Fan
fiction partecipante al “Vedo,
sento, scrivo – immagini, musica, storie”, indetto da Elos e Salice.
The Yellow Lady (La Dama Gialla)
– Immagine #9,
canzone #23
La
Grande Casa, pochi passi dietro Olive, era stata costruita proprio da suo
nonno, nel millenovecentoquaranta. Per gli standard d’allora era fin troppo
lussuosa, ma con il passare degli anni era divenuta una villa antica esposta al
mare, che poteva considerarsi quasi un monumento storico. Nonno Gilbert
dipingeva ogni Quattro Luglio le mura delle facciate esterne e la bassa
palizzata bianca di legno che circondava il lotto; cinque volte a settimana
annaffiava le piante delle fioriere dei balconi del piano superiore, e quella
più piccola di basilico sul davanzale in cucina.
Durante
i mesi di Luglio e Agosto avrebbe costretto volentieri la madre di Olive, la
sua unica figlia, assieme alla sua famiglia, a fargli compagnia: ma soltanto
Olive poteva spostarsi dal ‘cuore della civiltà’, nella posizione dei genitori
sarebbe stato sconveniente chiedere delle ferie.
Nei
sessanta giorni badavano l’un l’altro. Il nonno di preparare da mangiare non ne
voleva sapere, gli ricordava troppo la nonna Elisa e allora acquistava dei
surgelati scadenti che lasciava fuori dal freezer anche per intere ore. Quando
Olive l’aveva scoperto gli aveva imposto delle regole: sarebbe stata lei a smanettare
ai fornelli durante la sua permanenza, e il nonno avrebbe dovuto prestare più
attenzione alla sua alimentazione, anche in sua assenza.
Nonno
Gilbert diceva sempre di non essere solo: in realtà possedeva un cane, Johnny,
l’ultimo regalo di nonna Elisa. L’anziano era convinto che fosse un dono che le
permettesse di non abbandonarlo mai del tutto e che con il Pastore Tedesco
accanto, non avrebbe mai potuto dimenticare la prima donna della sua vita (la
seconda era Ginevra, la madre di Olive).
Il
viaggio per arrivarvi non era nemmeno troppo lungo, ma complicato. Ci si doveva
lasciare alle spalle lo smog e lo stress, aggirare una collina pascolata da
mucche e pecore, percorrere la lunghezza d’un fiume fino ad arrivare a un
piccolo borgo montano, sotto il quale v’era il sentiero per la zona marittima
del paese, che era stato diviso; agli estremi confini abitava nonno Gilbert.
Più che un viaggio per Olive era stato un passaggio dall’apatia ai sentimenti;
una volta giunta così vicina alla natura, la quale potenza rumoreggiava oltre
le imposte – gli elementi in perfetto equilibrio, disturbati da un mucchietto
insignificante di mattoni mischiati tra loro ma nettamente vani – era
impossibile non divenire un soffio d’aria proveniente da lontano, trasudante
tradizioni e costumi diversi che si potevano leggere e ipotizzare soltanto con
l’ausilio dei libri, o una nuvola che si aggirava solitaria sulla testa dei
fragili umani.
La
sabbia era chiamata cordialmente – come si saluta un’amica di vecchia data con
la quale si ha convissuto per un’intera esistenza – “The Yellow Lady”. Una dama
gialla sinuosa e fintamente indifferente, custode dei più segreti pensieri dei
suoi visitatori.
“Olive”.
Il nonne le aveva posato una mano sulla spalla; in un impeto di responsabilità
le fece promettere che, entro un’ora, sarebbe rientrata a preparare la sua
valigia.
Olive
pensò che sarebbe stato proprio bello festeggiare il suo diciannovesimo
compleanno potendo affermare di vivere assieme a suo nonno, anziché di
trascorrerci le ferie. Ne aveva discusso con la sua famiglia, non del tutto
entusiasta all’idea; e nemmeno nonno Gilbert lo era stato, da cui era stata certa
di ricevere approvazione ma, soprattutto, felicità: si era esibito in una
smorfia che Olive gli vedeva sul volto quando, all’anniversario della morte di
Elisa, gli augurava una buona giornata ricevendo una risposta stentata, con un
volto trasudante dolore celato a lungo.
Gilbert
ripeteva di continuo che la nonna Elisa era gialla. All’inizio a Olive quel
concetto era parso strano. La nonna Elisa non era un personaggio dei cartoni
animati, non aveva malattie al fegato e non era Cinese. “Era speciale” una
volta aggiunse. “Era d’oro; come il re Mida. Conosci la storia?”
“No…
cos’aveva di speciale questo signore?”
“Poteva
rendere ogni oggetto che toccava d’oro”.
“Oh,
wow…”.
“Ma
non era una benedizione, perché lo diventavano anche gli esseri umani e gli
animali che sfiorava”.
“Quindi
la nonna era un’amica del signor Mida?”
“No,
tesoro”.
Ormai
diciottenne, Olive si accorgeva che suo nonno non era poi tanto strambo nel
dire che la nonna era d’oro. L’aveva conosciuta anche lei, se pur non
benissimo. Nome più appropriato di “La Dama Gialla” non poteva esistere,
assomigliava a quella spiaggia. Da piccola Olive era certa che non fosse adatta
a essere una nonna, perché all’apparenza era così giovane… aveva una risata
armoniosa come il suono della risacca delle onde, i capelli alghe ingrigite
voluminose, la pelle che formava rughe sul viso e sul collo, profumata di
salsedine. Quel sapore intenso era attribuito alla sua dimora… ma era il
contrario. Gilbert aveva deciso di abitare in quella casa, dopo anni dal giorno
in cui l’aveva tirata su pezzo per pezzo, perché Elisa era il mare.
Non
aveva mai avuto l’occasione di andarli a riprendere; tra gli esami, il nonno
che decise di spostarsi in un ospizio per facilitare i parenti nella cura della
sua persona, il nuovo lavoro… fu impossibile trovare spazio. Più semplicemente,
aveva paura di trovarla estremamente vuota.
Una
trentenne Olive lavora come insegnante in un’Università Pubblica. La madre le
dice sempre che assomiglia molto alla nonna Elisa, leggiadra come il mare, ma
che è rude quanto la tempesta che è suo nonno Gilbert. Olive odia le metafore,
ormai. E assomiglia al mare, e alla tempesta, e forse ha anche qualcosa del
legno, ma è un violino d’oro. Il suono dei flutti, uragani di sensazioni, la
saldezza dei salici, l’oro del re Mida. E, ogni tanto, ancora vede la Dama
Gialla nei ricordi e immagina di confondersi tra cielo, aria e la terra,
accontentandosi nel frattempo di un sapore di morte – confusioni di corpi e
contorcersi di desideri spezzati.