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Autore: Kat Chan    01/09/2010    3 recensioni
[AGGIORNAMENTO del 05/07/2011 circa lo stato della storia, nel profilo.]
L x Misa. Un momento nel tempo. Un incontro avvenuto per caso. Il fato capovolto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Misa Amane
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Rewrite




Theme 23: Candy ~ Dolci

Non era sicura di cosa mettersi per questa uscita imprevista con Ryuuzaki. Chiaramente, il suo travestimento era fuori questione; c’era la possibilità che lui l’avesse vista, e non voleva che tirasse le somme. Però non riusciva a fare a meno di chiedersi come dovesse sentirsi in pubblico un uomo conosciuto dai più come il più grande detective al mondo. Considerate le svariate identità che probabilmente aveva (oltre alle tre che sapeva lei, immaginava ce ne fossero molte altre di cui non era a conoscenza), esporsi non doveva essere il suo passatempo preferito.

Però le aveva detto di vestirsi bene, e questo avrebbe fatto. Tirò vari completini dall’armadio, alzandoli per farli valutare a Rem e chiedendo silenziosamente approvazione o dissenso. Rem stessa era alquanto perplessa dalla richiesta. Non sapeva nulla di moda – per gli shinigami frivolezze umane del genere non avevano alcuna utilità – ed era piuttosto sciocco da parte di Misa aspettarsi che fosse di un qualche aiuto. Allo stesso tempo la lusingava il fatto che la coinvolgesse in qualcosa che palesemente riteneva importante. Rem aveva notato che Misa riteneva importante qualunque cosa riguardasse Ryuuzaki.

Alla fine, la ragazza era uscita dalla camera da letto con un lungo vestito blu orlato di pizzo e fiocchi neri. Era la cosa più vicina all’eleganza che Misa avesse nel suo armadio bambinesco e gotico, e sperava che andasse bene. Guardò Ryuuzaki, ansiosa, ma ricevette solo un rapido cenno del capo prima che lui le dicesse di seguirlo e uscisse dall’appartamento, non accorgendosi così della linguaccia che Misa gli fece per la frustrazione.

La limousine nera che li attendeva fu una piacevole sorpresa, anche se il suo entusiasmo venne considerevolmente smorzato quando Ryuuzaki entrò senza tenerle lo sportello. Lo imitò con un piccolo broncio, poi si rabbuiò completamente quando lo vide appollaiato sul sedile di pelle accanto a lei.

“Ryuuzaki-san deve proprio sedersi così tutto il tempo?” sbottò acidamente, sistemandosi la gonna mentre l’auto partiva.

“Sì. Altrimenti non sto comodo.”

“Cadrai.”

“Sciocchezze.”

“E perché hai detto a Misa di vestirsi per bene quando tu sei ancora vestito così?” chiese, scrutandogli la maglia bianca spiegazzata e i jeans sporchi.

“Perché a te piace sempre vestirti bene quando vai da qualche parte,” rispose con un’alzatina di spalle. “A me invece non cambia niente. Ho pensato che tu potessi sentirti di più a tuo agio se ti fossi agghindata per l’occasione, come ti piace fare.”

Misa sbuffò un po’, ma non insistette. Concentrò piuttosto la sua attenzione sul vetro scuro che li separava dall’autista. Tutti i finestrini dell’auto erano anneriti, e quello che li separava dall’autista non faceva eccezione. Si domandò se il conducente fosse un ordinario chauffer che Ryuuzaki aveva assunto per la giornata, o se fosse una persona che lavorava regolarmente per lui. Protendeva per la seconda ipotesi. Dubitava che riponesse la propria fiducia in molte persone, anche se solo per un breve periodo di tempo.

Quel pensiero la fece vagolare con la mente in un posto oscuro in cui si annidavano i suoi dubbi e timori. Ryuuzaki fino a che punto si fidava di lei, esattamente? Sempre che si fidasse. Anche se ormai si conoscevano da un bel pezzo, ancora non le aveva detto la verità, né sembrava intenzionato a farlo. Era proprio perché lui non le aveva mai rivelato chi era in realtà che aveva preso in considerazione l’idea dello scambio, per non parlare poi dell’accettarne le condizioni. Se avesse saputo la verità non avrebbe mai fatto nulla del genere.

Se avesse saputo… Forse non sarebbe mai divenuta una seguace di Kira, anche se aveva vendicato i suoi genitori. Se da un lato Kira era il suo eroe, Ryuuzaki era… Beh, era qualcosa di completamente diverso. Era la persona che aveva più a cuore, a dispetto di tutti i suoi difetti e delle sue manie. Se le avesse detto che era L, probabilmente avrebbe appoggiato la sua posizione nel caso Kira, a dispetto dei suoi genitori. Forse. Aveva voluto veramente un mondo di bene ai suoi genitori.

Ma le cose erano andate diversamente. Lui aveva anzi continuato a ingannarla, arrivando non solo a darle un falso nome, ma a imbrogliare perfino sua sorella. Non aveva dimenticato i documenti che, parola di Mamori, non portavano scritto il nome di un certo Ryuuzaki Hideo. Nome che poi era misteriosamente apparso in tutti i fascicoli in suo possesso, scaraventandola in una spirale di rabbia e confusione. Adesso tutto combaciava. Ryuuzaki- L aveva molto potere. Irrompere nella casa di qualcuno e scambiare dei fogli per lui probabilmente non erano che noiosa routine.

Ciononostante, avrebbe potuto perdonarlo se le avesse semplicemente detto la verità sulla sua identità. Ma non l’aveva ancora fatto, e quella mancanza di fiducia le spezzava il cuore. Il suo affetto aperto non significava niente per lui?

La limousine si fermò bruscamente con uno scarto, e lei drizzò la testa, ridestando la sua attenzione. Ryuuzaki, che non aveva neanche traballato un poco, si alzò e uscì, trascurandola nuovamente. La ragazza lo guardò torvamente, e aprì la bocca per dar finalmente voce alla propria irritazione, ma il rumore del finestrino anteriore che si abbassava la interruppe. Sentì un colpo di tosse sonoro e inconfondibile dal sedile dell’autista. Ryuuzaki si voltò, e fissò con espressione interrogativa in quella direzione, prima di rivolgere lo sguardo a Misa, ancora in auto.

Con evidente disagio per quel movimento in cui non era pratico, le porse la mano. “… Hai bisogno di aiuto, Misa-san?”

Guardò la sua mano tesa, e poi il suo viso un po’ esitante. Per qualche ragione aveva la sensazione che fosse la prima volta che faceva una cosa del genere, ed era un po’ compiaciuta all’idea di avere il privilegio di essere la prima. Gliela strinse e sorrise. “Ti ringrazio, Ryuuzaki-san.” Dalla parte anteriore della limousine si levò un grugnito soddisfatto mentre il finestrino si rialzava e lui l’aiutava a scendere.

Una volta in piedi ebbe pochissimo tempo per orientarsi adeguatamente perché Ryuuzaki entrò in un palazzo, facendole strada. Il dolce odore di biscotti e torte fu la prima cosa che notò. La seconda furono i colori pastello che decoravano la stanza, e infine le cassette espositive piene di svariati pasticcini.

“Una pasticceria?” Sbatté le palpebre.

“La migliore della zona.” la informò lui, entusiasta.

Ancora non capiva. “Dobbiamo comprare qualcosa e andarcene?” Quella era la sua idea di uscire? Era profondamente delusa.

“Certo che no.” Le fece segno di seguirlo. “Mangiamo qui.”

Titubante, Misa tallonò Ryuuzaki fin dietro il bancone, oltrepassando la tendina dai colori vivaci che conduceva al retro. L’odore di leccornie appena sfornate divenne ancora più intenso quando passarono per la cucina. Iniziava a sentirsi veramente fuori posto, e accelerò il passo strascicato per stare più vicino a Ryuuzaki, che sembrava sapere con precisione dove stesse andando. Sbucati fuori dalla cucina, si ritrovarono in una stanzetta piccola che un tempo doveva aver funto da deposito, ma era stata ora convertita in un salotto pittoresco, completo di un bianco tavolo rotondo e di sedie altrettanto immacolate. Vide anche che una delle finestre aveva le tendine opportunamente abbassate, nonostante fuori fosse ancora giorno e ci fosse molta luce.

Lui fece per sedersi, ma poi ci ripensò e le offrì anzitutto una sedia in modo piuttosto maldestro. Lei prese posto e Ryuuzaki si tolse le scarpe scalciandole via e accovacciandosi sulla propria sedia come al solito. L’idol sospirò fra sé, ammettendo che era un po’ troppo aspettarsi che apportasse anche solo delle lievi modifiche al suo comportamento solo perché erano in pubblico. Tra l’altro non era nemmeno tanto sicura di poter chiamare ‘pubblico’ l’ambiente circostante.

“Dove siamo, esattamente?” chiese, incuriosita.

“Nella stanza degli ospiti sul retro della pasticceria. I proprietari sono una coppia sposata che vive sopra il negozio. Ogni tanto mangiano qui. Ho chiesto loro se potevo avere la stanza per un giorno.”

Lei inarcò un sopracciglio. “E a loro sta bene?”

Lui fece un mezzo sorriso. “Sono un ottimo cliente.”

In quel momento entrò una donnina molto fine. Era anziana e piena di rughe, i capelli brizzolati raccolti in una crocchia bassa, e li salutò con un sorriso cordiale. Yoshizawa Ayumi era il nome rosso che le fluttuava sopra la testa, e Misa fece del suo meglio per non fissare la riga sottostante di numeri in diminuzione. Si accorse però dello sguardo intenso che le riservò la donna prima di porgere loro il menù elegante su cui erano riportate le paste che potevano ordinare. Per un momento considerò l’idea che la donna l’avesse riconosciuta, ma poi la scartò. Misa-Misa non appariva nelle riviste o nei programmi che avrebbero potuto interessare alla donna di fronte a lei. Era di gran lunga più probabile che fosse semplicemente meravigliata di vederli insieme, e non poteva veramente biasimarla. Lei e Ryuuzaki dovevano sembrare molto strani insieme.

Ovviamente lui non ebbe nemmeno bisogno di dare un’occhiata alla lista, e si mise allegramente a elencare i vari dessert che desiderava. Si trattava soprattutto di fette di torte tipiche, a cui però aggiunse un paio di biscotti e un sacchetto di bastoncini di zucchero candito da portar via. Le venne la nausea solo a sentirlo parlare, anche se era certa che sarebbe riuscito a spazzolarsi tutto prima che se ne andassero. No, forse era quello il vero motivo della nausea. Sul serio, nessuno avrebbe dovuto essere capace di mangiare (e sopravvivere all’esperienza per raccontarla) come Ryuuzaki.

Quando la donna si rivolse a lei, la modella tentennò. “In realtà Misa non mangia molti dolci,” spiegò impacciata, non volendola offendere.

“Ah sì?” La signora si picchiettò il mento, poi sorrise. “Allora, che ne dice se scelgo io qualcosa per lei?”

“O-okay.” Un dolcetto non avrebbe potuto fare grandi danni al suo peso, e i suoi genitori le avevano sempre ripetuto di essere gentile con gli estranei.

Il sorriso della donna si allargò. “Trovato! Un dolce pasticcino per una dolce signorina, sì?” E prima che Misa potesse dire nulla in risposta, la proprietaria del negozio trotterellò via nella maniera più vivace consentitale dal suo corpo minuto.

“Sembra simpatica.” commentò.

“Sì,” convenne Ryuuzaki, mordicchiandosi l’indice. “Lei e suo marito sono brave persone.”

“Hmmm. Ehi, Ryuuzaki-san? Perché hai portato Misa qui?”

“È la mia tavola calda preferita,” rispose, e lei non mise in dubbio quella bizzarra affermazione neanche per un secondo. Aveva imparato che la dipendenza da zucchero di Ryuuzaki non conosceva limiti. “Ho pensato che sarebbe stato bello condividerla con te. Inoltre questa stanza ci dà ampia privacy; mi pare di ricordare che nell’ultimo periodo non ne hai potuta avere molta.”

“Già. È molto dolce da parte tua, Ryuuzaki-san.” Ma aveva la netta sensazione che non fosse in pensiero solo per la sua, di privacy.

La signora riapparve da dietro la tendina, questa volta con un vassoio d’argento contenente due bricchi, due tazze di porcellana, e una zuccheriera. Dietro di lei, con un altro vassoio su cui erano disposti i dolci, fece la sua comparsa un uomo anziano che a giudicare dal nome sulla sua testa doveva essere il marito della donna. Mentre la donna posizionava le tazze e i bricchi sul tavolo, notò sardonicamente che aveva messo la zuccheriera quasi traboccante vicino a Ryuuzaki. Sì, non doveva essere la prima volta che chiedeva di usare la stanza sul retro della pasticceria.

“Cara, le piace il tè, vero? Ryuuzaki-san mi ha detto che lo preferisce al caffè.”

Lei sbatté le ciglia come un gufo. In effetti aveva un’avversione per il caffè, ed era per questo che ogni volta che Ryuuzaki andava a trovarla preparava il tè. Non le sarebbe mai venuto in mente, però, che lui se ne potesse accorgere, o che addirittura avesse immagazzinato una stupidaggine del genere per una simile occasione. Si sentì lusingata. Sul suo volto affiorò un sorriso. “Sì, è vero.”

“Bene,” disse lei, riempiendole una tazza prima di prendere l’altro bricco e versare un po’ di caffè a Ryuuzaki.

L’anziano signore, molto più alto della moglie, servì loro le paste, poggiando diversi piatti di fronte a Ryuuzaki e un solo dolcetto davanti a Misa. Senza una parola, sorrise e fece un inchino prima di tenere la porta a sua moglie e lasciarli soli. Lei li guardò piena di malinconia. Sembravano una coppia felice. Chissà se i suoi genitori avrebbero potuto invecchiare così. Chissà se lei ci sarebbe riuscita.

Ryuuzaki, d’altra parte, non prestò loro alcuna attenzione mentre ingurgitava ansiosamente la prima forchettata di una torta al cioccolato. Non poteva non provare una vaga invidia del suo stomaco apparentemente senza fondo. A furia di stare con lui aveva anche imparato che mangiava in modo diverso una cosa qualunque da un dolce fatto in casa. Gradiva molto le cose preparate con cura, sorrideva sempre un po’ quando ne assaggiava.

Curiosa, non riuscì a non chiedere, “Sono buoni come quelli di Misa?”

Lui fermò momentaneamente le mascelle, e Misa riuscì praticamente a vedere gli ingranaggi del suo cervello che si mettevano in moto. Solitamente, Ryuuzaki snocciolava in tutta tranquillità la verità senza pensare alle conseguenze che questa avrebbe potuto avere sull’umore dell’idol. Questa volta però una risposta sbagliata avrebbe anche potuto significare la fine dei dolci che cucinava per lui. Chiaramente, per una volta c’era bisogno del tatto. “Misa-san cucina cose diverse da quelle che ordino qui,” rispose, circospetto. “Ma mi piace molto la tua cucina. Mi calza alla perfezione.”

Lei strinse le labbra. Beh, grazie tante, i dolci erano l’unica cosa che sapesse fare. Per il momento decise comunque di non approfondire il discorso. Con un’occhiata alla glassa rosa della propria pastina, si chiese ad alta voce, “Secondo Ryuuzaki-san questo è il nostro primo appuntamento?”

“Hmmm?” mormorò lui, senza mostrare alcuno shock.

“Misa ci sta pensando da quando le hai chiesto di uscire.” Alzò il pasticcino per ispezionarlo meglio. Era cosparso da codette rosse traslucide, e aveva un profumo invitante. Forse un morsettino… “Sul momento ho pensato che questo sarebbe stato il nostro primo appuntamento, ma poi mi sono resa conto che è molto tempo che ci vediamo. Anche se le visite di Ryuuzaki-san sono irregolari.”

“Lavoro,” borbottò la sua solita scusa tra i bocconi di una torta alle fragole.

“Quindi Misa ha deciso che questo non è affatto il nostro primo appuntamento. E neanche il secondo. Anzi, ho proprio perso il conto di quale dovrebbe essere. È solo la prima volta che mi porti fuori.” Con un sospiro esagerato, allungò la lingua e saggiò un po’ di glassa. Era deliziosa quanto l’odore. “Certo che Ryuuzaki-san è davvero frustrante come fidanzato.”

Con quell’ultima parola riuscì quasi a farlo strozzare col pezzo di torta al formaggio che si era appena ficcato in bocca. La ragazza osservò la scena con gli occhi nascosti dalle ciglia appena dischiuse mentre lui cercava di afferrare la tazza di caffè con più nonchalance possibile per berne un lungo, lungo sorso.

Misa staccò un morso di prova al dolce. Beh, adesso si era guadagnata la sua piena attenzione, no? “Qualcosa non va, Ryuuzaki-san?” domandò, fingendo innocenza. “Non è buona la torta al formaggio? Se vuoi Misa te ne preparerà una per la prossima volta che vieni.”

“No, no.” Lui scosse la testa, ricomponendosi molto rapidamente. “Anzi, è molto buona. Dovresti provarne un po’.”

“No, grazie. A Misa basta il suo pasticcino.” Per dimostrarlo, addentò un altro pezzetto. “Comunque sono molto contenta che siamo finalmente usciti. È bello sapere che Misa è abbastanza importante da far fare a Ryuuzaki-san una cosa che normalmente non farebbe.”

“Beh, Misa-san è molto importante,” ribatté sbrigativo, tornando alla sua varietà di torte.

Il complimento inaspettato le provocò un tuffo al cuore, e il suo sorriso divenne improvvisamente raggiante. “Questa è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto.”

“Davvero?” chiese lui, scettico. “Credo di averti detto cose più lusinghiere in passato.”

“Tantissime persone dicono a Misa-Misa che è carina, ma sono Ryuuzaki-san l’ha chiamata importante.”

Se anche la cosa l’avesse colpito pure solo marginalmente, non lo diede a vedere, e continuò invece a trangugiare quello che aveva ordinato. Rendendosi conto che lui voleva troncare la conversazione e che insistendo sull’argomento avrebbe fatto a pezzi il proprio buon umore, lei decise di finire il suo dolcetto. Doveva ammettere che erano mesi che non mangiava una cosa così buona.

Malgrado la sua improvvisa riluttanza a parlare, l’atteggiamento di Misa si risollevò in maniera notevole. I suoi dubbi cominciarono a dissiparsi nella calda atmosfera della stanza in cui si trovavano. Sì, Ryuuzaki ancora non le diceva la verità su chi era, ma questo non significava necessariamente che non si fidasse di lei. Magari la stava proteggendo. Dicendole la verità avrebbe messo in pericolo la sua vita, e lui non voleva che accadesse. Suvvia, l’aveva chiamata importante. E tutti proteggono le persone che considerano speciali. Era quello che tentava di fare con lui da sempre. Era logico che lui facesse lo stesso.

Quando uscirono dalla pasticceria poco dopo, Ryuuzaki si ricordò di aiutarla a entrare nella limousine parcheggiata. Soffocò un sorriso quando vide i suoi occhi sfrecciare verso il finestrino anteriore. Il viaggio di ritorno fu più silenzioso di quanto aveva sperato, e decise di cambiare la situazione mentre lui l’accompagnava alla porta.

“Misa oggi si è divertita veramente tanto,” gli svelò, infilando la chiave nella toppa. “Forse potremmo rifarlo? Presto, forse?”

“Forse,” le fece eco, ma il suo tono non sembrava sincero e le fece capire che i suoi progetti non si erano spinti tanto lontano. Con Ryuuzaki non c’erano mai certezze.

“Beh, io spero di sì. Perché mi è piaciuto molto.” Guardò la porta, tamburellandoci sopra, sovrappensiero, prima di rigirarsi di scatto verso Ryuuzaki. “E poi Misa ha preso una decisione.”

Lui drizzò la testa, curioso. “Davvero? Che genere di decisione?”

“Che visto che questo non è il nostro primo appuntamento, allora va bene.”

Lui aggrottò la fronte. “Temo di non capire.”

Per tutta risposta, lei gli strinse le manine sulla maglia e le diede uno strattone. Quel movimento riuscì a piegare verso il basso l’uomo già curvo di per sé quel che bastava perché Misa potesse sollevare la propria figura minuta in punta di piedi e posare la bocca sulla sua. Era leggero come una piuma, quel bacio improvvisato, ma percepì lo stesso il suo calore, il sapore dello zucchero sulle labbra screpolate. Represse l’impulso di leccarglielo via. Un passo alla volta.

Quando finalmente si allontanò, Misa aspettò. Aspettò lo sguardo sconvolto, aspettò che si ritraesse. Un qualche avviso che le facesse capire di aver superato la linea invisibile che per Ryuuzaki ancora esisteva tra loro due. Ma lui non si mosse di un millimetro, e il suo viso era assolutamente indecifrabile, a differenza dell’ultima volta, quando gli aveva dato il bacio sulla guancia. Al massimo sembrava quasi che stesse aspettando che lo baciasse ancora, e a lei non piaceva deludere le aspettative di nessuno, soprattutto quando era fin troppo felice di compiacerle.

Quando però gli si riavvicinò, lui parve riemergere dal vortice di pensieri in cui era sprofondato. Indietreggiò, infilandosi le mani in tasca. “Buonanotte, Misa-san,” mormorò, senza guardarla veramente, prima di voltarle le spalle e andarsene via per il corridoio.

Lei s’imbronciò un po’, ma poi sorrise di nuovo quando entrò nell’appartamento. Era l’inizio di una cosa nuova ed elettrizzante. Un ottimo, grandissimo inizio. Era talmente felice che sentiva formicolii per tutto il corpo. Non vedeva l’ora di raccontare la sua giornata a Rem. Anche se sapeva che la shinigami non nutriva il minimo interesse per le relazioni sentimentali fra esseri umani, e ancora meno la relazione fra lei e Ryuuzaki (che le era antipatico solo un po’ meno di Light), l’avrebbe comunque ascoltata per farle piacere. Poteva avere un aspetto spaventoso, ma era straordinariamente leale e gentile, a modo suo.

Mentre si toglieva le scarpe, la sentì scivolare nella stanza. Alzò la testa per salutarla vivacemente, ma le parole le si conficcarono in gola quando la shinigami la interruppe, dicendole qualcosa che le gelò di colpo il sangue nelle vene.

“Misa, zitta. Ci sono telecamere dappertutto.”



NdT (youffie): AH! AHAHAHAHAHAHAH! XDDDDD Povera ragazza, era tutta inserita. *patpatta* (Ma poi dovete vedere le ramificazioni di questa cosa XDDD)
Comunque sia, essendo io un’idiota, inauguro oggi l’angolo delle curiosità di Rewrite! Urrà! :D

Angolo delle curiosità inutili di Rewrite

Il primo capitolo della storia è stato pubblicato il 29 ottobre 2006, perciò il mese prossimo Rewrite compirà quattro anni tondi. La versione originale conta oltre milleseicento recensioni! xD Quando ho cominciato a tradurla credo fossero ‘solo’ un migliaio.
Con le nostre (ovvero le vostre <3), mettendo da parte il fatto che a noi mancano diversi capitoli per metterci in pari con l’originale, la storia supera le millesettecento. Non male, eh? :D

Fine dell’angolo delle curiosità inutili di Rewrite

Aspettate con ansia il prossimo angolo delle curiosità inutili di Rewrite! *viene trucidata*

Ah, allo scorso capitolo avevo detto che avrei aggiornato a settembre perché pensavo (non chiedetemi perché) che fosse il primo di agosto, non il trentuno di luglio, e quando mi sono resa conto dell’errore leggendo una delle recensioni mi è parso brutto cancellare il capitolo. Sì, sono un’idiota. Faceva caldo. Scusate. *annuisce*

Ultima cosa: non che freghi a qualcuno, ma Misa sta mangiando un cupcake. Che io sappia non esiste una traduzione italiana diretta, e “pasticcino” è un po’ generico, ma non sembrano deliziosi? ;o;
Ciao :3
   
 
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