Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: elyxyz    29/08/2010    32 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito

Note: il seguente scritto inizia a contenere lievi (e confusi XD) riferimenti slash; più avanti si avrà lo slash più definito.

 

Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

 

Confesso che sono un po’ dispiaciuta per il calo di recensioni di queste ultime settimane, cosa che sinceramente non mi spiego, visto che le letture, i preferiti, i seguiti e da ricordare di questa fic sono in continuo aumento a prescindere dalle assenze per le vacanze.

Un grazie speciale, perciò, a chi continua a commentare con costanza e a chi ha iniziato a farlo. *inchin*

Vorrei dedicarla a quelle persone che hanno recensito il precedente capitolo:

Bilancina92, mindyxx, Tao, Rozalia, Orchidea Rosa, saisai_girl, damis, GiuLy93, Benzina, LaTuM, Yuki Eiri Sensei, _Saruwatari_, Archangel 06, angela90, _ichigo85_, _AZRAEL_, Aleinad, _Mars, miticabenny e bollicina.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo XXIV           

 

 

Erano trascorse quasi due settimane da che Merlin era partito, quando il principe si chiese per la prima volta – la prima, di molte volte – che fine avesse fatto.

Linette, tenendo a bada l’agitazione, gli aveva fatto notare che per raggiungere Ealdor ci volevano due giorni di viaggio e altri due per tornare, e che era normale che lui fosse rimasto con la madre, finché non si fosse ristabilita.

Considerando il discorso ragionevole, Arthur non ne aveva più parlato per un’altra settimana abbondante, quando era tornato alla carica. E Linette gli aveva ripetuto la medesima cosa.

 

Ma, se del ritorno di Merlin non v’era l’ombra, neppure di Ardof c’erano più notizie.

 

Nel frattempo, però, le cose tra il giovane Pendragon e la sua nuova serva si erano in qualche modo assestate.

 

Forse fu merito di quel plateale tuffo nel ruscello – in cui Arthur si era lasciato andare davanti a lei dimenticandosi l’etichetta – oppure dell’avventura che avevano condiviso con Suzanne – figuracce e abluzioni purificatrici comprese –, o semplicemente aiutò lo scorrere dei giorni che passavano, ma in breve tempo l’erede al trono e Lin avevano instaurato una sorta di tacito ‘cameratismo’.

Il che implicava da parte dell’Asino una maggior confidenza e spontaneità, benché un vago senso di protezionismo permanesse nei suoi intenti, nelle parole e nelle azioni.

Il Nobile Somaro adesso non si faceva scrupolo a punzecchiarla, un po’ per sfogare i suoi malumori, un po’ per il semplice gusto di vederla reagire a tono – come sempre faceva quell’irriverente di Merlin, del resto – e Linette non mancava mai di soddisfarlo.

Il principe si sarebbe fatto uccidere, piuttosto che ammetterlo, ma lo intrigava il fatto che lei sapesse tenergli testa e non gli concedesse il tempo di annoiarsi.

 

 

***

 

 

“Quell’armatura era lucidata in modo infimo!” la sgridò un pomeriggio, quando la vide dopo gli allenamenti. “I miei uomini devono prendere esempio da me, e che impressione credi che dia?”

 

“Quella di un cavaliere caduto fra i maiali in un trogolo!” replicò lei, puntellando i pugni nei gomiti. “Mi stavo giusto chiedendo se non vi foste rotolato nel fango, anziché allenarvi!”

 

Linette!” la ammonì, per l’insolenza.

 

“Vi siete rotolato nel fango, Sire?” ripeté ella, calcando con ironia sull’ultima parola di finto ossequio.

 

Linette!” ripeté il nobile, “Meriteresti…

 

“Un bagno caldo, Maestà?” gli suggerì il servo, indicandogli la tinozza fumante.

 

“T-tu cosa?!” grugnì, un’ottava sopra il normale, realizzando una faccia attonita.

 

Lo stregone sorrise, godendo della confusione dell’altro.

“Non per me, Sire. Ma per voi!” gli spiegò, slacciandogli premurosamente i ganci della corazza. “Io adesso lustrerò questa, e voi vi rilasserete…” gli consigliò, con una logica che aveva odore di imbonimento.

Arthur se ne rese conto, ma non trovò nulla di ragionevole da obiettare. In fondo, lei gli aveva appena proposto di fare ognuno il rispettivo compito.

 

“Per caso, desiderate che io massaggi le vostre regali spalle, mentre siete in ammollo?” lo provocò poi, sogghignando in modo mellifluo al paravento, giusto nel momento in cui l’altro stava per immergersi.

 

Linette!” inveì l’aristocratico Babbeo, come se il solo chiamarla fosse bastato ad esprimere il suo rimbrotto.

 

La ragazza si accorse di essere entrata nelle grazie del principe il momento esatto in cui Arthur la rimproverò, per la prima volta, pronunciando Linette con la stessa particolare inflessione di voce con cui diceva Merlin.

Da quel giorno, aveva saputo che il suo periodo di prova era finito, benché nessuno gliel’avesse mai comunicato ufficialmente.

 

 

***

 

 

Certo. Uno dei pochi vantaggi nell’essere donna costituiva, per il mago, una forma di riscatto per i patimenti subìti fino a quel momento.

L’Asino Reale non si sarebbe mai sognato di mandare una fanciulla alla gogna, perciò lo scudiero poteva permettersi di punzecchiarlo a piacimento. A volte, persino, si rendeva conto da sé di aver superato il limite dell’insolenza in modo assai grave. Il punto era che era Arthur a non accorgersene, avendo catalogato quella sua cugina come una versione esacerbata di se stesso, e allora... perché non approfittarne?

 

Di contro, c’erano delle volte, invece, in cui l’erede al trono diventava con la sua serva ancor più pesante di come si comportava con lui.

Anch’egli si divertiva a canzonarla, per la sua scarsa femminilità o per quanto fosse magra da far paura, e poi insisteva nel rimpinzarla ogni sera a cena, controllava che arrivasse a casa di notte, aveva un occhio di riguardo perché non si stancasse mai troppo a caccia, perdeva il tempo a fare il cavalier servente dove non occorreva. Tutte quelle attenzioni, da un lato lo lusingavano e dall’altro lo infastidivano.

 

C’erano cose, un sacco di cose, che Merlin sapeva fare anche ad occhi chiusi, perché il principe gliele aveva inculcate sin dal suo arrivo a Camelot; eppure quella testa di legno si ostinava ora a re-insegnarle a Linette.

E, per quanto si sforzasse, egli non brillava certo in pazienza.

 

Con l’andar delle veglie, lo stregone aveva trovato una sorta compromesso che vezzeggiasse l’ego dell’erede al trono e risparmiasse a lui la fatica. Questo non lo avrebbe dispensato dalle figuracce, ma almeno gli aveva semplificato la vita.

 

Per esempio, un mattino sul tardi, ritornando da un Consiglio di Stato particolarmente barboso, Arthur aveva trovato una Linette fin troppo di buonumore, accovacciata nei suoi appartamenti, intenta ad affilare la lama della sua spada.

 

“Ignoravo che le dame fischiettassero!” le appuntò, ridendo di lei. “Di solito è una prerogativa maschile… a voi donne non piaceva cantare?” l’istigò, divertito nell’imbarazzarla.

 

Merlin divenne paonazzo. “E’ che… che sono terribilmente stonata…” mentì.

 

“Allora evita alle mie sensibilissime orecchie degli sgradevoli rumori!” la minacciò scherzosamente.

 

Lo stregone gli fece la linguaccia, ma distraendosi calcò troppo la pietra sul filo della lama, rischiando si rovinarla. Se ne accorse solo all’ultimo e, convinto che al principe non fosse sfuggito il suo errore, si preparò ad una sonora lavata di capo. E invece il nobile aveva solo sbuffato, accomodandosi al suo fianco seduto per terra.

 

“No, non così.” Le aveva detto, facendosi passare l’arma. “Non viene ben lustrata, se muovi la pietra in questo verso. Il movimento del polso è questo.”

 

Lo scudiero gli cedette più che volentieri il comando dell’operazione, sgranchendosi le dita per la postura forzata.

 

Ormai aveva perso il conto di tutte le volte in cui il suo padrone l’aveva ripreso, per qualcosa di impreciso.  

A seconda dei casi, lui ribatteva a tono oppure semplicemente lo lasciava fare.

 

Aveva guadagnato almeno cinque lucidature complete della corazza in quel modo, senza fatica, con la scusa di farsi insegnare al meglio, per non graffiare il metallo.

E il risultato aveva, senza dubbio, soddisfatto entrambi.

Oltretutto – e Merlin lo sapeva bene –, Arthur non era un uomo incline al filosofare; perciò tenerlo occupato, in attività manuali e gesti meccanici, era per lui una valvola di sfogo non dissimile dalla ripetitività degli allenamenti nell’arena dei combattimenti.

 

Mentre lo contemplava, intento ad affilarsi la spada da solo, tutto convinto che fosse l’ennesima proficua lezione per la sua valletta, il mago si sentì piacevolmente in pace con se stesso e neanche un pochino in colpa.

 

“Guarda che mi accorgo che non stai seguendo…” brontolò l’Asino, allora, richiamando la sua attenzione.

 

“Ma io stavo seguendo!” lo contraddisse il servo, raddrizzando le spalle che aveva rilassato.

 

“Allora, direi che potresti andare nell’Armeria e fare pratica con le altre armi ancora da lucidare e da arrotare…

 

Merlin deglutì.

“Tu-tutte?”

 

“Sì, certo! Potrebbe essere un buon esercizio, visto che il tuo cervello pigro sembra restio ad apprendere la tecnica.

 

Lin chinò il capo, preparandosi mentalmente ai calli sulle mani, ma Arthur, non contento, riprese.

 

“Persino Gwen, che non è tenuta a farlo, sa smerigliare meglio di te!”

 

“Però Guinevere è figlia di…” tentò, come scusante.

 

“Ho ammirato la sua bravura” proseguì il principe, come se lei non avesse aperto bocca “quella volta in cui siamo venuti a difendere Ealdor da quel bandito di-

 

Arthur si zittì di colpo, come preso da un pensiero improvviso e più urgente.

“Ma perché non ti ho visto a Ealdor, quella volta?” la interrogò, perplesso.

 

Merlin vagliò in fretta le possibili risposte.

La prima che gli venne in mente era una scusa un po’ patetica sul fatto che lei c’era e lui non l’aveva notata, troppo preso da altro.

Ma il servitore capiva da sé che non avrebbe minimamente retto come giustificazione.

Se davvero ci fosse stata, suo cugino l’avrebbe protetta durante gli scontri e salutata all’arrivo, l’avrebbe incrociata in più momenti del loro soggiorno e si sarebbe congedato anche da lei prima di partire.

Senza contare che difficilmente Linette era un tipino che passava inosservato, ma di questo doveva incolpare solo se stesso.

 

C’era la variante “Ci hanno presentato di sfuggita, ve lo sarete scordato”, ma anche quell’idea faceva acqua da tutte le parti.

 

E sicuramente lo sguardo in attesa del suo signore non aiutava a concentrarsi. No, neanche un po’.

 

Lo stregone rilasciò un lungo sospirone tremulo.

“Io non vivo a Ealdor, per questo non mi avete veduta.”

 

Arthur ricambiò le sue parole con una lunga occhiata. E il mago riprese a parlare, prima che l’altro potesse fargli altre domande scomode.

 

“E’ stata una pura coincidenza che, qualche settimana fa, mi trovassi lì, in visita da mia… mia zia Hunith e che… sì, beh, ho ritenuto opportuno venire ad avvisare Merlin.”

 

“Giusto. Hai fatto bene.” Ne convenne il nobile, passandole la spada affinché fosse riposta nel suo fodero.

 

Lo scudiero si risollevò da terra ed eseguì senza fiatare.

 

“Hai già lucidato l’armatura?” si sentì chiedere, mentre era oltre il separé.

 

“Sì, Sire.”

 

“Allora vai nelle cucine a prendere due pasti e torna. Ho fame.”

 

Merlin sbucò dal paravento.

“Ma…” Cosa doveva dirgli? Che lo aspettava la sua punizione nell’Armeria? Che non era sera e quella non era una cena? Che...? “Ma non avevamo concordato solo per i pasti serali?” riprese, perché era l’argomento meno spinoso.

 

Tuttavia Arthur sollevò un sopracciglio, contrariato.

“E dove sta scritto?” sbottò. “Se a mezzodì voglio mangiare con la compagnia della mia serva, devo forse chiedere il permesso?”

 

“Oh, no, Sire, ma…” farfugliò la fanciulla, in difficoltà.

 

“Preferivi l’affilatura delle spade?” la provocò. “Bene, allora vai!”

 

Lo stregone sussultò, perché credeva davvero che l’altro se ne fosse dimenticato, poi chinò il capo, annuendo.

Di male in peggio...

 

“Linette?” si sentì chiamare.

 

“Maestà?”

 

“Tu davvero non capisci quando qualcuno si sta burlando di te?” le domandò, cambiando tono e tornando conciliante.

 

Merlin risollevò gli occhi su di lui, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

“Siete voi che siete un pessimo attore! Quel tono così serio sembrava davvero un ordine!

 

“Beh,” sbuffò il principe, alzandosi anche lui dal pavimento per accomodarsi sullo scranno. “Quello del pranzo lo era… era un ordine vero.”

 

“Ah!” soffiò il mago, sentendosi più leggero. Il male minore, no? “Allora provvedo subito.”

 

Brontolando un “Con permesso”, Linette si era eclissata velocemente oltre il portone. Arthur attese che lei fosse scomparsa, poi sorrise alla volta dell’entrata, scuotendo la testa bionda.

 

Lo stregone scese per la scalinata, che conduceva ai piani inferiori, rimboccandosi le gonne.

Ci mancava solo che lui capitombolasse dalla tromba delle scale e si rompesse l’osso del collo, mentre Sua Maestà moriva di fame!, pensò, ironico, prestando particolare attenzione agli scalini infidi. Capriccioso e viziato com’era, chi l’avrebbe mai sopportato, poi?

Il servitore sorrise tra sé, rischiando di mettere un piede in fallo.

Beh, in fondo, mangiare con l’Asino non era poi così terribile come poteva sembrare.

Il cibo era abbondante, caldo e succulento. Ottimo.

E poi compiva anche una duplice buona azione così: saziandosi, faceva contento il suo asinino padrone e sfamava anche Gaius – a volte, infatti, Merlin si privava di una parte delle razioni, conservandola, per poi destinarla al suo anziano mentore che di certo non poteva permettersi pranzi luculliani come quelli delle cucine reali.

 

Senza contare che le chiacchiere a tavola erano tutto sommato piacevoli, benché vagamente monotone. Arthur informava Lin sull’andamento degli allenamenti, sui progressi di questo o quel cavaliere, sulle tecniche da approfondire, di attacco e difesa. Poi spaziava in qualche rimembranza venatoria – con la vana illusione di crederla appassionata all’argomento. Più raramente, il principe accennava a discussioni fatte col padre, a decisioni prese o da prendere, in merito a faccende di governo.

Questo suo riserbo non era una questione di mancanza di fiducia verso di lei. Forse il futuro re credeva che le cose di politica non fossero affari da donne, ma il mago aveva il forte dubbio che la ragione fosse un’altra; si era persuaso che Arthur, parlandone con lei, credesse quasi di violare il vincolo di fiducia che il padre riponeva nel suo erede. In compenso, però, egli non trovava affatto sminuente sommergere la sua valletta di lamentele sulla mentalità paterna. E sugli scontri generazionali e caratteriali che ne conseguivano.

 

In quei casi, Merlin stava zitto, annuiva placido e assorbiva i regali malumori. Il suo Destino era anche quello, condividere il fardello di una reggenza nella lunga strada verso Albion…

 

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3

 

Note: Come vi avevo già anticipato, considero questo capitolo un momento di assestamento tra i nostri eroi. Era inevitabile che certe domande venissero fuori, prima o poi.

Dal prossimo, si ritorna a far penare Merlin; e credo che anche Arthur saprà stupirvi (in tal caso, me lo direte, vero? *.*)

 

Come ho già detto all’interno della fic, Merlin può prendersi qualche piccola soddisfazione che da maschio gli era preclusa. So da me che certe battute sono davvero esageratamente sfrontate, al limite dell’insolenza, ma Merlin non ci mette cattiveria – questo voglio che sia chiaro – molto più semplicemente… sa che Linette non finirà alla gogna, a differenza del suo alter ego maschile.

A volte, è persino civettuolo; ma non è il suo intento e non se ne accorge neppure! XD

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Sono felice che concordiate con me: Arthuria era davvero un pessimo nome! Povera bimba, sarebbe cresciuta complessata! X°D

- Beh, secondo me non è strano che Linette abbia un mentore: è chiaro che, avendo preso il posto di Merlin come valletta reale, lei lo abbia sostituito anche come assistente del medico di corte, da cui deve essere istruita.

- Arthur non ha accantonato Merlin, tutt’altro. In questo capitolo ne abbiamo un assaggio, ma fra qualche postaggio capirete cosa intendo per davvero.

- Morgana arriverà nel prossimo capitolo! ^^

- Ehm… ci terrei a dire che la bimba ha pianto il primo vagito perché Arthur l’ha involontariamente sollevata bruscamente in alto, non perché gliel’ha ordinato urlando! ^__=

- Sono contentissima che il capitolo vi sia piaciuto; quando dite che è il giusto mix di comicità e tenerezza mi riempite di gioia! ^____________^

 

 

Eccovi l’anticipazione del prossimo ma, visto che sapete già che l’argomento su cui verterà sarà il ricamo, vi lascio un pezzetto diverso, della prima parte del capitolo con altro argomento:

 

Arthur si girò, con uno scatto fulmineo, verso la sua valletta e le tappò le orecchie con le mani, perché non potesse udire quei disdicevoli, lussuriosi singulti, ma subito dopo ci ripensò e le coprì gli occhi. “Non è cosa che una signorina possa vedere” brontolò sottovoce e, prima che Merlin potesse protestare o anche solo dire qualcosa, se lo trascinò addosso, di peso, trasportandolo fuori a ritroso.

 

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
Leggi le 32 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: elyxyz