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Autore: SpaceDementia    26/08/2010    3 recensioni
Chiuse gli occhi, un momento. E lo rivide. Rivide i dolci lineamenti del suo viso, la passione e la tenerezza nei suoi occhi, l’abbraccio invisibile che essi sapevano darle, le labbra rosee e sottili che cercavano, in notti silenziose, le sue.
(..) «A domani. E vedi di prendere tutto questa volta. Non ti voglio ancora in crisi per aver lasciato a casa i tuoi fumetti.» disse Gerard mentre Frank si avviava lungo il vialetto.
Sorrise. «Tranquillo». Ora che la casa è vuota, non posso dimenticare nulla,avrebbe voluto aggiungere. Ma non lo fece.
Entrò in auto. Con le chiavi in mano, non accese subito il motore. Attese, per attimi che gli parvero interminabili, che gocce salate gli rigassero il viso. Ma non successe. Oramai, Frank Iero, aveva pianto tutte le sue lacrime. (..)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wake up,
look me in the eyes again.
I need to feel your hand upon my face.
I think I might have inhaled you,
I could feel you behind my eyes.
You've gotten into my bloodstream,
I could feel you floating in me.

 

1.
Frank

 

 

La vita di Frank Iero era di certo stata migliore, negli anni precedenti a quella primavera 2007.
La sua vita non era di certo stata sempre rose e fiori, ma in quel momento non ricordava di essersi sentito così solo. Essa era inevitabilmente cambiata, la sua quotidianità, le sue sicurezze erano venute a mancare. Ogni giorno lottava contro l’impeto di abbandonare tutto e tutti, di rifugiarsi in una baita in montagna e di trascorrere lì il più tempo possibile, come per purificarsi. Ma non poteva, era vincolato. Non poteva deluderli, in fondo, loro non erano solo compagni di lavoro, erano una seconda famiglia. Colore che, nonostante tutto, gli davano motivo per sorridere al mattino e di sfuggire ai pensieri negativi del tardo pomeriggio, ma non potevano sottrarlo alla sofferenza e alla solitudine della sera, in quel momento di dormiveglia in cui sei fra il mondo reale e l’incoscienza. Anche se cercava di non pensare a lei, a Jamia, non ci riusciva. Più s’imponeva di non pensarci, di allontanare il suo ricordo, esso vi si stagliava alla mente, al cuore con più potenza ed ardore, disarmandolo.
In quel momento, seduto sul divano di casa Way, mentre fissava gli alberi al di fuori della finestra, attraverso il vetro ben pulito, cercava di non pensare al costante senso di vuoto e smarrimento che provava da quattro mesi, da quando Jamia… aveva abbandonato casa sua.
«Tieni.» disse Gerard porgendogli una tazza di caffè fumante.
Frank alzò lo sguardo ed abbozzò un sorriso. «Grazie.» mormorò prima di avvicinarsi la tazza alle labbra.
«Ti stai perdendo Ray che fa i pancake a Mikey.» disse in un risolino l’amico.
«Scena epocale.»
«Già… Mikey non fa che dargli suggerimenti e Ray, lo conosci, non fa che arrabbiarsi per questo. ‘Li so fare i pancake, Mikey’, dice.»
«E scommetto che Bob ride.» disse sorridendo.
Gerard annuì. «E mangia biscotti.»
Frank rise.
«Dai, vieni in cucina. E’ grande, ci entriamo tutti, sai?»
Il ragazzo sospirò, bevendo una lunga sorsata di caffè. «Arrivo, fra un attimo.»
«Non ti fa bene rimanere qui, solo. Lo sai.» aggiunse. Per quanto Gerard si sforzasse, non riusciva a coinvolgere Frank come avrebbe voluto.
«Lo so.» rispose. Esitò un attimo, indeciso sul da farsi, prima di sospirare e alzarsi dal divano in tessuto blu. «Vengo solo se mi offri una sigaretta.» sorrise.
Un angolo della bocca di Gerard si sollevò verso l’alto. «Oh, Frank, se vuoi ti regalo il pacchetto.»


Entrati in cucina, Frank non poté fare a meno di lasciarsi andare in una grossa risata.
Ray indossava un grembiule da cucina rosso, con pecorelle stilizzate nere. Aveva il viso, le mani ed i capelli imbrattati di farina e pastella, e non faceva che imprecare contro i pancake. Mikey, seduto sul tavolo, con le caviglie incrociate, punzecchiava l’amico, irritandolo. Rideva di gusto, quando Ray si voltava a fulminarlo con lo sguardo, la fronte e una guancia ricoperti da gocce color crema. Bob, appoggiato al banco della grande cucina in legno scuro, osservava la scena sorridendo e mangiando biscotti direttamente dello scatolo.
Quando sentirono Frank ridere, alzarono tutti lo sguardo. Gentilezza e tenerezza dominava i loro occhi.
Dopo un breve attimo di silenzio, fu Ray a parlare. «Frank, per cortesia, spiega a Mikey che i miei pancake sono i migliori al mondo.»
Mikey roteò gli occhi.
«Oh, sì, certo. I migliori.» sorrise Frank.
«Io ho i miei dubbi. Metti una cuffietta, Toro, non voglio trovare tuoi capelli nell’impasto.»
Ray si voltò a fulminare Mikey con lo sguardo. «Non perdo capelli, io.»
Bob schiocco la lingua, prima di fischiare. «Colpo basso.» tossì.
Ray rise sommessamente, mentre Mikey lo guardava in cagnesco. «Ah, ah. Divertente.»
«Lo so, sono uno spasso.» ridacchiò.
Frank gli osservò sulla soglia, mentre beveva il suo caffè. Gerard si allontanò, scuotendo il capo, divertito da quella scena così familiare.  Quando tornò gli porse il pacchetto, dal quale Frank estrasse una sigaretta. Se la portò alle labbra e Gerard gliel’accese.
«Grazie.» mormorò tenendola stretta fra le labbra.
«Niente.» sorrise l’amico.
Frank avanzò nella stanza chiedendosi cosa avesse fatto nella vita per meritare amici come loro.
Aspirò del fumo dalla sigaretta e, quando lo espirò, si alzò in una spirale nell’aria satura dell’odore di zucchero e uova.
«Ehi, io ci voglio la panna montata col caramello.» disse Bob, intromettendosi nel disperato scambio di battute fra Mikey e Ray.
Frank avanzò, sedendosi su una sedia.
Ray si voltò, stizzito. «Lavora, Bob. Desideri ardentemente la panna? Bene, montala tu. Non ho mille mai, sai?»
Bob fece una smorfia. «Siamo suscettibili, eh?»
«Oh, beh, Robert… prova tu a cucinare con un arpia che ti fa pressioni!» sbottò guardando ancora una volta Mikey in cagnesco.
Il ragazzo sgranò gli occhi e spalancò la bocca. «Ehi, attento a come parli, Bombolina.» sibilò.
Frank, che osserva la scena con l’ombra di un sorriso sul viso, scosse il capo. «Okay, okay. La monto io la panna.» disse alzandosi.
«No!» gridarono all’unisono i tre. Frank, sorpreso, si bloccò, guardandoli con espressione scioccata.
«Prego?» chiese, incredulo.
Erano ben conosciute le scarse doti culinarie di Frank e della sua poca delicatezza con gli arnesi da cucina. Qualche settimana prima, Frank aveva tentato di montare della panna, con risultati disastrosi. Gocce e schizzi di panna aveva colpito in pieno viso Mikey e Bob… e parte dei pensili della cucina dell’ultimo. Ovviamente a ripulire tutto fu Gerard, sfruttato crudelmente dagli amici.  Quel ricordo era ancora vivo nelle loro giovani menti.
«La monto io la panna, Frank.» disse Mikey alzandosi e poggiando una mano sulla spalla dell’amico. Frank, stizzito ed irritato, se la scrollò.
«E’ successo solo una volta. Non è detto che schizzi ancora panna ovunque.» borbottò spegnendo la sigaretta nel posacenere.
Bob fece un risolino. «Su, Frank. Sai, dovresti seguire il mio esempio.» disse portandosi in bocca un altro biscotto.
Mikey si voltò a guardarlo, mentre apriva il frigo. «Certo, Frank, dovresti seguire il suo esempio. Dovresti sederti e mangiare fino a scoppiare, mentre noi sgobbiamo per sfamarvi.»
Frank rise sommessamente, scuotendo il capo. Si sedette sul tavolo, dove prima era seduto Mikey. «Sono solo pancake.»
«Sì, oggi. Ma domani potrebbe essere rosbif.» ribatté afferrando una ciotola dal pensile più basso.
Ray si voltò e Bob lo guardò inclinando il capo di lato. «Tu non sai cucinare il rosbif.» disse il primo.
«Dettagli, Ray.» lo zittì.
Frank rise ancora. «Monta la panna, Mikey.»
Il ragazzo sbuffò e scosse il capo. «Qui nessuno mi prende sul serio.»
In quel momento in cucina entrò Gerard, spazzolandosi con la mano i capelli umidi. «Io ti prendo sul serio.»
«Che bugiardo.» ridacchiò Ray.
Mikey gli diede un calcio sugli stinchi.
«Ahi!» esclamò quello. «Mi hai fatto male, idiota.»
«Era quello il mio intendo.»
«Non posso farmi una doccia che scoppia il finimondo, qui.»
«Mikey è convinto di poter cucinare del rosbif.» spiegò Frank alzandosi per riporre la tazza nel lavabo.
Gerard, in piedi sulla soglia della cucina, scoppiò in una fragorosa risata. Il fratello si voltò, fulminandolo.
«Io sono sicuro di poter cucinare del rosbif, Gee. Sei mio fratello, dovresti appoggiarmi.»
«Lo faccio… quando dici cose realistiche.»
Mikey borbottò qualcosa d’incomprensibile.
Frank scosse il capo. «Per favore, muovetevi che il mio stomaco non fa che lamentarsi.»
Bob gli allungò il cartone dei biscotti, senza guardarlo in volto, divertito da Mikey e Ray che non facevano che tirarsi gomitate e calci, spargendo pastella ovunque.
Gerard osservò la sua cucina, conscio che sarebbe, ancora una volta, toccato a lui ripulire tutto. In quel momento si maledì di aver dato il permesso di cucinare pancake.
Frank afferrò un biscotto e lo masticò, lentamente. Si voltò a guardare fuori dalla finestra. Le nuvole che si stagliavano sul un cielo cobalto, si muovevano velocemente spostate dal vento.
Sospirò conscio che, nemmeno i suoi amici, erano capaci di distrarlo come avrebbe dovuto.
Con la mente, ancora una volta, tornò al viso della donna che per anni aveva amato.


Un’ora più tardi i cinque ragazzi, seduti sul divano e sulle due poltrone, mangiavano pancake… bevendo latte. Si sentivano come adolescenti, in quel momento. Era strano. Fu come se le loro vite si fossero congelate a quando avevano tredici anni, e mangiavano pancake con dello sciroppo d’acero. Ma non avevo tredici anni, piano si avvicinavano ai trenta. Ora avevano un lavoro, un lavoro che amavano, che li faceva sentire… vivi.
«E’ l’ultima sera che passo in casa mia.» mormorò Gerard lasciandosi andare sul divano, svuotando il suo bicchiere di latte.
Mikey lo sguardo, alzando un sopracciglio. «Non vai in guerra, Gee. Parti solo per un tour.»
«Fa lo stesso.» lo liquidò con un gesto della mano.
«Mi mancherà Christa.» mormorò Ray con sguardo assorto.
«A me mancherà Alicia. E allora? Non vado in guerra.» roteò gli occhi, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«A me mancherà il mio gatto.» fece spallucce Bob, seduto su una delle sue poltrone.
Tutti risero, scuotendo il capo.
Frank non disse nulla, osservò in silenzio i compagni. In realtà, lui era felice di partire, di stare lontano da quella casa oramai vuota. Da quella pressante solitudine che non faceva che opprimerlo, in quelle quattro mura. Ci sarebbe stato lui e la sua chitarra, sui palchi di città mai visitate. Si sarebbe distratto e forse sarebbe riuscito a dimenticare.
Che idea folle, pensò.
Non sarebbe mai riuscito a dimenticare. Come poteva farlo? Le era venuto meno un punto di riferimento, la donna che aveva amato… che amava ancora.
Con occhi velati di tristezza, guardo il suo bicchiere e, ancora mezzo pieno, lo poggiò sul tavolino.
«Io vado, ragazzi.» disse alzandosi.
«Di già?» chiese sbalordito Gerard.
«Sono molto stanco.» mormorò passandosi una mano su viso.
Mikey si morso il labbro inferiore. Ray abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia. Bob guardò verso la finestra. Era come se tutti partecipassero alla malinconia di Frank, come se tutti ne fossero contagiati. Non riuscivano a guardarlo.
Gerard sospirò. «Ti accompagno alla porta.»
Frank salutò gli amici che gli rivolsero caldi sorrisi. Arrivato alla porta, Frank si voltò verso Gerard.
«Mi dispiace.» mormorò.
«Tranquillo.» sorrise.
«Ho bisogno di tempo, Gee.» sussurrò con voce roca.
«Lo so, lo so, Frankie. Ma, per favore, non lasciarti andare, okay? Sono passati quattro mesi e…»
«Non sono sufficienti per cancellare tanti anni, amico.»
«Lo so.»
«Sto bene.»
«Certo, certo.» mormorò Gerard dandogli una spinta amichevole.
«Grazie, di tutto.»
L’altro fece spallucce. «Togliti dai piedi, Frank.» ridacchiò.
Lui scosse il capo e rise. «Ci vediamo domani.»
«A domani. E vedi di prendere tutto questa volta. Non ti voglio ancora in crisi per aver lasciato a casa i tuoi fumetti.» disse Gerard mentre Frank si avviava lungo il vialetto.
Sorrise. «Tranquillo». Ora che la casa è vuota, non posso dimenticare nulla, avrebbe voluto aggiungere. Ma non lo fece.
Entrò in auto. Con le chiavi in mano, non accese subito il motore. Attese, per attimi che gli parvero interminabili, che gocce salate gli rigassero il viso. Ma non successe. Oramai, Frank Iero, aveva pianto tutte le sue lacrime.

 

*

 

LA dreamer: ciao! Prima di tutto, grazie per la recensione. Quando l’ho letta ho cominciato a gongolare. Per me è davvero molto importante. Sono contenta ti sia piaciuto il prologo! Spero di non averti delusa o annoiata. E’ solo un inizio :) Ancora grazie! A presto!
ElfoMikey: Honey! Il tuo parere, è il tuo parere, lo sappiamo. Sono contentissima di sapere che la storia per il momento ti piace.  *-*  Solo tu vedi questi miglioramenti, com’è possibile? Ma sono contenta che tu pensi questo, davvero… mi rende felicissima. Grazie di cuore, Grè. T’amo, alto fino alla luna a grande quanto il mare.
Lady Numb: ciao! Grazie mille per la recensione! Sono contenta di piaccia il prologo. Beh, sì, la storia sarà improntata su un tono piuttosto malinconico, ma non sempre. Ora non posso dirti di più, ma presto capirai. Spero di non averi annoiata con questo capitolo. Grazie ancora per la recensione. A presto!


A voi,
Rò.



  
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