Decisi di non affrontare una conversazione con L per un po’ di tempo e di limitarmi a fare il mio lavoro: nel frattempo anche Light aveva deciso di collaborare al caso K per fugare ogni sospetto su di lui e così riuscii a conoscere meglio nuovi aspetti della sua personalità (pur continuando a non fidarmi di lui).Il nuovo Light era molto più sincero e vero e, cosa da notare, molto meno calcolatore.
“Come hai deciso di collaborare con L, E?” mi chiese un giorno mentre stavamo facendo una pausa dal lavoro; “Veramente non l’ho deciso, sono stata costretta” risposi velocemente senza guardarlo, perché avevo notato qualcosa di molto strano nel computer.
“Anche tu, eh? E cosa ti ha fatto per convincerti a partecipare al caso?” continuò lui apparentemente senza accorgersi che ero impegnata, “Mi ha arrestata … Light, non noti qualcosa di strano nelle ultime morti?”: mi scostai per lasciargli vedere il monitor, e dalla sua espressione intuii che aveva capito anche lui.
“Hai ragione, è molto strano: tutti questi individui hanno avuto a che fare con lo Yotsuba Group” continuò lui. Mi girai a guardarlo, e notai quanto fosse perfetto e allo stesso tempo dolce il suo viso; possibile che un profilo del genere potesse appartenere a un serial killer?
“Scusa, cos’è lo Yotsuba Group?” gli chiesi: non lo avevo mai sentito prima, durante la mia permanenza lì in Giappone.
“E’ una società famosissima a Tokyo, bè, forse anche in tutto il giappone, che, nata da poco, si è saputa distinguere per la bravura dei suoi amministratori” mi rispose il ragazzo, “Wow, l’hai spiegato meglio di uno spot!” mi congratulai, anche se in pratica non mi aveva detto nulla. “Il problema è che tutti coloro che sono morti, avevano problemi con l’agenzia stessa, debiti, anche crediti …” “Ovviamente tutti fattori che non darebbero una buona immagine a un’agenzia così famosa” conclusi io per lui.
“Quindi potrebbe esserci un’ altro Kira” mormorò il giovane, a bassa voce. Già, a quanto pare saltano fuori come i funghi, pensai, ma il mio flusso di coscienza fu improvvisamente interrotto da L stesso, che non aveva proferito parola durante tutto il dialogo: strano che non mi fossi accorta di lui (sapeva essere proprio invisibile quando voleva), ma ancora più strano era il fatto che non fosse mai intervenuto nella conversazione, anche quando gli avevo parlato della mia detenzione.
“Già, ricordiamo che è il TERZO K” precisò lui, e aggiunse: “Dovremo inventarci qualcosa”.

Stavo raccogliendo le mie cose per tornare al mio appartamento quando mi si avvicinò l’unica persona che avrei sperato di incontrare e che non avevo visto per tutta la giornata.
“Ciao, E, come va?” sebbene avessi sentito dei passi, il suono della sua voce squillante mi fece sobbalzare. “Ah, ciao, Matsuda” risposi imbarazzata per la figuraccia: purtroppo però cominciai a sentire calore sulle guance … brutto segno.
“Spero di non averti spaventata” rispose in aria di scuse; “non ti preoccupare, stavo già per reagire con uno dei miei famosi calci multipli” sdrammatizzai, sperando che l’incidente si fosse risolto, e andò molto bene, visto che il ragazzo cominciò a ridere a crepapelle.
“Ah hah hah, che ridere, sai essere molto divertente, E, a differenza di quei musoni che sono di là” mi rispose con le lacrime agli occhi, ma divenne subito serio: a quanto pare doveva dirmi qualcosa di molto importante.
“Senti, ecco, io … stavo pensando, E, che … ecco” continuava a balbettare: non l’avevo mai visto così imbarazzato, e devo dire che in quel momento mi sentii sollevata, sapendo che non ero l’unica ad esserlo.
“Parla tranquillamente, Matsuda, puoi stare tranquillo” : wow, proprio una frase da assistente sociale! A quanto pare però aveva funzionato, dato che il mio interlocutore si fece forza e disse tutto d’un fiato: “ecco-tu-mi-piaci-e-volevo-chiederti-se-ti-andava-di-uscire-una-volta-come-amici”.
Sebbene fosse uno scioglilingua, riuscii in fretta a decifrarlo e risposi entusiasta ( ma senza mostrarlo, altrimenti sarebbe sembrato che non avessi nemmeno uno spasimante ): “Bè, dovrei controllare l’agenda ma potrebbe andare per Sabato sera”.
“Ok, allora, ehm, a presto, cioè, a sabato” rispose Matsuda trattenendo a stento un sospiro di sollievo e compiendo qualche passo verso l’uscita quando, ripensandoci, si riavvicinò a me chiedendomi se volevo un passaggio; “No, non ti preoccupare, ma devo fare una cosa” cercai di giustificarmi.
Non era una scusa: avevo veramente qualcosa per la testa che mi ronzava da parecchi giorni solo che non avevo mai avuto la possibilità di farlo, e questo mi portò persino ad ignorare i saluti di Light, Mogi e Aizawa nonché lo sguardo fisso di L.
Decisi di prendere il primo taxi passante, e chiesi di accompagnarmi al primo carcere della città: dovevo vedere assolutamente l’unica persona che avrebbe potuto darmi la risposta riguardo al libro della morte, e che avrebbe potuto farmi capire di più riguardo alla mia di morte.

“Buongiorno, sono venuta per fare visita a un vostro recluso” comunicai alla guardia carceraria di turno, e descrissi la persona che volevo incontrare.
Non so per quanti minuti la donna rimase in silenzio, ma quando parlò il suo tono di voce era molto sorpreso: “Non è possibile, signorina, Beyond Birthday è morto”.




NOTE: eccomi di ritorno! Spero che piaccia il capitolo, dopo quello precedente, un po’ scadente. Fatemi sapere che ne pensate, e a presto