Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: Daphne Chasseur    20/08/2010    1 recensioni
Ma intanto, in quel lontano 23 ottobre, eri semplicemente un ragazzo, come me, sotto la pioggia avida di bagnarti. E tu, incurante delle sue gocce senza pudore, con lo sguardo perso e insicuro dall’altra parte della strada.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nacqui in un mite e ventilato pomeriggio di settembre.
Venni al mondo urlando con quel poco fiato che potevo avere nei miei piccoli polmoni, quasi fossi impaziente di vedere il volto dei miei genitori, che mi avevano amata sin dal primo momento.
A volte, vittima di un assurdo senso di colpa, chiedevo timidamente a mia madre se non fossi stata un “fuori programma”. Allora lei smetteva subito di fare quello che stava facendo, mi prendeva dolcemente il volto nelle sue mani vellutate e mi sussurrava:
“Se così fosse, sei stata il miglior “fuori programma” che mi potesse accadere!”
Vissi insieme ai miei genitori nella villa dei miei nonni paterni che mi riempivano costantemente di affetto e attenzioni. Di quei tre anni non ricordo quasi nulla, se non due cose: le braccia di mio padre che mi afferrava e mi faceva scherzosamente volare in aria e la vista della città eterna dallo spiazzo sopra la villa.
Ah sì, e un’altra cosa che raffiorava talvolta nei miei sogni.
Ricordo una bambina con cui giocavo molto spesso. Quando, dopo una lunga serie di sogni in cui la vedevo pettinarmi i capelli, chiesi a mia madre se si ricordasse di quella mia piccola amica, mi rispose che probabilmente mi ero ricordata della figlia dei vicini di casa.
Me lo disse con gli occhi lucidi.
Con gli anni, cercai di limitare il più possibile l’accenno agli anni passati.

Quando avevo tre anni e mezzo, mio padre morì.
Mentre stava attraversando la strada laterale a piazza Venezia, un auto in corsa, sbucata all’improvviso, me lo portò via, così, come nulla fosse, come fosse la cosa più semplice e naturale del mondo.
Mio padre, di cui mi rimane solo una foto sbiadita dal tempo e forse anche dal dolore, a testimonianza della sua bellezza e dell’inesorabile amore che aveva per me.

E tirai fuori dalla borsa una foto strappata a metà.
La porsi a Jared.
Luca teneva sulle ginocchia la figlia e gli occhi scuri erano interamente rivolti a lei. I capelli gettavano una leggera ombra sul suo volto, ma ciò non oscurava affatto l’amore che sorrideva in quegli occhi che avrebbero voluto veder crescer Jane.
Dell'altra metà di foto, si intravedeva solo una liscia ciocca rossa.

Guardando la foto, mi accorsi subito di come Jane avesse preso i lineamenti dal padre. Il naso perfettamente dritto, gli zigomi alti, ma delicati, i contorni del viso precisi e fini e le labbra rosse, ma sottili.
I capelli ramati erano un dono della madre, ovviamente.

Quello fu il primo momento in cui realizzai, consapevole, che Jane era davvero bella.

Leggermente turbato, Jared mi riconsegnò la foto e, senza chiedermelo, per un’ovvia paura di ferirmi, mi fissò in attesa della fine di quella storia.
Presi un respiro profondo.

Mia madre crollò. Non volle partecipare al funerale, né andare al cimitero.
Era distrutta.
Si contorceva, agonizzante, nel suo dolore con la speranza che tutto divenisse buio anche per lei.
Silenziosa, scivolava verso l’autodistruzione.
Ma non poteva perché c’ero io.
Aiutata dai miei nonni, si aggrappò con le poche forze che ancora non si erano mutate in lacrime, a me e per me, da quel momento, visse.
Solo per me.
Resistette a Roma solo due mesi, poi volle ritornare a New York.
Salutò i genitori di Luca sapendo che quello era un addio. Non aveva più alcun senso rimanere là, dove ogni singola cosa su cui si posavano i suoi fragili occhi verdi le portava alla memoria singoli attimi, piaceri, baci, sorrisi.

Ritornata a casa, due cose da allora riempirono la vita di Amanda. O forse, solo una.
Jane e il lavoro, per Jane. Devo ringraziare lei se posso frequentare la scuola che frequento e fare dei progetti per il futuro.
Col tempo, mia madre diventò una donna forte e coraggiosa. Imparò a convivere col dolore, ad accettarlo e a placarlo guardandomi crescere.
Le devo tutto.

“E per un volere del destino ingiusto e crudele che mai capirò…” feci una pausa e un sorriso amaro mi congelò la faccia “… perdetti anche lei quando avevo dodici anni.”
Per tutto il tempo, Jared sembrava aver trattenuto il respiro. Mi voltai a guardarlo e lo trovai che mi contemplava tristemente; si avvicinò e mi prese la mano tra le sue.
Terminai la mia storia.
“Sul letto d’ospedale, le dissi addio. Lei sorrise e pianse per tutto il tempo.” Respirai e lui mi strinse la mano.
“Accarezzandomi, prima di lasciarla, mi sussurrò: Lascio un angelo e ritorno a un altro angelo.”
Poi quel verde si spense.



   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: Daphne Chasseur