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Autore: A Dream Called Death    23/08/2010    2 recensioni
< Pensi a lei qualche volta? > chiese poi.
< In continuazione > risposi.
Mi alzai dallo sgabello.
Lui mi fissò, incuriosito.
< E come faccio a sapere che con lei al mio fianco tornerò a vivere? Può essere l'anestetico al dolore? > chiesi.
< Lei non è l'anestetico al tuo dolore... Ma potrebbe essere la cura definitiva. >
Anno 2006.
Il tour mondiale di American Idiot è stato appena cancellato ed i Green Day tornano in America dopo tre mesi dalla partenza.
Ma qualcosa è cambiato, fuori e dentro il gruppo.
Per Billie Joe Armstrong lo scontro con le ombre del passato non è mai finito.
I pensieri, i dubbi e le insicurezze di un uomo che deve fare i conti con se stesso: una vita spesa per la musica e per la propria band, ma anche colma di bugie e alcol, nemico ed amico da sempre del protagonista, unico rimedio al dolore ed alla rassegnazione.
Ma un incontro lo sconvolge, mescola i pezzi del puzzle della sua vita, lo mette di fronte alla cruda realtà: non si può fingere per sempre, si deve trovare il coraggio di prendere la decisione più difficile di tutte... Essere felici.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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Iniziai a camminare lungo la strada, ripensando a ciò che era
successo durante quel mese in Europa.
Tutto quello che era successo.
Per prima cosa, avevo litigato furiosamente con Michael.
Già, Michael. Non più Mike, ora era tornato Michael.
E questo dovrebbe già dare un'idea del mio giramento di
coglioni nei suoi confronti. Una litigata ai limiti dell'immaginazione
ricordo che ci eravamo anche mandati a fanculo.
Era stato Mike il primo a farlo.    
Era la prima volta che sfociava una lite così furibonda tra noi.
Tutto per lei.
  Il destino volle regalarmela, ed io la presi tra le mie braccia
senza pensarci un attimo.
Ci sono persone che ti sconvolgono la vita, rimescolano le
carte, distruggono l'intero puzzle.                                                                                                   
Quel puzzle che avevo costruito con precisione, in un attimo
era andato distrutto e i pezzi si erano sparsi intorno a me,
pronti per essere rimescolati.
Ma in che modo volevo rimescolarli? Avevo costruito muri fatti
di bugie. E quelli non potevano andare distrutti.  
Avevo sempre tenuto la mia vita sotto controllo, ma non avevo
calcolato che una volta di fronte a lei le mie difese sarebbero
crollate in quella maniera. Non così. Non io.
Tutto successe durante quel maledetto tour in Europa, quella
settimana dovevamo esibirci in Inghilterra, a Birmingham.
Arrivammo venerdì, le prove si sarebbero tenute la mattina
dopo quindi ci prendemmo del tempo per farci gli affari
nostri. Mike decise di fare un salto in città, si vestì in tuta
da ginnastica, munito di capello, occhiali da sole e portafoglio.
Io e Trè optammo entrambi per soddisfare un bisogno comune:
mangiare. Ci recammo in un fast food, bene attenti a non farci
riconoscere.
Non sono mai stato un amante dei fast food, ma il mio batterista
mi aveva supplicato di concedergli un hot dog.
Il mio stomaco implorava di essere riempito, così ci mettemmo
a correre come scemi. Dalla fretta, urtai anche una ragazzina.
Iniziammo a chiacchierare davanti ad un mega hot dog (per
Trè) e una misera insalata condita sicuramente con qualche
olio ricavato dal grasso animale (per me, ovviamente).
Non poteva mancare la birra.
Sfortunatamente per me il mio batterista, sbadato quanto bravo
con le percussioni, riuscì a rovesciarmi un'intera bottiglia di
ketchup sulla t-shirt.
Nonostante questo, ci mettemmo a ridere fragorosamente.
Colpa della birra, forse.
Avevo un'enorme fottuta macchia di ketchup sulla maglia
eppure ridevo come un coglione.
Ma quello che mi divertiva di più era il fatto che nessuno di noi,
e per noi intendo uomini adulti e vaccinati con un passato
notevole alle spalle, era in grado di fare una lavatrice senza
allagare la casa. Poi mi venne in mente che Jason era un
casalingo nato, quindi decisi di affidarmi a lui per il lavaggio
dei miei capi.
Quella t-shirt aveva un valore affettivo, mi era stata regalata
da Adrienne ed era impregnata del suo profumo.
Sorrisi pensando a lei e mi ricordai che dovevo chiamarla per
farle sapere del nostro arrivo. Appena uscimmo, Trè mi annunciò
di voler andare in albergo.
-Ehi Big, sono stanco morto. Credo che mi tufferò dritto nel
mondo dei sogni- mi disse.
-Pensavo che fossi d'accordo con Tim per andare a fare spese-
risposi. E con spese si intendeva qualcosa di alcolico.
-Emh... credo che quella faccenda si risolverà questa sera.
Ho in mente di contrastare la comparsa delle occhiaie sotto
ai miei occhi, in questo momento-.
Rise e sbadigliò di nuovo.
Quel giorno era particolarmente stanco, si vedeva.
Lo accompagnai all'albergo e lì ci lasciammo.
-Credo che farò un salto in città, magari in lavanderia-
dissi, ridendo e indicando lo stato della mia maglietta.
Trè rise e si decise a ritirarsi per andare in tana.
In realtà sapevo che Adrienne si sarebbe incazzata se avesse
visto quella t-shirt. Ne ero certo.
Fissai il luogo intorno a me, pensieroso. Non conoscevo bene la
città, mi feci quindi guidare dall'istinto.
Forse già sapevo dove stavo andando, ovvero incontro ad un
qualcosa che non potevo evitare.
Forse già ne avevo una vaga idea.
Decisi di recarmi in un grande magazzino, avevo tutta l'intenzione
di trovare una sostituta alla mia t-shirt perduta.
Ho sempre temuto le reazioni di Adrienne, mi aveva sempre
rimproverato riguardo al fatto che, secondo lei, non tenevo con
cura le mie cose. Soprattutto i regali.
Avrei potuto trovarla ovunque una t-shirt del genere, in qualsiasi
negozio d'abbigliamento, considerando che non costava un occhio
della testa. Eppure andai proprio lì, in quel maledetto negozio.
Mi guardai intorno, non ce n'erano altri in vista.
Ma ero io che avevo scelto lui... oppure lui aveva scelto me?
Così, entrando mi guardai attorno perplesso.
Ecco. Tutto iniziò.
Probabilmente solo una coincidenza.
Probabilmente se non fossimo andati in un fast food, Trè non avrebbe
ordinato un hot dog con il ketchup, non me ne avrebbe rovesciato
un litro addosso e non mi sarei ritrovato lì, in quel preciso istante.
Ma ci ero finito... e questo bastò.
E, spostando i completi che si trovavano sugli attaccapanni, la vidi.
   
 
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