“I love you. I miss you.”

Parole che continuano a risuonarmi in testa, martelli pneumatici continui.

Mi alzo quando non sopporto più il letto, guardo il calendario. 28 Agosto.

È ancora presto. Troppo.

Nervoso, esageratamente nervoso. All’apparenza senza un valido motivo.

Mi siedo, mi alzo, mi siedo da un’altra parte.

Adesso il tempo non passa mai, quelle altre volte invece si volatilizza. Ingiustizia.

Magari due passi potrebbero aiutare.

Apro la porta, appena oltre il viale cominciano i flash.

Stai calmo, stai calmo, stai calmo. Inutile.

Volano domande, all’improvviso piovono pugni. I miei.

Lo colpisco un paio di volte, prima di realizzare che cazzo sto facendo.

Mi blocco e vado via, in fretta, disgustato da me stesso.

Avevo smesso di comportarmi come un bambino, di arrabbiarmi con il mondo se non ottenevo qualcosa.

Ne ero uscito, mi ero giurato di non ricascarci.

E invece eccomi qua, di nuovo, dopo quasi dieci anni.

Che cosa mi sta succedendo?

Che cazzo mi hai fatto, Jude?