Nevicava.
Nevicava.
Oh, lei amava la neve.
C’era un qualcosa di magico in quell’acqua ghiacciata che cadeva
dal cielo nuvoloso. Magico e maledettamente triste.
Le emozioni suscitate sono
soggettive, ma a lei non faceva che incutere tristezza. La sentiva, la palpava
in ogni fiocco che cadeva.
Ogni fiocco che appena
toccava terra moriva, cessava la sua danza angelica.
Le cose belle muoiono presto,
come le farfalle. Faticano tutta l’esistenza quando sono bruchi e poi per
riuscire a diventare farfalle, ma poi, una volta che posso librarsi nel cielo,
incatenando ogni essere vivente con i colori delle loro ali, muoiono presto.
e come tutte
le più belle cose, vivesti solo un giorno, come le rose…
Ecco, sì, come diceva
quella vecchia e bellissima canzone italiana.
Camminava lentamente nella
neve, calibrando ogni passo per evitare di cadere o di scivolare sui tratti di
strada ghiacciata. La testa era coperta da un cappellino bianco e il viso per
metà dalla sciarpa azzurrina che le cingeva il collo. Gli occhi azzurri
– quasi ghiaccio a causa di tutto quel bianco – guizzavano sulla
strada per evitare eventuali ostacoli.
Stava andando alla fontana.
La voleva vedere ghiacciata e
ricoperta dalla neve.
Non ci mise molto ad
arrivarci, non era distante dalla sua casa. Quella casa così sola.
Arrivò davanti alla
fontana, ovviamente spenta. Sembrava riflettere il bianco delle
neve sul bianco della scultura. Arrivata lì aveva smesso di cadere la
neve.
Era una banalissima fontana,
non aveva nessun decoro particolare. Un unico spruzzo che usciva verso
l’alto, bianca, senza neanche qualche disegno a decorarla.
Si sedette sul bordo e stette
in silenzio ad osservarla.
Poco dopo sentì dei
passi dietro di lei, non si girò per vedere chi era. Lo sapeva
già.
- Nevica a Marzo. E’
raro. – le disse la persona che si stava avvicinando a lei.
Lei si girò e
notò che portava un ombrello, per proteggersi dalla neve. Lei non ci aveva pensato.
- Non senti freddo? –
insisté.
- No. Vai a casa,
tornerò. Torno sempre. –
rispose lei con quella sua voce così carica di gelo.
Lui, però, non si
mosse.
- Posso aspettarti. -
- Non sei stufo? E’
tutta la vita che mi aspetti. –
Lui non le rispose.
Osservandola le venivano in mente sempre le bambole di porcellana e non per la
loro serafica bellezza – non solo – ma anche per
al vacuità dei loro sguardi.
Osservala per bene una
bambola di porcellana. E’ bellissima, ma i suoi occhi dipinti sono
gelidi.
- Vai a casa, Matt. Ti ho
detto che tornerò. -
- Vorrei che arrivasse la
primavera, un giorno. Aspetto il primo fiore dopo tanto gelo. – le disse
lui mentre cambiava direzione, per tornare indietro.
- Non so se arriverà. –
- Io aspetterò.
–
Se ne andò, lei si
girò e fu sul punto di seguirlo, di gridargli di aspettarla ma non lo
fece.
Poi cominciò a
nevicare.
Fine.
Non ho niente da dire su
questa storia, spero vi piaccia.
Anzi, non lo so. Non so cosa
vorrei che vi procurasse.
Il verso è della canzone "Marinella" di Fabrizio De Andrè <3.
Marty De Nobili.