, sempre per mano anche quando c’erano piani e TurboLift e pianeti a dividerli nel mondo fisico.
Forse era proprio per quello che Uhura aveva accettato tutto senza una sola lacrima a rigarle il volto.
Forse aveva sentito dentro di sé il filo della loro relazione sfaldarsi lentamente, con un tendere sommesso del legame, fino a quando non si era sciolto, lì, nel silenzio e nell’ombra dell’Universo. Era scomparso come una goccia di pioggia che dal cielo si infrange sulla superficie calma del mare. Era divenuto parte dell’Immenso, del Tutto, increspandone appena la superficie, poi più nulla.
Ma quella goccia, anche se persa nell’Immenso, continuava ad esistere.
Forse si stava solo lanciando in qualche ridicolo volo pindarico sull’Essere, ma Scotty aveva la netta sensazione che il legame fra i due esistesse ancora, ma si fosse trasformato. Le loro mani non era più intrecciate, ma si sostenevano una con l’altra, là per darsi aiuto e conforto ovunque e ogni volta che ce ne fosse stato bisogno.
Scotty scosse la testa, con un sorriso amaro a piegargli le labbra.
Le voleva bene, ma non l’amava. Non ancora, almeno.
Magari chissà, col tempo..riusciva quasi a vederla, più anziana, coi capelli striati d’argento, che si piegava su di lui, accarezzandogli con dolcezza il viso; riusciva a scorgere nei suoi occhi quello stesso calore che tante volte aveva visto avvolgere il gelo Vulcaniano nello sguardo di Spock.
Ma erano solo sue illusioni, nulla di più. Voleva bene a Nyota e la rispettava, desiderava per lei tutto il bene possibile, tutta la felicità e l’amore che si meritava, nulla di più. E nel futuro..chi poteva dirlo?
-Scotty, perché sorridi?-
-Come?- chiese lui.
-Stavi sorridendo- gli spiegò di nuovo Uhura, scrollando il capo.
Il sorriso sul volto di Scott scomparve quando vide l’espressione di Nyota.
-Ancora nessun messaggio, vero?-
La donna trattenne il respiro, gli occhi fattisi lucidi per qualche istante, poi si tolse l’auricolare e l’appoggiò con un sospiro sopra la consolle.
Scotty fece per avvicinarsi e metterle una mano sulla spalla, ma esitò.
-Ascoltami, Nyota- le disse portandosi le mani ai fianchi –Spock è riuscito a mirare ad un proiettile con un proiettile più piccolo, con una benda sugli occhi e stando in groppa ad un cavallo6-
Uhura aggrottò le sopracciglia, confusa.
-Cosa?- domandò, con uno sbuffo divertito.
Scotty sorrise e le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla
-Per lui, questo è un gioco da ragazzi. Vedrai, andrà tutto bene..- la rassicurò –Ora, vado! I miei bambini mi stanno aspettando!- esclamò, raggiungendo con pochi balzi il TurboLift.
Nyota si alzò dalla postazione e si voltò verso di lui, proprio mentre le porte cominciavano a scivolare sui cardini con un ronzio.
-Grazie, Scotty-
-Di nulla, milady- la salutò l’Ingegnere, sfiorando la tesa di un capello immaginario e rivolgendole un piccolo inchino.

 

***

 

(Kingdom Hearts I Original Soundtrack – Destiny’s Force)
Dante scattò in piedi e si accasciò contro la parete per non cadere di nuovo.
La guardia, scaraventata davanti all’entrata della sua cella da chissà quale forza, emise un grugnito e strabuzzò gli occhi, col sangue violetto che scorreva denso lungo il labbro sporgente.
Il medico deglutì a vuoto, col cuore che pulsava impazzito contro le costole e il respiro che usciva in ansimi brevi e gorgoglianti.
Il corpo esanime della guardia crepitò e divenne polvere rossa, che andò a mescolarsi il grigio del pavimento, brillando sopra le chiazze scure di sangue secco e fango.
L’uomo cercò di rimettersi in piedi, ma la debolezza gli attraversò le ginocchia come una scossa, costringendolo ad abbandonarsi nuovamente contro il muro, mentre gli altri, pochi schiavi che erano rinchiusi con lui in quell’ala dei sotterranei gridavano per la sorpresa ed il terrore.
Il medico si portò una mano alla nuca, laddove sentiva ancora il Contatto con Spock pulsare e ardere come fosse una fiamma e gemette, lasciando cadere la testa contro il petto e scivolando carponi a terra.
Ignorò il rumore secco e stridente delle sbarre che si piegavano, accartocciandosi su se stesse, troppo concentrato sul dolore intenso che gli martellava contro la testa, sempre più forte, sempre più vicino.
Si raggomitolò su se stesso, con la ferita del Legame che si propagava come lava incandescente lungo il collo, la schiena, gli arti, ribollendo dietro le palpebre, nelle vene, gorgogliando dentro i polmoni, incenerendogli il cuore.
Due mani lo afferrarono per le spalle e lo costrinsero ad alzare gli occhi.
-Dottore, dobbiamo andare-
-Spoc..Spock!- boccheggiò Dante, portandosi le mani al volto e affondandovi le unghie –Basta, ora…Basta!-
Il Vulcaniano annuì e gli posò le dita sulla tempia sinistra.
Gli occhi del medico divennero opachi, poi si rivoltarono dietro le orbite e il suo corpo, privo di sensi, si abbandonò contro il petto del Primo Ufficiale.
Spock si alzò e affidò velocemente il dottore ad un membro della squadra di sbarco, facendogli segno perché si sbrigasse ad uscire da lì.
Si chinò  sul corpo del Vulcaniano ancora a terra, constatando che respirava ancora e che il battito cardiaco, seppur debole e più lento del normale, non era cessato.
Si caricò il ferito sulle spalle e si gettò fuori dalla cella; gli altri membri della squadra di sbarco incaricati di occuparsi di quel settore lo avevano già preceduto, portando con loro anche gli schiavi delle diverse razze rinchiusi nel sotterraneo.
Svoltò l’angolo e vide uno dei suoi compagni, il phaser ben stretto tra le mani, che lo aspettava, come d’accordo.
Gli fece un cenno sbrigativo con la testa e lo seguì lungo lo stretto corridoio, illuminato a tratti dalla luce traballante delle lampade ad olio fissate sul soffitto. Arrivarono all’entrata dei sotterranei, laddove varie strade si diramavano, perdendosi nel buio, verso gli altri settori e celle.
Sopra di loro, in cima alla scalinata che portava al piano superiore, Spock poteva sentire il crepitare dei phaser e del fuoco di copertura, le urla dei suoi compagni e delle guardie di Kharandel, e l’odore intenso e metallico del sangue.
A terra, davanti all’entrata di uno dei corridoi, giacevano due membri della Sezione Tecnica; accanto a loro, con una ferita che dal collo le arrivava fino al ventre scoperto, il corpo senza vita di una donna di Orione, i cui occhi, vacui, fissavano il vuoto, sbigottiti, come a chiedersi per quale motivo le fosse stata negata la salvezza.
Spock si tese, ogni senso all’erta per cogliere il minimo segno dell’aggressore, quando, nel buio di una delle entrate dietro di lui, udì un ringhio. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere una delle guardie balzare dalle tenebre, un’ascia bipenne tra le mani tozze.
Indietreggiò e l’avversario si piegò sulle gambe bitorzolute, snudando le zanne impiastrate di saliva verdastra, per poi darsi la spinta in avanti e spiccare un salto. Il Vulcaniano percepì il ronzio sommesso di un phaser dietro di lui e si scansò.
Il flusso energetico gli sfiorò la guancia destra e andò a schiantarsi contro il petto della guardia, che sgranò gli occhi emettendo un ruggito incredulo. Il corpo massiccio venne sbalzato all’indietro, contro i cardini e gli infissi di una delle entrate. Ci fu un boato tremendo e il terreno franò, bloccando così l’accesso al corridoio.
-Signor Spock, state bene?-
Il Primo Ufficiale rimase qualche istante in silenzio, osservando attonito le pietre che intrappolavano i suoi uomini e gli altri schiavi: poteva sentirne le urla, i colpi di tosse dovuti alla polvere, il rantolo di qualcuno rimasto sotto le macerie e il pianto di convulso di chi si era visto strappare via la libertà ad un passo dal raggiungerla.
-Signor Spock, dobbiamo andare!-
-Sì..- rispose il Vulcaniano annuendo e voltandosi verso il compagno, bianco in volto e con la mascella contratta –Avete ragione. Andiamo, signor Marrow-
 Fecero per salire la scalinata, quando dal’ingresso davanti a loro uscì un altro membro della squadra di sbarco: portava fra le braccia una donna sull’orlo dell’incoscienza, col sangue che le scorreva lungo le gambe e la testa abbandonata contro il petto. Dietro di lui, altre due donne, il volto e gli abiti laceri chiazzati di rosso, gli occhi sgranati e le labbra livide.
Spock fissò il phaser che la più minuta teneva fra le mani, poi alzò lo sguardo.
-Il Tenente Kane- mormorò l’uomo che teneva fra le braccia la donna svenuta –Non ce l’ha fatta-

 

***

Kirk rotolò dietro il divano bitorzoluto, si inginocchiò e si sporse dallo schienale, facendo fuoco.
Una delle guardie di Kharandel fece scudo al suo signore col proprio corpo, muggendo come un toro inferocito e disintegrandosi all’istante.
Il mercante schioccò la lingua contro il palato e si gettò carponi sul pavimento, proprio mentre un altro colpo di phaser proveniente da destra lo sfiorava al fianco.
Jim ringhiò e si lanciò fuori dalla sua barriera improvvisata, ignorando le urla dei suoi compagni.
Tese le braccia, pronto a far partire il colpo, quando si sentì afferrare alla caviglia e gettare a terra; gemette, il gusto metallico del sangue che gli riempiva la bocca, e si voltò: una delle guardie, che lui credeva, se non morta, almeno tramortita, lo stava fissando con occhi di fuoco, il sangue violaceo che colava dalle zanne ricurve.
-Mollami!- gridò, puntandogli contro il phaser.
La scarica energetica lo raggiunse al centro della fronte e la guardia rimase con gli occhi fissi ancora per qualche istante, sbigottito, prima di lasciare la presa e polverizzarsi.
Kirk fece leva sulle braccia per tirarsi in piedi, storcendo le labbra a causa del dolore che gli attanagliava la gamba.
Dovette cambiare strategia quando un’altra guardia si erse davanti a lui, calando l’ascia con un sibilo: rotolò ancora, sfuggendo al colpo altrimenti mortale, ma andò a cozzare contro il tavolino basso posto al centro della stanza.
Alzò lo sguardo e vide la guardia ridere della sua risata gutturale mentre alzava l’ascia per menare un altro fendente, poi un lampo, un grugnito e divenne polvere.
-Tenente Heinrich!- ansimò Jim, rivolto all’uomo davanti a lui –Mi avete salvato la vita..-
-State bene, Capi..-
-Heinrich!- gridò Kirk, inorridito.
Il Tenente, un rivolo di sangue che gli colava dalle labbra, abbassò gli occhi velati e fissò incredulo la lama rossa che gli aveva trafitto il petto. Il suo corpo ebbe un sussulto quando il pugnale venne estratto con velocità e ferocia, poi cadde a terra, senza vita.
Jim boccheggiò, mentre Kharandel si portava l’arma alle labbra e ne leccava il filo insanguinato.
-Bastardo!- gridò, alzandosi in piedi e gettandosi goffamente contro il mercante.
Il dolore alla caviglia gli annebbiò la mentre per qualche istante, proprio mentre atterrava l’avversario e cercava di tenere il pugnale lontano da sé; dovette rinunciare al phaser per impedire all’altra mano dell’avversario di chiudersi attorno alla sua gola.
-Maledetto- sibilò il Capitano, cercando di bloccare le braccia di Kharandel –Maledetto!-
-Per ogni mio uomo ucciso- soffiò l’altro, gli occhi ridotte a due fessure opalescenti –Sette dei tuoi dovranno morire!-
-Scordatelo!-
Kirk strinse la presa attorno ai polsi del mercante, il pugnale talmente vicino al viso da potervi scorgere il proprio riflesso e sentirne la punta fredda contro lo zigomo.
-Muori, cane!- abbaiò Kharandel, gonfiando le guance e sputandogli in faccia.
Jim girò il viso e l’altro approfittò di quell’attimo di distrazione, per ribaltare le posizioni.
-Ora sono io ad avere il coltello dalla parte del manico- ridacchiò, librandosi con uno strattone dalla presa di Jim e schiacciandogli la caviglia dolente con il piede palmato.
Il Capitano gridò, accecato dal dolore, ma tese in alto le braccia, cercando di afferrare nuovamente i polsi del mercante e salvarsi la vita. Il pugnale calò su di lui con uno scintillio, ma uno dei suoi uomini apparve con un balzo alle spalle di Kharandel; il mercante, percepito lo spostamento d’aria, si voltò e gli tagliò la gola con uno scatto repentino del polso.
Seppur nauseato dall’odore del sangue e della morte, Kirk prese un respiro affannoso e usò le ultime energie rimastegli per ribaltare di nuovo le posizioni.
Il sacrificio di LeBoeuf non sarebbe stato vano..
Il mercante rise
-Ora due tuoi uomini sono morti Kirk! Altri cinque e potrò ripagare la vita della guardia che mi hai ucciso!-
-Sogna pure, bastardo!- e Jim lo colpì al viso con un pugno e poi un altro e un altro ancora.
Non aveva più la forza per trattenere le braccia di Kharandel, ma avrebbe continuato a colpirlo senza tregua per impedirgli di levare il pugnale contro di lui.
Colpiva per disperazione, per rabbia, con l’incoscienza che montava come la marea, annebbiandogli la vista, oscurandogli la mente, ma con le immagini di Heinrich e LeBoeuf che lampeggiavano senza sosta davanti ai suoi occhi, che si frapponevano al volto tumefatto del mercante e gli davano la forza di colpire ancora, e a ancora e ancora.
Il sangue grigiastro di Kharandel sulle nocche si mischiò al suo e a quello dei suoi uomini e delle guardie, in un impiastro denso, caldo, viscido.
Vedeva Kharandel, solo Kharandel, che lo scherniva, lo derideva, agitava il pugnale, uccideva Heinrich e rideva, uccideva LeBoeuf e ghignava, sibilava, coperto di sangue scarlatto, di sangue grigio, ma continuava a ridere, oppure gemeva?, senza sosta, rideva, rideva e rideva e lui non vedeva altro che il suo sporco sorriso, ma era sangue quello che gli colava dalle labbra?, e il suo volto contratto dalla ferocia, dallo scherno, sembrava non avere più un volto, i denti brillanti e aguzzi tra le labbra seriche, atteggiate al sorriso e al ghigno, i denti macchiati di saliva verdastra e sangue grigio, sparsi sulle labbra rotte e la faccia sfigurata dai pugni, e vedeva lui, solo lui, il resto era nebbia, nebbia e sangue, sangue e nebbia, grigio e scarlatto, scarlatto e grigio, e urla, urla, urla, solo urla, urla, urla..
-Capitano!-
Un braccio forte lo trascinò via dalla nebbia di sangue e follia che l’aveva avvolto, costringendolo in piedi, nonostante il dolore, nonostante la rabbia.
-Jim!-
Un sussurro, forte e deciso, un richiamo disperato, un appello alla coscienza.

-Ho perso il comando. Non ho più il comando sui miei uomini!-
Due mani ferree attorno alla gola, il respiro caldo, ansante, sul viso. Gli occhi vacui, persi in un sogno, in un incubo.
-Capitano..-
Nebbia, ancora nebbia, nei suoi occhi e nella sua mente, nel suo sguardo smarrito in un’illusione, nella paranoia, nella paura, preda della sua Bestia.
-Jim-7

Kirk sbatté più volte le palpebre, la mente che faticava a tornare lucida.
Spock era accanto a lui, poteva sentirne il fiato caldo contro il viso, gli occhi scuri che cercavano il suo sguardo, le dita strette al suo braccio, una presa salda, sicura.
Un appello alla coscienza.
-Sto..sto bene, Spock- mormorò deglutendo a vuoto e fissando il viso martoriato di Kharandel ai suoi piedi.
Dio, con che rabbia si era accanito contro di lui..
-Capitano, dobbiamo andare- e sebbene il tono del Vulcaniano fosse neutro come sempre, Jim non faticò a coglierne la nota d’allarme e urgenza.

 

***

 

-Sulu! Mi senti, Sulu?-
-Capitano!- Hikaru raggiunse in fretta la consolle per le comunicazioni della Odysseus –La sento, Capitano!-
-Dica..dica al dottor McCoy..nell’hangar, con..tutta la squadra..sti..stiamo arrivando-
-Molto bene, Capitano-
Sulu si affrettò a chiamare l’Infermeria, incurante degli sguardi che lo avevano seguito fino a quel momento.
Quando ebbe chiuso la comunicazione, rimase qualche istante in silenzio.
La voce di Jim era..strana.

 

 

 

 

1Chiesa di San Pietroburgo realmente esistente. Non è bellissima? http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/d/db/Chiesa_del_sangue_versato.JPG/300px-Chiesa_del_sangue_versato.JPG
2Sì, so che Leningrado è l’odierna San Pietroburgo, però, dato che nella TOS Chekov parlandone la chiama, ovviamente visto che il nome è stato cambiato nel 1991, “Leningrado” (Episodi: Troubles With Tribbles” e “I, Mudd) e considerando che nell’XI è cambiata solo la linea temporale degli eventi, ho voluto mantenere il vecchio nome della città, come al tempo di papà Roddenberry ^_^
3Detto tipico dell’Universo Trekker. Chi mi dice chi lo ha pronunciato, in che film e in quale occasione vince un peluche di Spock XD
4La data è sparata beatamente a caso. Ho provato con lo Stradate Calculator, ma inizia a contare gli anni dal 2284 e quindi..*sigh
5Ovviamente mi sto rifacendo alla Uhura versione Zoe Saldana. Non che Nichelle Nichols fosse brutta XD Au contraire!
6”Però, se anche io credessi che lei viene da un futuro ipotetico e che io ho fatto quello che dice, cosa a cui io non credo, mi parla di teletrasportarci sulla Enterprise mentre viaggia più veloce della luce, senza una piattaforma di ricezione […] Il Teletrasporto a Transcurvatura è come mirare ad un proiettile con un proiettile più piccolo, con una benda sugli occhi e stando in groppa ad un cavallo!”  (Star Trek XI: Il Futuro Ha Inizio)
7Se mi dite di che situazione stiamo parlando e da quale episodio è presa, oltre al Peluche di Spock della nota 3, vincente anche il peluche di Bones e Kirk!

 

 

Diario di Nemeryal, Data Astrale: 64137.5
*arriva trascinandosi e strisciando* Puff..pant..Oh per il santo Roddenberry! Scotty, sei terribile da mantenere IC!! Anche perché non sei ancora Scotty, cioè, sei Scotty, ma non sei Scotty, sei il prequel di Scotty, sulla buona strada per diventare lo Scotty che tutti conosciamo..che casino @_@
Quella e la parte con Kirk che combatte con Kharandel sono state le più difficili da scrivere, non tanto per la situazione, quanto perché mi sono lasciata un po’ trascinare –un po’ tanto- e quindi ho paura di essere andata, come dire, sì, ecco, OOC.
Soprattutto con Kirk.
Ho paura di averlo fatto un po’ sanguinario. Un po’ tanto. *deglutisce a vuoto*
Che macello XD Tra guardie, schiavi e uomini muore un po’ di gente..a questi punti mi viene il dubbio di essere io la sanguinaria e la sadica e non Kirk piSSicologicamente andato.
Uhm. Debbo ponderare su codesto punto.

 

Angolo delle Recensioni

 
Thiliol:
Lo ammetto, sono una pessimista cronica e ipercritica con i miei lavori XD Però sono felice che non sia venuto uno schifo! Grazie ^_^

 
Sidereal Space Seed: Ma che figata il tuo nuovo nick! Mi piace da impazzire *_* Complimenti per la scelta!
Oggi, invece, la casa vi propone un piatto di combattimenti, con contorno di tormenti interiori, con un pizzico di interferenze mentali per dare più gusto al tutto *Modalità Cameriere: ON*
Non credo che riusciremo mai a perdonare Abrams per quello che ha fatto ç_ç
Tra le altre cose ho scoperto non è la prima volta che Vulcano viene distrutto! Mi sono vista la prima parte di Star Trek: Of Gods and Men –il film fatto dai fan con un cast anche di vecchi personaggi, come Uhura o Pavel –CHEKOOOOV!!!!..Ehm- e lì, badim e badàm, Vulcano viene distrutto perché neutrale. –Anche lì, casini temporali a non finire e Charlie –sai, quello di Charlie X?- che ne combina di tutti i colori-
Mi sa che i produttori Trekker sono un po’ maniaci della distruzione di pianeti XD
Massì, dai, un punto a Perrin, dai!
Spero che il periodo nero sia migliorato ^_^

 

Lady Amber: Sì, povero Nero! *tira su col naso* Adesso voglio un po’ cercarmi il fumetto e vedere un po’ come l’han fatto..
Visto, c’è Dante! Anche se per poco, ma c’è! XD

 

Persefone Fuxia: Grazie ^^ E’ stato abbastanza difficile e mi sono ispirata alla reazione di Spock in non mi ricordo bene quale episodio della TOS. Anche se i poteri mentali dei Romulani sono un poco più deboli dei Vulcaniani, credo che l’esplosione di un pianeta e relativa morte degli abitanti abbia “leggermente” mandato in tilt le loro sinapsi! Quindi, se la reazione di un Vulcaniano per la morte di..quanti erano? Un centinaio o più di Vulcaniani, ho provato ad immagine un Romulano con la morte di milioni e milioni di Romulani.
Muahahaha. E fra poco la cosa si farà ancora più oscura!

 
MkBDiapason [Recensione: Capitolo 1: Fuggire dall'Ombra di Se Stessi [Anno: 2261]] Ma figurati, nessun problema! Un recensore non è mai in ritardo, né in anticipo! Recensisce sempre quando intende farlo!
Oh! Una fan di Final Fantasy! E del IX, anche! ç_ç Mi commuovo! Anche io adoro il IX, è stato il primo cui io abbia mai giocato e a cui mi sia così affezionata! (Il primo CD lo so praticamente a memoria..)
Evvai! Cercherò in ogni modo di evitare che il germe Mary Sue, intacchi le mie povere creaturine!
Un misto di NuKirk e KirkPrima? Uhm. Fascinating! Con il carisma del Prime, col suo sguardo e capelli, ma col fisico del Nu. Na, ma che eresia vado dicendo? Kirk non sarebbe Kirk senza un po’ di quella pancettina sul davanti che lo rende adorabile! XD
Sono contenta che questo Kirk ti sia piaciuto! *inchino*

 

MkBDiapason [Recensione: Capitolo 3: Capitolo 2: Mamu lafot’hi ni th’ [Anno: 2387]] In effetti, avevo una villetta accanto alla casetta di Spock, poi i Vulcaniani mi hanno cacciato e diffidato perché non mi staccavo un secondo dal nostro Primo Ufficiale. E visto che non si fidavano a mandarmi su di un altro pianeta, mi hanno spedita indietro nel tempo. Eh, ma quando la mia macchina del tempo sarà pronta…XD
Grazie mille ^^
Più che pazienza, sono completamente matta! XD

  Ringrazio inoltre: Pimplemi_chan, Persefone Fuxia, Lady Amber e MkBDiapason per aver commentato la mia ultima One-Shot: “’Cause She’s Loving Him Still, After All This Time” [SaavikxDavid]

Bon, Spock non mi ha ancora scoperta dall’ultima recensione! Ah-ah! Lo sapevo che travestirsi da ficus benjaminus sarebbe servito!
Alla prossima!
 Tai Nasha No Karosha!

   
 
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