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Autore: Maggie_Lullaby    23/08/2010    3 recensioni
Spin-off di "Under The Moonlight".
Questo è un finale alternativo che è nato quasi per caso della mia long (ormai conclusa), Under The Moonlight.
E se...
Lexi non avesse perdonato Joe per averla ferita e l'avesse allontanato irrimediabilmente dalla sua vita, trasferendosi in Francia non appena le è stato possibile e continuando la sua vita senza di lui?
E se...
Maggie non si fosse perdonata per aver tradito e avesse lasciato definitivamente Nick, senza più farsi sentire da nessuno della famiglia Jonas e scappando per andare all'università, finendo poi a Washington D.C.?
E se...
Maryl e Kevin non fossero riusciti a sopportare la distanza, si sono lasciati e ora lei vivesse a Tokyo con un altro uomo?
Questa è una storia su come sarebbe potuta andare a finire...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Brothers&Sisters'
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Capitolo 2.

Quando non si è sinceri bisogna fingere,

a forza di fingere si finisce per credere; questo è il principio di ogni fede.

(Alberto Moravia; Gli indifferenti)



[…] - Cosa significava quella canzone? - chiese Maryl, strabuzzando gli occhi lanciando un'occhiata al suo ragazzo.

- Non lo so – ammise lui. - Ma hai visto come si comportavano Maggie e quel ragazzo lì?

- Kevin, al momento non mi interessa, voglio sapere perché mia sorella ha dedicato al suo ragazzo una canzone d'addio e non la loro Fly with me!

- Maryl, non ne ho idea, io... - Kevin alzò lo sguardo. - Ah, ciao Nick.

Il diciassettenne, comparso ansimante dalla porta d'ingresso, quasi inciampò nei suoi stessi piedi rischiando di cadere a terra, ma si aggrappò a una sedia e si resse in piedi, avvicinandosi a Maryl e al fratello maggiore.

- Scusate, mi hanno trattenuto, non sono riuscito ad uscire dallo studio fino a quindici minuti fa, mi sono catapultato qui subito. È già finito lo spettacolo? Maggie dov'è? - chiese tutto d'un fiato, con il fiatone per la corsa.

Maryl e Kevin fecero per dire qualcosa ma la voce di Maggie li interruppe prima che potessero dire alcunché.

- Ciao Nick – disse con tono piatto.

- Maggie – esalò lui. - Mi spiace, sono stato trattenuto, ho provato in tutti i modi di sbrigare la cosa ma non sono riuscito...

La mora scosse il capo, osservando i clienti del locale uscire, anche Blake insieme al padre, probabilmente per parlare con qualche amico.

- Potete aspettare fuori? - chiese lei alla sorella e a Kevin. - Per favore.

Entrambi annuirono e Kevin mise una mano sulla schiena della sua ragazza spingendola dolcemente verso l'uscita.

- Maggie... - riprese Nick, non appena scomparirono dietro la porta.

- Me l'avevi promesso! - lo accusò lei, infiammandosi. - Mi avevi promesso che saresti venuto! Che questa sera saresti stato qui per ascoltare la nostra canzone!

- Mi spiace – disse il ragazzo.

- No! Le tue scuse non mi bastano più, Nicholas, sono stanca di sentire soltanto le tue scuse quando manchi alle tue stesse promesse! - sbottò la diciassettenne, irritata.

- Io volevo esserci! - si difese il ragazzo. - Sono stato trattenuto, Maggie!

- Come sempre – si sfogò la mora.

- Senti – riprese lui, fingendo di non averla sentita - sono certo che la canzone sia piaciuta a tutti, la prossima volta ci sarò, davvero.

- Nicholas, forse non l'hai capito, non ci sarà più una prossima volta! - gridò Maggie, e la sua voce rimbombò nel bar vuoto.

Il cantante rimase immobile qualche istante, poi sbatté le palpebre e strabuzzò gli occhi, confuso.

- Cosa intendi dire? - osò.

La mora abbassò il capo, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.

- Nick – iniziò, - cos'è più importante per te? La musica o io?

- Come puoi chiedermi una cosa simile?! - gridò il ragazzo, infiammandosi subito. - Come?!

- E tu come hai potuto mancare a questo impegno per l'ennesima volta quando mi avevi promesso che ci saresti stato?! - ribatté lei.

- Non mi hai risposto.

- Se per questo nemmeno tu!

Nick non l'aveva mai vista così combattiva. Riconobbe solo una cosa di quella nuova Maggie, lo sguardo e la strana luce che le oscurava gli occhi: la stessa che aveva quando aveva visto lui ed Emma baciarsi.

- Maggie... Io voglio essere sincero, amo entrambe con tutto me stesso, non potrei vivere senza uno di voi – ammise, fissandola negli occhi.

La ragazza si paralizzò.

- Davvero? Entrambe? - scoppiò in una risata senza gioia. - Ho sempre saputo che non avrei mai sostituire la musica, e non ho mai voluto, ad essere sincera, ma da quando hai pubblicato Who I am sembri non avere cinque minuti da dedicarmi!

Si stava sfogando, rivelando quello che si teneva dentro da troppo tempo.

- Non ho cantato Fly with me, questa sera – aggiunse la ragazza, con voce roca. - Per tutto il tempo ho rimandato la canzone, sperando di vederti varcare quella porta, ma non l'hai fatto. - prese un respiro profondo. - Ho cantato Goodbye my lover.

Nick dapprima non comprese ciò che la sua ragazza gli stava dicendo, le sue parole gli sembravano prive di senso, come se stesse parlando un'altra lingua, poi comprese, anche se non voleva crederci. Non era stupido, sapeva cosa Maggie stava per fare.

- Nicholas, voglio una pausa – disse la mora, dopo aver preso un respiro profondo, fissandolo negli occhi mentre i suoi si inumidivano.

Il cantante la fissò senza emettere un verso, mentre qualcosa dentro di lui si spezzava. Il suo cuore.

- Io... non credo di provare per te quello che provavo qualche tempo fa – spiegò. - Ho bisogno di chiarirmi le idee – senza volerlo i suoi pensieri corsero a Blake. Li scacciò come se fossero una mosca fastidiosa.

- Ah – sussurrò Nick, a bassa voce, con il tono roco.

- Già – annuì lei. - Ah.

- È colpa mia – disse lui, parlando quasi fra sé e sé.

Maggie scosse il capo, lottando per trattenere le lacrime che premevano per uscire.

- No, non è vero, è anche colpa mia – disse, sincera, - non sai quanto sia anche colpa mia.

Il ragazzo scoppiò in una risata senza gioia.

- Le ragazze lo dicono sempre quando lasciano qualcuno – mormorò, - per non far sentire troppo in colpa i ragazzi e anche se stesse.

- No, Nick – scosse la testa Maggie. - Io sono sincera.

Due occhi verdi e due cioccolato si incrociarono ancora una volta, inumiditi delle stesse lacrime di dolore, entrambi mentre sentivano un rumore di vetri infranti. I loro cuori.

- Ti aspetterò – disse lui. - Finché non avrai deciso.

- Non farlo, Nicholas – sussurrò la ragazza. - Vivi la tua vita, io proverò a fare lo stesso.

- Non credo di riuscirci senza di te – ammise Nick. Anche senza credo.

Maggie sospirò e si strinse nelle spalle.

- Mi dispiace.

Fece per allontanarsi ma Nick la prese per un braccio e la strinse a sé un'ultima volta, annusando il suo profumo, l'odore della sua pelle e per ultima cosa baciò i suoi capelli.

Maggie rimase immobile, trattenendo ancora una volta dalle lacrime che le sentiva sgorgare.

Una lacrima le scivolò lungo la pelle candida e prima che la potesse nascondere Nick la vide.

- Ciao Nick – sussurrò Maggie, gli diede un bacio su una guancia, un bacio freddo, distaccato, di quelli che di solito lui dava alle sue fan.

- Ciao Maggie – mormorò di rimando lui, ma lei non lo sentì: se n'era già andata.

**

«Se avete lacrime, preparatevi a versarle adesso», citò Maggie Campbell, seduta sulla cattedra della propria aula, guardando negli occhi tutti i suoi ventidue studenti. «Chi sa dirmi chi disse questa frase?».

Gli studenti si lanciarono delle occhiate perplesse; alcuni si grattavano la testa con il beccuccio della penna, altri mordevano nervosamente una matita.

«Nessuno? Dai, ragazzi, l'abbiamo studiato poco tempo fa...», osservò la giovane donna, scostandosi i capelli mori dagli occhi verdi come smeraldi. «Moore?».

Un ragazzo dai ricci mori e gli occhi di cioccolata alzò lo sguardo sulla professoressa, osservandola con un'occhiata profonda.

Come sempre quando vedeva quello sguardo così assurdamente familiare Maggie rabbrividì e si tenne stretta con le mani al bordo della cattedra.

«Come ha detto, prof?», chiese con voce laconica Matthew Moore.

«Chi l'ha detto?», ripeté pazientemente la venticinquenne.

«Un uomo depresso, immagino», sbadigliò il quindicenne, annoiato, e si accese qualche risatina per la classe.

«Mi sapresti dire il nome di questo uomo depresso?», chiese Maggie, ignorando il commento. Sapeva che Matthew conosceva la risposta, doveva solo dirla, smettere di fare l'indifferente.

Gli occhi di Matthew e di Maggie si incrociarono per qualche misero istante.

«Shakespeare», mormorò il ragazzo, abbassando il viso sul suo libro di letteratura.

«Esattamente», sorrise Maggie, radiosa. «William Shakespeare. Chi sa dirmi qualcosa su di lui?».

La mano agile di Clarissa Bolton stava già per scattare in aria quando la campanella suonò e immediatamente ventidue sedie stridettero sul pavimento e tutti gli studenti raccattavano le proprie cose, per uscire dall'aula afosa.

«Matthew, ti fermeresti un istante?», domandò la mora non appena vide la sua massa riccia sfilare davanti alla sua cattedra.

Il ragazzo si fermò e la guardò male per un secondo, salvo tornare indietro salutando con la mano il suo migliore amico, Chad Oliver.

«Devi prendere il pullman per tornare a casa, oggi?», chiese Maggie, facendogli cenno di sedersi pure al primo banco.

«Sì», grugnì Matthew.

«Non ti tratterrò a lungo, allora», annuì la giovane donna. «Volevo solo parlarti qualche minuto perché ho visto che sembri un po' strano, in questo ultimo periodo». Era difficile per lei estraniarsi dalla vita dei propri studenti, con un ragazzo come Matt, poi, era quasi impossibile.

«Al solito, prof», disse lui, passandosi una mano tra i riccioli ribelli. Un gesto così familiare per Maggie che dovette stringere le mani ancora di più alla cattedra: erano così simili...

«Sicuro? Con tuo padre...».

«Prof, mi scusi, devo correre o perdo il treno per tornare a casa», la interruppe bruscamente Matthew, afferrando di nuovo il suo zaino e uscendo dall'aula senza aspettare alcuna risposta.

Maggie chinò il capo, osservandosi le scarpe con aria sconsolata. Le aveva detto che sarebbe tornato a casa in pullman.

Con un sospiro rassegnato infilò nella sua ventiquattr'ore dei compiti in classe e uscì dalla stanza, toccandosi i capelli con aria nervosa.

Sapeva dei problemi a casa che aveva Matthew con suo padre, un alcolizzato che non meritava di essere chiamato “papà”, e cosa gli faceva ogni volta che il figlio lo deludeva in qualche modo. Aveva tentato di convincere Matthew a parlare con la psicologa della scuola ma non aveva mai mostrato segno di volerlo fare e lei non sopportava di vedere quell'espressione spenta su quel bel viso angelico.

Scosse il capo, come per scacciare una mosca fastidiosa, la pensava in quel modo solo perché Matthew e lui erano due gocce d'acqua, quasi. Non riusciva a smettere di pensarlo.

Rivolse un cenno di saluto all'addetto alle pulizie e uscì dalla Washington High School, situata nel centro di Washington D.C.

Si era trasferita lì all'età di diciannove anni, per studiare. Doveva essere una cosa provvisoria mentre, alla fine, era stato un cambiamento definitivo.

A causa della partenza di Maryl per il Giappone si era trasferita per un anno nella periferia di Los Angeles, da una zia che quasi non sapeva nemmeno di avere; tutto pur di non andarsene dalla California e seguire il padre ed Emily a Miami. Avrebbe voluto convincere Lexi a seguirla ma la gemella era stata irremovibile e aveva seguito il padre e la matrigna in Florida.

Concluso il liceo con ottimi voti il padre aveva fatto di tutto per farla ammettere ad Harvard a Boston e i voti l'avevano senza dubbio aiutata, ma non appena aveva messo piede in quell'università aveva fatto dietrofront ed era andata alla stazione. Destinazione: il primo treno che sarebbe partito.

Ed era stato così che si era trovata a Washington D.C. sola, senza un soldo e un posto dove stare, se non fosse stato per Shannon, una ragazza indiana dalle origini inglesi che allora viveva in una casa con una stanza in più, sarebbe tornata ad Harvard strisciando.

Ed era stato così che aveva preso un dottorato in Scienze Economiche e Sociali, si era laureata con ottimi voti e, alla fine, era finita in una scuola di provincia in cui guadagnava una miseria.

Certo, una vita emozionante, avevano detto in molti quando l'avevano ascoltata, ma perché era accaduta? E Maggie aveva raccontato la verità, o almeno una parte. Aveva raccontato che si era innamorata follemente di un ragazzo, l'aveva chiamato Brett, un atleta, e avevano passato insieme i mesi migliori della sua vita, poi lui aveva preso altri impegni, lei era scalata in secondo piano e si erano lasciati.

Il suo nome, in realtà, era Nick Jonas, rock-star di successo, ma era venuta a Washington per dimenticare il passato, non per ricordare.

Arrivata nel parcheggio aprì la sua macchina, la Mini rossa che il padre le aveva regalato per i diciassette anni che aveva fatto arrivare da Los Angeles grazie a Emily, la nuova moglie del padre.

Si sedette sul sedile in pelle, troppo pacchiano per i suoi gusti, e accese il motore, collegando intanto al cellulare l'auricolare e accendendo la radio.

«Giornata meravigliosa, qui a Los Angeles, il sole splende, gli uccellini cantano... Ah, sì, il mondo ha ripreso a girare intorno a me, mi sento molto più sereno, adesso!», commentò lo speaker, con tono beato, facendola sorridere.

«Derek! Non te l'hanno insegnata la modestia?!», sibilò un'altra speaker, con tono divertito.

«Perdonami, Liz, la mode-che?», ma prima che l'altra potesse replicare partì una canzone: To listen to reason, un nuovo pezzo degli American Boys, una nuova teen band che, a quanto pare, faceva impazzire migliaia di adolescenti.

Il loro sound a Maggie non piaceva, ma come poteva non capire tutte le ragazze che li adoravano e dicevano di amarli? C'era passata anche lei, una volta, sette anni prima.

Il suo cellulare prese a vibrare e la ragazza abbassò il volume della radio, accettando la chiamata.

«Pronto?», disse, con un mezzo sorriso.

«Indovina chi si sposa?!», saltò su dall'altra parte del telefono una voce eccitatissima.

«Oh. Mio. Dio».

«Sì! Mi sposo, Mags! Mi sposo!», continuò la ragazza, l'entusiasmo che trapelava da ogni sillaba.

«Shannon, ma è meraviglioso! È fantastico! Finalmente James te l'ha chiesto?!», strillò allegra la mora, fermandosi a un semaforo rosso, ostentando felicità.

«Lo consideri lo stesso “chiedere” se sono stata io a supplicarlo?», rise nervosamente la ventisettenne dall'altra parte dell'apparecchio.

«Shy!».

«Ma lui ha accettato e mi ha detto che me l'avrebbe chiesto lui 'sta sera... è una buona notizia, no?», continuò a parlottare Shannon, ridacchiando.

«È meraviglioso, Shy, sono molto felice per te», sorrise materna Maggie, schiacciando di nuovo l'acceleratore non appena il semaforo divenne verde.

«Grazie! Domani sera usciamo a festeggiare? Oggi non posso, Jimmy ed io festeggiamo a modo nostro», propose maliziosamente l'altra.

«Certo, d'accordo, facciamo alle otto? Dove?», annuì Maggie, svoltando a sinistra, rallentando vedendo che la macchina di fronte a lei si stava quasi per fermare di fronte all'ennesima coda di traffico cittadino.

«Andiamo a mangiare un kebab? Al solito posto?», chiese Shannon.

«Va bene, perfetto. Ci vediamo domani, allora».

«A domani tesoro, un bacio», sorrise l'amica e poco dopo riappese.

Il viso della venticinquenne era ancora increspato in un sorriso. Si passò una mano tra i capelli mori, tagliati corti sopra le spalle. Aveva quel taglio da qualche anno, ormai, ma non si era ancora abituata, era solita avere i capelli lunghi almeno sotto le scapole.

Rimase ferma nel traffico per una decina di minuti, ma negli anni aveva acquisito una discreta conoscenza di quelle strade e sapeva quale vie prendere per evitare le zone meno trafficate.

Abitava in un appartamento trilocale nel pieno centro di Washington D.C., all'ottavo piano. Non si lamentava affatto di quella sistemazione, i vicini non erano troppo rognosi ed era comodo per andare a lavorare, anche in quei giorni in cui nevicava e pioveva costantemente.

Aprì il grosso portone e fece un cenno di saluto al portiere, che ricambiò con un gesto del capo, e si fermò a controllare se fosse arrivata della posta. Non era insolito in quel periodo dell'anno: di certo suo padre, Emily e Daniel le avevano spedito qualcosa da Miami, o da dove erano partiti per le vacanza natalizie. Ormai non sperava più in una lettera di Lexi da anni, mentre Maryl, come al solito, le avrebbe telefonato la mattina di Natale. Presto. Molto presto, considerando il fuso orario tra Washington e Tokyo.

Williams – Campbell.

Sentì un brivido lungo la schiena, e non era per il freddo. Non si era ancora abituata a vedere il suo cognome associato a quello del suo compagno, Edward.

Aprì la cassetta con la propria copia delle chiavi ed estrasse tre buste delle lettere e una cartolina che ritraeva una spiaggia esotica. Fiji. Ovvio.

Mentre si avvicinava all'ascensore e schiacciava il pulsante per chiamarlo diede un'occhiata alle due lettere: due bollette da pagare e una lettera di Daniel per lei. Sorrise istintivamente.

Daniel era il figlio di suo padre ed Emily, che aveva compiuto sei anni da pochissimo tempo e aveva iniziato le elementari solo da pochi mesi, eppure da quando aveva imparato a scrivere non faceva altro che mandarle lettere.

Entrò nell'ascensore e pigiò il tasto dell'ottavo piano, leggendo la cartolina.

Ciao Maggie, come stai? Ti sento poco ultemamente! Siamo alle Figgi, sai? Qui è belissimo! Ti voglio bene, sorellona! Baci! Dan, Emy e Pet

Pochissime righe scritte con la scrittura sbilenca di Daniel, con tanto dei suoi errori di ortografia.

Maggie girò la chiave nella serratura e aprì la pesante porta in legno.

Si affacciava subito nel salotto di casa, ben illuminato dal sole di quell'ora, le finestre che davano sulle strade di fronte e, più in là, un parco in cui Edward andava spesso a correre non appena spuntava il sole.

Non era decorato con sfarzo: in mezzo al soggiorno era posto un divano da tre posti angolato con un altro per due persone, alla parete era appoggiata una televisione.

Edward era un grande appassionato d'arte e le pareti erano ricoperte di copie di quadri e, qua e là, qualche fotografia.

Sospirando si tolse le scarpe e il giubbotto, appoggiando le chiavi su una mensola vicina alla porta e riponendo i propri indumenti nello sgabuzzino.

Appoggiò le due bollette vicino alle chiavi e aprì la lettera di Daniel con un lieve sorriso.

Ciao sorellona,

mi manchi tanto! So che non vuoi partire con noi però vorrei che tu venissi! Andiamo alle Fiji questo Natale, ho visto le foto e sono bellissime, ma per una volta vorrei un Natale con la neve!

Ho ricevuto le foto che mi hai spedito di te e lo zio Ed a casa tua. Voglio venirci anch'io! Quando posso venire?

Sai che Maryl mi chiama spesso ultimamente? Dice che le manco... anche lei mi manca! E anche Lexi! Tu l'hai sentita?

Io la chiamo ma non mi risponde mai... Mi ha chiamato solo una volta qualche settimana fa, ma io voglio sentirvi di più!

Mamma e papà stanno organizzando già un viaggio per il loro settimo anniversario di matrimonio in aprile... posso venire da te mentre loro stanno via? Per favore!

La scuola va benissimo, sai? Vedi che non sto facendo nemmeno un errore? Sono bravo, vero?

A scuola c'è una ragazza simpaticissima che mi piace molto, si chiama Rebecca ed è molto bella! Come le posso dire che mi piace?

Chiamami presto, Maggie!

Ti voglio tanto, tanto, tanto, tanto, bene, sorellona!

Tuo amatissimo fratellino Daniel

p.s. Non è vero che sono bravo a scrivere, ora, è che mamma mi ha aiutato a correggere gli errori che c'erano nell'altro foglio così ho scritto bene qui, ti fa piacere?

La ragazza sorrise materna.

Quel bambino era assolutamente il più dolce che avesse mai conosciuto, e non lo diceva perché era suo fratello.

«Bentornata raggio di sole», disse una voce maschile, cingendole la vita.

Maggie sfiorò con le dita le mani che la abbracciavano.

«Grazie, tesoro. Anche a te», disse, felice. «Sei tornato a casa prima?».

«Sì, ho deciso di prendermi metà giornata libera», ammise Edward, un ventisettenne con i capelli neri corti e profondi occhi blu acceso, decisamente alto e dal fisico scolpito.

«Come mai?», chiese Maggie, prima che il ragazzo calasse le proprie labbra sulle sue e la baciasse dolcemente.

«Buone notizie», spiegò semplicemente, con aria misteriosa.

«Ovvero?», rise la mora, districandosi dal suo abbraccio e andandosi a sedere sul divano trascinando con sé Edward.

Lui prese a giocare con i suoi capelli, annusandole il collo e baciandoglielo con passione, appoggiando poi una mano su una gamba della fidanzata.

«Ed... Ed...», lo richiamò Maggie, irrigidendosi leggermente. «Non ora, dai».

«Perché?», chiese lui, con aria corrucciata.

«Sono stanca e ho tantissime cose da fare, e poi devo...», ma la lingua di Edward che catturava la sua la zittì.

«Beh, allora va bene», commentò il ragazzo, alzandosi con un sorriso tranquillo. «Ma non trovare scuse per questa sera...».

Maggie rise appena, e gli lanciò addosso un cuscino.

Edward era una brava persona: aveva un buon lavoro, figlio di gente per bene che l'avevano accolta in famiglia a braccia aperte, era un ragazzo gentile, dolce, spiritoso. Era tutto questo, ma non era Lui. Lui, l'amore della sua esistenza, la sua anima gemella. Il suo Nicholas. Ma ormai era un ricordo lontano. Non sapeva niente di quel ragazzo da quando si erano lasciati e non aveva fatto nulla per informarsi della sua vita ora: era sposato? I Jonas Brothers erano ancora un gruppo? Aveva una ragazza? Magari già un figlio? Non lo sapeva, e non lo voleva sapere.

Era certa che se avesse conosciuto Edward prima di Lui se ne sarebbe innamorata follemente, sarebbe diventata la sua anima gemella, ma – ora come ora – non avrebbe mai potuto sostituire Nick.

Provava qualcosa per Edward, ovviamente, ma non era l'amore speciale che aveva sognato e avuto. Sapeva che, però, sarebbero rimasti insieme, forse per tutta la vita, avrebbero avuto dei figli e un giorno si sarebbero seduti in giardino, vecchi e rugosi, circondati dai nipoti. Edward sarebbe stato felice, la sua sarebbe stata una vita piena. Maggie, invece, si sarebbe accontentata. Accontentata di un uomo, un lavoro, una vita.

Guardò Edward sorriderle e ricambiò.

Ma, dopotutto, le sue scelte le aveva fatte. Non si poteva tornare indietro. Il suo futuro era lì che la aspettava e lei avrebbe mantenuto quella maschera per tutta la vita, se necessario.

Chissà, magari un giorno avrebbe completamente dimenticato... Nicholas e avrebbe potuto regalare a Edward tutto l'amore di cui aveva bisogno, un amore pieno.

Non restava che aspettare.


Continua...


Buonasera (:

Ebbene sì, aggiornamento veloce anche perché non so quando potrò farlo di nuovo o.ò Spero presto!

Grazie per le 7 persone che hanno commentato lo scorso capitolo, mi avete stupita, sul serio, mi aspettavo al massimo un paio di recensioni!

Questo è uno sprazzo della vita di Maggie, ed è già il penultimo capitolo di questa mini-long.

Uh, nello scorso capitolo me n'ero scordata ma vi avverto che in questa long sono comparse o compariranno un paio di personaggi della mia prossima fic I'm Only Me When I'm With You. Secondo voi, se sono già comparsi, quali sono? Sono curiosa di sapere se avete indovinato *-*

Sì, ora vi lascio i ringraziamenti, vi ho già rotto abbastanza le scatole :D

Melmon: Lexi, come sappiamo, è testarda. Esageratamente testarda. Lei non vuole dimenticare Joe, anche se lo nega, e ha tagliato i ponti anche con le sue sorelle perché le ricordavano troppo la famiglia Jonas e i momenti passati insieme. Spero di essere stata chiara :D Spero, comunque, che questo capitolo ti possa piacere. Un bacio <3

Danger_Dreamer_93: spero sia abbastanza presto :D Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero sia stato lo stesso per questo! Grazie mille per le tue bellissime recensioni! Un bacio <3

Hollie: ahah, senza dubbio lo preferisco anch'io il finale originale, ma ho voluto mostrare anche questo lato che sarebbe potuto accadere (: Grazie mille per i complimenti, sul serio. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Un bacio <3

She is Mari: il perchè della loro separazione è spiegato in UtM e, come hai potuto vedere, ho mostrato uno sprazzo anche nel primo capitolo :D Ma noo, povero Luc, mi ci sono affezionata, è un ragazzo intelligente u.u Nono, Joe non è stato con madamoiselle Genevieve (anche se sarebbe interessante xD). Dei Jonas in questa fic non si saprà niente, loro sono la parte che le Campbell che vogliono dimenticare e non vogliono sapere niente delle loro vite. Grazie per i complimenti! *-* Un bacio <3

Who_I_Am: nuova lettrice *___* Sono contenta che tu abbia commentato questa fic! E grazie moltissimo per i bellissimi complimenti! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, un bacio! <3

FallInLove: Joe è decisamente Joe, non lo dimenticherò mai io che non lo conosco figuriamoci Lexi xD Anche se è solamente una fiction... Mmh, ma dettagli ù.ù Come ho già detto a She is Mari non ci saranno i Jonas perché, ebbene sì, sono la parte “da dimenticare” per le sorelle Campbell... anche se non ci riescono o.ò Grazie per i complimenti! Un bacio <3

jonas_princess: spero che abbia aggiornato abbastanza presto :D Sono moolto contenta che questo finale alternativo ti piaccia, sul serio! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Un bacio <3

  
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