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Autore: Lexy    25/08/2010    5 recensioni
Questo è il seguito di "Who will take my dreams away?"
Mister Freeze, che ha posto il suo quartier generale a Bludhaven (territorio protetto da Nightwing), e Poison Ivy che invece ha iniziato la sua ascesa al potere da Gotham City (guardata da un Batman ormai annoiato e decadente). Al centro di tutto questo c'è Duefacce che, non provando nessun interesse in questi scontri inutili, si limita a badare al suo territorio, per nulla intimorito da quelle due nuove potenze soprannaturali... ma le cose resteranno così? Chi provvederà a far cadere questi due malvagi pilastri della malavita? Nuove alleanze, tradimenti, avventura ed azione.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PRETEND THE WORLD HAS ENDED:

Attenzione! Il testo della canzone all’interno del capitolo (dei Placebo), non è ordinato, l’ho scomposto perché aderisse meglio al testo! Buona lettura, le risposte ai commenti sono in fondo.

Capitolo 10: Every your, every me.

Per quanto mi manchi.
Per le parole che mi hai impedito di dirti.
Per il male che sento e che faccio.
Per te.

Intro.

L’uomo di ghiaccio lo aveva stupito, entrando nel suo laboratorio per suggerirgli di scendere a parlare col suo ex e magari, già che c’era, rimetterlo un po’ in sesto; Spaventapasseri si limitò ad annuire ed esaudire quella richiesta. Ne era convinto, stavolta ce l’avrebbe fatta ad incontrarlo e non perché era stato Freeze a chiederglielo.
Davanti alla stanza dove Harvey era rinchiuso, una semplice borsa stretta in mano, si sforzò di tenere la mente sgombra, abbassò la maniglia ed entrò velocemente, richiudendosi poi la porta alle spalle.
Duefacce non aveva una bella cera: appariva stremato, legato ad una sedia, il busto piegato in avanti forse nel tentativo di dormire mentre, ferito ed ustionato in più punti, sanguinava, goccia dopo goccia, impregnando la moquette di macchie rosse, scure e dense.
“Ancora…? Oggi sei proprio incazzata, eh.”
Lo sentì mormorare, scambiandolo per Ivy ma non disse nulla, recuperò nella stanza uno sgabello ed un tavolino - sul quale poggiò il piccolo bagaglio -, li avvicinò ad Harvey e prese posto di fronte a lui. Rovistò l’interno della borsa, ne estrasse l’occorrente per la medicazione e sollevò dell’ovatta umida verso la sua fronte, a pulire un taglio che doveva star sanguinando da ore.
“Troppa grazia. - mormorò, sarcastico - Chi ti ha costretto?”
Chiese, ma non ricevette risposta; improvvisamente scattò in avanti, trattenuto dalle corde, ma riuscì ugualmente a catturare l’attenzione di Jonathan, che istintivamente si tirò indietro, incrociando il suo sguardo.
“Non sono qui per sentire le tue idiozie.”
Disse, e Duefacce non si sarebbe aspettato nulla di diverso; una collinetta insanguinata di ovatta si era formata ai loro piedi, vide l’altro infilare un paio di guanti in lattice, recuperare ago e filo e premergli della garza sotto la ferita, per fermare la discesa del sangue; col polso spinse gli occhiali più su lungo il naso, ed iniziò a suturare.
Harvey sibilò contro il fastidio e per un attimo Jonathan si fermò, i loro occhi si incontrarono.
“Non lo faccio da una vita.”
Ed era un semplice dato di fatto, niente scuse né sarcasmo. A lungo non parlarono più, finché finito di soccorrergli il viso ed il petto, Crane si fermò ancora, guardandolo con indecisione.
“Credevo saresti stato il primo a venire.” Disse, una patetica scusa perché l’altro non decidesse di andarsene via.
“Dovrei controllarti schiena e braccia.” Lo ignorò, intenzionato a non affrontare l’argomento.

Sucker love is heaven sent.
You pucker up, our passion’s spent.
(L’amore sempliciotto è mandato dal cielo)
(Tu ti chiudi a riccio, la nostra passione s’è consumata.)

Harvey annuì. “Non ti tocco nemmeno, giuro.”
Il ghigno che l’ex psichiatra gli rivolse fece male ma come biasimarlo, sarà stata la milionesima volta che gli faceva una promessa del genere. Lo liberò, gli prese le mani, le esaminò e decise che anche i polsi necessitavano di assistenza. Anche senza bisogno di uno specchio, Duefacce sapeva di essere ridotto male, ma a tormentarlo davvero erano le accuse che lei gli aveva lanciato, e le minacce mentre blaterava di come si sarebbe divertita a soffocare Jonathan con le sue piante, dissacrando poi il pallido cadavere, solo per il gusto di portarglielo via per sempre.
“Non dovresti fidarti di Ivy.” Buttò lì, accolto da un verso scettico.
“Mi fido di lei quanto di te.”
“Eppure, mi hai liberato.”
Crane si alzò, aggirò la sua sedia e restò in piedi alle sue spalle, controllandogli la schiena.
“Questa guerra non durerà per sempre, Harvey.”
Duefacce voltò leggermente la testa, non capiva cosa intendesse, cosa nascondesse quel tono rassegnato, ma non riuscì a soffocare quel guizzo di speranza.
“Cioè?” Si limitò a chiedere, per paura dell’ennesima delusione.
“Cioè. Catwoman è sfuggita alla polizia, ma sembra scomparsa dalla circolazione. - disse, lentamente - Presto Joker si precipiterà qui a liberarti e Freeze non ha più uomini, Ivy è già stata sconfitta da un pezzo anche se sembra non volersene fare una ragione. Quello che intendo… potremmo non essere più costretti a scannarci appena ci vediamo. Io almeno, ho perso la voglia e quando tutto questo sarà finito, intendo starti il più lontano possibile.”
Duefacce la notò, la mancanza di reazioni alla prospettiva di un tanto miserabile crollo della sua fazione, ma non entrò nell’argomento, erano ben altre le cose che gli premevano.
“Perché dovresti fare una cosa simile?” Chiese, in tono di scherno.
“Perché mi sono stufato! Di te soprattutto, quindi, visto che per una volta stiamo parlando tranquillamente, speravo di raggiungere un accordo: io lascio in pace te, tu lasci in pace me.”
“In pace, dici. Eppure credevo te ne fossi accorto.”
“Accorto di cosa?”
Ma Harvey non era un cretino e di certo non si era scordato come funzionava il cervello di Jonathan: quella era una sfida e lui decise di accettarla.
“Che senza di te, non ho avuto pace neppure un attimo.”
Rispose, brusco con quella che era l’ultima cosa che Crane si sarebbe aspettato di sentirgli dire e non perché non se ne fosse accorto - il suo ex non era mai stato così discreto in proposito, specie da un po’ di tempo a quella parte -; Duefacce sapeva essere diretto su tutto, tranne i suoi stessi sentimenti e mai prima lo aveva sentito gettare le carte in tavola in quel modo. Sentire una simile dichiarazione proprio in quel momento, lo fece arrabbiare come non mai.
“Perché, quando stavamo insieme ne abbiamo mai avuta?”
“Ora sei ingiusto! Magari non negli ultimi tempi, ma tu eri cambiato tanto che-”
“Se stai cercando di affibbiarmi qualche colpa, guarda c-”
“E stai zitto un attimo perdio, non ti sto incolpando proprio di nulla!” gridò, poi tornò calmo “Non eravamo così, prima. Eravamo perfetti insieme.”
“Evidentemente poi ci siamo conosciuti meglio, capita.”
“Capita il cazzo. Tu non sei così, ed ancora non ho capito cosa ti abbia cambiato fino a questo punto.”
Disse, poi sibilò leggermente: l’ago era tornato, a sorpresa, entrandogli nella pelle e la mano di crane era visibilmente meno ferma di prima. Attese, ma non ricevette risposta, non poteva sopportarlo.
“Io tengo ancora moltissimo a te.”
“Vedi di piantarla.” abbaiò Jonathan, poi sorrise “E poi alla gatta non farebbe piacere sentirti parlare così, anche se è scappata con la coda tra le gambe.”
Tagliò il filo di sutura, un sorriso furbo sul viso, pensava di aver vinto ma Harvey scattò in piedi, rovesciando la sedia nell’impeto e cogliendolo così alla sprovvista che non riuscì a raggiungere la pistola; l’altro lo bloccò, stringendogli gli avambracci.
“Allora è per questo che l’hai gasata!”
La metà sana del suo viso era stravolta dallo stupore e probabilmente Jonathan aveva dimenticato quanto il suo ex ragionava in fretta, se gli faceva comodo: per tutto quel tempo, Crane era stato convinto che tra lui e Selina ci fosse qualcosa? Gli avvenimenti dei giorni addietro, acquistarono un peso differente e nonostante quel frainteso gli fosse costato molto, si sentì felice.
“Lasciami andare Harvey.” Ordinò, ma la presa si fece più forte, dolorosa.
Devi dirmelo, se è così!” lo scosse, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Tu mi ami ancora.”
Disse, serissimo mentre lo fissava, e fosse stata la situazione un pelino meno catastrofica, Jonathan gli avrebbe riso in faccia; neppure quella era la novità del secolo, ma questo non gli dava il diritto di dirlo ad alta voce, rendendolo tanto reale. Non doveva gettare in tavola anche le sue, di carte, non era giusto ed ora si sentiva in trappola.

My heart’s a tart, your body’s rent
My body’s broken, yours is bent
(Il mio cuore è in vendita, il tuo è in affitto)
(Il mio corpo è spezzato, il tuo danneggiato)

“Che cretino sono stato, a pensare che per una volta sapessi mantenere una promessa.”
Si riferiva al giuramento di non toccarlo se lo avesse liberato, ma se c’era un momento meno adatto ai sensi di colpa, era proprio quello.
“Non ho mai avuto nessuno dopo di te, non mi ha mai neppure sfiorato la mente.”
Ed il mondo attorno allo Spaventapasseri si fermò; gli sembrò di liquefarsi e fu orribile. Era stato un cretino, Harvey lo aveva scoperto e lui avrebbe solo voluto strisciare in qualche buco per farsi seppellire. Perfino Duefacce avrebbe annuito e tirato qualche badilata di terra, perché era nella natura di Duefacce sfottere Crane in situazioni del genere.
Il punto di non ritorno però, lo avevano superato da tempo e non gli venne neppure in mente di schernirlo: con uno scatto di coraggio, si chinò a baciarlo, le mani abbandonarono la presa per salire a circondargli il volto, per toccare quella pelle, ed appurato che Jonathan non si sarebbe scansato, avanzò fino a bloccarlo tra il suo corpo ed una pesante scrivania.
Lo sollevò, lo mise a sedere sulla superficie alle sue spalle e si fece spazio tra le sue ginocchia, le mani scesero a cingergli i fianchi, per attirarlo a sé, e mille emozioni si mischiarono.
Ovviamente c’era l’eccitazione, perché quando è una vita che eviti perfino di masturbarti per non cadere nella depressione post fantasia, succede. Poi c’era la felicità, lo stupore di ritrovare quel corpo che s’era rassegnato a considerare proibito ed era come una nuova prima volta, sotto le sue dita scorreva una pelle elettrica e la voglia di toccarlo ovunque era tanta, che non sapeva più dove mettere le mani.
Si tese in avanti finché l’altro non stese la schiena sulla scrivania, poi chino su di lui, gli carezzò i capelli, il viso, si sollevò per guardarlo negli occhi ed incontrò uno sguardo disperato quanto il suo.
“Ti amo, Jonathan.”
Disse, serio e scese a bere un suo gemito con un bacio, si spinse contro di lui, incontrando il suo stesso desiderio e costringendolo a donargli un altro di quei bellissimi versi - contemporaneamente estranei e familiari; le braccia di Crane salirono a circondargli le spalle, ma per pochi momenti.
Un attimo dopo i palmi aperti sul suo petto lo spinsero indietro di qualche passo e quando rialzò lo sguardo, incontrò la bocca scura di una pistola, l’eco dello sparo non tardò ad arrivare ed il dolore, dapprima secco, all’altezza del petto, ben presto si espanse, bruciando, come un incendio e gli sembrò davvero inappropriato; abbassò lo sguardo, una mano salì verso il torace e quasi si mise a ridere: Jonathan gli aveva sparato un narcotico.

Like the naked leads the blind
I know I’m selfish, I’m unkind
(Come il nudo guida il cieco)
(So che sono egoista, sono scortese)


Tentò di lottare, ma le gambe cedettero e cadde sulle ginocchia; alzò lo sguardo su Crane che si faceva via via più sfocato, distante, poi un rumore - poteva essere un gemito? -, infine il buio.

**

Dalla finestra nella stanza di Nora, il cortile grigio, il prato fuori dei cancelli, le alberate… erano rassicuranti. A Freeze piaceva pensare che lei potesse vederli e sentirsi in pace, come accadeva a lui: era il tramonto, l’orizzonte s’era tinto di arancio e lei era al suo fianco. Avrebbe dato chissà cosa perché fosse sveglia ed in salute.
Lasciò andare un sospiro, ed una nuvola gelida gli uscì dalle labbra; nella coda dell’occhio un movimento catturò il suo sguardo, qualcuno attraversava velocemente il giardino e per un po’, faticò a riconoscere Spaventapasseri. Era la prima volta che l’ex psichiatra usciva dalla villa - tranne quando sotto sua richiesta - ed aveva vestiti che Freeze non gli aveva mai visto addosso, prima.
Aveva già saputo del fiasco con Duefacce nel pomeriggio, i suoi uomini gli avevano riferito di come Crane fosse fuggito dallo studio, ordinando loro di rimpacchettare l’ospite; al dottore non interessava cosa fosse andato storto, aver sventolato in faccia all’ex magistrato l’oggetto della sua ossessione bastava, e non appena si fosse ripreso dalla pennichella obbligatoria, sarebbe sceso a parlargli.
“Il corvo è uscito.” La voce di Ivy alle sue spalle.
“Ho visto.” Disse, e si voltò per andarle incontro.
“Non lo fai seguire?” Il tono di lei era risentito.
“A che pro?” Con una mano sulla schiena la scortò fuori dalla stanza dove, per inciso, le aveva spesso vietato di entrare.
“E se stesse correndo da Joker per-”
“Cosa? Rivelare i nostri segreti? Non ne abbiamo mai avuti.”
“Non abbiamo neanche più uomini se è per quello, e dovrebbe preoccuparti un po’ di più!”
“Potresti prendere in considerazione in fatto che, dotato di un’intelligenza superiore come sono, avrò i miei buoni motivi per non preoccuparmi.” Disse, ed il suo tono restò tranquillo, nonostante il rimprovero.
“Hai un asso nella manica!” scattò lei, e non attese una conferma “Oh, lo sapevo di potermi fidare ti te! Quanto manca? Attaccheremo ancora?”
“Pazienta.”

Sucker love I always find
Someone to bruise and leave behind
(Un amore sempliciotto lo, trovo sempre)
(Qualcuno da ferire e lasciare indietro)

Lasciò che Ivy pensasse ciò che voleva, perché alla fine sarebbe dovuta sparire, insieme a Crane, e possibilmente per sempre. Lui avrebbe ripreso le ricerche per la cura della malattia di Nora, in pace, il ghiaccio avrebbe ricoperto tutto, riportando il silenzio finalmente.

**

Vivere da soli significava occuparsi personalmente di azioni quotidiane quali lavare i piatti, e Dick Greyson lo sapeva già, da prima di trasferirsi in quell’appartamento ancora fin troppo spoglio; gettò le stoviglie di plastica usate nel cestino e sbuffò. Forse era il caso di uscire a divertirsi, o per una veloce ronda ma una cosa era certa: non sarebbe andato da Crane e non perché temesse la reazione di Bruce - quella, gli sarebbe piaciuto vederla -, anzi se si fosse azzardato a dire qualsiasi cosa, lui gli avrebbe sbattuto in faccia la breve relazione avuta col Joker, ed essere rimproverati proprio da Dick non era mai una bella sensazione.
Di sicuro non era neppure il sesso il problema anzi, quello gli piaceva eccome. Il vero guaio, era la noncuranza con la quale s’era aperto con una persona simile, quel suo fregarsene di tutto; non avrebbe continuato una relazione tanto pericolosa, per quanto intensa: sì, sapere che, volendo, Jonathan avrebbe potuto gasarlo o ucciderlo in qualsiasi momento - e Dick non lo avrebbe neppure trovato troppo strano - riusciva ad essere davvero intenso.
E poi, tutte quelle voci che lo definivano inavvicinabile e scontroso, che speculavano su una qualche storia finita - questo non poteva saperlo, al tempo era lontano da Gotham - lo facevano sentire speciale.
Ma ora è finita. pensò, con un sospiro mentre metteva su il caffé. Non avrebbe più cercato Crane.

All alone in space and time
There’s nothing here but what here’s mine
(Tutto solo in tempo e spazio)
(Non c’è niente qui, ma quello che è qui, è mio)

Il campanello lo fece sobbalzare, non aspettava visite e per un folle attimo, pensò si trattasse di Slade; andò ad aprire ed una volta di fronte al suo ospite, sentì qualcosa - la risoluzione, o forse la dignità - scivolargli fin sotto le scarpe: sulla soglia del suo appartamento c’era uno Spaventapasseri carino. Cioè per carità, lo era sempre stato ma… si era preparato apposta per incontrarlo? Sì insomma, si era fatto bello per lui? Per l’ennesimo folle attimo, pensò che l’uomo doveva aver captato i suoi pensieri tipo radar, ed essere corso a sventare il suo piano di allontanamento.
Ma quanto riuscirà ad odiarsi, una volta tornato in sé? pensò, perché uno come Crane sicuramente non perdeva tempo davanti allo specchio per nessuno senza un tornaconto personale e Dick non aveva proprio niente da offrirgli - a parte i migliori orgasmi della sua vita.
“Mi fai entrare?” Chiese Jonathan, e Dick si riscosse.
“Prego.” si scansò dalla porta con un ghigno, richiudendola appena fu entrato “Beh, come st-”
In un attimo, si ritrovò il viso circondato dalle mani di Spaventapasseri e fu troppo occupato a baciarlo per poter terminare la frase; gli cinse la vita con un braccio, fiero di aver mantenuto la sua promessa: lui, non ci aveva provato neanche un po’. Attribuì quello slancio al suo fascino micidiale, e chi era lui per umiliare Crane con un rifiuto? Lo guidò contro il muro, percorrendolo con le mani e con le labbra, ovunque riuscisse ad arrivare, ma considerando il collo alto che indossava, non era molto.
Quella maglia, decretò, doveva sparire.
Sollevò Crane da terra, lasciando che lo circondasse con le gambe in una presa più stretta del necessario; eppure doveva saperlo, che Dick non ci pensava nemmeno a buttarlo a terra - a meno che non glielo avesse chiesto ed in quel caso sarebbe stato interessante.
Con un calcio, il vigilante spalancò la porta della sua stanza, si piegò fino ad adagiare l’altro sul letto ed un attimo dopo portò le dita sotto l’orlo dell’odiata maglia, iniziando a sfilargliela. Qualcosa però non andava in Jonathan, nei suoi occhi, nei movimenti, non aveva smesso un attimo di tremare e Dick non era certo che facesse tanto freddo. Allontanò le loro labbra, ma ad ogni sillaba pronunciata le sentiva sfiorarsi.
“Alla fine sei venuto. Non me lo aspettavo.” Disse con un sorriso seducente “Ti sono mancato, eh.”
“Oh, tantissimo.” Rispose Jonathan, sarcasticamente teatrale ma Dick lo ignorò.
“Non ti pare di scherzare un po’ troppo, per uno che è venuto a cercarmi di sua spontanea volontà?”
“Ed a te non pare di parlare un po’ troppo, per uno che promette orgasmi come caramelle?”
Dick rise brevemente; non aveva idea di cosa stesse cercando esattamente, Crane da lui; mosse leggermente il capo, lasciando che il naso sfiorasse quello di Jonathan, poi tornò a guardarlo negli occhi.
“Che carino sei, quando ti credi spiritoso.” Il tono profondo, come se gli avesse appena fatto un complimento.
“E tu sei adorabile, quando riesci a stare zitto due minuti.”
“Non puoi farmene una colpa” continuò il ragazzo, sollevando una mano a sfiorargli leggermente il viso “arrivi qui tutto carino, mi salti addosso, eppure non sembri affatto propenso ad andare fino in fondo.”
Continuò ad accarezzarlo col dorso della mano, i loro occhi non si staccarono mai, nel silenzio che si estese per attimi interminabili.

Something borrowed, something blue
Every me and every you
(Qualcosa preso in prestito, qualcosa di blu)
(Ogni me, ed ogni te)

“Ma come siamo maturi, oggi.” Soffiò il criminale, lanciandogli uno sguardo che, avesse avuto con sé il suo gas, lo avrebbe fatto preoccupare; ma non lo aveva, altrimenti se ne sarebbe accorto, gli stava così addosso che lo avrebbe sentito. Poi Jonathan lo colse del tutto alla sprovvista, sollevando una mano fino a quella che gli stava carezzando il viso, per intrecciare le loro dita.
“Non mi dire, forse sei un vero adulto nonostante le apparenze.”
Dick non rispose, non aveva capito cosa l’altro volesse intendere, anche se gli suonava come una presa in giro; in tutta onestà, non gli andava proprio di litigare con Crane e decise di tacere, in attesa di un qualche svolgimento. Quando l’ex psichiatra parlò di nuovo, il suo bisbiglìo era carezzevole, il suo sguardo pareva nascondere qualcosa di brutto.
“Sai.” iniziò, socchiudendo gli occhi “Gli adulti si assumono delle responsabilità. Prendono decisioni che un ragazzino non potrebbe mai.”
Dick sollevò un sopracciglio; quel discorso lo faceva sentire tremendamente escluso ed allo stesso tempo tirato in mezzo - a cosa non lo sapeva, ma sospettava non gli sarebbe piaciuto per niente. Odiava come l’altro riusciva a manipolarlo con le parole, gettandolo da una sensazione ad un’altra nel giro di tre secondi.
“Stai proponendo qualche gioco strano?” chiese, e fece spallucce “Vai tranquillo, sono aperto a un po’ di tutto.”
“Niente giochi strani.” Fu la semplice risposta, affatto irritata come Dick avrebbe immaginato.
“Quindi?”
Le dita di Spaventapasseri si sfilarono dalle sue, lo sentì trafficare con una tasca dei jeans, per estrarne qualcosa che di primo acchito somigliava ad una custodia per occhiali, ma più corta e sottile. Si sentì spingere leggermente, e si sollevò sulle ginocchia. Crane aprì quel contenitore, ne estrasse una piccola siringa e nonostante fosse pericolosissimo con una cosa del genere in mano, Dick non disse né fece nulla finché l‘altro non gliela porse.
“Che stai macchinando?” Chiese, la voce cupa di sospetto.
“Voglio che me la fai.” Buttò lì, come se gli stesse chiedendo di cuocergli un uovo o una cosa così.
E Dick si sentì perduto: allungò una mano verso l’oggetto, pieno per un paio di millimetri di un liquido trasparente e davvero poco allettante. Non era sicuro di capire bene cosa doveva farci, ma tempo un paio di secondi, e la realizzazione gli piombò addosso.
“Ma tu sei pazzo.”
“Ma và.”
“Che dovrebbe esserci, qua dentro?”
“Nulla che ti riguardi, visto che non sarai tu a provarla.”
“E… sì, ma perché?”
“Perché te lo sto chiedendo.”
“Intendevo-”
“Lo so perfettamente, cosa intendevi. E per favore, non farmi quello sguardo adesso! Guarda: non sto giocando con te, non è un test e non ho intenzione di fregarti in nessun modo. Si tratta di una semplice richiesta, puoi farlo come no, ma Cristo, deciditi.”
Non gli piaceva il suo atteggiamento, né quella richiesta: lanciò un ultimo sguardo alla siringa, era piccola, non avrebbe potuto contenere chissà che dose e poi immaginò - sperò - si trattasse di uno degli intrugli di Crane, non una droga vera. E poi, decise di essere ottimista: partendo dal presupposto che Crane era pur sempre un medico - quindi, non si sarebbe mai fatto nulla di realmente pericoloso -, Dick era con lui, se qualcosa fosse andata storta, avrebbe potuto… fare qualcosa. Salvarlo.
Rialzò gli occhi ad incontrare quelli di Jonathan ed annuì, prima di ripensarci; i cinque minuti che seguirono furono un misto di schifo ed eccitazione: la voce di Crane che lo guidava, carezzevole, nella ricerca della vena, poi quegli occhi da blu si fecero neri, la pupilla si allargò quasi completamente e non riuscì a trovare tutto ciò orribile quanto pensava.

Carve your name into my arm
Instead of stressed, I lie here, charmed.
(Incidi il tuo nome sul mio braccio)
(Invece di agitarmi, sto steso qui, incantato)

Quando le mani di Spaventapasseri tornarono sul suo viso si abbandonò al bacio, era come se si fossero visti per la prima volta solo in quel momento e Dick riprese a percorrerlo con le mani, con le labbra, le orecchie piene di sospiri deliziosi e le unghie dell’altro gli graffiavano la schiena, le gambe lo stringevano come cercando di catturarlo; quasi come se gli appartenesse.
I vestiti sparirono in fretta, come in un sogno e per un po’ il mondo fuori svanì, non esisteva che quel vortice caldo, umido ed intenso, quelle sensazioni respirabili. Un velo sottilissimo di sudore si fece strada attraverso la pelle mentre si percorrevano a vicenda, si carezzavano con gli ansiti, con le dita e coi mormorii spinti e pretenziosi; sempre più umido, sempre più caldo, sempre più bello perché non fu come la volta precedente: niente attese, né concentrazione, né fatica, ogni tocco, ogni spinta, ogni morso, Jonathan sembrava sentirli davvero, li accoglieva senza trattenere tutti quei versi meravigliosi ed eccitanti, lo stringeva come se non ci fosse un domani.
E questo gli piaceva, lo faceva sentire uomo - adulto forse, finalmente - e desiderato e fu una liberazione quel corpo che fremeva, facendogli credere, per qualche attimo, di appartenergli; sempre più rapidi, sempre più vicini, era come essere nel bel mezzo di una montagna russa, cadevano velocissimi, in un vuoto terrificante ma in senso buono, quello che ti faceva venire voglia di urlare, ed allargare le braccia, e la fine della discesa diventa l’apice del piacere, prima che tutto si spenga.
Prima che la coscienza ritorni.

**

“Procuratemi delle bombe.”
Esclamò Joker, notando che i suoi compagni e gli uomini di Duefacce stavano giocando a poker; la sua sola vista, ovviamente aveva interrotto la partita ed una dozzina d’occhi si spalancarono su di lui, che quasi rise. In un’occasione differente, anche loro avrebbero riso ad un’uscita simile da parte sua. La stanza non accennava a scongelarsi, quindi scosse la testa, come potrebbe fare un cane bagnato.
“Non scherzo, eh!” Concluse, tornando poi da dove era venuto.
Harley e Nigma si voltarono a guardarsi nello stesso momento, senza dire una parola, poi Edward si alzò in piedi.
“Siamo pronti, mi pare.” Annuì, ed anche lui uscì dalla stanza.
L’arlecchina non cercò di trattenerlo, con la mente tornò alla loro ultima conversazione, ritrovandosi suo malgrado, intrappolata nelle stesse riflessioni; una cosa era certa, lei era pronta a tutto per il suo uomo, a prescindere dalle intenzioni di lui. Quante donne avrebbero potuto dire lo stesso al posto suo? Strinse i pugni e si alzò in piedi.

Cuz’ there’s nothing else to do.
Every me, and every you.
(Perché non c’è altro da fare)
(Ogni me, ed ogni te)

“Avete sentito? Bombe!” Esclamò, minacciosa, ed i tirapiedi di Dent scattarono per obbedirle.
Harley pensò che stare con Mistah J significava non sapere mai cosa sarebbe successo nel giro di pochi minuti e cazzo, le fosse piaciuta la vita tranquilla, sarebbe rimasta dietro una scrivania ad Arkham. Ma aveva scelto di passarci di fronte e, contrariamente a ciò che tutti potevano pensare, non per il suo Puddin’. Per sé stessa.
Non era il non conoscere i piani il problema, piuttosto l’essere tagliata fuori da un passato cui il sindaco di Imbecillità - per gli amici Edward - aveva invece un ruolo da protagonista e di cui Mistah J per qualche motivo, non voleva metterla a parte. Era arrabbiata con quel pomposo sempreverde, perché non meritava tutto questo, non quanto lei almeno.
Ma forse, stava saltando alle conclusioni troppo in fretta? Forse sarebbe bastato chiedere, per ottenere una risposta dal suo Puddin’? Si fece coraggio. Gli avrebbe parlato, chiedendo spiegazioni e pretendendo che le raccontasse per cosa di preciso, stavano rischiando la morte. In fondo, era un suo diritto saperlo.  No?

**

Sucker love, a box I choose
No other box I choose to use.
(L’amore facilotto, una scatola che scelsi)
(Nessun’altra scatola scelsi di usare)

Iniettare una misteriosa sostanza nelle vene di qualcuno non era buono, neppure se era lui a chiedertelo, neppure se questo qualcuno era lo Spaventapasseri. Se poi ti trovavi costretto ad ammettere che lui ti piaceva molto di più sotto l’effetto di quella roba che senza, il senso di colpa diventava schiacciante e cercare di non pensarci diventava inutile; non aveva fatto sesso con una persona, si era accoppiato con una droga.
Era quella sostanza a muoversi sotto di lui, a stringerlo, a regalargli baci, carezze, giochi e gemiti, ma in tutto quello dove cavolo era Crane, con le sue battute sarcastiche e le occhiatacce, e i dispetti e gli insulti? Si chiedeva tutto questo Dick, e non aveva la minima voglia di alzare un dito. E poi perché muoversi, cos’avrebbe potuto fare? Doveva rompere il silenzio? Sfogarsi, arrabbiarsi, urlare, cacciare l’ex psichiatra dal suo letto? Oppure piangere, abbracciarlo, tentare di riaprirgli gli occhi?
Beh, comunque non aveva voglia di fare proprio niente.
“Richard, non riesco a respirare.” Disse Crane, ma non accennò a spingerlo via.
“Chiamami ancora così, e ti strangolo.” Disse, e pensò che quella droga sembrava innamorata di lui.
“Non era il tuo nome, Richard?”
“Sì ma è Dick, te l’ho detto.” Quella droga. Doveva essere una gran bella puttana.
Dick è orrendo.”
Non ce la fece più. Si sollevò sui gomiti, sentì l’altro - finalmente libero - trarre un respiro profondo e lo guardò negli occhi, per un po’ nessuno dei due disse nulla.
“Bene, vedo che sei tornato! Perché pigli quello schifo?”
Crane roteò gli occhi e sospirò in un chiaro atteggiamento da e lo sapevo, io. ma Dick c’era abituato, quindi andò avanti.
“Ho sbagliato a iniettarti quella roba, e non devi farlo nemmeno tu!”
“Ah ok, visto che me lo stai ordinando… ora alzati, devo andare via.”
“No.” Decretò, testardo “Questo non è il momento per fare dello spirito, voglio davvero che la smetti, non ne hai bisogno!”
“E chi meglio di te sa di cosa ho bisogno, no? Senti. Non ho intenzione di farmi fare la predica da uno che è uscito ieri dal liceo per andarsene in giro in calzamaglia.”
“Ma quale calzamaglia!” Urlò, sconvolto. “E parli proprio tu, l’uomo del monte col sacco di patate in faccia! Quella roba ti brucerà gli ultimi due neuroni che ti sono rimasti!”
“Eh, e se anche fosse?!”
“Se anche fosse cosa?!”
Che tene frega, ecco cosa! Non capisco con che titolo credi di parlarmi così!”
“Infatti!“ scattò, avvicinando il viso al suo “Che mene frega? Stiamo forse insieme, io e te? No!”
“Tu sei un idiota.”
Constatò Spaventapasseri, gli occhi spalancati: quale imbecille dopo un discorso simile, ammetterebbe - e col tono di chi ha ragione, per giunta - di non avere nessun motivo per parlare?
“Devo esserlo per forza, visto che me ne frega lo stesso, si vede che sono fatto così. Sarò anche fatto male, ma se non la smetti, io-”
“Tu cosa, Richard?!” Lo interruppe, zittendolo per un attimo, solo per poi sentirlo di nuovo gridare.
“Giuro che ti lego di là in soggiorno finché non ti passa la voglia di fare stronzate! E di chiamarmi Richard.”
Jonathan restò a bocca aperta. Che doveva rispondere ad una cosa del genere? Ma sentirsi rimproverare, tutto nudo, con le mani di Dick a stringergli le braccia, a schiacciarlo contro il materasso, era terribile. Ed il vigilante faceva bene a trattenerlo, fosse stato libero gli avrebbe almeno tirato un sberlone. Si sentiva urtato, inferocito e sicuro che alla prima occasione, avrebbe gasato quel ragazzino, stavolta senza lasciargli l’antidoto.

Another love I would abuse
No circumstances could excuse
(Un altro amore di cui abuserei)
(Nessuna circostanza potrebbe scusarlo)

Tutto d’un tratto, scoppiò a ridergli in faccia. Il giovane vigilante aggrottò le sopracciglia: perché Crane un attimo prima sembrava volerlo morto e quello dopo si metteva a ridere? Allentò la presa su di lui.
“C’è qualcosa di divertente?”
“Sì. Tu.”
Dick continuò a guardarlo, senza capire il motivo di tanta ilarità. Poi un sorriso gli si aprì sul volto, ed iniziò a ridere anche lui.

**

Ahh… tu entra e fai quel che ti pare Eddie, però sarebbe carino se mi tenessi un po’ occupata l’isterica! Basta solo che state lontani da Freeze, di lui mi occuperò io.
Edward se l‘aspettava che l’obiettivo di Joker non fosse più Ivy. Ora tutto stava nel capire in che modo si sarebbe occupato dell’Uomo di ghiaccio: aveva formulato la sua personale teoria e non gli piaceva per tanti motivi anche se, da un lato, non pensava fossero affari suoi e se sperava di recuperare uno straccio di rapporto col clown, avrebbe fatto meglio a non mettergli i bastoni tra le ruote.
Si passò una mano sul viso; era stanco, si sentiva molto più vecchio del dovuto. Tornò a studiare, la cartina dell’edificio prima dell‘assalto: qualcuno doveva pur prodigarsi per evitare morti inutili ed assurde. Allungò una mano verso il mouse ed il suono forte ed improvviso della porta che veniva spalancata, lo spaventò a morte; si voltò e sull’uscio vide la figura infuriata di Harley Quinn, le braccia incrociate sul petto mentre lo fissava come a volerlo polverizzare. Giusto lei o Joker avrebbero potuto fare un’entrata simile.
Non parlo, alzò un sopracciglio ed attese spiegazioni.
“Allora, genio. Qual è il vero piano?”
Istintivamente, Nigma strabuzzò gli occhi. “Io non lo so!”
Ammise, e l’Arlecchina parve sgonfiarsi sotto i suoi occhi. Boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a parlare.
“Ma! Tu avevi detto…”
“Che ho una mezza idea, nulla più! Sono un genio, mica Gesù Cristo!”
Rispose, ma non riusciva a provare rabbia; probabilmente Harley aveva chiesto spiegazioni a Joker, che le avrà sciorinato risposte evasive ed inconcludenti mentre la spingeva fuori dalla stanza. Edward capiva perfettamente cosa si provava in quei momenti, completamente tagliati fuori eppure trascinati dentro fino al collo.
“Voglio sapere cosa sta succedendo.” Disse lei, col tono che prometteva distruzione se le fosse stato negato ciò che chiedeva.

In the shape of things to come
Too much poison come undone
(Sotto forma di cose che devono accadere)
(Troppo veleno si libera)

“Ok.” Annuì Nigma, cogliendola del tutto alla sprovvista. Probabilmente si aspettava una battaglia, ma lui non era Joker e le scorrettezze, non gli erano mai piaciute. “Prettendo che si tratta di mere teorie. Tutta la faccenda di Ivy, il lavaggio del cervello che mi ha fatto eccetera, Joker deve averla presa come un grosso raggiro, un’umiliazione non da poco. Lei era la colpevole e gliel’ha fatta pagare, o almeno così mi hai raccontato tu. Ma non credo sia tutto qui. Vedi, ci sono state anche persone… amici diciamo, che hanno saputo la verità ma non hanno parlato; una di queste è Duefacce ed ovviamente, non deve aver trovato molto carino, il venire contattato dopo tanto tempo, solo quando c’era bisogno del suo appoggio.”
Concluse, e lasciò alla donna il tempo di assimilare quella spiegazione; non ci mise molto.
“Quindi, non stiamo andando a salvare Harvey, ma a farlo fuori?”
“Vedo che inizi a capire.”
“E le altre persone, chi sono?”
“Batman, ad esempio. Ma credo che la persona con cui ce l’abbia di più in assoluto, sia Crane. Avevano legato moltissimo, non deve aver preso bene una simile dimenticanza, da parte sua.”
“Ma… perché non hanno detto niente, innanzitutto?!” Scattò Harley, tendendosi leggermente avanti con busto e riacquistando una posa minacciosa.
“Se lo avessero fatto, probabilmente tu non saresti qui, ora. Sulle loro motivazioni ho delle teorie che non voglio condividere con te.”
Stranamente, la donna annuì senza insistere e fu un sollievo.
“Insomma, ci stiamo lanciando in una missione punitiva per farli fuori?”
Alle parole fare fuori Nigma aggrottò le sopracciglia, arrabbiato e scosse la testa per un attimo.
“Non so tu, ma io…” iniziò, quasi urlando ma si bloccò. I suoi occhi si allargarono e doveva proprio avere un’espressione pietosa sul volto, perché lei sembrò dispiaciuta. “Io… no, non lo so neanch’io.”

**

Rigirando due uova in una padella ammaccata, Crane non riusciva a pensare a niente. Era venuto lì, in casa di Richard, per dimostrare qualcosa a sé stesso: di non aver bisogno di Harvey probabilmente, ma non era più tanto sicuro né che fosse vero e tanto meno di essere lì per quello. Non aveva risolto proprio niente, tutta quella visita si era rivelata un’arma a doppio taglio e le cose dette dal vigilante, lo avevano colpito in tutte le maniere più sbagliate.

Sucker love is known to swing
Prone to cling and waste these things
(L’amore sempliciotto, si sa che oscilla)
(E’ incline ad aggrapparsi e sprecare queste cose)

“Bene, vedo che ormai fai come a casa tua.”
Si voltò ad incontrare il ghigno divertito del ragazzo, si era appena svegliato e sembrava di ottimo umore. Tornò ad occuparsi della cucina e sentì le braccia di Richard avvolgergli la vita.
“Indossi la mia maglietta, e mi prepari pure la colazione. Non ti starai innamorando di me?”
“Ma vedi di levarti di torno.” Rispose, senza neppure l’energia per levarselo di dosso - cosa che non neppure era tanto sicuro di voler fare.
Il giovane vigilante lo lasciò, andò a sedersi al tavolo poco distante e continuò a fissarlo.
“Non avrai preparato poca roba per tutti e due? Comunque non fa niente, io di solito prendo solo un caff-”
Si bloccò e Jonathan passò lo sguardo tra lui ed il punto che stava fissando, dove soggiornava una macchinetta per il caffè. Bruciata e da buttare. Tornò a scrutare l’espressione di Richard, e sbuffò una risata.
“Non ridere, guarda che è colpa tua!”
“Non l’ho neppure toccata, quella macchinetta.”
“Avevo messo su il caffé un attimo prima che suonassi alla mia porta, ieri sera.”
“Ah, maturo dare la colpa a me, certo. Comunque queste sono per te, io devo andare.”
“A fare che?”
“Conquistare il mondo, che altro? Come tutti i supercriminali.”
“Immagino che ora dovrei ridere. Per non ferire i tuoi sentimenti. Comunque è fuori discussione, non puoi venire in casa mia, approfittare del mio corpo, bruciarmi la macchinetta del caffé e poi andartene! Non nel mio giorno libero!”
“Oh? Non vai all’asilo oggi?”
“Spegni quella roba, ti offro la colazione fuori, poi andiamo al centro commerciale e mi compri una macchinetta nuova.”
“Basta trucchi Richard, non posso restare.”
“Non è un trucco. Davvero me ne devi comprare una.”
“Sto per tirarti la padella in faccia.”
Avvertì, riacquistando un tono irritato che era molto più da lui, nonostante non si sentisse troppo sicuro di voler davvero rifiutare. Ma d'altronde era un po', che non si sentiva più troppo sicuro di niente.

Pucker up, for heaven’s sake
There’s never been so much at stake
(Chiuditi a riccio, per l’amor del cielo)
(Non è mai stata tanto alta la posta in gioco)

“Adesso ti dico cosa farò.” Disse il ragazzo e Jonathan, incuriosito da quel tono solenne - ed aspettandosi comunque la solita, esilarante cavolata - si voltò per dargli tutta la sua attenzione. “Ora mi alzo da questa sedia. Poi scatto nella tua direzione, se riesci a scappare sei libero… ma se riesco ad afferrare il tuo sedere piatto, oggi non ti muovi da qui.”
E se Crane avesse pensato si trattasse solo di uno scherzo, evidentemente non conosceva troppo bene Nightwing. Per qualche secondo restò interdetto, fissandolo ma non appena il ragazzo accennò ad alzarsi dalla sedia, afferrò il pepe dalla cucina.
“Se ti avvicini, giuro che te lo getto sugli occhi.”
Richard non disse nulla, lentamente si avviò verso la sua stanza e se Jonathan avesse pensato di aver vinto, ancora una volta non sapeva troppo bene con chi stava avendo a che fare. Lo vide riapparire sulla soglia, un ghigno stampato in faccia ed una mascherina da natante sugli occhi.
“No.” Fece Crane, serio, scuotendo la testa. “Ragioniamo. A trent’anni, ti pare che posso mettermi a correre per casa come un imbecille?”
“Se posso farlo io a venti…”
“Ma tu non s- cioè, no! Siamo due persone mature! Quindi, non ti sembra stupido quello che stai proponendo?”
“Non sei bravo quanto pensi, a convincere la gente!” Disse, sconvolto. “Comunque hai ragione, non è un comportamento maturo.”
Crane lasciò andare un sospiro di sollievo, fece per voltarsi e spegnere la fiamma sotto la colazione - prima che il ragazzo lo accusi di avergli bruciato anche la padella - ma evidentemente, avrebbe dovuto lasciarlo finire di parlare.
“Però ho capito che fare i maturi, con te non conviene!”
Istintivamente, Crane tentò di fuggire e ci riuscì anche, per parecchio, dando fondo ad un’esperienza di fuga dai bulletti della Georgia alquanto invidiabile, ma la velocità non era tutto ed alcuni movimenti maldestri gli procurarono qualche livido e lo condannarono a soccombere.
Steso sul pavimento, con Richard sdraiato sopra a propinargli un sorriso a trentadue denti, si fece una ragione per tutto quello: decise che gli avrebbe comprato la macchinetta del caffé. Ma, immaginò, non c’era poi tutta questa fretta. Quando alzò la testa dal pavimento, per unire le loro labbra, il ragazzo non ne sembrò affatto stupito e questo, per qualche strana ragione, lo fece sorridere.

Every me and every you. Every me… he.
(Ogni me ed ogni te. Ogni me… lui.)


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Per Sychophantwhore: Eeee, dopo una vita di stenti e di privazioni (pochi mesi), eccomi qui ad aggiornare. Come sempre, è stato un parto. Dunque, passiamo alla recensione ù_ù.  Per quanto riguarda Nightwing, ti prego, non ricordarmi che poi un giorno passerà dalla parte del pipistrello é_è io capisco il volergli bene come il padre che non se l'è mai cagato, ma in "battle for the cowl", mi è sembrato troppo (mi pare fosse quella la serie di cui parlavi, no?). Il suo ruolo all'interno della storia - a parte regalare orgasmi al caro Spaventapasseri, che ne ha tanto bisogno - è quello infatti, di trovare la sua indipendenza, e comunicare un po' del suo modo di vivere che, a prescindere dalla simpatia che si può nutrire per il personaggio (a me piace xD), è qualcosa che i protagonisti proprio non conoscsono.
Il fatto che Crane non riesca a resistergli è legato - come ho tentato di spiegare in questo capitolo - più al fatto che, forse, non vuole. Non ne ha le forze e una bella scappatella è sempre il rimedio più adatto per una storia finita male e che ha lasciato indelebili cicatrici. Per quanto riguarda Harvey beh .__. se io fossi Crane (che cosa strana da dire xD), non glielo direi manco per sbaglio o per scherzo.
Il Joker sono un paio di capitoli che parla poco e niente ed a ragione, non pensare che io lo stia trascurando ù_ù. In fondo se l'è giostrata bene fino adesso ed alla fine, riserverà qualche sorpresina (anche se in questo capitolo lo ammetto, ho rivelato moltissimo, sulle sue intenzioni e sul suo stato d'animo).
Harley non sta scivolando proprio da nessuna parte xD. Lei è risentita ovvio, perché il suo Puddin' non si sta comportando in modo completamente sincero... ma davvero, non basta così poco per farla scappare via, almeno a parer mio. Ho studiato - per quanto possibile, certo - il loro rapporto, e devo dire che in confronto alle pene che le fa passare il Joker del fumetto, quelle della mia fanfiction, non sono che bruscolini xD ma siamo ancora all'inizio, eh! Anche se non credo che il clown per come lo vedo io si metterebbe deliberatamente a ferire o urtare la sua donna a meno che non voglia insegnarle una lezione. Nigma poi, checché ne dica, della Quinn non ci ha capito propio niente. In questo momento, direi che provo molta più empatia per lei, che per il verdino.
Ti ringrazio tantissimo per l'elogio che mi hai fatto ç_ç con quelle poche parole, tu hai coronato le mie aspirazioni di fanwriter!
Ora ti lascio alla lettura, cara =)! Mi auguro che anche questo capitolo ti piaccia anche se lo ammetto, oggi è il mio compleanno, quindi mi sono regalata dei bei momenti con protagonista Crane. Spero non li troverai noiosi ç_ç. Ci sentiamo presto, spero, buona lettura!

Per mhcm: Hello! Eccomi qui, con grande ritardo su questi schermi. Sono felice che la mia storia riesca a sollevarti il morale =) e ti ringrazio moltissimo per i complimenti! Il pairing Nightwing/Spaventapasseri è stato ispirato dalla scena di un fumetto, che ho riprodotto all'interno della storia. Quando Crane gasa il vigilante, e lui riesce a ribellarsi agli effetti del gas. Poi tutto il resto è opera mia. Ancora grazie per il commento, ti lascio alla lettura sperando che anche questo capitolo ti piaccia! A presto spero!

Per Cruciatus est: Hello, nuova lettrice! Sono felice che le mie storie ti abbiano appassionato, nonostante la prima lasciasse chiaramente a desiderare dal punto di vista della forma ^^". Le creazioni di Sycho sono spettacolari, la stimo molto e non smetterò mai di sentirmi onorata del suo voler immortalare momenti delle mie storie. Mi fa piacere che tu gradisca il modo in cui scrivo e soprattutto, come ho scelto di caratterizzare e sviluppare i personaggi. Per quando riguarda l'ingenuità di Harley, non scordare che lei ha avuto anche momenti mortalmente seri nel corso della storia, come quelli in cui si ritrova a parlare con Enigma. Semplicemente lei capisce sempre molto più di quanto lasci trasparire e questo, il Joker lo sa. E' uno dei motivi per cui l'ha scelta come compagna. Ehh, è difficile ritrarre personaggi simili in momenti tanto intimi, soprattutto se di coppia. Non si sa mai cosa è troppo duro, e cosa troppo sdolcinato per loro, ed è il motivo per cui ho tentato di ridurre quanto più possibile il sesso nelle mie storie o almeno, descriverlo in maniera più velata, meno crudo e più sensuale. Per quando riguarda Harvey e Jonathan, beh ovvio che mi siano usciti meglio, sono la mia coppia preferita in assoluto .__. ci spendo tantissimo tempo ad immaginarli e mi riesce di certo più semplice.
Se tu non ami troppo lo slash allora, tanto più è un complimento per me! Ti ringrazio.
Mah per lo sperarci, io non posso dirti nulla senza rovinare il finale ed il seguito purtroppo é_è (e sì, ne ho in cantiere un altro). Ora ti lascio alla lettura, sperando che questo capitolo ti piaccia quanto gli altri! A presto, spero!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
  
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