[Nightmare] [A Nightmare On Elm Street.] Freddy Krueger è tornato a colpire nei sogni, luogo di riposo e tranquillità per eccellenza. La protagonista della storia è una ragazza che scopre ben presto quanto un incubo possa essere reale.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Un grido raccapricciante risvegliò la quiete mattutina della
famiglia Jefferson.
Hilda corse ansante nella camera della figlia, temendo che la ragazza
si fosse fatta male, o che fosse entrato qualcuno dalla finestra o
chissà quale altra orribile opzione. Trovò la
figlia
grondante di sudore, impaurita e sotto choc.
-Tesoro! Che cosa è successo?-
Urlò la madre, preoccupatissima. Emma voltò il
viso,
scoprendo con i capelli un lungo taglio, seppur marginale che riportava
sul collo.
-Come...Come hai fatto?-
Chiese Hilda, recuperando un asciugamano dal bagno.
La figlia scosse debolmente la testa, gli occhi ancorati fissi davanti
a sè. La donna cinse con un braccio la ragazza, tamponandole
la
ferita con il panno imbevuto d'acqua.
-E' stato solo un brutto sogno...-
La rassicurò, carezzandole teneramente i capelli, mentre la
fronte si increspava in un' espressione meditabonda, quanto incredula.
-Hey, Emma, che hai fatto al collo?!-
-Niente...-
Sussurrò, portandosi istintivamente la mano al lato del
collo,
per poi coprire la grossa garza con i capelli. Kellan si
avvicinò, tenendo il vassoio della mensa su una mano.
-Tutto bene, Ems?-
Le chiese, prendendo posto affianco alla ragazza. La sala mensa era
particolarmente gremita, quel giorno ed Emma si sentiva così
dannatamente a disagio. Odiava perdere il controllo, odiava non sapere
cosa le stava accadendo e sopratutto, odiava fare incubi che si
rivelavano troppo reali. Scostò lo sguardo con aria assente,
mal
celando una preoccupazione sul volto.
-Sto benone, Kellan... Non devi preoccuparti...-
Minimizzò, addentando il suo hamburger. L'amico la
osservò di sottecchi, lasciando trapelare quanto poco
credesse
alle parole della ragazza, ma non ribattè. Per quanto ne
sapeva,
si era maldestramente tagliata con qualcosa che teneva in mano,
distratta com'era!
E sapeva benissimo che Emma odiava essere così sprovveduta e
immersa nel mondo dei sogni, vista sempre come una ragazza stramba e
sognatrice. Per cui, evitò di farle domande. Pochi minuti
dopo
si aggiunse ai due anche Rose, trasportandosi dietro quello che
sembrava essere il libro più pesante del mondo. Lo
lasciò
cadere a pochi centimetri dal vassoio di Kellan e, con l'urto, il
contenitore della sua bibita si rovesciò irrimediabilmente,
lasciando sgocciolare il liquido al bordo del tavolo.
-Buongiorno, Rose!-
Esclamò il ragazzo ironizzando e affrettandosi a pulire,
prima
che le inservienti rompessero le scatole. In tutta risposta Rose
sfoderò un sorrisetto di sufficienza e prese posto davanti a
Emma.
-Ems, ti vedo giù... Qualcosa non va?-
Lì per lì Emma fu tentata di raccontarle tutto:
il
quadro, l'uomo sfregiato, il taglio provocato dal suo strano guanto, ma
appena fece per aprire la bocca, si sentì così
dannatamente stupida che si limitò ad alzare la mano davanti
al
viso dell'amica, come ad intimarle silenzio. Rose increspò
le
sopracciglia, alzando le spalle e dirigendo un'occhiatina a Kellan che
in tutta risposta, scosse la testa. Emma non era dell'umore adatto a
parlare... Lo sapeva d'altronde... Quando qualcuno voleva tirarle fuori
qualcosa di bocca, era il momento giusto che lei non avrebbe detto
proprio un bel niente. E il fatto di essere buonissime amiche non
cambiava niente. Emma era così con tutti, riservata e
originale... Era questo il suo bello.
-Mio Dio, avete visto che dannato libro devo recensire??! Il prof. di
Lettere è un pazzo!-
Esordì Rose, osservando il grosso librone, come a volerlo
incenerire all'istante.
Kellan soffocò una risatina.
-Almeno avrai qualcosa da fare per questo weekend!-
Rose alzò gli occhi al cielo e prese il coltello, iniziando
a sbucciare la sua mela.
Un
guizzo di luce, penetrato dalle enormi finestre della sala-mensa,
riflettè sul dorso argentato della lama, creando un riflesso
aranciato
che colse Emma negli occhi.
La ragazza si volse verso quella luce sinistra e,vedendo Rose impugnare
il coltello, cacciò un urlo tremendo e svenne.
-Ems? Ems, mi senti?-
Aprì
un occhio, poi l'altro. Strizzò gli occhi, ma continuava a
non vedere
niente. Tutti i contorni sembravano sfumati e dannatamente confusi. A
poco a poco distinse le pareti azzurrine dell'infermeria, tutti gli
scaffali colmi di medicine e la sedia girevole, con la scrivania
davanti alla finestra, che dava sul cortile. Sentì qualcosa
di morbido
sotto la testa: doveva essere sdraiata su un lettino. Fece per
sollevarsi sui gomiti, ma un giramento improvviso di testa la fecero
vacillare.
-Ragazzi, forse è meglio se la lasciate riposare...-
Sentì
come una voce ovattata in lontananza, probabilmente l'infermiera Kate.
Poi, come in un sogno, vide due sagome sfocate uscire dalla porta
bianca, lasciandola sola.
Quando riaprì gli occhi era
nell'infermeria e, si sentiva stranamente piena di forze. Quanto era
stata stupida, a svenire in mensa, davanti a tutti! In quel momento
avrebbe volentieri infilato la testa nella sabbia. Uno stupido incubo
l'aveva condizionata a tal punto da aver paura di uno
stupidissimo
coltello. Eppure... Da cosa dipendeva quel leggero taglio che aveva sul
collo, se non da una lama? Nella sua stanza non c'era niente del
genere, con cui si sarebbe potuta ferire nel sonno!
Scacciò i
pensieri, mettendo le gambe fuori dal lettino e con un balzo si
ritrovò
finalmente con i piedi per terra. Si sentiva veramente bene e con un
sorriso aprì la porta, entrando nel corridoio. Ma, appena
richiusa
dietro di sè la porta, venne pervasa da un totale stato
d'angoscia e
solitudine. Non aveva mai visto il corridoio in una tale desolazione!
Eppure doveva essere quasi l'ora di uscire! Impossibile che non ci
fosse neppure un'anima in giro per la scuola! Non diede peso alle
preoccupazioni e, ricordandosi di avere lezione di biologia
recuperò lo
zaino da terra e se lo caricò sulle spalle. Avrebbe
scommesso che
Kellan e Rose l'avrebbero aspettata fuori finchè non si
fosse ripresa,
ma le sue speranze si rivelarono vane. Pensò subito che il
sig.
Petterson li avesse richiamati in aula. Si sentì sollevata
dalla
spiegazione e iniziò a incamminarsi verso destra, dove si
trovavano i
vari laboratori. Ad ogni passo, il rumore delle suole delle scarpe da
ginnastica riecheggiava lungo l'immenso corridoio deserto, accrescendo
la paura che Emma aveva lasciato sopire nella sua mente. E d'improvviso
capì. Stava sognando di nuovo.