Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: _Fox    25/08/2010    11 recensioni
Un semplice sfogo, frutto della domanda fondamentale di qualsiasi scrittore: "Perché scrivo?"
A chi, come me, è ormai vittima della propria immaginazione.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A chi, come me, è ormai una vittima della propria immaginazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è mai facile cominciare a scrivere qualcosa del genere. Almeno per me.

Ho avuto in mente queste parole per tanto, tantissimo tempo, e a bloccarmi è sempre stato il lampeggiare della barra spaziatrice sulla pagina bianca di Word.

E anche ora continuo a tergiversare, cercando un buon modo per dare inizio a questo piccolo sfogo.

In effetti, pensandoci bene, è colpa mia.

Ho passato troppo tempo a scrivere, delineare storie ed emozioni di personaggi inventati invece di dedicarmi a ciò che vorrei esprimere veramente.

E’ difficile. Tanto.

Perché scrivere un libro, scrivere una storia, non è come scrivere un diario.

Io non ho mai avuto un diario.

Perché non trovo che la mia vita sia così interessante da metterla su carta. Perché molte volte mi chiedo se ci sono davvero istanti che valga la pena rivivere, ricordare.

La nostra vita scorre via, giorno dopo giorno, a una velocità inesorabile e terrificante.

Pensateci bene. Ogni giorno è degno di essere vissuto? Intensamente?

No, non fate i moralisti.

Niente carpe diem o vivi ogni giorno come fosse l’ultimo, per favore.

Tutte balle.

La verità è che tutti lo dicono, ma nessuno lo fa.

Perché su trecentosessantacinque giorni l’anno, è umanamente impossibili che vada bene, da dio, ogni singolo istante di ogni singola giornata. Siamo realisti, su.

Gli attimi che vale la pena ricordare sono pochi, anche se intensi. E non tutti fanno sorridere, non tutti fanno sospirare. Ci sono quei momenti, quegli istanti impressi a fuoco nella memoria che fanno rabbrividire. E serri le palpebre, soffochi l’eco di un urlo. Cerchi di dimenticare.

E vai avanti.

Un altro giorno, un altro ancora.

Tutto ridiventa banale, la vita torna più o meno apatica, e si aspetta il prossimo brivido, il prossimo attimo da ricordare.

Si aspetta di vivere ancora.

Ora, chiedetevelo di nuovo. Vale ancora la pena scrivere un diario?

Serve a qualcosa annotare ogni singolo giorno della vostra vita su un foglio di carta, sapendo che tra qualche anno rileggendolo vi troverete persino ridicoli?

Ditemi voi.

Per come la penso io, scrivere della propria vita, se non sei una persona che le ha passate davvero tutte, non serve a  niente.

Molto meglio scrivere un libro, una storia, invece.

Ti nascondi dietro il nome del protagonista, indossi la maschera dello scrittore, assumi un ruolo che rasenta il divino.

Non prendetemi per blasfema, eh. Tantomeno per esaltata.

Voglio dire che molte volte è meglio tenere in mano le redinii della vita di un personaggio inventato e darle la piega che noi vogliamo, che prendere la nostra, di vita, a due mani.

Chi scrive una qualsiasi storia può confermare, credo. Si può decidere chi muore, chi soffre, chi gioisce, chi trionfa. Per quelle piccole creature frutto della nostra penna, noi siamo un dio.

E noi li invidiamo.

La storia dei nostri personaggi è un unico, lunghissimo brivido. Squassante, coinvolgente, intenso.

C’è sempre un qualcosa, una scelta, una parola, un attimo che poi travolge, si porta via tutto.

E per loro arriva di nuovo nella tempesta, quel magnifico tornado che diventa la vita, che travolge, li fa soffrire e poi sorridere.

 

Nei libri ci sono amori veri, storie importanti, persone profonde, uniche.

Nei libri esiste il vero amore, quello che va oltre ogni concezione razionale.

Nei libri c’è la vita. Quella vera, come la intendo io.

 

 

Poi chiudo il file, salvo e spengo il computer.

Torno tra i comuni mortali.

Rieccomi di nuovo alla deriva tra ipocrisia, bugie, regole, banalità, effimere illusioni.

 

E’ stato quando mi sono resa conto di invidiare la vita dei miei personaggi che mi sono resa conto di star male.

 

Ho capito, finalmente.

Lo scrivere è diventato il mio cancro, la mia dolce malattia.

La penna è diventata un’estensione del mio braccio. Il foglio bianco il mio pane quotidiano.

E quella frenesia, quella sensazione profonda ed esaltante che avverto ogni volta che arriva un’idea, un’ispirazione, è l’aria che respiro.

Può essere patetico, sciocco, esagerato.

Ma, diamine, è la verità.

Se non ho carta e penna mi sento inutile. Prigioniera di una realtà che non mi piace.

Mi sembra di essere uguale a tutti gli altri. Un misero stereotipo, intrappolato tra luoghi comuni, scelte ovvie, attimi che scorrono lenti, portandoti via la vita che non riavrai più senza che tu possa dire di essertela goduta.

 

 

Vi dico una cosa.

Tenterò di illuminarvi, dopo aver finalmente realizzato.

Vi metterò in guardia.

 

 

Scrivere è una droga.

E’ una dolcissima, rarissima droga.

E dopo che ci provi, dopo che hai capito di poter dare ai tuoi personaggi una vita invidiabile, astratta ma degna di essere vissuta, non c’è più scampo.

Non esiste più la realtà.

Ogni attimo della tua vita diventa banale, vivi nella continua attesa di un attimo di quiete, in cui potrai trovare l’ispirazione.

Poi trovi un foglio. La penna.

Tutto diventa sfuocato, privo di senso, inutile.

E il tuo cuore, la tua anima s’imbevono di quel liquido nero che ormai sembra ambrosia.

Una volta cominciato, non c’è più nulla.

Rimane solo l’inchiostro.

 

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: _Fox