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Autore: Caroline Reem    27/08/2010    0 recensioni
E' un mio racconto un po' vecchiotto, dato anche dal fatto che sono ferma da 10 mesi con carta e penna. Nulla di impegnativo, tanto per passarvi il tempo, e se volete lasciate anche una piccola recensione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le mani che si muovevano lentamente, tagliando la gravità che veniva a mancare, i piedi che sbattevano e si ritraevano per dare velocità e stabilità, in un luogo dove si fluttuava come nei temporali invernali della mente. Piccole bolle uscivano dalla mia bocca, la vista diventava sempre più opaca, i capelli sparpagliati si dimenavano come se volessero fuggire lontano, liberi di muoversi senza ostacoli.

“Quando non hai più ossigeno devi risalire, altrimenti potresti anche sentirti male, nel momento in cui senti una piccola pressione alle tempie significa che devi ritornare a galla, capito?” erano le parole che mia madre mi ripeteva quando eravamo al mare e volevo imitare quelle bestie feroci, senza sentimenti, gli squali. “Ma io voglio stare sotto altrimenti come faccio a sconfiggere gli altri pesci?” un accento di broncio si disegnava sul mio volto, volevo combattere, idealizzare i problemi della realtà in quegli organismi marini ed affrontarli con la forza che mi veniva a mancare sulla terra ferma.

Ora invece mi trovavo a sconfiggere altri problemi, più seri, più pericolosi, più distruttivi di quelli che potevano tormentare una mente da infante. Stava iniziando ad arrivare il male alle tempie, sarei dovuta risalire, invece mi lasciai pervadere da quella sensazione inebriante, troppo confusa per capire che poteva diventare qualcosa di fin troppo azzardato. Poi lentamente dalle mie labbra iniziarono ad uscire bolle sempre più piccole, minuscole, finché più nulla poteva essere liberato, fu allora che persi la cognizione del tempo e della realtà.

Le palpebre bagnate dal cloro avevano cominciato a rallentare il loro battito, gli occhi bruciavano stuzzicati dall’acqua invadente.

Lentamente mi assopii.

“Te devi essere pazza!” udii da lontano come se percepissi le ultime parole di un eco. Una luce abbagliante mi sovrastò, il cuore lacerava il petto bruciante, voglioso di ossigeno.

Poi aprii gli occhi, e vidi lui.

“Stavi per morire” parole irose uscivano dalla sua bocca carnosa. “Volevi fare la fine della mamma?” disse allontanandosi dal mio corpo che stava ricominciando a prendere le redini dei sensi.

Ancora una volta ero stata salvata, voltai il viso verso la piscina, osservai la patina lucente di quel liquido e chiudendo gli occhi ricordai i piccoli organismi marini che mi avevano imprigionata.

  
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