VITE
INCROCIATE
Si ritrovò distesa sul letto occupandolo
in orizzontale, si sorreggeva la testa con una mano mentre guardava l’entrata della
stanza, in attesa. Sbirciò il suo corpo e vide che era completamente nuda.
Insensatamente però, non si sentiva
imbarazzata anzi, era impaziente.
Sentì la porta dell’anticamera aprirsi e
richiudersi subito dopo.
Dei passi si avvicinarono e il suo cuore
accelerò frenetico.
Un sorriso si dipinse sul suo viso
vedendolo entrare.
Lui la ammirò per qualche secondo,
sembrava che non si abituasse mai al suo corpo, e questo la faceva impazzire.
“Sei in ritardo”
Lui fece un mezzo sorriso “Perdonami
Nami, ma gli allenamenti si sono prolungati più del solito” disse iniziando a
togliersi la casacca e i pantaloni.
Ovviamente si riferiva ai suoi allenamenti
di cavaliere.
Ammirò il suo corpo mentre si avvicinava
a lei. Era così bello e muscoloso che avrebbe passato ore a contemplarlo. Il
suo petto poi, era un armonia di curve ben definite, sarebbe stato perfetto senza
la lunga cicatrice che lo percorreva diagonalmente.
Salì sopra di lei avvicinando il viso al
suo.
Lei sorrise accarezzandogli una guancia
“Allora immagino che sarai stanco”
Lui sorrise malandrino “Lo sai che non
sono mai stanco per te, mia Regina”
Gli infilò una mano tra i capelli e attirò
il suo viso al suo.
Lui la baciò ardentemente,
impossessandosi subito della sua bocca. Le sfuggì un gemito sentendo il suo
sapore di alcol sulla lingua. Non si sarebbe mai stancata di lui. Ricambiò il
bacio stringendolo a sé. Quanto avrebbe voluto che fosse sempre suo, invece
doveva aspettare la sera per averlo tutto per sé. Ogni giorno diventava sempre
più difficile cercare di non guardarlo o di non saltargli addosso davanti a
tutti. Ma doveva trattenersi e pazientare fino a quando le tenebre non
scendevano. Solo la notte conosceva il loro segreto, solo durante la notte
potevano amarsi in pace, le tenebre erano le migliori alleate per due amanti.
Lui si staccò leggermente e lei lo
guardò negli occhi, erano tristi.
Corrugò le sopracciglia “Che c’è Zoro?”
Lui le accarezzò una guancia “Scappiamo”
Il cuore delle ragazza perse qualche
battito “C-come?”
“Non ce la faccio più Nami, io voglio che tu sia soltanto mia” le sussurrò
baciandole la mandibola “Fuggiamo lontano, io ti sposerò e avremo 10 figli”
disse mentre i baci di spostavano sul collo.
Lei ridacchiò “10?”
Lui si fermò e la guardò con un sopracciglio alzato “Non ti bastano?”
Lei sorrise “Certo che sì”
La baciò dolcemente, appoggiando le
labbra sulle sue.
“Vuoi fuggire con me?”
Lo guardò negli occhi e gli accarezzò
una guancia “È la cosa che desiderò di più al mondo, lo sai” sorrise amara “Ma
il Re ci darebbe la caccia”
Lui grugnì “Perché sei sua e non mia?”
Gli diede un bacio sulla guancia “Ma io
sono tua Zoro, lo sono sempre stata” gli sussurrò all’orecchio “Avrei solo voluto
ritrovarti prima”
Lui strusciò il naso contro la sua
guancia “In una di queste vite sarai mia, lo giuro, ti cercherò per sempre”
Il quel momento un rumore di passi li
fece girare.
Qualcuno bussò forte alla porta “Donna!!
Apri immediatamente!”
Scattò in piedi mentre il cuore iniziava
a martellare forte nel petto “Il Re” soffiò.
Guardò disperata Zoro, non voleva che
lui morisse, non un’altra volta.
“Scappa! Scappa presto!”
“Vieni con me!” esclamò lui.
Stava per dirgli di sì, ma un forte
schiantò la fece congelare sul posto. Avevano buttato giù la porta. Zoro si
mise protettivo davanti a lei.
Suo maritò entrò nella stanza e la
trapassò con il suo sguardo infuocato.
“Puttana” disse con rabbia.
Il suo sguardo si fermò su Zoro
“Giustiziatelo!” ordinò alle guardie che erano entrate dopo di lui.
“No!!!” urlò lei afferrandolo per un
braccio.
Le guardie la tennero ferma mentre Zoro
veniva trascinato via a forza.
Lui la guardò negli occhi “Ti cercherò
per sempre! Lo giuro!”
Le urlò mentre scompariva.
Delle lacrime le rigarono il viso
“Zoro!!” urlò disperata.
“Zoro!!”
Si svegliò di soprassalto madida di
sudore. Si guardò intorno riconoscendo la sua stanza.
Fece un respiro profondo cercando di
calmare il suo cuore impazzito. Si distese di nuovo sul letto asciugandosi la
fronte imperlata con il dorso della mano. Guardò la sveglia, segnava le 5.14.
Si mise una mano in faccia sospirando
profondamente.
Un sogno, anzi, il sogno. Sì, perché da
quando aveva sedici anni faceva sempre lo stesso sogno e ora, ormai, ne aveva
ventidue. Sognava sempre di amare quell’uomo, quell’uomo che alla mattina aveva
un volto sfocato e non ben definito. Ricordava solo i suoi occhi neri e i suoi
capelli verdi. Quell’uomo che la chiamava con un nome che non era il suo, lei
si chiamava Jolene, non Nami. Il sogno era sempre più o meno lo stesso,
cambiava solo il luogo e l’epoca. Sognava di amarlo nell’Egitto dei Faraoni,
nella Grecia di Socrate, nella Roma di Cesare, nella Francia di Napoleone, le
mancava giusto all’appello la Britannia di Artù.
Quando aveva raccontato i sogni a sua
madre lei si era preoccupata tantissimo e aveva iniziato a portarla da ogni sorta
di psicologo, ma nessuno era mai riuscito a liberarla dai suoi sogni. Sua madre
aveva tentato anche con una veggente. La zingara aveva detto che i sogni erano
visioni delle vite passate e che l’uomo era la sua anima gemella, che per
sempre l’avrebbe cercata. A quel punto Jolene, che non credeva assolutamente a
quelle cavolate, si era stufata e aveva mentito a sua madre dicendole che i
sogni erano cessati.
Si alzò e andò in bagno. Aprì il
rubinetto della doccia mentre si toglieva di dosso il pigiama appiccicaticcio. Lo
gettò nel cesto della biancheria sporca e si infilò sotto il getto caldo.
Cercò di rilassarsi, sperando che il
terrore che le aveva afferrato il cuore scivolasse via con l’acqua.
Quei sogni diventavano sempre più
frequenti, ormai li faceva quasi ogni notte. Iniziava seriamente a pensare di
essere pazza. Rimase sotto la doccia a lungo, sperando di dimenticare quel
sogno così vivido. Perché, nonostante tutto, sentiva un amore immenso nel suo
cuore, un amore che apparteneva a quell’uomo con il viso sfocato. Quando uscì
dalla doccia era ora di andare al lavoro. Lavorava come architetto in uno
studio molto conosciuto della città. Il suo lavoro le piaceva, ma nella sua
vita le era sempre mancato qualcosa, ma non capiva cosa.
Si vestì velocemente e si asciugò i
capelli. Uscì di casa alla solita ora e si diresse alla fermata della metro. Per
strada comprò un caffè da un baldacchino e lo bevve cercando di riscaldare le
membra gelate del freddo pungente che avvolgeva la città.
Scese la scalinata della metro e rimase
in piedi davanti ai binari vuoti, in attesa.
Sospirò, ancora un po’ scombussolata dal
sogno. Si guardò intorno e constato che non c’era molta gente, però un uomo la
stava fissando intensamente.
Sentì dei brividi percorrerle il corpo,
mentre lo stomaco si contorceva senza tregua.
Era uno sconosciuto, ma aveva qualcosa
di familiare.
L’uomo con i capelli verdi si alzò dalla
panchina e si diresse verso di lei continuando a guardarla dritta negli occhi.
Il cuore della ragazza iniziò a battere
forte mentre lui si avvicinava.
Il cervello le diceva di scappare,
poteva essere un malintenzionato, ma il suo cuore… il suo cuore scalpitava,
come se avesse trovato la fonte della sua vita, come se l’avesse riconosciuto.
All’improvviso capì e fu incapace di
muoversi. Lui era l’uomo dei suoi sogni.
Continuò a guardarlo in viso frastornata,
anche quando lui era così vicino da poterlo toccare.
“Ti ho trovata finalmente” la sua voce,
la riconosceva, non c’erano dubbi.
Era lui.
“Zoro” mormorò estasiata dalla sua
bellezza.
Lui sorrise “Sono felice che questa
volta ti ricordi di me, Nami”
Ancora quel nome, senza capire perché lo
sentì come suo. Pensò che stesse ancora sognando, ma tutto era troppo reale perché
fosse un sogno.
Ma come era possibile?
La risposta arrivò come un lampo nella
sua mente.
E se la zingara avesse avuto ragione?
“Ti ho sognato”
Lui alzò una mano e le accarezzò
dolcemente una guancia.
Il cuore della ragazza accelerò ancor
più, sentendo la pelle rinascere e bruciare al tempo stesso sotto il suo tocco.
“Anche io, tante volte amore mio”
Il respirò accelerò vedendo che il suo
viso si stava avvicinando.
Non aveva senso, avrebbe dovuto scappare
da quell’estraneo, ma il suo corpo era attratto da lui come una calamita.
“Sei già di qualcun’altro anche questa
volta?” chiese dolcemente al suo orecchio.
Lei scosse leggermente la testa
accennando un no.
Lui sorrise raggiante “Meglio così”
Poi annullò la poca distanza che c’era
tra le loro bocche e la baciò.
In quell’esatto istante tutte le sue
vite passate le sfilarono davanti agli occhi come un flashback, retrocedendo
alla velocità della luce. Vide con chiarezza tutta la sua esistenza, tutte le agonizzanti
vite passate a cercarlo, senza averlo trovato, tutte le vite in cui aveva
sofferto vedendolo morire o morendo per lui, e anche quelle poche felici vite
che avevano passato interamente insieme. Arrivò al loro primo bacio, in quella
vita lei si chiamava Nami e lui Zoro.
Si sentì completa e perfetta, aveva
finalmente recuperato quel pezzo mancante nella sua vita.
L’avevo trovato, aveva trovato l’altro
pezzo della sua anima.
ANGOLO DI ROGI
So che qualcuno di voi vorrebbe
ammazzarmi, “Hai in ballo due fic e ti metti a scrivere una one-shot??!!”,
ebbene sì scusatemi, chiedo perdono, ma oggi mi è venuta in mente questa idea e
non ho resistito alla tentazione di scriverla. Spero che vi sia piaciuta!!
Mi raccomando lasciatemi qualche
commento!!
Un abbraccio a tutti!!!