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Autore: Fabi_    22/08/2010    4 recensioni
La foresta, un luogo che aveva sempre considerato affascinante, in una giornata come quella non c’era posto migliore per vedere un Unicorno.
L’aria primaverile era fresca. Alle tre del pomeriggio il sole aveva scaldato a sufficienza il terreno, sul quale camminava scalza, poiché le sue scarpe si erano nuovamente date alla macchia.
Nargilli? No, non lo pensava. Sicuramente un altro scherzo delle sue compagne di stanza.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfic si è classificata terza al contest "The Forest" Indetto da Annaf85/Eruannë & Tamaki The King/Raffaele

Ringrazio i giudici per il commento e per avermi dato l'ispirazione per questa storia, che ammetto, mi piace abbastanza (per essere scritta da me^^)

Ringrazio da subito i lettori e chiunque decida di commentare.

 

 

 unicorno

 

L’unicorno

 

La foresta, un luogo che aveva sempre considerato affascinante, in una giornata come quella non c’era posto migliore per vedere un Unicorno.

L’aria primaverile era fresca. Alle tre del pomeriggio il sole aveva scaldato a sufficienza il terreno, sul quale camminava scalza, poiché le sue scarpe si erano nuovamente date alla macchia.

Nargilli? No, non lo pensava. Sicuramente un altro scherzo delle sue compagne di stanza.

Prima di cominciare ad addentrarsi nella Foresta Proibitasi fermò di fianco alla capanna, dove Hagrid, come solitamente faceva, le aveva lasciato qualche pezzo di carne per i Thestral.

Luna era una loro amica, forse l’unica umana che conoscevano. Camminava a cavallo del confine tra il prato e la foresta, dove le primule avevano cominciato a fiorire, e formavano un tappeto giallo che portava fino al lago. C’erano anche delle margherite qua e là. Lei le raccolse, con l’idea di farne una collana.

Entrò nel bosco, sapeva che per fare sì che le creature che lo abitavano le si mostrassero, doveva fare attenzione a non spaventarle, diventare una parte della foresta.

Proseguì lentamente, facendo attenzione a come poggiava i piedi sul suolo sconnesso.

Il terreno dell’interno del bosco era molto diverso, umido, più freddo. I raggi del  sole faticavano a scaldare sotto gli alberi, così fitti e alti.

Tutto era silenzio e calma. La giovane strega si sentiva un’abitante del luogo, per questo le piaceva, era a casa. Appoggiò le mani al tronco di un pino, sentì la resina ancora appiccicosa sulle sue mani. Avvicinò il naso all’albero e respirò profondamente il suo profumo. Sorrise quando l’odore forte dell’albero la riempì di natura.

Proseguì verso il posto che preferiva: una radura ovale, non più larga di un paio di metri. Al centro l’erba cresceva fitta, c’era un tronco, probabilmente portato lì da qualcuno che, come lei, aveva trovato il luogo adatto a fermarsi. Si sedette a gambe incrociate, e cominciò a realizzare la collana. Il tempo passava veloce, e una volta terminato il lavoro, si sentì stanca, quindi se la mise al collo, per poi stendersi poggiando la testa sul tronco coperto di muschio.

Dopo pochi minuti, cullata dalla quiete del bosco, cedette al sonno.

“Luna, Luna!”

“Oh, devo essermi addormentata”, gli occhi blu di Fiorenzo la guardavano perplessi. Attorno a lei si era raccolto un piccolo gruppo di Thestral, che stava puntando la sua borsa. Sorrise al centauro: “Grazie di avermi svegliata”.

“Di niente. Questo posto deve piacerti molto, ti ho vista spesso qui”.

“Sì, è così”.

“Sei una ragazza davvero strana”, disse Fiorenzo perplesso.

“Oh, grazie”.

“Sì, era un complimento”, continuando a sorridere, felice della compagnia del centauro, prese la borsa e cominciò a distribuire la carne tra i vari animali.

“Non credo che qui qualcuno mi farebbe del male”.

“Noi centauri proteggiamo la foresta. Tu comunque hai amici qui, vedo”, indicò i Thestral.

“Oh, li vedi? Sono davvero amici”.

“Sì”, le credeva, anche lui pensava che i Thestral fossero ingiustamente poco considerati dai maghi. Lasciò passare qualche minuto e le domandò: “Adesso torni a scuola?”

“No, vorrei vedere un unicorno”, alzando gli occhi vide che il sole stava per tramontare. L’alba e il tramonto sono i momenti migliori per vederli, Luna lo sapeva. Il cielo era ancora limpido, ma si poteva già vedere la pallida luna, in attesa di illuminare il cielo scuro.

“Avresti più possibilità di vederlo se lo cercassi vicino al ruscello”, Luna annuì, lo sapeva.

“Infatti, è lì che voglio andare”.

“Luna, lo sai che dopo il tramonto agli studenti è vietato stare qui”.

“Lo so, ma io sono con un professore”, disse sperando che non la riportasse a scuola.

“Comunque, vorrei sapere perché lo vuoi vedere”.

Sospirando, Luna iniziò a raccontare cosa l’aveva spinta a cercarlo: “Una volta, mia madre mi ha detto che al mondo non c’è essere più puro di un unicorno. Mi ha detto che se un giorno avessi perso di vista la purezza della vita, se non avessi più avuto fiducia negli uomini, se mi fossi sentita persa, vedere un unicorno, avere la fortuna di incrociare con lui lo sguardo, mi avrebbe messa di nuovo in condizione di credere che c’è vita, pace, purezza, amicizia, amore.

In un unicorno, si dice, ognuno vede il suo vero io.

Io vorrei capire chi sono davvero, attraverso i suoi occhi vorrei sentire che mia madre mi è ancora vicino, che V… Voldemort non potrà vincere il mio cuore, né quello di chi, come me, crede che la Terra può continuare a girare anche senza gli uomini, che l’amore può esistere nonostante l’odio e la guerra, che ci dividono ogni giorno di più.

Spero che potrà darmi la forza di combattere davvero per quello in cui credo, e che mi permetta di essere abbastanza forte da farlo, anche se a godere della vittoria potrei non essere io.

Dall’anno scorso ho degli amici, Harry, Ginny, Neville e gli altri. Io credo di dovere a loro, alla mia famiglia, a questi animali e a tutti voi creature magiche, la capacità di credere che ci sia ancora speranza, perché solo la speranza ci dà la forza di lottare”.

Fiorenzo, stupito e colpito dal discorso, guardò il cielo, la brezza gli mosse i capelli biondi, poi si grattò il mento, indeciso. Anche lui sapeva quanto la speranza fosse importante in quel periodo buio, e che potere avesse l’unicorno sui cuori puri come quello di Luna.

 Dopo un paio di minuti, decise. Puntò i suoi occhi limpidi in quelli della giovane: “Realizzerò il tuo desiderio. Non ha paura di me. Adesso ti inviterò a fare una cosa che non dovrai raccontare in giro, sarà l’unica volta che lo chiedo: salta in groppa”.

“Grazie”, Luna con il suo solito comportamento spontaneo e naturale iniziò a raccogliere tutte le sue cose, accarezzò i Thestral, li salutò e salì sul tronco, da cui Fiorenzo la aiutò a mettersi a cavallo: “Tieniti forte adesso”, partirono al galoppo, lei  stretta alla sua schiena, attenta a non infastidirlo e ad evitare di cadere.

Quando arrivarono nei pressi del ruscello, il sole ormai aveva tinto di rosso il cielo, e stava scomparendo all’orizzonte, Fiorenzo le fece cenno di stare in silenzio, Luna chiuse gli occhi, pregando che la foresta la accettasse, pregando di non infastidire il raro animale che da sempre popolava i suoi sogni. Fiorenzo nel frattempo estrasse un flauto dalla sua sacca e intonò una melodia dolce, serena, che subito parve attirare gli animali schivi che da sempre abitano la foresta proibita. Lentamente, anche Luna iniziò a sentirsi presa dalla musica, e si rese conto che la sua anima veniva trasportata, sollevata, privata delle preoccupazioni, liberata dal male che ogni giorno tentava di risucchiarla.

E poi lo vide. I suoi occhi erano più limpidi del cielo e dell’acqua di sorgente, il suo mantello argentato brillava come la luna e i suoi riflessi sull’acqua erano come i raggi del sole.

In lui c’era tutto.

Tutto quello che sarebbe dovuto esistere.

Tutto quello che di buono aveva il mondo.

Mentre Fiorenzo suonava, l’unicorno si avvicinava alla strega: Mi aspettavi, Luna?

Parla con me?

Tua madre mi ha detto che sei forte, una strega coraggiosa.

Non abbastanza.

Il tuo cuore è puro.

Si muoveva lento, arrivò ad un passo dalla strega.

Scendi.

Con l’aiuto di Fiorenzo, la ragazza scese e si ritrovò di fronte al magico unicorno.

Posso accarezzarti?

Sì.

Rispondendo alla sua muta domanda ingenua e spontanea, l’unicorno rise.

La morbidezza del mantello dell’animale stupì la strega, era tiepido, appena lo sfiorò sentì che tutto attorno a lei era più leggero.

L’unicorno sentiva che il cuore della ragazza era triste, perso, ma forte e nobile. Volle aiutarla:

Ti voglio fare un regalo, prendi un mio crine, portalo con te.

Ne sei sicuro?

Fanne un talismano, ti porterà fortuna, ti donerà speranza.

Così fece. A malincuore, ma incoraggiata dalle sue parole, strappò un crine dalla sua folta criniera e lo tenne stretto tra le mani.

Grazie.

Arrivederci Luna.

Lo spero.

 

L’unicorno svanì veloce, Fiorenzo riportò Luna alla realtà smettendo di suonare, e insieme, in silenzio, si avviarono verso la scuola.

Nel tragitto di ritorno Luna era felice.

Per la prima volta dopo tanto tempo, né i Nargilli, né i Gorgosprizzi le resero difficile addormentarsi.

Aveva ritrovato la pace, e con essa la forza che le avrebbe permesso di combattere.

 

 


   
 
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