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Autore: Iolyna92    27/08/2010    2 recensioni
Dovrei piangere? Dopotutto, stanno morendo così tante persone…
Riesco a sentire le loro urla, a percepire il loro dolore…
O forse; forse dovrei ridere? Dopotutto, è successo per mano mia…
Questi erano gli unici pensieri che mi passavano per la testa[...](tratto dalla storia)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dovrei piangere? Dopotutto, stanno morendo così tante persone…

Riesco a sentire le loro urla, a percepire il loro dolore…

O forse; forse dovrei ridere? Dopotutto, è successo per mano mia…

 

Questi erano gli unici pensieri che mi passavano per la testa, mentre, tenedo strette al petto le ginocchia, e poggiando la testa su di esse, me ne stavo seduta, sotto la pioggia fredda e battente, sul soffice prato di un’alta collina ad osservare la fine. O il nuovo inizio.

Ero arrivata li da appena un minuto. Un lunghissimo ed eterno minuto. 

Li mi sentivo ed ero al sicuro, così, quando arrivai, non persi tempo e mi buttai a terra in fretta, ancora con il fiatone della corsa… per non perdermi lo spettacolo.

E adesso ero li, ad osservare.

Osservare. Forse l’unica cosa che sono veramente capace di fare.

Osservare, così simile a gurdare, eppure completamente diverso.

Osservare significa saper cogliere ogni dettaglio, assimilarlo e oltrepassare l’evidenza per comprendere cosa esso ci rivela veramente.

Lo facevo da sempre, e forse a causa di questa capacità la mia era stata una vita tremenda…

 

- Mamma, mi vuoi bene?-

- Certo tesoro mio…- rispose la voce calda e materna di quella donna alla voce squillante ed emozionata della bambina.

- E, e non mi lascerai mai vero?- chiese ancora, già entusiasta della risposta ricevuta precedentemente.

- Come potrei fare una cosa del genere…- la rassicurò.

Poi la baciò sulla fronte, come faceva sempre prima di mandarla a dormire.

- E ora dentro il letto, su… -  disse, alzando le coperte, in modo che la bambina vi si ci coricasse sotto con più facilità.

Appena si sistemò rimboccò con tenerezza le morbide coperte.

- Forza tesoro mio, ora dormi… Ci vediamo domani mattina…-

Le diede un altro bacio sulla fronte, e mentre la piccola bimba si girava e chiudeva gli occhi trasportata dal torpore delle coperte e dai pensieri della giornata stancante, la donna spense la luce della stanza, lasciandola protetta dal buio della sua stanza.

 

Una lacrima mi rigò il viso, confusa tra le goccie che cadevano pesanti e grosse dal cielo.

All’improvviso sentii freddo. Un brivido percorse tutta la schiena, e solo allora mi accorsi dei vestiti e dei capelli bagnati e della pioggia pesante che continuava a cadere.

 

- Sei una puttana! E’ questo quello che sei!-

La voce possente di un uomo furioso aveva interrotto il sonno della piccola bimba.

- Roger, calmati ti prego…- la voce calma della mamma provava ad ammansirlo.

- Calmarmi?!? Tu sei matta! Dopo quello che è successo…-

- C’è la bambina che dorme la dentro…- lo interruppe.

Curiosa, si liberò delle coperte pesanti che la tenevano a letto e, quasi correndo si avvicinò alla porta per origliare.

- Non me ne importa niente!- continuò a gridare l’uomo.

- Papà?- si chiese la bambina.

Aprì la porta, entusiasta della scoperta che aveva fatto quella notte. Suo padre era venuto a trovarla! E a sorpresa! E gli avrebbe mostrato che lo aveva scoperto prima del previsto, ma…

 

Adesso piangevo. Forti singhiozzi irrombevano il silenzio che mi circontava, oltre al continuo ritmo della pioggia battente.

Non sopportavo il dolore che continuava a tormentarmi il petto, e neanche i crampi che mi attanagliavano lo stomaco.

Furiosa contro me stessa, per ciò che la mente mi mostrava e il corpo mi faceva, mi alzai di scatto, quasi senza pensarci, ed iniziai ad urlare.

Un urlo di rabbia e dolore, di sofferenza e furia, di vendetta e perdono che neanche io riuscivo a capire.

- Perché lo hai fatto papà, perché lo hai fatto!- continuai, gridando verso il cielo silenzioso e cupo.

Le lacrime continuavano a scorrere senza sosta, mentre aspettavo una risposta dalle nuvole che oscuravano la luce della luna e delle stelle, che rimasi ad osservare.

Nulla. Solo la pioggia mi era di compagnia in quella trementa e gelida serata.

- Perché hai ucciso la mamma e sei scappato via! Perché! Perché non mi hai portato con te! Perché mi hai lasciato qui tra gli sguardi idignati, le voci sparlottiere e le risate fastidiose!- continuaii ad urlare contro il cielo, mentre le braccia, distaccate dalla mente, compivano gesti con velocità impressionante.

Attesi di nuovo una risposta. Volevo una risposta…

Nulla, fu quello che ottenni nuovamente.

- Sappi che se io ho fatto questo…- dissi indicando ciò che poco prima era solo uno spettacolo entusiasmante- è solo per colpa tua! Tua, hai sentito!-

Ma le mie urla non erano le uniche a rompere il silenzio della notte.

Con le lacrime che ancora continuavano a rigarmi il viso e le mani conservate nelle tasche dei pantaloni bagnati, mi voltai a guardare ancora una volta lo spettacolo.

L’intera città in cui ero nata e cresciuta, adesso, bruciava avvolta da alte fiamme, che ondeggiavano eleganti distruggendo ogni cosa.

Osservai per un minuto quella scena.

Un minuto eterno dove la danza del fuoco mi ipnotizzò, con le sue dolci movenze, e poi alzando lo sguardo vidi la risposta tanto desiderata: la pioggia che sempre più forte cadeva sulle fiamme tentando di salvare il disastro.

- Papà… Ormai è troppo tardi per cambiare le cose…- sussurrai a una presenza che solo ora sentii vicino.

E continuando a piangere, con la mia solitudine, ormai eterna migliore amica, diedi le spalle a quello che ormai anche per me era diventato un accapricciante spettacolo, e iniziai a camminare, senza meta, verso a quella che ormai, si sarebbe rivelata una nuova vita.

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