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Autore: Maggie_Lullaby    18/08/2010    7 recensioni
Spin-off di "Under The Moonlight".
Questo è un finale alternativo che è nato quasi per caso della mia long (ormai conclusa), Under The Moonlight.
E se...
Lexi non avesse perdonato Joe per averla ferita e l'avesse allontanato irrimediabilmente dalla sua vita, trasferendosi in Francia non appena le è stato possibile e continuando la sua vita senza di lui?
E se...
Maggie non si fosse perdonata per aver tradito e avesse lasciato definitivamente Nick, senza più farsi sentire da nessuno della famiglia Jonas e scappando per andare all'università, finendo poi a Washington D.C.?
E se...
Maryl e Kevin non fossero riusciti a sopportare la distanza, si sono lasciati e ora lei vivesse a Tokyo con un altro uomo?
Questa è una storia su come sarebbe potuta andare a finire...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Brothers&Sisters'
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What If...?

~ Under The Moonlight ~


Alla mia Sweetness <3 senza ragione, solo perchè è lei.

Capitolo 1.

Sii sincero! Sii sincero!

Mostra liberamente al mondo, se non il tuo aspetto peggiore,

per lo meno qualche da cui si possa dedurre il peggio

(Nathaniel Hawthorne; La Lettere scarlatta)


[…] - Diavolo, Joe sta combinando un casino!

Maryl annuì tristemente.

- A casa com'è? Insomma, come sta? Esce spesso con Sasha? Lexi si è chiusa a riccio, non vuole uscire se non per andare a scuola e sta sempre in camera sua, a parte quando esce con Joe, e ne torna sempre distrutta, arrabbiata. Cosa sta combinando quel ragazzo? - domandò con tono supplicante.

Kevin la strinse forte.

- Si sta innamorando di nuovo, credo, e Lexi non è quella ragazza.

Maryl nascose il viso nel suo petto.

- Oddio, Kevin, ma come facciamo? Lexi lo ama dannazione! Lo ama con tutta se stessa e lui si sta innamorando di nuovo di quell'attrice da strapazzo?

Sasha era sempre stata simpatica pure a Maryl, ma ora che rischiava di essere la causa della separazione fra sua sorella e Joe poteva anche dire di detestarla.

- Hanno bisogno di parlare lui e Lexi – rifletté il ventiduenne. - Da soli. - aggiunse vedendo Sasha che stava parlando con Dakota Fanning e Nick con Maggie che parlavano fra di loro, stretti in un abbraccio tenero.

Poi sentirono uno strillo.

Tutti in sala si azzittirono, accorrendo verso il luogo da dove proveniva l'urlo.

Nella testa di Kevin sapeva già chi era stato a gridare.

- Lasciami spiegare... - disse Joe, a bassa voce, mentre Lexi di fronte a lui stava piangendo. Kevin si pietrificò vedendo quell'immagine, era la seconda volta che la vedeva piangere e l'altra occasione era stata quando Nick era stato male, più di sette mesi prima.

- Risparmia il fiato! - ringhiò lei, passandosi una mano sul viso. - Sei soltanto un bugiardo! Non ho più voglia di sentire le tue menzogne, sono stanca!

- Lexi per favore!

- Joseph stai zitto, stai zitto! Sei solo uno stronzo, uno stronzo bugiardo! Non hai fatto che mentirmi in questa ultima settimana!

- Ma non è vero!

- Ah, è così non è vero che sei innamorato di nuovo di Sasha? Che ti stai innamorando di nuovo? Che sei combattuto fra me e lei?!

Joe strabuzzò gli occhi.

- Lexi...

- Alexandra!

Da quanto tempo non gli chiedeva di chiamarlo così? Troppo tempo, non se lo ricordava nemmeno.

- No, ti prego, non farlo, ti supplico – la pregò sotto gli occhi di tutti, sapendo già come sarebbe andata a finire quella discussione.

- Cosa?! Dire la verità? Ammettilo, Joe, a te piace Sasha! Mi sono illusa per tutto questo tempo di poter essere davvero l'unica per te per tutto questo tempo, che davvero tu eri innamorato di me, e invece mi hai detto solo bugie per tutto questo anno! - strillava, strillava come non aveva mai fatto in vita sua.

Maggie si portò una mano alla bocca, mentre Maryl fece per intervenire, ma Kevin la fermò, certo che la rossa non avrebbe gradito.

Joe abbassò il capo.

- Ti prego, ammettilo così possiamo farla finita di dare questo spettacolo – disse Lexi a bassa voce, mentre ancora delle lacrime silenziose le solcavano il viso.

Il ventenne rimase paralizzato qualche istante, combattuto se dire o meno la verità. Non voleva perderla, non voleva.

Quando incrociò gli occhi della sua ragazza, carichi di rabbia e delusione annuì, sconfitto.

Lexi lo sapeva, ne era certa, ma trasalì lo stesso e si portò una mano alla bocca, presa all'improvviso da un forte senso di nausea mentre tutta la folla tratteneva il fiato. In mezzo a loro anche Sasha si portò la mano alla bocca, a metà fra il felice e il senso di colpa che la invadeva per il casino che aveva combinato.

- Bene – disse trattenendo appena un singhiozzo la diciassettenne, togliendosi la mano dal volto. - Ora dimmi qui, ora e subito chi vuoi e per favore non mentire.

Joe strabuzzò gli occhi. Gli chiedeva troppo. Non sapeva decidere, non fra la sua amata ragazza e il primo amore della sua vita.

Il suo silenzio stava durando troppo, se ne accorsero tutti.

- Ti risparmio la fatica di scegliere – proruppe Lexi. - Non voglio più vederti, Joseph – e dette quella parole scappò mentre Joe rimaneva paralizzato.

**

«Alexandra? Alexandra!», strillò François, schioccando le dita davanti agli occhi incredibilmente verdi della venticinquenne. «Muoviti, Alexandra, non abbiamo tempo da perdere!».

La ragazza guardò il suo capo negli occhi, fulminandola.

«Oh, certo, perché c'è così tanta gente 'sta sera», commentò ironicamente accennando al locale quasi vuoto, una punta di acidità nella voce vellutata.

François levò gli occhi al cielo, invocando il Signore.

«Il vostro sarcasmo americano è intollerabile», fece, riducendo le pupille a fessure.

«Perché il vostro francese è davvero meraviglioso», grugnì di rimando la rossa, voltandole le spalle, imprecando in inglese in modo tale che il suo capo non la capisse.

Un po' la rimpiangeva, l'America. Un po' tanto, ad essere sinceri, ma anche la Francia aveva il suo fascino se si escludeva il carattere terribilmente pignolo dei suoi abitanti.

«Vuoi perdere il posto?», la inseguì con la voce François. «Di ragazze come te ne trovo a centinaia in un pomeriggio!».

Alexandra la lasciò parlare, senza voltarsi; sapeva perfettamente che non l'avrebbe mai licenziata, per la semplice paura che potesse dire in giro dei traffici di alcool e droga scorrevano in quel locale all'ora di chiusura.

Sorridendo appena si sedette su una sedia nel retro, afferrando il giornale di quel mattino.

Passò con un'occhiata quasi indifferente i titoli della prima pagina: c'era stata una rapina in una banca lì a Parigi, e i ladri erano fuggiti con la refurtiva; il ritrovamento del cadavere di una ragazza la cui scomparsa era stata denunciata tre anni prima in Italia e un'altra cascata di disgrazie.

Alexandra si grattò la punta del naso e voltò pagina, passando alla politica, non che le importasse ma almeno si sarebbe fatta più o meno un'idea di chi votare alle prossime elezioni.

Lanciò un'occhiata alla data: 23 Dicembre 2017.

Con un sospiro nostalgico lesse i nomi dei candidati alle elezioni presidenziali, degli uomini che avevano abbondantemente superato la sessantina, con vari lifting sul viso da ebeti e dei sorrisi falsi stampati sul volto.

Il voto sarebbe saltato anche quell'anno, probabilmente.

Aprì con forza il proprio armadietto arrugginito e recuperò la propria borsa, infilandoci dentro il quotidiano.

«Ci vediamo domani», disse con tono piatto a François, che si aggirava tra i tavoli vuoti con aria stanca.

La donna la fulminò con i suoi piccoli occhietti.

«Alexandra...», cominciò, alzando la voce.

«E vorrei un anticipo della paga domani, grazie mille», la ignorò tranquillamente la rossa, dirigendosi verso l'uscita e chiudendosi la porta alle spalle con uno scampanellio cupo.

A Parigi nevicava.

Se c'era una cosa che la giovane donna aveva imparato negli ultimi cinque anni che aveva vissuto lì era che la neve, stranamente, le piaceva.

Nulla a che vedere con il caldo e soleggiato sole di Los Angeles, ma anche la città dell'amore innevata aveva il suo fascino.

Con un lievissimo sorriso sentendo un fiocco di neve sciogliersi sulla sua guancia si infilò il proprio basco verde in testa e si strinse nel giubbotto, camminando nella neve sulla strada che correva lungo la Senna.

Teneva il viso basso sui suoi stivali, attenta a non scivolare su una lastra di ghiaccio e avanzò fino a raggiungere la fermata del tram.

Si sedette sulla panchina gelida e si strofinò le mani affusolate contro il tessuto del giubbotto.

«Bonjour mademoiselle», le sorrise ammiccante un uomo dalla pelle scura, con in mano un mazzo di bellissime rose rosse. «Vuole una?», continuò con il suo francese stentato.

Alexandra scosse il capo seccamente e l'uomo si allontanò a capo chino, riprovando con una donna di mezza età poco lontana che si stava trascinando nella neve con un sacchetto della spesa in mano.

Rose. Lei, le rose, non le poteva quasi più vedere, le riportavano alla mente troppi dolci ricordi. Dolci ricordi da seppellire nell'angolo più remoto della sua mente.

Fra due giorni sarebbe stato Natale, e per lei l'ennesimo anno in cui se ne stava in casa da sola a vedersi un film. Niente di romantico o sdolcinato ma più probabilmente un bel thriller o un film horror. Doveva essere uscito da poco il remix del film Panic Room ora che ci pensava.

Il tram, come al solito, era in ritardo di dieci minuti e ormai Alexandra quasi non sentiva la sensibilità alle dita.

Salì con uno sbuffo e si sedette vicino a un finestrino, guardando il paesaggio.

Natale.

Aveva sempre amato il Natale, lei, lo trovava una festa bellissima, piena di gioia, ma negli ultimi anni, con più precisione negli ultimi sette anni, era solo diventato un giorno come un altro da accompagnare con un bicchiere di vino rosso.

Si morse il labbro inferiore, corrucciata, pensando alle sue sorelle. Entrambe avevano tentato per anni di convincerla ad invitarle da loro per quella festa, o si offrivano di invitarla a casa di una delle due per stare insieme, ma Alexandra, puntualmente, rifiutava. Ed è stato così che, oggi come oggi, erano sette anni che le tre sorelle Campbell non si vedevano. Non tutte insieme, per lo meno.

Maggie, un paio di anni prima, si era rifiutata categoricamente di passare il Natale da sola o a casa di loro padre ed Emily e aveva costretto la gemella ad ospitarla per un paio di giorni, durante i quali quasi non si erano parlate.

Maryl, al contrario, si presentava davanti alla porta dell'appartamento della sorella minore implorandola di farla entrare quasi ogni anno. Alexandra le aveva aperto solo una volta, quattro anni prima, e dopo quella visita la maggiore non si era più fatta vedere.

Perse. Erano perse tutte e tre, incapaci di recuperare il rapporto che avevano un tempo, prima che si innamorassero e, di conseguenza, si ferissero per quei tre magnifici ragazzi. Tre fratelli, come loro. Li avevano preso il cuore, trattato con delicatezza e amore per mesi, i più belli delle loro vite, per poi distruggerli.

La rossa scosse il capo, scacciando quei pensieri, e si alzò, scendendo poi dal tram una volta arrivata alla sua fermata, in Avenue de Sufren.

Se di una cosa della sua vita a Parigi era orgogliosa quella era il suo splendido appartamento.

Il bilocale per quanto piccolo e non troppo confortevole era affacciato sulla Torre Eiffel e nei giorni come quelli, in cui il Natale era vicino e la neve cadeva a fiocchi, il panorama diventava ancora più spettacolare.

La ragazza aprì il portone d'ingresso del palazzo con una spallata; erano anni che qualcuno non veniva a passarci dell'olio e ormai la serratura era arrugginita, e salì le scale con calma, ascoltando il rumore dei propri passi sui gradini in marmo.

«Mademoiselle!», la chiamò una voce dal terzo piano. «Madamoiselle Campbéll!».

Alexandra lanciò un'occhiataccia alla donna che la chiamava, Madame Ponthieu, una segretaria che aveva l'abitudine di interessarsi agli affari di tutti gli inquilini del palazzo.

«Madame, un'altra volta», sbuffò la venticinquenne in francese, arricciando il naso sentendo la pronuncia con cui la donna diceva il suo cognome.

«Ma madamoiselle, deve sapere! Conosce madamoiselle Genévieve, no? Non indovinerà mai con chi è tornata a casa l'altra notte, si tratta di...».

«Molto interessante», gracchiò la rossa continuando a salire le scale senza guardare la donna negli occhi. «Ora sono in ritardo, mi scusi», aggiunse, a mo' di scusa.

Prima di smettere totalmente di prestarle attenzione sentì madame Ponthieu borbottare un «americani!» con tono acido.

Alexandra abitava al sesto piano della palazzina e dato che l'ascensore era rotto dall'estate precedente era costretta ogni giorno a farsi tutte le scale a piedi, ma non le dispiaceva, la distraeva da tutti i suoi pensieri.

Infilò le chiavi nella vecchia serratura e la fece scattare, aprendo poi la porta e accendendo subito la luce, dando un'occhiata al piccolo ingresso.

Chiuse la porta e lanciò le chiavi su una mensola lì vicino, appendendo poi il giubbotto all'appendiabiti.

«Alexandra?», la chiamò una voce maschile dal salotto.

La ragazza si pietrificò, riconoscendo la voce. Cosa ci faceva lui in casa sua?

La rossa camminò svelta nel soggiorno e vide un ragazzo biondo, con gli occhi chiari, salutarla con la mano, seduto comodamente sul divano, le gambe accavallate.

«Buonasera», le sorrise Luc.

«Cosa ci fai qui?», ribatté di rimando Alexandra, sfilandosi gli stivali e appoggiandoli vicino alla parete. «Da quando hai le chiavi di questo appartamento?».

Il ragazzo si alzò e le porse una chiave che lei afferrò subito.

«Me l'hai data una settimana fa», spiegò il biondo, tranquillamente. «Mi avevi chiesto di innaffiare le piante finché stavi via per quel weekend a Nizza e non ho più avuto occasione di restituirtele».

«Così hai pensato bene di entrare in casa mia e aspettarmi finché non sarei tornata per darmele?», domandò lei con tono rabbioso.

«Alexandra, sei tu che sei in ritardo», spiegò molto semplicemente Luc. «Dovevamo cenare insieme, ricordi?».

La venticinquenne non si diede la pena di rispondere. Certo che se l'era dimenticato, non ricordava più un appuntamento con un ragazzo da anni.

«Quindi... posso restare?», proseguì il giovane francese, ammiccante.

La padrona di casa annuì appena e gli fece cenno di risedersi.

«Ordino un cinese», spiegò senza aspettare di ricevere consensi. «E apro del vino: bianco o rosso?».

«Bianco», rispose lui, seguendola in cucina.

La ragazza prese il telefono che teneva sempre poggiato sul tavolo e compose il numero, mentre Luc le cingeva la vita con un braccio e lei si irrigidiva.

«Luc...», sibilò.

«Alexandra, queste sono cose che due persone quando stanno insieme fanno, non domande sfuggenti, una telefonata ogni morte di Papa e risposte brusche», spiegò il ragazzo, lasciandola stare.

La rossa si morse il labbro inferiore e non disse nulla. Stare insieme. Le sembravano delle parole così grosse, le erano sembrate adatte solo una volta ed era stato un fiasco totale.

«Ho visto che hai dei nuovi messaggi sulla segretaria», accennò Luc, passandosi una mano tra i capelli. «Non li ho ascoltati, ho solo visto il numero che lampeggiava quando sono arrivato», aggiunse, quando vide l'occhiataccia della sua ragazza.

Alexandra si rilassò e appoggiò il telefono all'orecchio, ordinando a un ristorante cinese le loro ordinazioni.

I due giovani tornarono in salotto, sedendosi sullo stesso divano, ma i più lontani possibile l'uno dall'altra.

«Anche questo Natale starai sola?», chiese Luc, osservando il viso serio della venticinquenne accanto a lui.

«Sì», rispose meccanicamente quella. «Tu vai dalla tua famiglia, no?».

«Veramente no», disse lui. «Speravo di passarlo con te, questo Natale».

La rossa non rispose subito, sembrava particolarmente interessata alla copertina di un libro poggiato sulla libreria dall'altra parte della stanza.

«Passare il Natale assieme non bisognerebbe farlo dopo almeno il sesto mese di relazione?», chiese, socchiudendo gli occhi verdi. «Noi siamo solo al secondo...».

«Quarto», la corresse debolmente Luc.

«Quello che è», sbottò Alexandra. «È troppo presto, non corriamo, magari l'anno prossimo, che dici?».

Il biondo annuì, perfettamente conscio che l'anno dopo a Natale non sarebbero più stati insieme.

«Vai dalla tua famiglia», gli disse la ragazza con tono dolce. «Ti aspettano».

Luc annuì distrattamente e tenne lo sguardo calato.

«Perchè, la tua famiglia non ti aspetta?», osservò dopo qualche minuto di silenzio.

«Come, prego?», chiese la rossa, sperando vivamente di aver capito male.

«La tua famiglia», ripeté il ragazzo con il tono più alto, «non ti aspetta?».

«No», grugnì Alexandra seccamente. «Hanno le loro vite».

«Mi hai sempre detto che...».

«Luc, perché non ti fai i cazzi tuoi, eh?», sibilò la ragazza, alzandosi di scatto. «Non ti deve interessare se parlo con la mia famiglia o meno, se passo il Natale da sola o meno, è la mia vita e faccio quello che voglio io!».

Il ragazzo non batté ciglio nemmeno quando la ragazza, al suono del campanello, andava ad aprire e sbatteva la porta in faccia al fattorino.

«Voglio che tu sia felice», spiegò. Era così difficile da capire?

«Sei in ritardo di sette anni, Luc», lo riprese lei, con una risatina amara. «La mia felicità è scomparsa nella primavera del 2010 a causa di un grande bastardo e di un'attrice cogliona».

«Ma Lexi...», sussurrò Luc.

A quel nome la ragazza si dovette passare una mano sugli occhi per non iniziare a lacrimare, era da anni che non se lo sentiva pronunciare, e insieme a quel suono familiare si mescolarono in lei centinaia di emozioni e di ricordi.

«Non mi chiamare così», lo riprese la rossa. «Lexi non esiste più, è morta sette anni fa. Ora sono Alexandra».

Luc seguì con lo sguardo la giovane donna che apparecchiava passivamente la tavola e gli faceva cenno di sedersi accanto a lei per mangiare.

«Sei un bravo ragazzo, Luc», mormorò Alexandra nel suo orecchio, pescando poi con le bacchette un raviolo al vapore e senza dire quasi più una parola per tutta la serata.


**


Come promesso eccomi di nuovo subito qui con questa mini raccolta. Forse posso immaginare quello che voi possiate pensare una volta letto questo capitolo, ovvero “tutto qui?”, ebbene sì. È tutto qui. Lexi una vita ha provato a farsela di nuovo, ma non c'è riuscita, c'è sempre lo spettro di Joe che aleggia su di lei nonostante non si vedano da sette anni. Lei ora sta con Luc, che la ama, ma lei non ricambia. Luc è un po' come era Ray in Under The Moonlight, solo che questa volta lui la ama davvero, vuole davvero renderla felice, ma Lexi – anche se dice il contrario – in un certo senso vuole che Joe dentro di lei continui a vivere.

Come al solito, non mi so spiegare o.ò

Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci vediamo tra qualche giorno con il secondo (:

*Il fotomontaggio verrà aggiunto quando tornerò a Milano, ma vorrei ringraziare moltissimo _Kira_Perly_ per averlo fatto! Grazie, Chiara! :D*

  
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