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Autore: KymLYCANTHROPE    01/09/2010    5 recensioni
Tom Kaulitz era il chitarrista di una delle band più famose al momento: i Tokio Hotel. Diciotto anni appena compiuti e una già affermata carriera di playboy sulle spalle. Poi un giorno, Roxy, una dolce sedicenne dagli occhi azzurri e i capelli neri come la pece, era piombata nella sua vita [...]. Cinque mesi dopo si erano ritrovati a condividere lo stesso appartamento. Poi, quando la loro relazione aveva raggiunto ormai gli 8 mesi e mezzo, qualcosa andò storto. Qualcosa di nascosto, qualcosa di irreparabile, nella mente di Roxy. E tutto andò a pezzi quando lei ebbe la sua prima crisi nervosa [...]. Tom rimase lì sul letto tutto il pomeriggio, a torturarsi tra mille pensieri; una grande e dura consapevolezza stava crescendo e prendendo piede con incredibile velocità dentro di sé: la sua vita stava cambiando, e questa volta per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I am coming back, I've done something so terrible.
I'm terrified to speak, but you'd expect that from me,
I'm mixed up, I'll be blunt; now the rain is just
Washing our past out of my hair and out of my mind.
Keeping an eye on the world,
So many thousands of feet off the ground
I'm back to you now, I'm at home in the clouds,
Towering over your head.
(Adattamento da: Remembering Sunday – All Time Low)



Non riuscii a dormire quella notte, mentre mi rigiravo tra le lenzuola del letto vuoto. Stringevo convulsamente il cuscino tra le dita, spostavo le coperte distrattamente, spingendole in fondo al letto con i piedi, per poi tirarle di nuovo su. Decisi di alzarmi, di cambiarmi e di fare una doccia; guardai la sveglia luminosa sul comodino, segnava le 04.53 del mattino.
Scesi scalza sul tappeto e raggiunsi la cassettiera in fondo alla stanza; aprii i cassetti, tutti completamente vuoti. Non c'era nulla di mio, non c'era nulla che appartenesse a Tom. Come se non avessimo mai abitato in quella casa, come se non ci fosse mai stato niente di nostro lì dentro. Mi accucciai per aprire lo scomparto più in basso e trovai una pila di vecchie t-shirt che Tom non utilizzava più da tempo, tutte accatastate ordinatamente. C'erano anche dei jeans e alcune paia di boxer con l'elastico consumato; presi i suoi boxer e una maglietta e scesi al piano di sotto, raggiungendo il bagno. Poggiai i vestiti sul ripiano accanto al lavandino e mi spogliai senza fretta, prima di entrare nella doccia. Mi insaponai con cura, rimasi immobile sotto al getto di acqua tiepida per molto tempo, con gli occhi chiusi. Avevo sonno, sentivo le palpebre umide e pesanti, ma non riuscivo ad addormentarmi. Uscii dal box e presi un asciugamano nello sportello accanto allo specchio, senza curarmi delle gocce sul pavimento; mi asciugai la pelle e i capelli, poi mi infilai i boxer e la t-shirt di Tom mettendo i miei vestiti usati dentro la lavatrice che avviai, e raggiunsi la cucina a piedi nudi. Mi fermai davanti al frigorifero, senza aprirlo; mi persi nel guardare le foto appese sull'anta lucida con delle calamite e senza disturbo notai che non comparivo nemmeno in una di queste. Cercai la mia borsa e tirai fuori dal portafoglio una foto mia e di Beth che tagliai a metà, prendendo solo la parte che mi ritraeva, e la incollai al frigorifero con un magnete, in uno spazio libero tra un'immagine di Gustav e Alice abbracciati, e una di Tom e Bill da bambini.
Aprii il frigo e lo trovai vuoto: c'erano solo due bottiglie di succo di frutta scadute; d'altronde non c'era nessuno, perché ci sarebbe dovuto essere qualcosa? Così svuotai le due confezioni nel lavandino e cercai qualcosa da mangiare nella credenza; trovai un pacco ancora sigillato di biscotti, e iniziai a sgranocchiarli senza gusto mentre mi appollaiavo sul divano e accendevo la televisione.
Verso le cinque e trenta iniziò un programma mattutino chiamato “Buongiorno, Germania!”, dalla sigla allegra intonata da un coro di squilli di sveglie, in cui un cuoco dall'aria simpatica illustrava come preparare delle ottime omelette. Il brusio della sua voce mi trasportava, mi faceva sbadigliare, ma mi impediva di addormentarmi nella penombra bluastra del televisore. Poggiai sul pavimento il pacco ormai semivuoto di biscotti e mi accoccolai tra i cuscini che odoravano di polvere.
Passò circa una mezz'ora, i miei occhi erano ormai assuefatti dalle mani rapide del cuoco e dallo smagliante e plastico sorriso della conduttrice laccata di correttore, che soffocava gli sbadigli e fingeva interesse per le parole dell'uomo e cordialmente rifiutava i suoi piatti, limitandosi a complimentarsi per l'ottimo odore. Abbassai ulteriormente il volume, fin quando le parole non mi divennero impercettibili e la mia concentrazione svanì, impedendomi persino di carpire qualcosa dal loro labiale.
Poi, in quel silenzio ovattato in cui si sentiva solo lo schiocco della mia pelle che si incollava a quella del divano, e in cui la densa luce della TV mi cullava verso il sonno, uno strano rumore attirò la mia attenzione. Uno scatto secco, proveniente dall'ingresso; il rumore delle chiavi che giravano nella serratura. Poi sentii il fruscio della porta che si apriva sfiorando il pavimento, e dei passi pesanti, lenti, intralciati da qualcosa che con un tonfo cadde a terra, come un sacco pesante. Forse un paio di valigie. Poi sentii la porta richiudersi e la figura che era entrata fermarsi. La immaginai immobile davanti all'entrata, che muoveva gli occhi in direzione della luce proveniente dal salone.
“Chi c'è?”, chiese a voce alta. Era una voce maschile, roca, assonnata. Ma non era spaventata, forse solo un po' agitata. Nel riconoscerla, nel carpire quel tono basso, ruvido, sentii un tuffo al cuore. Una specie di sfarfallio alla bocca dello stomaco, la gola che pizzicava, emozionata. “C'è nessuno?”, chiamò ancora la voce. Era lui. Era tornato. Sentii i suoi passi avvicinarsi, farsi sempre più marcati, intralciati dai jeans forse troppo larghi. Riconobbi la sua ombra oltre la vetrata del salotto, e poi la sua figura divenne solida davanti a me mentre varcava l'entrata del salone e io mi tiravo su a sedere sul divano e poi in piedi, il suo volto abbronzato veniva illuminato piano dall'alone bluastro della televisione verso la quale era rivolto. Nel vederlo, immobile sulla soglia del salotto, le labbra dischiuse dallo stupore e gli occhi contratti da una strana espressione, un misto di dolore, emozione e sorpresa, non riuscii a fare altro che avvicinarmi a passi svelti, sollevarmi sulle punte quando mi trovai di fronte a lui e prendergli il viso tra le mani, in silenzio. Mi afferrò con delicatezza i polsi, tenendo gli occhi fissi nei miei, poi fece scivolare le mani sulle mie spalle, sui miei fianchi, senza stringere, quasi per assicurarsi che fossi vera. Lentamente mi avvicinò a sé e mi abbracciò, posando le labbra contro i miei capelli ancora umidi. “Sei tornata...”, bisbigliò. “Sei tornata...”, continuava a ripetere, con tono via via più basso. Eravamo fermi, all'entrata del salotto, io ancora avvolta nelle sue braccia incredule. “Sei tornata.”, disse di nuovo, scostandomi da sé per guardarmi di nuovo in faccia. Con il pollice percorse il tratti del mio viso, il mento, gli zigomi, le tempie. Mi teneva la testa tra le mani grandi, e sembrava incapace di avvicinarsi di nuovo, come se non potesse smettere di guardarmi.
E io fissavo il suo viso, leggermente più scuro, abbronzato, gli occhi nocciola assottigliati dal sonno che si sforzava di sgranare, le treccine scure coperte da una fascia e da un capello senza visiera, il piercing metallico al lato del labbro che ormai lo caratterizzava. Sfioravo la pelle liscia delle sue guance, mi soffermavo sui nei e con il pollice accarezzavo le sue labbra morbide, asciutte.
Poi, senza chiudere gli occhi, si chinò su di me e posò la bocca sulla mia, in un bacio veloce, e poi un altro, e un altro ancora. Veloci, uno dietro l'altro, e mentre li deponeva sulle mie labbra in quel modo frenetico, quasi stesse assaggiando qualcosa che non mangiava da tempo, non distoglieva gli occhi dai miei, sembrava facesse fatica persino a battere le palpebre. Poi si fermò, mi strinse ancora, e continuava a toccarmi quasi non credesse che fossi io, in carne ed ossa, stretta tra le sue braccia. “Sei tornata...”, bisbigliò ancora una volta, prima di chinarsi sul mio viso e baciarmi. Chiuse gli occhi, le sue labbra si poggiarono delicate sulle mie, lente. Non premevano con insistenza, ma quasi assaporava quel bacio, come se stesse aspettando solo quello da troppo tempo, e probabilmente era così. Mi aggrappai con forza alle sue spalle e mi tirai su, stringendo le gambe attorno alla sua vita. Lui mi tenne ancorata a sé bloccandomi per le cosce e, mentre con le labbra scendeva sul mio collo fin dove lo stretto scollo della t-shirt gli permetteva di arrivare, gli sfilai il berretto e la fascia e li lasciai cadere a terra, alle nostre spalle. Lui mi lasciò scendere dai suoi fianchi e rimase a guardarmi per un attimo, immobile, mentre continuava ad accarezzarmi il viso. Poi si avvicinò di nuovo fino a far aderire il suo corpo al mio, e senza fretta aprii la cerniera della sua felpa e lui finì di sfilarsela, lanciandola sul divano senza guardare. Mosse un passo verso di me, e io iniziai a retrocedere; mi guidava verso le scale mentre si spogliava di corsa, si toglieva le scarpe dai talloni facendo forza con la punta dell'altro piede e io gli slacciavo la cintura. Lasciò che i jeans gli scivolassero giù dalle cosce e li scavalcò, scalciandoli da parte. Scollò per un secondo le labbra dalle mie quando sentii il primo gradino della scala che portava al piano di sopra battere contro il mio polpaccio. Ci fermammo per un secondo e mi tolse, con un solo rapido gesto, la sua t-shirt grigia fin troppo grande, lasciandola sul corrimano delle scale. Sembrò non notare nemmeno che indossassi i suoi boxer, mentre mi tirava di nuovo su per i fianchi e io allacciavo le gambe attorno ai suoi, mentre salivamo le scale senza scollarci un secondo. Aprì la porta della nostra stanza e mi lasciò cadere sul letto. Prima di salire sul materasso si tolse la maglietta in fretta e poi si posò sopra di me, letteralmente avvinghiato al mio corpo. Con le labbra scese fin giù, sul mio ventre, ma quando arrivò all'ombelico gli sfiorai il viso con una mano e lui alzò gli occhi verso di me. Risalì gattoni e immediatamente intrappolai la sua bocca con la mia; si abbandonò a quel bacio con un sospiro. Sentii le sue mani scivolare lungo i miei fianchi, provocandomi dei brividi che si accentuarono quando mi sfilò i suoi boxer consumati. Solo in quel momento parve notarli e sorrise mentre li abbandonava accanto a noi. Io feci lo stesso.
Graffiai involontariamente la sua schiena appena tornammo ad essere una cosa sola.
In un barlume di lucidità, mentre mi sfuggiva un gemito contro le sue labbra premute sulle mie, mi strinsi maggiormente al suo corpo, e sperai che bastasse quel momento a non dividerci mai più.

***

Entrare dentro di lei non fu come le altre volte. Fu qualcosa di completamente diverso dal sesso o dal piacere stesso che si prova. C'era qualcosa di più. Fu come ritrovare una parte di me che avevo perso. Fu come se mentre sentivo la sua schiena inarcarsi, il suo cuore battere più velocemente contro il mio petto, e il mio cuore stesso martellare contro la cassa toracica, avessi rimesso insieme i pezzi di un puzzle incompleto da troppo tempo. Vederla lì, al centro del salone, con la mia t-shirt addosso, i capelli umidi e i piedi nudi sul pavimento, mentre mi si avvicinava titubante, mi baciava, mi accarezzava o, come adesso, sospirava contro le mie labbra, fu qualcosa che con il piacere e l'amore che mi invadeva mentre tornavamo ad appartenerci sul nostro letto, in quella casa che dopo tempo sentivo di nuovo nostra, non c'entrava assolutamente nulla. Fu come tornare ad essere completo, come se sentire le sue unghie affondare nella schiena, le sue labbra calde e umide sulla pelle del mio corpo, fossero cose che mi appartenevano come un braccio, o una gamba. Qualcosa che mi era stato tolto da un incidente e che ora era di nuovo mio. Cose che facevano parte di me.
Avevo immaginato tante volte il suo ritorno, rivederla e sentirla di nuovo mia come in questo momento. Avevo immaginato di scoppiare di rabbia incontrando i suoi occhi, di mandarla via, di non volerla vedere. E invece le cose erano andate diversamente. Nell'incontrarla avevo sentito il sangue riprendere a fluire nelle mie vene, il cuore martellare, e tutto il dolore che in sua assenza avevo provato era stato cancellato, surclassato dalla sua sola esistenza e presenza.
In fondo, riponevo la speranza di odiarla. Che più che una speranza era il bisogno di tentare di ripararmi dalla paura di soffrire ancora. Ma cambiare un sentimento in questo modo, purtroppo (o grazie al cielo?), non è possibile.
Roxy ansimò sotto di me, mi morse le labbra piano, quasi le stesse assaggiando, o avesse paura di farmi male. Spossati e sudati ci fermammo, uscii da lei accasciandomi sul suo corpo e poggiando la testa di fianco al suo viso. Chiuse gli occhi, e cercò la mia mano, poggiata sul cuscino. La strinse piano tra le dita, il respiro ancora affannoso. Sentivo il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente contro il mio, e mi sdraiai accanto a lei; mi sembrava che il mio peso le impedisse di respirare. Si girò su un lato, rivolta verso di me, il viso a una spanna dal mio, fin quando il battito del suo cuore e i suoi polmoni si stabilizzarono. Poggiai una mano sulla sua nuca per avvicinarla a me e le baciai la fronte. Lei mi abbracciò, si strinse al mio corpo, rintanandosi tra le mie braccia. Chiusi gli occhi, assonnato, e il mio respiro e il mio battito cardiaco rallentarono a poco a poco.
“Ci sono così tante domande che vorrei farti...”, mormorai, senza sollevare le palpebre. “...ma sono così stanco...”, sbadigliai. Intrecciò le dita tra i miei capelli e mi baciò la punta del naso.
“Dormi, domani risponderò a tutto. Parleremo, faremo colazione insieme, faremo l'amore di nuovo e andremo a trovare gli altri...”.
“Non necessariamente in quest'ordine.”, ghignai, malizioso e assonnato, sfiorandole le labbra con le mie.
Feci lo sforzo di aprire un po' gli occhi, solo per bearmi un momento del suo sorriso dei suoi occhi azzurri, e poi crollai, spossato, con la testa poggiata tra il suo collo e la sua spalla. “Abbiamo tutto il tempo del mondo.”, riuscii a percepire un momento prima che Morfeo annullasse i miei sensi.
Non avevo paura che scappasse di nuovo, non temevo di svegliarmi e non trovarla più al mio fianco. “Abbiamo tutto il tempo del mondo.”, la sua frase mi esplose in testa mille volte, portando con sé tutte le emozioni che avevo provato nel rivederla, nel toccare la sua pelle morbida, nel baciare le sue labbra calde. L'avevo ritrovata, avevo risanato una grande parte della mia ferita.
Avrei voluto riaprire gli occhi e restare sveglio a guardarla dormire al mio fianco, ma la stanchezza me lo impedì.
Sentivo che sarebbe rimasta con me davvero.
Sapevo che avevamo sul serio tutto il tempo del mondo a nostra disposizione.
E per ora, mi bastava la certezza di quel lieto fine.


***



EPILOGO


Trascorse del tempo, e il tempo, si sa, è come la salsedine. Logora, consuma, cancella; eppure brilla sulle rocce, le impreziosisce, le fa scintillare sotto ai raggi caldi del sole.
Noi tutti ardemmo, lenti, nella nostra allegria ritrovata, in quell'equilibrio che ci portò tutti a rasserenarci. Guardammo l'alba sorgere sulle nostre teste, una nuova luce dipingere le nostre vite, un sole enorme scaldare i nostri volti. Un sospiro tranquillo ci attraversò, lento. Non aveva fretta quell'aria nei nostri polmoni. Noi non avevamo fretta. Questo bisogno di correre? Dov'era finito? Svanito, come un soffione accarezzato dal vento, si era sparso nello spazio vuoto attorno. Non c'era necessità di sopprimere i problemi, di affogare le angosce. Erano stati lavati via da quel tempo appiccicoso, salato, dalla salsedine del mare in cui nuotavano le nostre esistenze.
Un soffio d'aria fece scorrere rapide le pagine della nostra vita; con un fruscio si arrestarono sull'ultima, bianca. Indecisi sul mettere un punto fermo che avrebbe concluso tutto, o lasciare quel foglio vuoto, una sorta di sospensione, di attesa.
A che scopo interrompere così bruscamente la nostra storia? Nessuno ne aveva voglia. Nessuno di noi.
In fondo scrivere un punto indica una fine; e la nostra non era una fine. Non c'era nulla che cessava di esistere. A cosa sarebbe servito inserire qualcosa di così definitivo, allora?
Quindi, con il sorriso pacato di chi non ha fretta di crescere, di vivere, di affrontare il futuro, impugnammo la penna del nostro racconto.
Senza dubbi o indugi, cercando nuove pagine bianche da poter riempire, ricominciammo da capo.





FINE









SIGNORI, è FINITA! **
Eccoci qui con l'ultimo capitolo di Mediamente Isterica. Sarà un caso il fatto che l'abbia postato proprio al compleanno dei KaulitzS? XD
Dunque. Con questo finale bomba **, molto breve ma (spero) incisivo, si conclude la prima parte di questa storia. Ovviamente, come è giusto che sia, sono rimasti dei “buchi” che verranno colmati nel sequel.
Il primo capitolo del seguito, intitolato “Le Dimensioni Del Nostro Caos”, non ho idea di quando verrà postato xD Cioè, è già scritto, ma la data è da decidere.
Quando mi verrà voglia, probabilmente. Vi lascerò cuocere nel vostro brodo hahah, mi voglio far desiderare U_U xD
Dunque, volevo approfittare del mio ultimo spazio autrice per ringraziare voi tutte piccole fanciullette **
Tutte quelle che hanno preferito, letto, seguito, recensito e ricordato:

ada12
angel1992
BigAngel_Dark
Ciuly
daphne_und_tom
Diiva
DivaH__
ElianaTitti
fuckin_princess
Ice princess
Lenis
livietta
luchina
rakith
Splash_BK
- S__
tokia483
TokiettinaChan
tokiohotellina95
TVB
UCB
Utopy
valevalethebest
_AllYsoN
_Skipper_
_ZoomIntoMe_


Scusate se ho dimenticato qualcuno (è probabile) ç_ç perdono, ma sono mooolto di fretta. Riparerò al danno il prima possibile.
Bene, spero che vi piaccia e che leggerete il sequel. Che altro dire?
GRAZIE.
Grazie veramente a tutte voi, mi avete fatto sentire importante anche solo nel sapere che leggevate i miei scritti. Grazie, grazie di cuore.

Alla prossima :D

=Alice=

  
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