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Autore: tonks17    26/08/2010    4 recensioni
Torno qui con una piccola storia che parla di Sirius :D "E in quella casa c’era tutto. Dal seminterrato all’ultimo piano c’era tutto il suo inferno. Grande e soffocante. Ma poi c’era anche un piccolo paradiso, nascosto nel buio."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inferno e Paradiso

 

-Ok, ci vediamo domani! Grazie per essere passato…-
Lupin uscì da Grimmaud Place e si fermò sull’ultimo gradino della piccola scalinata. Stette fermo qualche secondo poi si girò ancora verso l’amico.
-Sirius… mi dispiace che tu debba stare rinchiuso qui, però per favore… non fare stupidaggini. Non uscire. Fallo per l’Ordine. Fallo per Harry.-
Remus, nonostante i numerosi anni che aveva passato lontano dall’amico, sapeva bene com’era fatto. Sirius non poteva rimanere chiuso in casa, in quella casa, sapendo che fuori c’era una guerra da combattere. Era come se la sua coscienza glielo impedisse. -Sta tranquillo Remus… me ne starò qui a marcire senza opporre resistenza-rispose un po’ scocciato. Quelli erano i ruoli. Lui doveva fare il ribelle, Remus il saggio che da consigli. Quelli erano i ruoli perché quelli erano sempre stati, perché erano perfetti per loro. Gli andavano bene così.
Remus lo guardò negli occhi, poi si girò verso la piazza per osservare una donna che camminava sotto la pioggia, tenendo per mano la figlia piccola.
-Ok… allora io vado. Buona continuazione e… a presto Sirius-
Dopo di che si smaterializzò.
Sirius guardò il punto in cui era sparito l’amico e sospirò. Perché? Perché proprio lui, lui che faceva parte dei Malandrini, lui che ad Hogwarts era uno tra i più richiesti dalle ragazze, lui che era un Black (niente di cui si vantasse, a dire il vero), lui, Sirius Black, era rinchiuso in casa dei genitori senza potersi muovere? Non era giusto. Lui era una persona viva! Per di più era già stato rinchiuso per dodici anni in un posto peggiore di quello, per qualcosa che non aveva fatto. Non era giusto, per niente.
Sospirò di nuovo e rientrò in casa chiudendo la porta con tutti i suoi chiavistelli rumorosi.
-Kreacher!- chiamò, giusto perché non aveva niente da fare e rompere a quel mostro di elfo era l’unico modo per passare il tempo nella noia di quella casa tetra.
L’elfo comparve a pochi centimetri da lui. Il panno “bianco” che lo copriva era lacerato in più punti e ormai era di un colorito più tendente al nero che al grigio. I peli che gli uscivano dalle orecchie erano giallastri, tutti impastati tra di loro. I lunghi piedi si schiacciavano l’un l’altro, in un gesto forse di paura, forse di ribrezzo. L’espressione del muso era indubbiamente schifata.
-Mi ha chiamato… padrone?- chiese il piccolo esserino, sottolineando la parola “padrone”. Odiava chiamarlo in quel modo. Lui non era il suo padrone.

-Sì- non sapeva nemmeno cosa ordinargli… -Vai in cucina!-

-Subito… padrone..- rispose infastidito l’elfo, allontanandosi verso le scale che portavano in cucina strisciando i piedi e borbottando maledizioni.

Sirius intanto pensava. Non faceva altro da quando era lì. Non poteva fare altro.

Copiando Kreacher si diresse verso le scale strascicando i piedi e cominciò a salire.

Gradino dopo gradino vedeva quella casa che tanto odiava farsi più scura. Nonostante abitasse lì da così tanto tempo gli faceva ancora paura. Ricordava tutte le volte che era stato punito in quelle stanze, che aveva sofferto, anche fisicamente, per colpa dei suoi genitori. Ricordava le litigate, le urla, i pianti nascosti, le fughe in camera, gli scherzi fatti per ripicca… gradino dopo gradino vedeva passare davanti agli occhi tutta la sua vita. Prima di Hogwarts, piccolo e indifeso, contro quelle persone che avrebbero dovuto proteggerlo e che invece lo facevano stare peggio. Il suo inferno personale.

E poi durante la scuola, quando finalmente aveva trovato una famiglia, una famiglia vera. Quando era davvero felice. Quando gli sembrava di essere in Paradiso.

Infine dopo Hogwarts. Gli anni d’oro, indimenticabili, che purtroppo erano finiti troppo in fretta catapultandolo in una realtà diversa, più simile all’inferno che al mondo reale. Quanti inferni aveva avuto? Non era giusto che una persona sopportasse tanto schifo nella propria vita. E in quella casa c’era tutto. Dal seminterrato all’ultimo piano c’era tutto il suo inferno. Grande e soffocante. Ma poi c’era anche un piccolo paradiso, nascosto nel buio.

Salì un’altra rampa e si trovò davanti alla camera di suo fratello Regulus. Reg. Quanto gli aveva voluto bene. Era stata la sua ancora di salvezza per tutti quegli undici anni. E’ vero, era il fratello più piccolo, di conseguenza il rompi scatole che ti ruba i giochi e che ti prende in giro. Però era il suo fratellino, e lui gli voleva bene. Sorrise davanti al cartello che diceva “Non entrare senza di permesso di Regulus Arcturus Black”. Si ricordava ancora quando l’aveva appeso. Non era più il suo Regulus, era diventato un’altra persona, dopo Hogwarts. Dopo i Serpeverde. E non era nemmeno più stato la sua ancora di salvezza. Era diventato come tutti gli altri. Uno schifoso Purosangue razzista.

Invece Sirius era stato più fortunato.

Salì gli ultimi gradini che portavano alla sua stanza e respirò forte prima di entrare. Quello era il suo piccolo paradiso nascosto nel buio. Lì si rifugiava da quando aveva 5 anni. Non pensava che gli sarebbe servito ancora, dopo tutti quegli anni. Appoggiò la mano sulla maniglia e girando il pomello la fece scattare. Il suono della maniglia rimbombò per la tromba delle scale, come per ricordargli che lì, da quel pianerottolo in poi, c’era ancora il suo inferno ad aspettarlo.

Con un verso di stizza aprì la porta e subito una colata di colori caldi lo accolse. Amava quei colori. Rosso e oro. Si guardò intorno come era solito fare quando entrava lì dentro, come per verificare che ogni cosa fosse al suo posto. Tutto era in ordine, come sempre. Nessuno entrava mai lì dentro. Nessuno ci era mai entrato.

Andò verso il suo letto e ci si stese. Sul comodino c’era una foto, decisamente la sua preferita. I soggetti erano due ragazzi giovani e allegri, spettinati e bellissimi. Il suo migliore amico. Ogni volta che guardava quella foto un moto di felicità e tristezza gli attanagliava lo stomaco. Non sarebbe dovuta andare così. E ciò che lo faceva sentire ancora peggio era quel senso di impotenza davanti a tutto. Non poteva parlare con James, non poteva vederlo, non poteva fare niente per l’Ordine, non poteva quindi fare niente per Harry, non poteva uscire di casa… non poteva fare niente. Si sentiva addirittura in colpa guardando quella foto, perché James non l’avrebbe voluto vedere così. Era come fare un torto a lui, starsene chiuso in casa, inutile. Lui era l’opposto di ciò che stava facendo adesso.

La faccia di James gli sorrideva ancora da dietro il vetro sottile quando Sirius sbuffò. Riappoggiò la cornice sul comodino e andò a stendersi sul letto. Proprio di fianco alla sua testa invece c’erano i Malandrini. Oh sì… loro erano vivi. Non si riconosceva più. Lì, in quella foto tutto era perfetto. Non si era mai più sentito bene come negli anni ad Hogwarts. Non era mai più stato così felice. Chissà, magari un giorno…magari sarebbe potuto essere felice. Non quanto in quei momenti, con i suoi amici, con James. Però… qualcosa gli diceva che la sua vita ormai l’aveva vissuta e che sarebbe dovuto rimanere lì, per il resto dei suoi giorni. Sbuffò e chiuse gli occhi appoggiando la testa al cuscino.

Vedeva James, Remus, Harry, Lily… tutte le persone che aveva amato. Ora erano tutte o morte, o in pericolo di vita. La guerra faceva proprio schifo!

Sbuffò ancora una volta, e aprì gli occhi. Doveva fare qualcosa per salvare la sua vita, e ora l’unica cosa che poteva fare era stare con Harry. Andò alla finestra e osservò il cielo grigio di Londra. Grosse gocce scendevano pesantemente. Ottobre era sempre così. Poi iniziava la neve. Però a Sirius piaceva la pioggia, gli metteva tranquillità.

Gli era venuta voglia di parlare con Harry. Non sapeva ancora come fare esattamente, però era sicuro che un modo l’avrebbe trovato. Si girò verso la stanza e  ne ritrovò i suoi colori. Era tempo di tornare alla realtà. Non gli faceva bene rimanere per troppo tempo dentro quella bolla di sapone. E poi aveva fame.

Andò verso la porta e la aprì frettolosamente. Uscendo si lasciò alle spalle il suo piccolo Paradiso, per tornare all’Inferno.

 

 

Angolo dell’autrice.

**

Che bello tornare qui da voi ** Non pensavo che ci sarei riuscita. E effettivamente, questa storia fa davvero schifo, quindi in realtà non ci sono riuscita davvero XD Il problema è che devo ricominciare a scrivere, quindi le prime cose saranno un po’ come le prime prime XD Bè comunque, sono tornata. Sono tornata davvero ** Giuro che ora mi impegnerò seriamente a scrivere, perché scrivere mi fa stare bene.

Ok, basta parlare di me. La storia è ambientata al quinto anno. Non so  perché l’abbia scritta XD Forse avevo voglia di parlare di Sirius  ♥ Spero che vi sia piaciuta più di quanto sia piaciuta a me. Ditemi qualcosa XD!  Bene, posso andarmene ora. Grazie per aver letto :D

Vale

  
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