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Autore: Daphne Chasseur    28/08/2010    1 recensioni
Ma intanto, in quel lontano 23 ottobre, eri semplicemente un ragazzo, come me, sotto la pioggia avida di bagnarti. E tu, incurante delle sue gocce senza pudore, con lo sguardo perso e insicuro dall’altra parte della strada.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Seduta su una panchina nei sotterranei della metro di New York.
Aspettavo.
E, i miei pensieri, seguivano oziosi due flussi differenti.
Ammaliata dallo scorrere delle persone, fissavo questo sciame caotico e rumoroso e mi chiedevo dove fosse diretto ogni suo singolo componente. Casa, ufficio, ristorante, strada, negozio, ospedale… e poi?
E intanto io me ne stavo seduta, avvolta nel mio cappotto viola, a osservare lo sciame che non appena usciva dal treno, si diradava in tutte le direzioni.
Assaporavo l’istante silenzioso prima dell’arrivo o dopo la partenza della metropolitana. Adoravo il vento clandestino che si sollevava appena essa riprendeva la corsa o quando stava per arrivare.
Era un venticello carico di aspettative.

Pregustai una nuova, ultima folata.
Il treno arrivò, si fermò, le porte si aprirono.

Il secondo fiotto di pensieri era indirizzato a Shannon.

Avevo tentato di estorcere da Jared, nel modo più discreto possibile, una sua descrizione fisica, ma lui abbozzava sempre un semplice ritratto che io non giudicavo mai sufficiente.
Ma appena scese, seppi che era lui.
Di scatto, mi alzai e mi diressi verso di lui che, apparentemente confuso, guardava a destra e a sinistra, alla ricerca di… me.
“Shannon?” chiesi, per sicurezza, sorridendo timidamente e facendomi più vicina.
I suoi grandi occhi nocciola caddero su di me e subito ricambiò un sorriso dolce e giovane “Jane? E io che ero certo che mi sarei perso!” e rise porgendomi la mano.
La sua stretta fu decisa, ma allo stesso tempo delicata. La definii, rassicurante.
Insieme, ci dirigemmo verso le scale che ci avrebbero portati al freddo e nevoso mondo di sopra, confondendoci tra lo sciame in corsa di cui ora anche io facevo parte.

“Lui non sa…” chiese cauto mentre lo facevo sedere sul divano di casa.
“Niente di niente!” completai io, sicura e fiera di me.
Con un banale pretesto avevo cacciato Jared fuori di casa, così da permettermi di preparare al meglio la sorpresa che io e Shannon avevamo progettato una settimana fa.

Ci eravamo trovati, subito, io e Shannon, senza bisogno di complicate o imbarazzanti spiegazioni.
Lui voleva venire a trascorrere il Natale col fratello e io gli suggerii di venire senza avvertirlo. Sarebbe stato un fantastico regalo.
Così, eccoci qui, Shannon sul divano e io in piedi appoggiata al caldo caminetto a sorridere al pensiero della serata che avevamo davanti.
“Se Jared non fosse all’oscuro di tutto, sono sicuro che mi avrebbe parlato bene di te. Anche troppo bene” mi disse guardandomi fisso negli occhi, come se volesse dire qualcosa di più. Quel nocciola parlava per lui.
Io arrossii, “O forse avrebbe avuto troppe cose da dire…”, ma mentre terminavo la frase, sentii dei passi sulle scale, oltre la porta.
Riconobbi il passo leggero di Jared.
“Mi trovate in camera, se avete bisogno di qualcosa” bisbigliai a Shannon mentre salivo frettolosamente le scale e mi volatilizzavo, concedendo ai due fratelli il  loro momento.

Scesi quando era ormai ora di cena e li trovai dove li avevo lasciati: distesi sul divano, parlavano e ridevano mentre dalla finestra della cucina vedevo la neve cadere abbondante.
Una scena, un momento che meritava d’essere fermato.
Presi la macchina fotografica dal ripiano vicino alla scala e, non vista, scattai una foto.
Allora i due fratelli si accorsero della mia non più silenziosa presenza e si volsero a cercarmi.
Non appena gli occhi di Jared mi trovarono, nascosta dietro alla balaustra, s’alzò dal divano e mi venne incontro, o meglio, mi si gettò addosso in quello che doveva essere un abbraccio.
Quasi lasciai cadere la macchina fotografica, quando le sua braccia mi avvolsero in una morsa stretta, il mio corpo si serrò indolente al suo e il suo volto andò a nascondersi nell’incavo del mio collo; tutto questo mi rapì il fiato in petto.
Passati alcuni secondi, alzò leggermente la testa e mi sussurrò “Grazie” all’orecchio.
In quel momento, la foto che avevo appena scattata uscì dalla macchina e cadde per terra. Jared se ne accorse, allora mi lasciò e si chinò a raccoglierla.
Sorrise, guardandola, come lo avevo visto sorridere poche volte.
Era bellissimo.
In tutto quello scompiglio, di soli trenta secondi, Shannon aveva assistito alla scena da riguardoso spettatore, in silenzio. Con la coda dell’occhio gli avevo dato una sbirciatina, per quanto Jared me lo permettesse, e lo trovai che sorrideva teneramente.
Quando lo stuzzicante profumo dell’arrosto di mia zia, cominciò a salire le scale e a entrare, non invitato, nella stanza, sbottò “Hey, io ho fame!”
Jared si mise la foto in tasca e mi prese per mano.
Ci fiondammo tutti e tre al piano di sotto.


   
 
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