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Autore: Feel Good Inc    21/08/2010    2 recensioni
Il mago deve aver commesso un errore, su questo non c’è più dubbio. E purtroppo non ha modo di farglielo notare, di chiedergli gentilmente di dare un’occhiata al suo cervello e di riparare il guasto, se di guasto si tratta; anche il Grande Mago di Oz è storia del passato, come la strada dorata, come la Strega dell’Ovest, come il Leone e il Boscaiolo, come Dorothy. Come tutto il resto.
Sulla natura di quell’errore non può avere alcuna certezza, ed è come se ciò lo rendesse di nuovo stupido.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spaventapasseri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Follow the yellow brick road'
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incompleto ~ big hole in his world

 

 

 

 

 

 

{ gotta stand my ground even if it rains or snows

if she changes her mind, this is the first place she will go }

 

 

 

Deve esserci un errore.

L’insieme rattoppato di punti che tengono insieme quelle poche strisce di stoffa rappresentanti il guanto che gli copre la mano salgono su, su, fino a posarsi sul berretto lercio che gli è stato imposto tanto tempo fa da un contadino di cui non ricorda il nome e quasi neppure il viso. Le dita – se così le si può chiamare – si soffermano a lungo in quel punto, là dove c’è il gonfio a testimoniare che quel sacco di tela ruvida che gli fa da testa adesso non contiene più solo paglia. Attraverso il tessuto severo intuisce, più che percepire, le minuscole punture degli aghi e degli spilli del suo cervello tutto nuovo e luccicante.

Perché il mago glielo ha dato davvero, un cervello. Poco importa che si sia rivelato un ciarlatano – ha mantenuto la parola. Lo ha reso intelligente.

Ora la vita dello Spaventapasseri non è più starsene tutto il giorno impettito e impalato sotto il sole a farsi deridere dai corvi e dai passanti e da quello stesso contadino che dopo averlo fabbricato si è reso conto di essersi procurato un aiutante inutile, oggetto di facile beffa. Ora lo Spaventapasseri è superiore a certe altre creature. Il mago se n’è andato per gli stessi cieli da cui è venuto, lasciandolo a capo della Città di Smeraldo, e tutti gli abitanti del regno ora conoscono la sua saggezza e la sua dottrina, e non hanno più motivo di ridere di lui, e anzi lo rispettano come un sovrano degno del posto che occupa.

Lo Spaventapasseri ha un cervello: ha tutto ciò che ha desiderato da che esiste.

Eppure c’è ancora qualcosa che non va.

Forse è un errore del mago. Forse ha lasciato troppa paglia o forse ha aggiunto pochi aghi. Forse gli ha dato una dose sbagliata di cervello, insufficiente, e ha lasciato il lavoro incompleto. Perché quei pensieri luminosi e stupefacenti che ora gli attraversano la mente non riescono mai a lasciarlo appagato quanto lui si aspettava all’inizio.

Oh, sì, riesce a formulare elaborate teorie. A spiegare leggi e fenomeni, a comprendere le cose, ad avere idee ed opinioni sue e non rubate a qualcun altro. È persino in grado di sciogliere gli indovinelli presentatigli dai pagliacci della Corte degli Smeraldi. Ma al di là di questo, al di là della sua intelligenza, non c’è altro.

Tempo fa lo Spaventapasseri passava i giorni e le notti su quel palo, a guardare fisso con i suoi occhi malamente dipinti lo stesso punto dell’orizzonte, e ad immaginare come sarebbe stata migliore e più piacevole la sua esistenza se e quando avesse avuto la possibilità di dire ai corvi: osservate, io non sono certo più stupido di voi.

Adesso che addirittura governa una città intera, si stupisce di non provare alcun senso di rivalsa, né di esaltazione, né di piacere.

Probabilmente il suo vecchio amico Boscaiolo gli direbbe che è perché non ha un cuore. Forse il buon Leone penserebbe che lui ha semplicemente paura di godersi appieno la propria nuova privilegiata condizione. Ma queste sono alcune delle cose che malgrado tutto non può sapere con certezza. Il Boscaiolo di latta è tornato nelle terre dell’Ovest e il Leone codardo regna in una foresta tutta sua; non ci sono più loro, adesso, a spiegargli qualcosa che lui non è in grado di capire da solo.

Non c’è più Dorothy.

Dorothy se n’è andata: anche lei, come tutti loro, ha avuto quello che voleva. È tornata a casa sua. Lontano da Oz. Nel Kansas, dovunque sia questo dannato Kansas, questo paese che lei gli ha dipinto come grigio e monotono e che lui non riesce a comprendere neppure adesso che un cervello ce l’ha. Voltando le spalle a quell’avventura che l’ha guidata sulla strada di mattoni gialli e che ha legato il suo destino a quello del Mago, del Leone, del Boscaiolo, dello Spaventapasseri.

Dorothy se n’è andata. Per qualche motivo incomprensibile ed inspiegabile, accidenti, proprio inspiegabile, questo è l’unico pensiero che gli fa davvero provare qualcosa. Ma si tratta di un qualcosa che non è affatto piacevole.

Il mago deve aver commesso un errore, su questo non c’è più dubbio. E purtroppo non ha modo di farglielo notare, di chiedergli gentilmente di dare un’occhiata al suo cervello e di riparare il guasto, se di guasto si tratta; anche il Grande Mago di Oz è storia del passato, come la strada dorata, come la Strega dell’Ovest, come il Leone e il Boscaiolo, come Dorothy. Come tutto il resto.

Sulla natura di quell’errore non può avere alcuna certezza, ed è come se ciò lo rendesse di nuovo stupido.

Però c’è ancora qualcosa che si sente di voler e poter fare.

Il guanto rabberciato scivola di nuovo giù, col fruscio indistinto della paglia smossa. Si posa lì sul fianco, dove è già rimasto per ore, nella stessa identica posa in cui lo teneva il giorno in cui dall’orizzonte ha visto sbucare la cuffietta rosa e il vestitino azzurro della ragazzina con il cestino, il cane e le scarpette d’argento.

Razionalmente sa che è inutile. Dovrebbe avvenire un altro miracolo perché quel campo di grano possa davvero vederla tornare. Un altro evento grandioso come il ciclone della prima volta, forse. E le probabilità che ciò accada – ora è abbastanza saggio da riconoscerlo – sono molto basse, vicine allo zero.

Ma lo Spaventapasseri in questo momento ha una sola consapevolezza fissa nella sua mente di colpo tanto piena da essere confusa. La prima volta che ha vissuto un attimo di felicità è stato in quel campo, quando Dorothy lo ha tirato giù dal palo e ha accettato di portarlo con sé alla Città di Smeraldo. Oggi, dal momento che nonostante il suo desiderio avverato non riesce più ad essere felice, forse l’unica soluzione è restare lì, nello stesso campo, sotto lo stesso palo, dove tutto è iniziato. Ad aspettare il suo ritorno. A sperare in un suo ritorno.

Perché, in fondo, lo Spaventapasseri è riuscito ad essere felice soltanto finché c’è stata Dorothy.

E per aspettare e sperare non ha bisogno di un cervello che funzioni a dovere. Solo dell’eternità.

 

 

 

{ I know it makes no sense, but what else can I do?

How can I move on, when I’ve been in love with you? }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ebbene sì, ne ho scritta un’altra. E stavolta dal punto di vista del mio personaggio preferito *-* Ma quanto è dolce lo Spaventapasseri?!

Guardate che non sono solo mie fisime; oggi mi sono riletta il libro tutta d’un fiato – infatti per una volta non vi ho presentato una movieverse, mi sono attenuta al fandom originale xP – per verificare che le sottigliezze che ho riscontrato nel film facessero parte in qualche misura anche della storia primigenia… E in effetti Frank Baum, specie in certi brani, lascia intendere un attaccamento tutto particolare tra lo Spaventapasseri e Dorothy :D

E poi sono fluffosi insieme, punto. u.u <3

 

* Il fatto che lo Spaventapasseri abbia sviluppato una vera intelligenza – “è persino in grado di risolvere gli indovinelli eccetera eccetera” – anche se il cervello procuratogli dal Mago è posticcio non è una mia svista o un errore: lui riesce veramente a pensare, tanto prima quanto dopo quell’incontro, ed è soltanto per ingenuità che crede che ciò dipenda dal dono del mago-ciarlatano. Per cui ho lasciato che nella storia fosse la stessa cosa, né più né meno.

* Quando Dorothy parla per la prima volta allo Spaventapasseri del Kansas, lui sostiene che da come lo descrive sembra un posto molto noioso. Subito dopo si rammarica di non avere un cervello, perché in quel caso riuscirebbe a comprendere cosa intende la ragazza – capirebbe che lei ama il Kansas perché è e resta casa sua. Perciò nella fic dico “non riesce a comprendere neppure adesso che un cervello ce l’ha”.

* La seconda parte del titolo e i quattro versi riportati sono tratti tutti dalla canzone The man who can’t be moved degli Script. Particolarmente adatta allo Spaventapasseri, no? ^^

 

In queste note ci tengo a ringraziare Acros e Sarephen, che hanno commentato la mia precedente shot su questo fandom – ma non soltanto per questo. Voglio dirvi, ragazze, che le vostre recensioni costituiscono la realizzazione di qualsiasi persona desideri fare della scrittura un mestiere. Vi sono grata davvero all’infinito, per ciò che mi dite e per ciò che mi date con le vostre parole. Spero di non deludervi mai.

E ringrazio chiunque si prenda a volte qualche minuto per leggere sul mago di Oz; perché è una storia che vale la pena di approfondire, a prescindere dalle mie fic. Io lo sto facendo solo ora, dopo i vent’anni, andando oltre l’aspetto fiabesco e scoprendo i molteplici significati – e adesso addirittura mi rammarico di non averlo apprezzato ancora di più da bambina.

God bless you all <3

   
 
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