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Autore: Heven Elphas    30/08/2010    6 recensioni
[Seguito di "Is There Noone... Noone... who care?"]
E mi chiedo, sai, se davvero non sei più riuscito a smettere di piangere da quel giorno in cui ti ho lasciato solo…
Vorrei saperlo, Bel, se ad ogni tua dannatissima lacrima è il mio nome che invochi in silenzio, cercando aiuto.
O se il mio nome è solamente quello che urli spaventato negli incubi ad occhi aperti che ormai ti vedo vivere da anni.
Perché ho il dubbio atroce che il tuo costante pianto non sia dovuto alla mia lontananza, ma alla mia presenza nella tua vita.
__La storia di Belial Way (il figlio di Gerard) continua qui, in una clinica nell'Illinois dove sue padre ha deciso di mandarlo perchè riesca finalmente a tornare come un tempo e a smettere di essere quel ragazzo problematico che è. Storia a 4 mani, questa volta con Chemical Lady! Enjoy it!
Genere: Drammatico, Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: My Chemical Romance, Nuovo personaggio, The Used
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘Cause ReVEngE

IMPORTANTE!

Questa storia è il seguito di “Is There Noone… Noone… Who care?”

Quindi per leggerla è quasi necessario aver letto l’altra! ;)

Ma non scoraggiatevi lo stesso se volete iniziarla!

Se vi piace questo capitolo date un sbirciatina all’altra cliccando sul titolo qui sopra…

 

 

 

 

 

‘Cause ReVEngE

Is the SwEeteSt DrUg I’ve ever tasted.

 

Prologue… Prelude To Tragedy

 

 

Gerard Pov

 

Papà… Ho avuto un incubo.” La voce di Belial mi giunge nel sonno, facendomi aprire gli occhi per cercarlo nel buio.

“Bel, cosa…?” Mugugno allungando la mano verso l’abat-jour ed accendendola. Riesco così a vedere il suo volto pallido scavato dalle lacrime.

Mi alzo a sedere e me lo trascino in braccio, stringendolo forte a me per asciugargli le guance e calmarlo.

“Cos’hai sognato?” Alla mia domanda lui si mette a tremare e singhiozzare forte, facendo lamentare Lindsey che dorme al mio fianco.

Vedere Belial piangere in questo modo a volte è talmente desolante che vorrei morire, piuttosto che essere inutile nel non saperlo consolare.

“Mi… Mi lasciavi! Te… Te ne an…andavi via!“ Squittisce nella disperazione, portandosi le mani agli occhi e coprendoseli.

Spalanco le palpebre nel sentire le sue parole, mentre il cuore mi si stringe in una morsa insopportabile.

“No, honey…. Non vado via. Non vado da nessuna parte. Come potrei lasciarti solo, Belial? Come…? Sei la cosa più importante che ho. Io non…”

Solleva il viso per guardarmi, lasciandomi paralizzato e sollevato. In mezzo a quell’afflizione sembra brillare una piccola speranza…

“Era solo un brutto sogno. Fidati, piccolo… Papà è qui. Ci sarà sempre… Non devi piangere.”

Nel dirglielo gli lascio un bacio sulla fronte e lui fa un sorriso che mi fa passare la preoccupazione.

“Se mi lascerai solo, mi sa che non riuscirò più a smettere di piangere, lo sai papi?”

 

Sorridevi, Belial… Come nessun altro sapeva fare in quel periodo.

E mi chiedo, sai, se davvero non sei più  riuscito a smettere di piangere da quel giorno in cui ti ho lasciato solo…

Vorrei saperlo, Bel, se ad ogni tua dannatissima lacrima è il mio nome che invochi in silenzio, cercando aiuto.

O se il mio nome è solamente quello  che urli spaventato negli incubi ad occhi aperti che ormai ti vedo vivere da anni.

Perché ho il dubbio atroce che il tuo costante pianto non sia dovuto alla mia lontananza, ma alla mia presenza nella tua vita.

 

* * *

 

Fin da quando Belial aveva dodici anni crescerlo e conviverci era diventato un Inferno. Ricordo la prima volta in cui mi accorsi dei tagli sui suoi polsi e cercai di trascinarlo da uno psicologo che avrebbe potuto aiutarlo ad uscire da quella sua dannata crisi adolescenziale. Sapevo dove portava quella strada verso l’autodistruzione e non volevo assolutamente che mio figlio si riducesse nelle mie stesse condizioni. Era ancora un bambino e magari sarei riuscito a recuperarlo.

Niente di più sbagliato.

Penso che la Tragedia la si ha nel sangue e il suo ne era totalmente infetto. Il dna mio e di Lindsey avevano sicuramente gran parte della colpa….

Lo vedo che mi fissa insensibile, mentre sto seduto di fronte a lui dall’altra parte della scrivani a del mio studio. Il viso è segnato dai lividi e dall’effetto degli psicofarmarci che ha ingerito in quantità spropositate lo scorso pomeriggio.

-Che vuoi, Gerard? Non mi volevi parlare?-

Biascica, stanco e distrutto, passandosi una mano fra i capelli spettinati e sudati. Nonostante lo stato misero in cui si trova riesce comunque a fronteggiarmi come se fosse dalla parte del giusto, non si rende conto di essere affondato fino al collo nel torto. Sempre il solito impertinente che non vuole darmi indietro quel bambino che mi sorrideva… Come ha detto Frank, devo correre all’inseguimento di ciò che Belial è ora, dimenticando definitivamente quel che di lui è andato perduto. Come se non gli fossi stato dietro abbastanza…

-Non ho intenzione di farti l’ennesima ramanzina… Voglio solo sapere chi diavolo ti ha ridotto in quello stato. E perché ieri hai di nuovo esagerato con le pillole.-

Lui alza appena il sopracciglio e si morde nervoso le labbra, prima di riprendere la maschera d’indifferenza che gli piace tanto indossare. Devo mantenere la calma… Calma, Gerard.

-E poi che faresti? Torneresti al liceo per farti picchiare anche tu da un diciassettene? Mi chiuderesti in camera per evitare che mi possa far del male? Eh? Che vuoi fare?-

Mantenere la calma… Avere pazienza. Le parole di Frank mi ronzano nella testa, mentre mi si tirano i nervi e la voglia di urlare s’impossessa di me. Moccioso sfacciato, se solo potessi rivoltarti e riaverti indietro come un tempo… Cancellare tutto di te e ricreare l’ideale che eri. No, devo accontentarmi di avere un figlio scapestrato e rivoltoso.

-No… Li denuncerei se tu parlassi e ti aiuterei a star lontano da quella roba… Ma ora come ora vedo proprio che non vuoi collaborare.-

Quando mi sente mormorare questa cosa s’irrigidisce e poi inizia a fissarsi le unghie.

-Belial, sai che non posso permettere che continui così. Stammi a sentire… Come padre sono sempre stato una frana, lo so, però ho cercato di fare il possibile. Ma continuo a vedere che questo con te non è abbastanza…-

Vedo il terrore nascere nei suoi occhi verdastri e poi spargersi sul suo volto troppo pallido. Un libro aperto le cui pagine stanno per essere strappate e distrutte…

-Per questo, seguendo il consiglio della preside Taylor e del consulente psichiatrico del tuo liceo, ho contattato una clinica distante da qui… Ed esattamente domani mattina ti ci porterò.-

Lui inizia a piangere in modo quasi disperato e si porta le mani a coprirsi la faccia. Sgrano gli occhi non aspettandomi questo tipo di reazione da lui… Pensavo che si sarebbe alzato e avrebbe cominciato ad urlare e combattere con tutte le sue forze, implorandomi di tenerlo qui e dargli una seconda possibilità.  Non avrei mai immaginato che si sarebbe mostrato debole.

Mi dispiace, Belial… Non avrei mai voluto vedere tante lacrime versate dal mio stesso figlio a causa mia in soli diciassette anni. Lo guardo inerme mentre si raggomitola sulla sedia e mormora l’unico nome che mi aspettavo uscisse dalle sue labbra.

“Kian”.

 

Dopo aver accompagnato Belial in stanza inizio ad aiutarlo con le valige, ma lui non si smuove dal letto dove si è seduto. Chiunque d’altronde sarebbe distrutto dopo essersi sentito dire che andrà in clinica. Non so se sia la scelta giusta o no, non ne ho parlato con nessuno se non con lo psicologo. Di come reagirà Kian non m’importa… E nemmeno di quello che dirà Frank. Belial è mio figlio e dato che sono io il responsabile della sua vita non voglio che continui a buttarla nel cesso.

-Bel, i vestiti devi prenderli tu…-

Alza lo sguardo verso di me e mi si avvicina per iniziare a svuotare l’armadio, afferrando solo indumenti neri. D’altronde come biasimarlo? So che il vestiario ha sempre riflettuto il suo umore.

Mentre Bel sta afferrando qualche strumento per il disegno e la pittura, dall’arco spunta Abel che lascia cadere lo zaino e sgrana gli occhi.

-Che sta succedendo?-

Chiede e, per evitare che il suo gemello riprenda a piangere in quel modo tanto disperato, esco con lui in corridoio per spiegargli la situazione. So che lui sarà l’unico a comprendere ed appoggiare la mia decisione. Lui è sempre stato il primo a consigliarmi di aiutare Belial, ma non gli avevo mai dato ascolto continuando fortemente a desiderare che lui rinsavisse con il solo sostegno della sua famiglia.

-Tuo fratello va in California… Ho trovato un posto in cui possono dargli una mano.-

-Un ospedale psichiatrico? E Kian?!-

Pare meno preoccupato di quello che vuol fare credere, ma non ci faccio caso pensando che sia solo felice per la salute di suo fratello.

-Non m’importa di Iero, Aby. Non voglio che quei due continuino a trascinarsi a vicenda in questa corsa all’autodistruzione. Kian ha già i suoi problemi… Se si pesano addosso uno con l’altro finiranno per non uscirne più. …Comunque è una casa di riabilitazione per ragazzi problematici, non un ospedale psichiatrico. Non mi pare che sia pazzo.-

Sospiro e mi passo le mani sugli occhi per il nervoso. Credo che mi stia autoconvincendo delle mie parole, più che tutto… Non avrei mai voluto avere mio figlio a due stati di distanza da me, ma le circostanze mi ci hanno spinto. Continuo a sperare che ciò non gli rovinerà la vita, ma bensì lo faccia uscire da quel baratro in cui da anni sta cadendo. Abel scompare in stanza, andando da suo fratello e decido di lasciarli da soli a parlare e salutarsi. Anche se le cose tra loro non vanno bene, separarsi così non sarà di certo piacevole. Sono sempre stati insiema da quando sono venuti al mondo, praticamente.

Sospiro scendendo le scale e ripensando all’arrivo a casa di Belial ieri sera…

 

Apro la porta di casa e mi ritrovo davanti Abel che lo porta in braccio, lui è svenuto e dal colore cadaverico. La prima cosa che penso è che sia morto.

“Dove… Dov’era? Cosa…?”

La mia voce trema, mentre lo faccio entrare in casa. Cerco di prendere in mano la situazione, non volendo impanicarmi del tutto, ma i denti iniziano a sbattermi mentre tengo serrata la mascella.

“L’abbiamo trovato collassato in un parco vicino alla farmacia… Immmagino che sia stato il caldo… e lo xanax.”

Aby sembra calmo e freddo, come se la cosa non lo toccasse. Io continuo a fissare Bel e le parole mi ronzano nella testa.

“XANAX?”

Urlo senza più riuscire e stare calmo, andando a sfilare la felpa a quel mezzo cadavere, cercando all’impazzata le pillole. Quando le trovo e vedo il flacone mezzo svuotato lo getto a terra con rabbia e Abel mi guarda preoccupato e spaventato. Prendo Bel fra le braccia e mi avvio sulle scale seguito dall’altro mio figlio.

“Oggi lo xanax, ieri la rissa, l’altro giorno l’alcool, quello prima i tagli… E non te importa nulla di ciò che ci fai passare. Non te ne frega…. Tanto Kian se ne sbatte pure lui, Bel.”

Le parole che escono dalle mie labbra sembrano quasi parte di un rosario, ma davvero non ce la faccio più a stare zitto. Quante volte ancora, Bel? Quante volte mi obbligherai a vederti crollare e toccare il fondo? Per un padre osservare  il proprio figlio ridursi così è la cosa più avvilente che puo’ capitare…

Appena lo appoggio sul letto lui inizia ad essere mosso da da spasmi di freddo e continua a strizzare le palpebre nell’incoscienza.

“Papà..?”

Sento Abel chiamarmi dalla soglia e mi volto verso di lui, che sembra davvero in ansia per quello che sta succedendo.

“Da domani deve cambiare tutto, Abel… Da domani non ci saranno più scene simili in questa casa. Sono stanco… Io non ce la faccio più a stargli dietro.”

Lui annuisce e manda giù la saliva, facendo un passo avanti. Qualcosa nei suoi occhi scintilla…

“Te l’avevo detto che gli occorreva una mano…”

Bisbiglia e dentro di me sento un terribile dolore che mi assale. Quanti preavvisi, Belial… Quante richieste d’aiuto mai colte in tempo.

“TU! Tu eri lì il primo giorno che si è fatto questi tagli!!! E non me l’hai detto, Abel… Hai aspettato che me ne accorgessi da solo, quando ormai aveva le braccia ricoperte di cicatrici!! E c’era Kian il giorno che ha cominciato ad ubriacarsi ed abusare di pillole… Ma voi ve ne state zitti sempre!! Ce l’avete lasciato sprofondare voi due in questo schifo!!!!”

Urlo ormai preso dalla disperazione causata da ogni gemito di Bel nel sonno. Aby spalanca le palpebre ferito e scompare dietro l’arco senza più dire nulla, lasciandomi lì seduto sul materasso.

Accarezzo le guance e i capelli di Belial e mi scende una lacrima che non posso trattenere.

“Sì, perché a nessuno importa… A nessuno.”

Dicendolo mi abbasso verso di lui e gli bacio la fronte.

“Ma a me sì, honey… A me importa se torni da me. Io ti aspetterò sempre…”

 

Perso nei miei pensieri mi accorgo della presenza di Belial in cucina finchè gli scappa un grugnito nel trattenere le lacrime. Alzo lo sguardo verso di lui e vedo qualcosa che non va nei suoi occhi lucidi. Pillole… Quello dannato xanax di cui continua ad abusare pur sapendo dove aveva portato me.

-Tu proprio non vuoi farti aiutare, eh? Punti i piedi a terra e non ti smuovi dalla tua posizione di vittima della società. Non mi piace affatto quando fai così… Te l’ho detto mille volte.-

Mugugno, mentre lui si mantiene freddo nonostante i sussulti dovuti al pianto. Si blocca in piedi in mezzo alla cucina a guardarmi dritto in faccia in segno di sfida, avendo forse ritrovato la testardaggine dopo l’attimo di cedimento. Anche se credo che sia tutto dovuto all’effetto degli psicofarmaci che ha ingerito.

Io mi strofino gli occhi e lui si morde le labbra dal nervoso, che bella coppia siamo.

-Se vai avanti in questo modo non farai torto a me, Belial. Fai torto a te stesso e a tutti quelli a cui tu vuoi bene o che vogliono bene a te…-

Gli volto le spalle per non fare vedere le lacrime che spingono sulle mie palpebre per voler uscire e scorrere a fiumi. Se mi mostrassi debole davanti a lui partirebbe sapendo quanto mi dispiaccia che se ne stia per andare e a quel punto proverebbe a convincermi che devo tenerlo qui.

-Lasci tutti con in bocca un orrendo sapore di sconfitta ed impotenza…. Pensi che vederti in quello stato mi faccia arrabbiare? Affatto!! Non riuscire a tirarti fuori dalla buca che ti sei scavato mi rende solo terribilmente…-

Mi zittisco, osservo il mio riflesso nel vetro e vi tiro un pugno, vedendoci il ragazzo che venticinque anni fa si stava riducendo in quelle stesse condizioni. E non sopporto di non essere riuscito a fermare per l’ennesima volta un simile scempio. Me stesso, Frank, Lindsey e infine Belial…

Triste… Mi rende così triste che non so più cosa fare e dove andare a parare. Mi priva delle forze, uccidendo ogni speranza che sembra accendersi. Lo so cosa provo, ma me lo tengo dentro… Nascosto a fondo, stretto nel petto per evitare che Belial sappia e provi pena.

-Non so nemmeno cosa mi fai provare, cazzo. Stai giocando una stupida partita autodistruttiva, in cui sei l’unico che continua a perdere con le proprie mosse. Mettendoti in testa di non accettare un aiuto da nessuno di competente ti stai facendo altro male!!-

Urlo, girandomi a guardarlo ormai sicuro che non mi scapperanno lacrime o singhiozzi. Lui si addossa contro il frigorifero, spaventato dalla mia reazione improvvisa. Il solito pietoso e debole ragazzino che non ha più armi per combattere contro un mondo che lo attacca frontalmente.

- Vai a cercare addirittura aiuto da Kian!!! Kian! Quel ragazzino non è capace nemmeno di badare a se stesso e alla sua salute, figuriamoci se ti puoi affidare a lui!-

Appena nomino quella totale rovina di Iero, mio figlio socchiude gli occhi dalla rabbia e stringe i pugni contro i jeans.

-Che diavolo c’entra ora Kian?! Almeno lui era lì quando avevo bisogno di qualcuno!!! Lui c’è sempre stato… Sempre.Tu dov’eri, Gerard?! DOVE CAZZO ERI?!-

Inizia a gridare disperato, con la voce graffiante che si ritrova. Mi avvicino a lui puntandogli un dito addosso, sopraffatto da quella collera che mi sta fottendo il cervello. Vorrei cancellare quella frase, fare in modo che non abbia mai dato fiato a quella stupida verità. Cristo Santo, Belial… So che ti ho lasciato solo. Lo so! E vorrei rimediare, davvero… Vorrei tornare indietro e cambiare tutto.

-Ero dove tu vuoi che stia… Lontano da te. TU NON MI LASCI POSSIBILITA’ DI AIUTARTI! CONTINUI SOLO AD ALLONTANARMI!-

Lui si avvicina fin quasi a sfiorarmi il naso con il suo e dopo un singhiozzo riprende con le urla.

-SEI TU CHE MI HAI ALLONTANATO DA TE!!!-

Mi spinge con violenza e finisco a cozzare contro la finestra, nonostante lui sia indebolito dall’abuso di farmaci. Così, instintivamente, gli afferro i polsi per evitare che possa ancora mettermi le mani addosso e glieli stringo forte prima di rifilargli uno schiaffo. Lui ringhia per il male e continua a piangere ed emettere gemiti sconfortati. Incrocio i suoi occhi verdi, spenti dall’afflizione che lo sta ormai divorando da cima a fondo.

Ed è lì che rivedo ancora il bambino che cercava conforto in me dopo un incubo nelle ore più buie della notte… Quella notte era stata lunga. Una notte durata anni e anni, in cui Belial non riusciva proprio a scappare da un incubo che in cui io lo uccidevo pian piano.

Lo trascino a me e lo stringo forte, sentendolo tremare nel mio abbraccio.

-Risolveremo tutto… Noi due risolveremo tutto.-

Gli sussurro, ma dentro di me non credo a quelle parole. So che non c’è speranza per noi… So che non c’è futuro. Ho perso Belial anni fa, quando ho visto il suo sorriso sulle sue labbra spegnersi e piegarsi in una curva desolata.

Sì, lo ammetto… Lui ha perso me. Mi ha perso nel momento in cui ho ceduto pensando solo ai miei problemi e non vedendo che i miei figli avevano bisogno della mia forza e del mio aiuto.

Lui si allontana da me e tra le lacrime silenziose mi lancia un’occhiata del tutto amareggiata. Se davvero mi somiglia così tanto sarà arrivato alla mia stessa deduzione…

-Non dire cazzate. Tu non vuoi risolvere niente. Altrimenti non mi scaricheresti in una clinica…-

Mi dice, prima di voltarmi le spalle e sparire dalla cucina lasciandomi solo come un cane. Le sue parole rimbombano nella mia testa, non lasciandomi tregua e obbligandomi a sedermi prima che possa perdere i sensi. Nascondo il viso tra le mani e quel pianto che cercavo di reprimere scoppia ormai irrefrenabile.

Ne sono sicuro ormai da tempo, non ho dubbi a riguardo. E ciò mi fa male, Belial… Mi spacca il petto, distruggendomi e facendomi fuori.

Non c’è luce nel nostro futuro… E io non posso assolutamente farci niente.

Io proprio non ne ho le forze.

 

 

 

 

 

 

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Ciao a tutti!!!!! <3

 

Ecco come promesso un seguito di “Is There Noone… Noone.. Who care?”!

E anche in fretta, a differenza del tempo che ho fatto aspettare con gli altri capitoli…

 

Chiedo ancora scusa!

 

Comunque per iniziare ecco un capitolo di Gerard, che attacca esattamente dove è finita l’altra storia! ^_^

Ovvero con Belial che si è imbottito di xanax in un parchetto di Belleville perché l’amore della sua vita se la stava facendo con il suo gemello.  =__=’’’

 

La decisione che Gerard prende in questo capitolo e che Abel appoggia era qualcosa che già da tempo stava considerando… E quest’abuso di pillole che Bel fa nel dodicesimo capitolo lo convince definitivamente a mandare il figlio in una casa di cura.

 

Come anticipato il p.o.v di Kian non sarà più presente nella storia, ma non preoccupatevi per questo!

Ci sarà una sorpresa nel prossimo capitolo… Scritto da Chemical Lady!

 

Spero che continuiate a leggere in tanti…

E che questo seguito possa piacervi ed interessarvi come “Is There…” se non di più! ^__^

 

Prometto anche che tutti i punti scuri rimasti celati verrano pian piano spiegati.

 

Commentate in tanti!!!!!!! (Anche perché commentare giova anche a voi con tutti i punti che guadagnereste!)

Voglio sapere se ancora ci siete… XD

 

 

 

Xoxo

Miky (e presto anche Jess!)

 

 

   
 
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