Declaimer: Questa storia è stata scritta senza alcun scopro di lucro. I personaggi di Castiel e di Sally Sparrow non mi appartengono, ma sono proprietà di Eric Kripke (autore dell'universo di Supernatural) e Steven Moffat (geniale sceneggiatore di molti episodi della serie passate Doctor Who e showrunner dell'ultima stagione). Spero vivamente di non aver plagiato nessuno, se l'ho fatto è stato in modo del tutto inconsapevole. Segnalate e provvederò a rimuovere la storia.
III
Buio.
Anche
il corridoio era al buio – eccezion fatta per la luce dei
lampioni
in strada, che arrivava dalla finestra, alta e rettangolare, in fondo
all'androne.
Era
una luce sufficiente a delineare con discreta precisione la forma e i
contorni della cose, ma non a mostrarne i colori.
“La
penombra trasforma il mondo in un vecchio film in bianco e nero, dove
tutto e un po' sfocato e traballante”.
Una
volta Sally aveva fatto una riflessione del genere, ma i suoi
pensieri in quel momento erano di diversa natura. Meno metaforici e
molto più pratici.
Deve
essere saltata la corrente in tutto l'edificio.
Appoggiando
una mano alla parete, per guidarsi lungo il corridoio, Sally
raggiunse le scale. Passò davanti all'entrata dei locali
dell'esposizione; la porta a vetri era stata chiusa, il signor
Huddlestone doveva essere andato via da un po'. Raggiunta la cima
delle scale, Sally socchiuse le palpebre nello sforzo di mettere a
fuoco i gradini.
Da
quel poco che riusciva vedere della fine delle scalinata anche il
pian terreno era nella semioscurità. Non una voce o un
rumore di
passi arrivava da lì sotto.
Strano,
pensò per un attimo Sally. C'era infatti una libreria al
pian
terreno del palazzetto. Non dovrebbe esserci almeno un po' di
agitazione per il salto di corrente?
Ma
subito dopo le venne in mente che forse la libreria aveva chiuso i
battenti. Erano le sette passate ormai.
Subito
dopo Sally fu sfiorata dall'idea di essere stata chiusa dentro, da
sola.
Ma
no, non poteva essere. C'era un sorvegliante alla portineria del
palazzo, che a quel punto doveva essere già andato a
controllare
cos'è che aveva fatto saltare la corrente.
Sally
cominciò a scendere le scale. Avanzava piano, reggendosi con
una
mano alla balaustra.
Aveva
paura. Si, una ragionevole paura di inciampare.
Ma
la discesa non era destinata a continuare.
Un
urlo improvviso immobilizzò Sally a metà della
scalinata.
Fu
un urlo roco, soffocato e breve. La voce tacque di colpo e subito
dopo si udì un tonfo lontano – come il rumore di
qualcosa o
qualcuno che cade a terra.
Sally
si era voltata a guardare la cima della scale. Quei rumori erano
arrivati dal primo piano.
La
ragazza pensò al signor Huddlestone, non era del tutto certa
che
l'uomo avesse lasciato l'edificio.
Magari
il signor Huddlestone era ancora al primo piano. Ed era un anziano,
al buio. Forse era inciampato. Forse aveva sbattuto la testa. Forse
era svenuto.
In
ogni caso, se una persona lancia un urlo lo fa perché
qualcosa non
va. O va male.
Sally
ebbe un attimo di esitazione.
Andare
a controllare o andare a chiamare la guardia?
La
ragazza strinse una mano sulla balaustra e prese a risalire le scale,
con tutta la rapidità che le permetteva la poca luce.
Arrivata
all'ultimo gradino per poco non cadde in avanti, ma svelta si rimise
in equilibrio e il suo primo pensiero fu di andare a controllare
all'entrata dell'esposizione.
Raggiunse
la porta e guardò oltre i vetri.
I
manichini erano immobili nella semioscurità della sala;
sagome
scure, sparse qua e là, come enormi pezzi degli scacchi
disposti su
un'altrettanto enorme scacchiera.
Del
signor Huddlestone però nessuna traccia.
Sally
aguzzò la vista, guardò meglio e fu allora che le
vide...
Le
gambe, a terra, immobili.
Un
paio di gambe – e qualcosa le diceva che appartenevano al
signor
Huddlestone – spuntavano da dietro uno dei pannelli, quello
accanto
al monaco medioevale.
«
Signor Huddlestone... »
Allarmata,
Sally tentò istintivamente di aprire la porta. Quasi si
sorprese
quando la maniglia si abbassò docilmente sotto le sue dita.
La
porta si aprì, silenziosa, senza il minimo cigolio.
Sally
entrò nella sala ed ebbe cura di lasciare la porta ben
spalancata,
prima di precipitarsi verso il signor Huddlestone.
«
Signor Huddlestone sta bene? Si sente mal... »
Sally
guardò dietro il pannello. Lo spavento per quel che vide le
mozzò
la voce. E il respiro.
Si,
era il signor Huddlestone quello riverso a terra e, decisamente, non
stava bene.
Non
stava affatto bene.
Sarebbe
stato difficile immaginarlo in una situazione peggiore.
Era
caduto bocconi sul pavimento, con le braccia allungante lungo il
busto.
Le
braccia, il busto, le spalle...
E
niente testa.
O
per meglio dire, la testa c'era. Ma era rotolata a un paio di metri
di distanza dal corpo.
Gli
occhi scuri, vitrei e sbarrati, erano rivolti al soffitto.
E
c'era tanto sangue sul parquet, tutto attorno al corpo. Più
sangue
di quanto Sally avesse mai visto in vita sua.
La
ragazza non urlò. Era troppo spaventata per urlare.
Era
troppo spaventata anche solo per respirare.
Poi
ci fu uno schianto improvviso.
Sally
trasalì.
La
porta della sala si era appena richiusa.
La
ragazza, pur ancora profondamente scossa – com'è
immaginabile –
dal raccapricciante ritrovamento, si riprese abbastanza da riuscire a
tornare in gran fretta all'ingresso.
Sul
lato interno la porta aveva i maniglioni antipanico. Sally li spinse
con entrambe le mani.
I
maniglioni non si abbassarono neppure di un millimetro.
Sally
provò ancora. Provò una, due, tre, quattro,
cinque volte,
mettendoci tutta la sua forza.
Niente
da fare.
La
porta non si apriva.
I
maniglioni sembravano bloccati.
La
porta era bloccata.
Sono
chiusa dentro.
Sally
bussò violentemente con i palmi contro il vetro.
«
C'è qualcuno? C'è qualcuno là fuori?
La porta è bloccata! »
Bussava
e bussava. Le tremava un poco la voce. Non era tranquilla. Anzi, era
decisamente molto lontana dal sentirsi tranquilla.
Non
è piacevole né tanto meno rilassante ritrovarsi
chiusi in una
stanza in compagnia di un cadavere con la testa mozzata.
Sally
continuò a chiamare, ma l'androne al di là della
porta era buio e
deserto.
La
ragazza si impose di restare calma. Prese un respiro profondo e
appoggiò le dita ai maniglioni della porta.
Non
volle voltarsi, così continuò a dare le spalle
alla sala, ai
manichini e al corpo del signor Huddlestone.
La
porta non si apre. A rigor di logica, può non aprirsi solo
per due
motivi.
O
la serratura è difettosa ed è rimasta bloccata,
quando la porta si
è chiusa di colpo
– e si sforzò di credere che si fosse chiusa per
via della
corrente d'aria, anche se non le era parso di avvertire neppure un
solo spiffero in tutto l'edificio - oppure
è stata appena chiusa a chiave. Chiusa dall'esterno,
perché di
passi nella sala non ne ho sentiti.
Questo
aveva senso: non fare rumore camminando sul parquet della sala era
impossibile. Il pavimento del corridoio era invece rivestito di
tappezzeria e la stoffa attutitiva il rumore dei passi.
Infine,
che chi aveva chiuso la porta fosse la stessa persona che aveva
orribilmente ucciso il signor Huddlestone agli occhi di Sally
appariva palese e scontato. E molto poco rassicurante.
Tutti
questi pensieri attraversarono la mente agitata della ragazza con la
rapidità di un fulmine.
Sally
fece un altro tentativo di forzare i maniglioni della porta.
E
fu un altro tentativo inutile.
Ho
il cellulare,
ragionò allora. Posso
chiamare la polizia.
E
stava già per estrarre il cellulare dalla tasca, quando le
venne
un'altra idea.
Ricordò
di aver visto, nell'altra sala, un'uscita di sicurezza.
Se
i calcoli di Sally erano giusti, l'uscita di sicurezza dava accesso
all'altro lato dell'edificio. Dubitava che l'assassino – o
chi per
lui – potesse aver già fatto il giro del palazzo e
aver chiuso
anche quella porta.
Anzi,
forse tale idea non era nemmeno stata contemplata dall'assassino.
Senza
perdere altro tempo, Sally si staccò dall'ingresso, ma per
la
seconda volta nel giro di un paio di minuti, accadde qualcosa che la
costrinse a fermarsi all'improvviso.
Freddo.
Nella
sala era appena calato un freddo incredibilmente pungente.
Sally
sentiva l'aria – gelata come quella di un rigido mattino
invernale
– infilarsi sotto la stoffa leggera della giacca.
Fu
scossa dai brividi. Vedeva il proprio fiato caldo trasformarsi in una
nuvoletta di vapore.
Come
e perché la temperatura era scesa improvvisamente
così vicina allo
zero?
Sally
non ebbe il tempo di ipotizzare un risposta.
Udì
un fruscio.
Si
sarebbe detto un fruscio di stoffa. Fu un suono debole e indistinto.
Sally
si guardò attorno.
Era
letteralmente circondata da manichini con indosso abiti confezionati
con metri e metri di stoffa.
Strano
come nella semioscurità anche degli innocui fantocci di
plastica
possano prendere dei connotati spettrali e minacciosi.
Sally
lo udì di nuovo.
Lo
stesso rumore. Lo stesso fruscio, ma questa volta era accompagnato da
un eco di passi leggeri.
Come
il precedente, anche questo suono si spense rapidamente. Troppo
rapidamente per capire da che parte della sala provenisse.
Sally
non aveva visto nulla e nessuno muoversi.
I
manichini erano immobili e... la ragazza non era più tanto
sicura
che l'assassino del signor Huddlestone non si trovasse più
nella
sala.
Adesso
era calato il silenzio.
Un
silenzio ben lontano dall'essere rassicurante.
Aveva
anche smesso di piovere. Non si sentiva più la pioggia
battere
contro i vetri delle finestre.
Ma
d'altra parte, l'unico suono che Sally avvertiva distintamente era il
pulsare del proprio cuore nelle orecchie.
Era
spaventata, spaventata come non lo era dai tempi di Western Drumlins.
Ma
nonostante il battito accelerato del cuore, i muscoli contratti e la
dolorosa sensazione di non riuscire a respirare perché
qualcosa le
opprimeva il petto – nonostante tutto ciò, Sally
conservava ancora
un briciolo di lucidità. Stava continuando a ragionare, in
un certo
qual modo. Non aveva abbandonato l'idea di raggiungere l'uscita di
sicurezza nella sala accanto.
Pochi
passi più in là, vicino alla porta, c'era un
portaombrelli.
Lo
sguardo di Sally cadde sul lungo ombrello nero abbandonato
lì
dentro. La ragazza immaginò che appartenesse al defunto
signor
Huddlestone.
Si
fece forza. E ce ne volle un bel po', di forza di volontà,
per
piegarsi ad afferrare l'ombrello, senza smettere di tener d'occhio la
sala.
Sally
strinse convulsamente le dita della mano attorno al manico
dell'ombrello. Un'arma da difesa davvero poco temibile, ma era sempre
meglio di nulla.
La
ragazza deglutì – aveva la gola così
secca che, anche se avesse
voluto, non avrebbe potuto gridare per chiamare aiuto – e
avanzò
di qualche passo.
Più
Sally si allontanava dalla porta e più sentiva allontanarsi
la
sensazione di protezione offerta dal muro alle sue spalle.
Reggeva
l'ombrello con entrambe le mani. Lo teneva sollevato all'altezza
della spalla, come un battitore che si prepara a colpire la palla.
Ad
ogni passo la ragazza si aspettava di venir aggredita alle spalle. O
di veder saltare fuori un pazzo armato di mannaia da dietro uno dei
pannelli accanto ai manichini.
Mai,
neppure una volta, si voltò a guardare dove giaceva il corpo
del
povero signor Huddlestone.
Non
voleva neppure guardare il manichino del monaco che sovrastava il
cadavere: in una situazione simile, l'immagine di un monaco nero
incappucciato era l'ultima cosa che Sally desiderava vedere.
Continuava
ad avanzare, camminando tra i manichini. A ogni suo breve respiro una
nuvoletta di vapore le sfuggiva dalle labbra.
I
fantocci non avevano volto eppure Sally si sentiva come seguita dai
loro sguardi.
A
un certo punto la suggestione fu tale che la ragazza venne colpita da
una terribile fantasia.
Si
guardò indietro. Guardò attentamente, molto
attentamente. Restò
immobile per qualche lungo secondo... infine si lasciò
sfuggire un
muto sospiro di sollievo.
Non
fare la paranoica Sally,
disse a se stessa.
Sono solo manichini. Non sono vivi. Non possono muoversi. Non
possono... staccare la testa alle persone.
Ma
ritrovarsi a pensare agli Angeli Piangenti per Sally fu inevitabile e
un briciolo di angoscioso dubbio, quando riprese a camminare, ancora
le restava.
Sally
non udiva più nessun fruscio e i suoi passi erano i soli a
echeggiare nella sala.
Attraversare
quelle due sale, avvolti da un'aria gelida, camminando tra i fantocci
di personaggi raggelati nel tempo – regine e ladri, monaci e
dame,
pellegrini e pirati, nobili e mendicanti – col perenne suono
del
proprio cuore che pulsa forte nelle orecchie e la costante paura di
venir agguantati alle spalle era come essere finiti dentro una
scadente imitazione di un racconto di Edgar Allan Poe.
Sally aveva l'impressione che le due sale fossero aumentate di
dimensioni,
più lei avanzava e più l'uscita di sicurezza
pareva allontanarsi.
Probabilmente
la ragazza impiegò meno di due o tre minuti ad attraversare
le sale,
ma nel suo stato d'animo i secondi sembravano lunghi come ere.
Poi
finalmente la raggiunse. Sally raggiunse l'uscita di sicurezza.
La
scritta EXIT sopra l'architrave era spenta.
Sally
abbassò l'ombrello e in un attimo fu alla porta.
Spinse
i palmi sul maniglione.
Per
un orribile istante ebbe l'impressione che fosse bloccato, ma no...
la barra si abbassò.
La
porta si aprì.
Sally
uscì sul pianerottolo, con lo stesso senso di sollievo di
chi si
risveglia da un incubo.
La
porta si richiuse dolcemente alle sue spalle e la ragazza
restò un
istante con la schiena appoggiata al muro, mentre il battito del suo
povero cuore tornava a farsi regolare.
Faceva
molto freddo sul pianerottolo e anche lì regnava la penombra.
C'era
solo una finestra, a metà della prima rampa delle scale che
scendeva
verso il basso.
E
quando Sally guardò cosa c'era alla fine di quella prima
rampa ebbe di
nuovo un sussulto di spavento.
Subito
dopo si rimproverò di essere una ragazzina idiota.
Stava
semplicemente guardando un manichino, abbandonato in fondo alle
scale.
Era
un fantoccio dalle fattezze femminili, con su un abito scuro dal
corpetto stretto e la gonna molto ampia.
Sally
lo vedeva di schiena; i capelli del manichino era lunghi, scuri e
sciolti.
Strano
posto però dove lasciare un manichino,
ragionò Sally. Tanto
più che sembra avere indosso uno degli abiti della mostra.
La
ragazza si staccò dalla porta e fece un paio di passi verso
le
scale, con la mano che reggeva l'ombrello abbandonata lungo il
fianco.
Ovvio
che quello in fondo alle scale fosse un manichino. Cos'altro poteva
essere?
Ma...
se era un manichino, allora come mai si stava muovendo?
Come
mai si stava voltando verso Sally?
No,
non era un manichino.
Era
un persona.
Era
una donna.
Sally
si immobilizzò.
Quella
infondo alle scale era la donna dal viso più umano e
più spaventoso
che Sally avesse mai visto.
Era
una donna pallida, col naso affilato, la bocca piccola, le guance
incavate e gli occhi neri, e tuttavia non erano i tratti del viso
–
per spettrali che fossero – a suscitare tanto orrore in Sally.
Era il
fatto che il viso non aveva segni di espressione, ma allo stesso tempo,
inspiegabilmente, sembrava che una rabbia spaventosa fosse stata
scolpita
nell'innaturale immobilità del volto delle donna.
E
gli occhi, gelatinosi e lucidi, era tristi e colmi di cattiveria.
«
Chi sei? »
Le
parole, pronunciate con voce roca e spezzata, uscirono dalle labbra
di Sally quasi senza che la ragazza se ne accorgesse.
La
donna avanzò verso le scale. Salì il primo
gradino, continuando a
tenere lo sguardo fisso su Sally che, istintivamente, fece un passo
indietro.
La
misteriosa donna continuò a salire i gradini. Un pesante
fruscio di
gonne e sottogonne accompagnava ogni suo passo; l'abito che aveva
indosso dava una sensazione di soffocante pesantezza.
Quando
la donna passò davanti alla finestra, Sally vide, attorno al
collo
sottile e sul pallido petto lasciato scoperto dalla scollatura
quadrata dell'abito, tre file di livide perle e il profilo di un
ciondolo luccicare alla luce dei lampioni.
Più
la misteriosa donna si faceva vicina e più Sally
indietreggiava;
prima che se ne rendesse conto la ragazza si ritrovò con le
spalle
addossate al muro.
La
donna raggiunse la cima delle scale.
E
Sally era così spaventata e confusa da essersi totalmente
dimenticata dell'ombrello che ancora stringeva in mano.
Avrebbe
voluto scappare, ma per tornare alla porta avrebbe dovuto voltare le
spalle alla donna e non aveva il coraggio di farlo.
D'altronde
anche se lo avesse avuto il suddetto coraggio, le sue gambe si
rifiutavano di muoversi.
La
donna sollevò le braccia con un gesto lento.
Tese
le mani verso il volto, verso il collo di Sally
– la quale
ora che le aveva così vicine vide che le dita lunghe e
sottili,
quasi scheletriche, della donna erano sporche di qualcosa di nero e
lucido, appiccicoso e denso come l'inchiostro.
Sally
ebbe una specie di singulto.
Respirò
e sentì i polmoni riempirsi dell'aria gelata. L'aria
portò con sé
un odore simile al ferro, o alla ruggine.
Odore
di sangue.
Era
sangue quello sulle mani della donna.
E
un attimo dopo accadde l'ennesima orribile stranezza.
La
donna scomparve. Scomparve letteralmente da davanti agli occhi di
Sally. Sparì come nebbia soffiata via dal vento.
Sally
non sapeva cosa fare. E non sapeva cosa aspettarsi.
Il
cuore le batteva ancora forte ed era pallida come un cencio.
L'istinto
le suggeriva di cacciarsi a correre giù per le scale, di
uscire il
prima possibile da quell'edificio.
Ma
qualcosa la bloccava. Era ancora spaventata, a mala pena si azzardava
a respirare.
Tutto
era silenzioso attorno a lei, sul pianerottolo e lungo le scale.
Niente più passi. Niente più fruscii. E non
faceva più freddo.
Restò
immobile per una manciata di secondi, di lunghissimi secondi.
Infine
strinse con un gesto nervoso il manico dell'ombrello, riprendendo
coscienza del proprio corpo.
Si
allontanò dal muro muovendo un paio di cauti passi verso le
scale.
Fece
un altro passo.
E
sentì una mano chiudersi sulla sua spalla.
Sally
trasalì, terrorizzata.
Si
voltò di scatto. Sollevò l'ombrello in un gesto
istintivo, con
tutta l'intenzione di colpire.
Ma
invece che con la pallida donna, Sally si ritrovò faccia a
faccia
con l'uomo incontrato sulla collina.
Castiel.
Indossava
perfino lo stesso soprabito chiaro.
Sally,
pur ancora stordita dalla paura, riuscì a frenare il gesto
di
colpirlo.
Ma
non le riuscì di fare altro. O di pensare altro.
Non
ebbe neppure il tempo di balbettare la sua sorpresa.
Castiel
le sfiorò la fronte con la punta delle dita.
Sally
cadde addormentata.
Non
fu qualcosa di voluto. Non poté far nulla per evitarlo.
Udì
delle voci, nella sua testa, sussurrarle di dormire. Ed era un ordine
al quale la coscienza umana non poteva disubbidire.
Sally
chiuse gli occhi, abbandonò la testa all'indietro e
l'ombrello le
scivolò di mano, rotolando giù per un paio di
gradini.
La
ragazza si accasciò su se stessa, come un burattino a cui
vengono
tagliati i fili.
Sarebbe
caduta anche lei per le scale, se Castiel non avesse mostrato un
briciolo di riguardo nei suoi confronti.
Le
impedì di cadere. Sorresse la ragazza, passandole un braccio
attorno
alla vita.
CONTINUA.