Declaimer: Questa storia è stata scritta senza alcun scopro di lucro. I personaggi di Castiel e di Sally Sparrow non mi appartengono, ma sono proprietà di Eric Kripke (autore dell'universo di Supernatural) e Steven Moffat (geniale sceneggiatore di molti episodi della serie passate Doctor Who e showrunner dell'ultima stagione). Spero vivamente di non aver plagiato nessuno, se l'ho fatto è stato in modo del tutto inconsapevole. Segnalate e provvederò a rimuovere la storia.
Ringraziamenti: Mille grazie a chiunque abbia letto il primo capitolo di questa storia! :D E mille grazie in più a Dk86 e Sarhita per aver lasciato le recensioni. Ogni singola parola di ogni singola frase è un apprezzatissimo regalo! *-* Senza contare il piacere di leggere di qualcuno – in Italia – che conosce e apprezza una serie come il Doctor Who. In tutta sincerità, avendo scelto una crossover con un telefilm così poco conosciuto e di costruirla attorno a due personaggi “secondari”, nemmeno mi aspettavo di ricevere commenti. Grazie. Grazie. Grazie! (@Dk86: grazie anche per la segnalazione della svista nel nome della Hepburn. Ho corretto XD)
Ora vi lascio ai prossimi due capitolo, che continuano a seguire Sally e che cominciano ad affacciarsi sul mondo di Supernatural. Ho riscritto entrambi i capitoli più di una volta, ma ammetto di non essere ancora soddisfatta del risultato. .___.
A voi la sentenza finale! XD
Sally
controllò l'orologio al polso. Erano le sei e quarantacinque
del
pomeriggio – un umido e piovoso giovedì pomeriggio
– il che
stava a significare che mancavano ancora quindici minuti alla
chiusura della mostra. La ragazza continuò a camminare, in
tutta
calma, con la giacca piegata sopra le braccia incrociate. Il legno
lucido del parquet scricchiolava sotto ogni suo passo. Sally stava
visitando un'esposizione di abiti storici, allestita in un palazzetto
del quartiere di Bloomsbury: un modesto edificio di mattoni rossi, in
stile georgiano, perfetto esempio – nel suo piccolo
–
dell'eleganza sobria e semplice amata dai londinesi della fine del
Settecento. L'esposizione occupava due sale al primo piano e contava
una quarantina di pezzi in tutto, indossati da altrettanti manichini.
Non erano abiti originali, il dépliant e il cartellone
all'ingresso
lo affermavano esplicitamente. Ma non per questo, si era detta Sally,
la mostra era da considerarsi meno interessante. I pezzi esposti
arrivavano dai laboratori di una sartoria teatrale, e alcuni abiti
erano stati indossati da famosi attori.
I
visitatori erano pochi e nessuno parlava a voce alta. Si udiva solo
qualche bisbiglio qua e là.
Dalla
strada saliva il rumore delle auto, mentre la pioggia picchiettava
con insistenza contro i vetri delle finestre.
Stoffe
colorate, pizzi, piume, passamanerie, nastri, perline e merletti;
ogni manichino mostrava un abito di foggia diversa, ogni abito
evocava il ricordo di un' epoca passata. Sally passava dall'ammirare
l'elegante abito della regina Isabella di Castiglia a quello del
povero pellegrino medioevale, con bastone e borraccia; dalla
taffettà
color crema della ricca signora della Belle Époque alla
grezza
mantella, bruciata e stropicciata, delle streghe di Macbeth. C'era
perfino l'abito di un monaco dei tempi delle crociate – una
lunga
tunica di lana bianca, coperta da una toga nera; e l'armatura di un
fante inglese del XII secolo, con tanto di cotta di maglia e scudo al
braccio.
Mentre
passeggiava da un manichino e l'altro, Sally ripensò a come
Larry
avesse declinato l'idea di accompagnarla alla mostra. «
C'è la
finale del torneo di freccette » aveva detto. Non poteva dare
buca
alla sua combriccola di amici del pub. A quel punto, Sally si era
sentita autorizzata a reputarsi vagamente offesa e non ci aveva
pensato su due volte prima di andare da sola all'esposizione.
La
ragazza si soffermò a osservare un abito femminile: una
tunica
lunga, bianca, con lo strascico, le maniche strette e la vita
aderente. Era ricoperta da un tulle trasparente e delle piccole
perline decoravano il petto e le maniche. I capelli rossi del
manichino senza volto (nessuno dei manichini aveva un volto) erano
stati acconciati in due lunghe trecce.
Costume
per Ofelia,
spiegava il
cartellino. Lavorazione in seta, organza,
perline, trine e
tulle. Ispirato all'Ofelia di John Everett Millais.*
Il
pannello accanto al manichino mostrava una copia del quadro di
Millais: Ofelia, abbigliata di bianco, si abbandonava alla morte
nelle acque di un fiume, circondata da una splendida cornice di
piante e di fiori; tra tutti spiccavano le margherite dai petali
candidi – simbolico richiamo alla purezza dell'eroina
shakespeariana.
Sally
si avvicinò al pannello per osservare meglio il viso di
Ofelia.
C'era
qualcosa di davvero spettrale in quella donna dal viso pallidissimo
con i lunghi capelli rossi che galleggiavano leggeri sul pelo
dell'acqua. Non meno inquietante era quel suo gesto di tenere le
braccia aperte, come a voler accogliere volutamente la morte.
«
Si spezzò
l'invidioso ramo ed ella cadde
con tutti i suoi serti di fiori nel ruscello che piange »
Sally
si voltò.
Un
uomo si era fermato di fianco a lei e ora, con le mani dietro alla
schiena, studiava l'immagine del quadro con un apparente profondo
interesse. Lo sconosciuto poteva avere tra i sessanta e settanta anni
– era difficile dirlo con esattezza. Aveva i capelli tutti
bianchi,
il naso schiacciato, gli occhi di azzurro sbiadito. Era vestito
elegantemente di nero, in giacca e cravatta.
«
Aprendosi le gonne la sostennero sull'acqua: ed ella, come una
sirena, cantava spunti d'arie antiche, inconsapevole della sua morte,
o come creatura immersa nel suo naturale elemento. Ma non fu lungo
indugio, ché le sue vesti fatte pesanti dall'acqua
assorbita,
trassero la poverina dal suo canto melodioso al fango della morte
»
Sally
guardò l'uomo con le labbra curvate in un accenno di sorriso.
«
Sono i versi dell'Amleto di Shakespeare, suppongo »
L'
uomo si voltò verso di lei e le sorrise di rimando.
«
I versi pronunciati dalla regina Gertrude »
specificò, un attimo
prima di tornare a guardare l'immagine. « Morire cantando.
Una morte
molto poetica quella di Ofelia, non trova?
»
L'anziano
signore sembrava un uomo di cultura. Parlava bene e senza alcun
accento, ma c'era qualcosa di troppo mellifluo nella sua voce,
qualcosa di irritante, come lo può essere il miele dolce
quando
resta attaccato alle dita.
Sally
si soffermò a ragionare sull'ultima affermazione dell'uomo.
«
Non ho mai pensato che una morte potesse essere poetica
» ammise a voce alta, poi in tono più leggero
aggiunse: « E non ho
nemmeno mai capito perché Ofelia, invece di starsene
lì a cantare,
non afferri un ramo per tirarsi fuori dall'acqua »
L'anziano
signore rise.
«
Lei dimentica, signorina, che Ofelia era pazza »
Questa
volta fu Sally a ridere.
«
Osservazione molto... poetica »
sottolineò con ironia.
«
Ma il dipinto rimane comunque bellissimo, a parer mio » disse
l'uomo.
Sally
esitò un istante prima di azzardarsi a dire la sua.
«
Io lo trovo un po'... spettrale
»
«
E lo è, senza dubbio, ciò non toglie che
Elizabeth Siddal fosse una
donna piena di fascino »
«
Chi è Elizabeth Siddal? »
L'uomo
indicò il quadro con gesto del capo.
«
Questa Ofelia è
Elizabeth Siddal, la modella che posò per Millais. E fu
anche la
moglie di un altro pittore, amico di Millais, Dante Gabriel Rossetti.
Ah, che gran peccato, che la Siddal abbia deciso di avvelenarsi con
il laudano »
«
Si è suicidata? »
«
Già »
«
Perché? »
«
Si ammalò di depressione dopo aver dato alla luce un bambino
morto »
«
Oh, poverina... »
«
E io non posso fare a meno di chiedermi se, nei suoi ultimi istanti
di vita, la Siddal avesse questa stessa espressione dipinta sul
volto. Ci pensi signorina, quando noi guardiamo il quadro,
non
stiamo guardando soltanto Ofelia che muore. Noi vediamo morire
Elizabeth. »
Tutto
ciò era senza dubbio molto toccante e profondo, ma anche un
poco
inquietante.
«
Ecco, adesso trovo che
il quadro sia spettrale » scherzò Sally. Si
guardò rapidamente
attorno: i soli visitatori rimasti nella sala erano lei e l'anziano
signore.
Quest'ultimo
alle parole di Sally parve risvegliarsi dalla contemplazione del
quadro.
«
Arden Huddlestone » si presentò, tendendo la mano
a Sally. «
L'organizzatore della mostra »
«
Oh, è un vero piacere conoscerla! »
esclamò Sally, sincera,
ricambiando la stretta di mano. « È un'
esposizione davvero
interessate. Io... adoro questo genere di cose. Mi chiamo Sally...
Sparrow»
«
E lo vuole un consiglio, signorina Sparrow? »
Una
voce di donna lì raggiunse.
Una
corpulenta signora, decisamente in là con gli anni,
camminava
spedita verso di loro. I suoi passi pesanti echeggiavano per la sala.
Sally la riconobbe come la donna che le aveva venduto i biglietti
all'ingresso. Ora la signora aveva indosso un soprabito in tweed e
teneva una borsetta nera stretta sotto il robusto braccio.
«
Non gli dia spago a questo qua! » disse la signora non appena
lì
ebbe raggiunti, con un cipiglio austero e severo. Parlava in tono
assolutamente serio. « Il signor Huddlestone è un
donnaiolo di
quarta categoria. Vergognati! » Si rivolse al signor
Huddlestone,
quasi con rabbia. « Potrebbe essere tua figlia »
«
Mia cara, carissima Eleanor» ribatté flemmatico il
signor
Huddlestone « sono le sette, non dovresti essere in procinto
di
andare a casa? »
«
Lo sono, infatti. Non c'è più nessun visitatore,
a parte la
signorina »
«
Oh, chiedo scusa! » disse Sally, correndo a controllare
l'orologio.
« Non avevo idea che fosse già così
tardi. Me ne vado subito... »
Ma
non fece in tempo a muoversi di un passo che il signor Huddlestone la
fermò, posandole delicatamente una mano sul braccio.
«
Ma per carità, signorina, nessuno la sta cacciando via. Per
le belle
ragazze l'esposizione resta sempre aperta »
La
signora Eleanor guardò irritata l'organizzatore della mostra.
«
Bah, io vado a casa » annunciò e rivolgendosi
esplicitamente al
signor Huddlestone disse « Ti consiglio di accompagnare la
signorina
alla porta. Buona serata. »
«
Mai
organizzare un lavoro con la propria ex-moglie » disse il
signor
Huddlestone a Sally, non appena la signora Eleanor si fu allontanata.
« Una donna dal carattere orribile! »
dichiarò scandendo per bene
le sillabe dell'ultima parola. « E col tempo è
peggiorata. Deve
essere per questo che non si è mai risposata dopo il
divorzio » Un
attimo dopo si curò di aggiungere « Nemmeno io
l'ho fatto, ma la
mia è stata una libera scelta. Ah, parola mia, signorina
Sparrow,
non mi azzarderei mai a fare il cascamorto con lei, alla mia
età
poi! Anche perché immagino che dovrei mettermi in fila. Con
quel
visetto carino che si ritrova deve avere uno stuolo di pretendenti
che le vengono dietro. Ma potrei farlo lo stesso, lo sa? »
disse
dopo una brevissima pausa, così breve che Sally non fece in
tempo ad
approfittarne per congedarsi. « Mettermi in fila, intendo. Mi
basterebbe sapere che non disdegna i ragazzotti maturi »
Il
signor Huddlestone le ammiccò compiaciuto e sorrise
scoprendo una
fila di perfetti denti bianchi.
Dentiera,
pensò Sally. Adesso guardava al signor Huddlestone con un
misto di
imbarazzo, di fastidio e di divertita incredulità.
Un
unico, breve, semplice verso sarebbe bastato per descrivere in modo
completo i sentimenti di Sally davanti ai tentavi di abbordaggio di
un ultrasessantenne. E quel verso era un nauseato: Bleah!
«
Detto tra noi, signorina Sparrow... » riprese il signor
Huddlestone
posandole una mano sulla schiena, per farla avvicinare di
più al
pannello. « Io nel suo viso ci trovo qualche somiglianza con
quello
della modella di Millais. Ah, se lei fosse nata nell'Ottocento
avrebbe fatto strage di cuori tra i pittori del periodo. E tra i
poeti e... »
«...e
la ringrazio tanto, signor Huddlestone » lo interruppe Sally,
scivolando di lato. Parlò diretta e asciutta e con ben poca
gratitudine nella voce. « ...ma si è fatto
veramente tardi.
Buonasera »
Non
aggiunse altro e, senza perdesi in troppe cerimonie, girò
tacchi
mollando il signor Huddlestone alla compagnia del manichino di
Ofelia.
Sally
attraversò entrambe le sale, raggiunse la piccola anticamera
d'ingresso e oltrepassò la sempre aperta porta a vetri.
Una
volta in corridoio non prese subito le scale per il pian terreno ma
andò a destra, seguendo l'indicazione del cartellino con su
scritto
toilette.
Poco
prima
di lasciare la
toilette, mentre si lavava le mani, Sally controllò
rapidamente il
proprio riflesso nello specchio sopra alla fila di lavandini.
Era
uno stile estremamente semplice quello di Sally Sparrow.
Niente
trucco, eccezion fatta per il rimmel sulle ciglia. I capelli biondi
erano sciolti. Sciolti e crespi. Crespi lo erano sempre. A Londra,
nel mese di marzo, tra la pioggia e la nebbia, quella contro i
capelli crespi era una battaglia che non valeva neppure la pena
cominciare a combattere.
Quel
giorno Sally indossava un maglioncino blu, jeans neri dal taglio
comodo e stivaletti bassi. Al collo portava una sciarpa leggera tutta
colorata e la lunga giacca di jeans che si stava infilando era la
stessa giaccia della visita alla chiesa sulla collina.
Una
settimana esatta era passata dal giorno del picnic in campagna e,
bisogna ammetterlo, in quei sette giorni Sally aveva ripensato
più
di una volta all'uomo incontrato sulla collina.
Era
certa di non aver avuto un'allucinazione, ma da dove fosse sbucato
fuori l'uomo e come avesse fatto poi ad andarsene così in
fretta –
da sembrare quasi sparito nel nulla, Sally non riusciva a
spiegarselo. La ragazza aveva anche provato a cercarlo, prima di
scendere dalla collina. Aveva fatto due volte il giro della
chiesetta, ma Castiel era come
sparito, volatilizzato, un attimo prima era lì e un attimo
dopo non
c'era più. Per non parlare poi della croce precipitata
giù dalla
cima della chiesa. La distrazione causata dall'arrivo di Castiel
aveva assunto un'aria curiosamente provvidenziale. Aveva, in certo
qual senso, evitato che Sally venisse colpita dalla croce – e
va da
sé che essere colpiti in pieno da una pesante croce di
pietra non può essere definita un'esperienza piacevole.
A
quest'ora avrei potuto anche essere morta. O in coma. O
viva e
cosciente, ma paralizzata su un letto di ospedale.
Ecco
i pensieri di Sally Sparrow mentre sfilava i capelli da sotto il
colletto della giacca.
Fu
in quello stesso istante che la luce nella toilette si spense. Poi si
riaccese e infine si spense di nuovo.
Le
lampade al neon si spensero definitivamente, tutte e tre, lasciando
la toilette al buio. O quasi.
Adesso
la luce esterna filtrava da unica finestrella, lunga e stretta, che
si apriva proprio sotto il soffitto.
Nella
penombra, Sally alzò lo sguardo verso le lampade.
Facendo
scivolare le mani in tasca, con il naso all'insù, si
spostò
esattamente sotto la lampade centrale e trasse questa conclusione:
«
Devono essersi fulminate »
Spiegazione
semplice, perfettamente ragionevole e per nulla preoccupante.
Forse
era un po' strano che si fossero fulminate tutte e tre assieme, ma
per quel che ne sapeva Sally di impianti elettrici – e ne
sapeva
davvero poco – poteva essere una mera e sfortunata
coincidenza.
Sally
lasciò perdere le lampade, con una scrollata di spalle.
Andò
alla porta, la tirò verso di sé per uscire in
corridoio, ma
qualcosa la obbligò a bloccarsi lì sulla soglia.
*Il quadro di John Everett Millais: L'Ofelia.