incompleto ~ big hole in
his world
{ gotta stand my ground even if it rains or snows
if she changes her
mind, this is the first place she will go }
Deve esserci un
errore.
L’insieme
rattoppato di punti che tengono insieme quelle poche strisce di stoffa
rappresentanti il guanto che gli copre la mano salgono su, su, fino a posarsi
sul berretto lercio che gli è stato imposto tanto tempo fa da un
contadino di cui non ricorda il nome e quasi neppure il viso. Le dita – se
così le si può chiamare – si soffermano a lungo in quel
punto, là dove c’è il gonfio a testimoniare che quel sacco
di tela ruvida che gli fa da testa adesso non contiene più solo paglia. Attraverso
il tessuto severo intuisce, più che percepire, le minuscole punture degli
aghi e degli spilli del suo cervello tutto nuovo e luccicante.
Perché
il mago glielo ha dato davvero, un cervello. Poco importa che si sia rivelato
un ciarlatano – ha mantenuto la parola. Lo ha reso intelligente.
Ora la
vita dello Spaventapasseri non è più starsene tutto il giorno
impettito e impalato sotto il sole a farsi deridere dai corvi e dai passanti e
da quello stesso contadino che dopo averlo fabbricato si è reso conto di
essersi procurato un aiutante inutile, oggetto di facile beffa. Ora lo Spaventapasseri
è superiore a certe altre
creature. Il mago se n’è andato per gli stessi cieli da cui
è venuto, lasciandolo a capo della Città di Smeraldo, e tutti gli
abitanti del regno ora conoscono la sua
saggezza e la sua dottrina, e non
hanno più motivo di ridere di lui, e anzi lo rispettano come un sovrano
degno del posto che occupa.
Lo Spaventapasseri
ha un cervello: ha tutto ciò che ha desiderato da che esiste.
Eppure
c’è ancora qualcosa che non va.
Forse
è un errore del mago. Forse ha lasciato troppa paglia o forse ha
aggiunto pochi aghi. Forse gli ha dato una dose sbagliata di cervello,
insufficiente, e ha lasciato il lavoro incompleto. Perché quei pensieri
luminosi e stupefacenti che ora gli attraversano la mente non riescono mai a
lasciarlo appagato quanto lui si aspettava all’inizio.
Oh,
sì, riesce a formulare elaborate teorie. A spiegare leggi e fenomeni, a
comprendere le cose, ad avere idee ed opinioni sue e non rubate a qualcun altro.
È persino in grado di sciogliere gli indovinelli presentatigli dai
pagliacci della Corte degli Smeraldi. Ma al di là di questo, al di
là della sua intelligenza, non c’è altro.
Tempo
fa lo Spaventapasseri passava i giorni e le notti su quel palo, a guardare
fisso con i suoi occhi malamente dipinti lo stesso punto dell’orizzonte,
e ad immaginare come sarebbe stata migliore e più piacevole la sua
esistenza se e quando avesse avuto la possibilità di dire ai corvi: osservate, io non sono certo più
stupido di voi.
Adesso
che addirittura governa una città intera, si stupisce di non provare
alcun senso di rivalsa, né di esaltazione, né di piacere.
Probabilmente
il suo vecchio amico Boscaiolo gli direbbe che è perché non ha un
cuore. Forse il buon Leone penserebbe che lui ha semplicemente paura di godersi
appieno la propria nuova privilegiata condizione. Ma queste sono alcune delle
cose che malgrado tutto non può sapere con certezza. Il Boscaiolo di
latta è tornato nelle terre dell’Ovest e il Leone codardo regna in
una foresta tutta sua; non ci sono più loro, adesso, a spiegargli qualcosa che lui non è in grado di
capire da solo.
Non c’è
più Dorothy.
Dorothy
se n’è andata: anche lei, come tutti loro, ha avuto quello che
voleva. È tornata a casa sua. Lontano da Oz. Nel
Kansas, dovunque sia questo dannato Kansas, questo paese che lei gli ha dipinto
come grigio e monotono e che lui non riesce a comprendere neppure adesso che un
cervello ce l’ha. Voltando le spalle a quell’avventura che l’ha
guidata sulla strada di mattoni gialli e che ha legato il suo destino a quello
del Mago, del Leone, del Boscaiolo, dello
Spaventapasseri.
Dorothy
se n’è andata. Per qualche motivo incomprensibile ed inspiegabile,
accidenti, proprio inspiegabile, questo
è l’unico pensiero che gli fa davvero provare qualcosa. Ma si tratta di un qualcosa che non è
affatto piacevole.
Il mago
deve aver commesso un errore, su questo non c’è più dubbio.
E purtroppo non ha modo di farglielo notare, di chiedergli gentilmente di dare
un’occhiata al suo cervello e di riparare il guasto, se di guasto si
tratta; anche il Grande Mago di Oz è storia
del passato, come la strada dorata, come la Strega dell’Ovest, come il
Leone e il Boscaiolo, come Dorothy. Come tutto il resto.
Sulla
natura di quell’errore non può avere alcuna certezza, ed è
come se ciò lo rendesse di nuovo stupido.
Però
c’è ancora qualcosa che si sente di voler e poter fare.
Il guanto
rabberciato scivola di nuovo giù, col fruscio indistinto della paglia
smossa. Si posa lì sul fianco, dove è già rimasto per ore,
nella stessa identica posa in cui lo teneva il giorno in cui dall’orizzonte
ha visto sbucare la cuffietta rosa e il vestitino azzurro della ragazzina con
il cestino, il cane e le scarpette d’argento.
Razionalmente
sa che è inutile. Dovrebbe avvenire un altro miracolo perché quel
campo di grano possa davvero vederla tornare. Un altro evento grandioso come il
ciclone della prima volta, forse. E le probabilità che ciò accada
– ora è abbastanza saggio da riconoscerlo – sono molto basse,
vicine allo zero.
Ma lo
Spaventapasseri in questo momento ha una sola consapevolezza fissa nella sua
mente di colpo tanto piena da essere confusa. La prima volta che ha vissuto un
attimo di felicità è stato in quel campo, quando Dorothy lo ha
tirato giù dal palo e ha accettato di portarlo con sé alla
Città di Smeraldo. Oggi, dal momento che nonostante il suo desiderio avverato
non riesce più ad essere felice, forse l’unica soluzione è
restare lì, nello stesso campo, sotto lo stesso palo, dove tutto
è iniziato. Ad aspettare il suo ritorno. A sperare in un suo ritorno.
Perché,
in fondo, lo Spaventapasseri è riuscito ad essere felice soltanto finché
c’è stata Dorothy.
E per
aspettare e sperare non ha bisogno di un cervello che funzioni a dovere. Solo dell’eternità.
{ I know it makes no sense, but what else can I do?
How can I move on, when I’ve been in love with you? }
Spazio dell’autrice
Ebbene
sì, ne ho scritta un’altra. E stavolta dal punto di vista del mio
personaggio preferito *-* Ma quanto è dolce lo Spaventapasseri?!
Guardate
che non sono solo mie fisime; oggi mi sono riletta il libro tutta d’un
fiato – infatti per una volta non vi ho presentato una movieverse, mi sono attenuta al fandom
originale xP – per verificare che le
sottigliezze che ho riscontrato nel film facessero parte in qualche misura
anche della storia primigenia… E in effetti
Frank Baum, specie in certi brani, lascia intendere
un attaccamento tutto particolare tra lo Spaventapasseri e Dorothy :D
E poi
sono fluffosi insieme, punto. u.u
<3
* Il
fatto che lo Spaventapasseri abbia sviluppato una vera intelligenza – “è persino in grado di risolvere gli indovinelli
eccetera eccetera” – anche se il cervello
procuratogli dal Mago è posticcio non è una mia svista o un
errore: lui riesce veramente a
pensare, tanto prima quanto dopo quell’incontro, ed è soltanto per
ingenuità che crede che ciò dipenda dal dono del mago-ciarlatano.
Per cui ho lasciato che nella storia fosse la stessa cosa, né più
né meno.
* Quando
Dorothy parla per la prima volta allo Spaventapasseri del Kansas, lui sostiene
che da come lo descrive sembra un posto molto noioso. Subito dopo si rammarica
di non avere un cervello, perché in quel caso riuscirebbe a comprendere
cosa intende la ragazza – capirebbe che lei ama il Kansas perché è
e resta casa sua. Perciò nella fic dico “non riesce a comprendere neppure adesso che
un cervello ce l’ha”.
* La
seconda parte del titolo e i quattro versi riportati sono tratti tutti dalla
canzone The man who
can’t be moved
degli Script. Particolarmente adatta allo Spaventapasseri, no? ^^
In queste
note ci tengo a ringraziare Acros e Sarephen, che hanno commentato la mia precedente shot su questo fandom – ma
non soltanto per questo. Voglio dirvi, ragazze, che le vostre recensioni costituiscono
la realizzazione di qualsiasi persona
desideri fare della scrittura un mestiere. Vi sono grata davvero all’infinito,
per ciò che mi dite e per ciò che mi date con le vostre parole. Spero
di non deludervi mai.
E ringrazio
chiunque si prenda a volte qualche minuto per leggere sul mago di Oz; perché è una
storia che vale la pena di approfondire, a prescindere dalle mie fic. Io lo sto facendo solo ora, dopo i vent’anni,
andando oltre l’aspetto fiabesco e scoprendo i molteplici significati –
e adesso addirittura mi rammarico di non averlo apprezzato ancora di più
da bambina.
God bless you
all <3