{A Mayumi.
In
realtà non c’è un perché,
Dilé cara, ma mi andava di farlo, tutto qui.
Nh.
Spero che tu gradisca la metà di quanto ho gradito io
scrivertela ♥
E che
l’apprezzi un quarto di quanto io l’ho detestata xD
<< Lei
è la tua anima, mica
un accidente. Se non te ne innamori, non amerai mai niente
>>
<< Innamorarmi della mia
anima! E come si fa? >>
<< Ti do un indizio. Ricomincia
dall’inizio >>
[ L’ultima riga delle
favole-Massimo Gramellini ]
Lui
non aveva più un anima.
Era
semplice, un pensiero lineare, senza troppi se,
senza troppi ma.
Forse
perché il tempo dei se e dei ma era finito da un pezzo.
Sinceramente
– per quanto potesse mai essere sincero, persino con se
stesso - non
ricordava di preciso quando aveva smesso
di credere che ci sarebbe stato un modo per rimediare, per tornare
indietro –
oh, non chiedere scusa, lui non chiedeva mai scusa
– ma almeno un tempo
era sicuro che, completata la sua missione,
avrebbe sempre avuto un porto sicuro a cui approdare, una corda
d’emergenza da
tirare per ritornare sui suoi passi.
Il
problema era che, infondo, era forse stato sin troppo ingenuo a poter
pensare
una cosa simile – figurarsi sperarla –.
L’aveva
capito troppo tardi, se ne era reso conto quando aveva sentito il
sangue di suo
fratello scorrergli sul viso e il suo sorriso impregnargli la mente,
legandola
al suo ricordo come il più tremendo dei justu.
– nii-san
, nii-san … aveva ucciso il suo nii-san!
–.
La
strada che aveva intrapreso di sua spontanea volontà
– sarebbe stato troppo
facile dare la colpa a Orochimaru o Madara, adesso – non
aveva nessun ritorno.
Non
c’era nessuna luce infondo al tunnel, solo altro freddo e
opprimente nero, solo
altro gelido e ardente odio.
Era
un serpente che si mordeva la coda, nato e alimentato
dall’oscurità che
albergava prepotente nel suo cuore, allevato come un figlio tra le
pieghe del
suo corpo, tra le ferite impregniate di velenoso sentimento.
Se
si impegnava poteva persino sentirlo scorrere sotto la sua pelle, come
sangue
contaminato, piano piano divorava ogni cosa, nutrendosi dei suoi
ricordi, delle
sue amicizie, dei suoi affetti, di quelle speranze codarde e quelle
paure
vanesie, marcendo dall’interno un poco per volta.
Giorno
dopo giorno, anno dopo anno.
Ora dopo ora.
Alla
fine aveva persino smesso di chiedersi per cosa lo faceva, per chi
lo
faceva.
–
Itachi era solo una maschera, Konoha un movente, la sua pazzia il capro
espiatorio perfetto –.
Semplicemente
andava avanti, trascinandosi come un relitto, come il ricordo del
ragazzo che
era stato, del bambino che avrebbe dovuto essere e dell’uomo
che non sarebbe
mai diventato.
Poi,
un giorno, aveva smesso di cercare la sua immagine riflessa allo
specchio, per
costatare solamente che ci fosse ancora, che il suo corpo non fosse
solo una
misera marionetta e il suo viso oramai un ombra.
Semplicemente
aveva cessato d’esistere, così.
Sasuke
Uchiha era morto un giorno imprecisato di un anno che non
c’era mai stato
combattendo una guerra che aveva perso il suo scopo – se ma
ce l’avesse avuto –
oramai da troppo tempo.
A
che pro continuare a vivere senza un anima da difendere, senza un sogno
da
realizzare?
O,
più semplicemente, senza uno scopo da raggiungere?
Sasuke
aveva smesso di vivere, si, ma non di esistere.
Per
quello forse non aveva abbastanza coraggio.
Se
l’avesse avuto avrebbe sorriso prendendo in braccio il suo
corpo stanco, le
avrebbe chiesto scusa e le avrebbe permesso di recuperare tutti quei
momenti
perduti nel corso di una vita priva di significato.
Ma
Sasuke era – nonostante tutto – un codardo.
Quindi
la uccise.
Stracciò
il suo sorriso, fece a pezzi il suo ricordo. Consegnò al
nulla il suo stesso
futuro.
Forse
la riconobbe troppo tardi, forse l’aveva immaginato in
silenzio.
Sin
dall’inizio era consapevole che la sua anima si chiamasse
Sakura Haruno.
Ma
per poter andare avanti aveva dovuto farla tacere.
Aveva
provato a imbavagliarla, segregarla in un angolo oscuro della sua
memoria – del
suo cuore – ma non era
bastato. Non era
servito.
Sì,
lo sapeva. Lo sapeva da sempre.
Per
questo non fece caso al dolore, quando la lama della sua stessa
Kusanagi gli
penetrò il petto, togliendogli il respiro.
Il
fatto era che l’aveva amata troppo poco – o forse
troppo, semplicemente troppo
– per permetterle di continuare
a vivere senza di lui.
Infondo,
a cosa sarebbe servito esistere ancora senza la sua anima?
[ Vangelo di Tommaso, 18 ]
Non
ho molto da dire.
Suppongo
che se anche c’è l’avessi, finirei per
risultare noiosa, e dopotutto chi legge
mai le note d’autore a fine capitolo? Nessuno, ecco.
Oh.
Vedetela
così, magari alla fine Sasuke si è suicidato, o
è stato ucciso ( da Sakura
stessa prima di morire, da Naruto … fate voi ) Io non saprei
dirvelo.
So
solo che sono morti entrambi.
Mi
dispiace Dilè, non sono riuscita a tenermi lontana
dall’angst, mi sa che dovrai
accontentarti di questa schifezza, ne?
Ma
sappi che è un delirio di mezzanotte solo per te, e questo
è quanto.
Alla
prossima.
Ciaossu!