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Autore: Onlyna    26/08/2010    8 recensioni
“E la malinconia mi avvolse, e mi sentii gelare di nuovo per il sentimento dell'irreparabile. E capii che non potevo sopportare l'idea di non sentire più quel riso.”
Dedico questa shot a Ice_DP, perché prima del nick è una ragazza splendida, e sono davvero felice che sia mia sorella :D
Fic classificata prima a pari merito allo Smoking Slash Contest di PurpleMally **
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Our last night

Guardavo, alla luce della luna, quella fronte pallida, quegli occhi chiusi, quelle ciocche di capelli che tremavano1 al mio tocco. E non riuscivo a non sentirmi malinconico.
Quella era la nostra ultima notte a Hogwarts, l'anno successivo non saremo tornati. Avevamo i nostri M.A.G.O., avremo dovuto trovare un lavoro rispettabile, trovare una ragazza dolce ed affettuosa, sposarci ed avere tanti marmocchi urlanti.
«A che pensi Sirius?» mi domandò il ragazzo che osservavo, sollevando piano le palpebre e mostrandomi le sue calde iridi ambrate. Quanto mi sarebbero mancati i suoi occhi.
«Al fatto che da domani i Malandrini non esisteranno più» risposi, allungando la mano fino a sfiorargli la pelle chiara del viso «Che dovremo diventare persone normali, trovare un lavoro e mettere su famiglia».
Ridacchiò, cercando un contatto maggiore con la pelle del mio palmo.
«Immagino che sia quest'ultima cosa quella che ti spaventa di più, vero?» domandò, con un sorrisino divertito sul volto.
«Figurati se l'idea di avere una famiglia mi spaventa; tzè» mentii, pochi attimi prima che la sua figura esile si sollevasse dal divano dov'era coricato, nella nostra Sala Comune, e si avvicinasse pericolosamente al mio viso.
«Non hai mai saputo fingere, Sirius. O almeno non hai mai saputo fingere con me» fece con un sorrisetto maligno sul volto d'angelo, prima di sporgersi ancora un poco e unire le sue labbra alle mie.
Non resistetti più di qualche secondo.
Le sue labbra erano la mia droga. Da quando le avevo assaggiate la prima volta, poco più di due anni prima, non avevo più potuto farne a meno. La loro naturale dolcezza, la morbidezza del loro tocco, il lieve suono che facevano sfregando contro le mie erano diventati indispensabili per la mia vita. Nulla poteva cambiarlo.
Socchiusi la bocca, sfiorando con la punta della lingua il profilo della sua; presto quello che era nato come un casto e scherzoso sfiorarsi di labbra e lingue si era trasformato in un famelico e bramoso bacio. Lo feci scivolare nuovamente con la schiena sul divano, mentre continuavamo a tenere occupate le nostre bocche; le mie mani presero a percorrere delicatamente il suo corpo gracile, coperto dalla divisa nera di Hogwarts.
Quando ci separammo, lo sentii ridere.
E la malinconia mi avvolse, e mi sentii gelare di nuovo per il sentimento dell'irreparabile. E capii che non potevo sopportare l'idea di non sentire più quel riso
2.
«Remus» sospirai, accoccolandomi contro di lui, affondando il volto nell'incavo tra il suo collo e la spalla «Ridi ancora, Remus. Per me».
Ma lui non lo fece; si limitò a sorridere dolcemente, accarezzandomi i capelli con una mano e inspirando lentamente il loro profumo.
Ero davvero triste. Non potevo sopportare l'idea di perderlo. Né quella di perdere James e Peter. Ma lui, indubbiamente, era il più importante.

Non riuscivo a credere che dì lì a poche ore tutto quello che avevamo sarebbe scomparso, svanito insieme al nostro gruppo.
I Malandrini si sarebbero sciolti, James avrebbe sposato Lily Evans, Peter sarebbe tornato dai suoi genitori.
E noi due? Cosa avevamo noi due, fuori dalle mura del castello?
Nulla.
Remus era orfano, io come se lo fossi.
«Non è finita, Sirius» mormorò dolcemente, costringendomi ad alzare il viso e far incrociare i nostri occhi «Rimarremo sempre i Malandrini; e riusciremo a stare insieme».
Poi mi baciò di nuovo, ma stavolta fu diverso; c'era amore, c'era passione, ma soprattutto c'era speranza, in quel tocco così intenso di labbra.
«Sirius» bisbigliò quando ci separammo per prendere fiato, fissando i suoi occhi nei miei «Fai l'amore con me, Sirius» fece, prima di tornare ad impossessarsi delle mie labbra.
Sentii le sue mani fredde e delicate scivolare sotto la maglia della mia divisa, superare l'ostacolo della camicia bianca che indossavo e sfiorare il mio petto glabro con le punte delle dita.
Un sospiro fuoriuscì, incontrollato, dalla mia bocca schiusa, facendolo sorridere.
Avevo bisogno di sentire la sua pelle contro la mia. Era indispensabile.
Sciolsi il bacio, prima di afferrare il mio maglione dai bordi inferiori e tirarlo verso l'altro, sfilandolo dalla testa. Poi presi, lento e languido, a togliere i bottoni della camicia dalle asole, mostrandogli poco a poco fette sempre più ampie di pelle pallida, che lui non si fece problemi a sfiorare con i propri polpastrelli.
Remus sollevò il busto, arrivando quasi alla mia altezza, e prese a baciarmi il petto, partendo dalla spalla sinistra. Sfiorò il mio collo con le labbra, lo mordicchiò un poco, e cominciò a scendere.
Ormai la mia bella camicia bianca non era che uno straccio gettato sulla poltrona accanto al nostro divano, dove già avevamo posato i nostri mantelli scuri.
«Sirius» mormorò il ragazzo, cingendomi il collo con le braccia e trascinandomi nuovamente contro di lui, sdraiati «Sei bellissimo».
Lo disse con una dolcezza e con una malinconia che mi fece quasi commuovere; il mio tenero, piccolo Remus. Non resistetti e lo baciai ancora, ancora e ancora, e intanto gli sfilai la camicia e presi ad accarezzare il suo piacere da sopra i pantaloni.
Gemette, inarcandosi un poco, quando scesi a torturare il suo petto magro, glabro e ricoperto di cicatrici; mi soffermai su ciascuna, sfiorando con la punta della lingua ogni segno biancastro, senza riuscire a trattenermi.
Sapevo che Remus odiava quella parte di se stesso, che gli sfregi che segnavano ogni parte del suo corpo gli ricordavano solo la bestia che c'era in lui. E si odiava perché non era un ragazzo normale, odiava se stesso ed il lupo, non riusciva ad accettarsi.
Ma io lo amavo. Amavo il ragazzo dal cuore d'oro e la sorte avversa, amavo i suoi occhi, amavo le sue labbra, amavo il suo corpo, amavo le sue cicatrici, amavo il licantropo che c'era in lui.
Non c'era nulla, di Remus Lupin, che non amassi. E lui questo lo sapeva.

Quella notte, la nostra ultima notte a Hogwarts, facemmo l'amore con rassegnazione e malinconia e rabbia e forza. Con la paura di non poter più stare insieme, perché due ragazzi innamorati non sono visti di buon occhio, con la paura che il sentimento che ci aveva uniti per quasi tre anni smettesse di ardere nei nostri cuori.

«Sirius».
Un sussurro accanto al suo viso lo svegliò dai suoi pensieri. Si voltò quel poco che serviva per incrociare lo sguardo con il suo interlocutore. Argento nell'ambra.
«Cosa c'è?» chiese, alzando una mano e sfiorandogli il volto. Non ricevette risposta.
Si accese una sigaretta, e Remus pian piano svanì nel fumo che fuoriusciva dalle sue labbra.
I dodici anni ad Azkaban lo avevano cambiato; aveva rischiato più di una volta di impazzire, a causa dei Dissennatori, aveva cominciato ad avere le allucinazioni. E poco più di un anno di latitanza non aveva certo cambiato le cose.
Sorrise, Sirius Black, aspirando altro fumo dal cilindretto di carta che teneva tra le dita scarne. Aspettava soltanto il momento giusto, per uscire allo scoperto.
E quando gettò a terra il mozzicone della sigaretta, pestandolo con la suola consumata di quelle scarpe troppo grandi, udì la sua dolce risata, e seppe che presto si sarebbero rincontrati.

The end

*

1. Citazione da “Il Piccolo Principe”
2. Citazione da “Il Piccolo Principe”

   
 
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