I
am coming back, I've done something so terrible.
I'm terrified to
speak, but you'd expect that from me,
I'm mixed up, I'll be blunt;
now the rain is just
Washing our past out of my hair and out of my
mind.
Keeping an eye on the world,
So many thousands of feet
off the ground
I'm back to you now, I'm at home in the
clouds,
Towering over your head.
(Adattamento
da: Remembering Sunday – All Time
Low)
Non
riuscii a dormire quella notte, mentre mi rigiravo tra le lenzuola
del letto vuoto. Stringevo convulsamente il cuscino tra le dita,
spostavo le coperte distrattamente, spingendole in fondo al letto con
i piedi, per poi tirarle di nuovo su. Decisi di alzarmi, di cambiarmi
e di fare una doccia; guardai la sveglia luminosa sul comodino,
segnava le 04.53 del mattino.
Scesi scalza sul tappeto e raggiunsi
la cassettiera in fondo alla stanza; aprii i cassetti, tutti
completamente vuoti. Non c'era nulla di mio, non c'era nulla che
appartenesse a Tom. Come se non avessimo mai abitato in quella casa,
come se non ci fosse mai stato niente di nostro lì dentro. Mi
accucciai per aprire lo scomparto più in basso e trovai una
pila di vecchie t-shirt che Tom non utilizzava più da tempo,
tutte accatastate ordinatamente. C'erano anche dei jeans e alcune
paia di boxer con l'elastico consumato; presi i suoi boxer e una
maglietta e scesi al piano di sotto, raggiungendo il bagno. Poggiai i
vestiti sul ripiano accanto al lavandino e mi spogliai senza fretta,
prima di entrare nella doccia. Mi insaponai con cura, rimasi immobile
sotto al getto di acqua tiepida per molto tempo, con gli occhi
chiusi. Avevo sonno, sentivo le palpebre umide e pesanti, ma non
riuscivo ad addormentarmi. Uscii dal box e presi un asciugamano nello
sportello accanto allo specchio, senza curarmi delle gocce sul
pavimento; mi asciugai la pelle e i capelli, poi mi infilai i boxer e
la t-shirt di Tom mettendo i miei vestiti usati dentro la lavatrice
che avviai, e raggiunsi la cucina a piedi nudi. Mi fermai davanti al
frigorifero, senza aprirlo; mi persi nel guardare le foto appese
sull'anta lucida con delle calamite e senza disturbo notai che non
comparivo nemmeno in una di queste. Cercai la mia borsa e tirai fuori
dal portafoglio una foto mia e di Beth che tagliai a metà,
prendendo solo la parte che mi ritraeva, e la incollai al frigorifero
con un magnete, in uno spazio libero tra un'immagine di Gustav e
Alice abbracciati, e una di Tom e Bill da bambini.
Aprii il frigo
e lo trovai vuoto: c'erano solo due bottiglie di succo di frutta
scadute; d'altronde non c'era nessuno, perché ci sarebbe
dovuto essere qualcosa? Così svuotai le due confezioni nel
lavandino e cercai qualcosa da mangiare nella credenza; trovai un
pacco ancora sigillato di biscotti, e iniziai a sgranocchiarli senza
gusto mentre mi appollaiavo sul divano e accendevo la
televisione.
Verso le cinque e trenta iniziò un programma
mattutino chiamato “Buongiorno, Germania!”, dalla sigla
allegra intonata da un coro di squilli di sveglie, in cui un cuoco
dall'aria simpatica illustrava come preparare delle ottime omelette.
Il brusio della sua voce mi trasportava, mi faceva sbadigliare, ma mi
impediva di addormentarmi nella penombra bluastra del televisore.
Poggiai sul pavimento il pacco ormai semivuoto di biscotti e mi
accoccolai tra i cuscini che odoravano di polvere.
Passò
circa una mezz'ora, i miei occhi erano ormai assuefatti dalle mani
rapide del cuoco e dallo smagliante e plastico sorriso della
conduttrice laccata di correttore, che soffocava gli sbadigli e
fingeva interesse per le parole dell'uomo e cordialmente rifiutava i
suoi piatti, limitandosi a complimentarsi per l'ottimo odore.
Abbassai ulteriormente il volume, fin quando le parole non mi
divennero impercettibili e la mia concentrazione svanì,
impedendomi persino di carpire qualcosa dal loro labiale.
Poi, in
quel silenzio ovattato in cui si sentiva solo lo schiocco della mia
pelle che si incollava a quella del divano, e in cui la densa luce
della TV mi cullava verso il sonno, uno strano rumore attirò
la mia attenzione. Uno scatto secco, proveniente dall'ingresso; il
rumore delle chiavi che giravano nella serratura. Poi sentii il
fruscio della porta che si apriva sfiorando il pavimento, e dei passi
pesanti, lenti, intralciati da qualcosa che con un tonfo cadde a
terra, come un sacco pesante. Forse un paio di valigie. Poi sentii la
porta richiudersi e la figura che era entrata fermarsi. La immaginai
immobile davanti all'entrata, che muoveva gli occhi in direzione
della luce proveniente dal salone.
“Chi c'è?”,
chiese a voce alta. Era una voce maschile, roca, assonnata. Ma non
era spaventata, forse solo un po' agitata. Nel riconoscerla, nel
carpire quel tono basso, ruvido, sentii un tuffo al cuore. Una specie
di sfarfallio alla bocca dello stomaco, la gola che pizzicava,
emozionata. “C'è nessuno?”, chiamò ancora
la voce. Era lui. Era tornato. Sentii i suoi passi avvicinarsi, farsi
sempre più marcati, intralciati dai jeans forse troppo larghi.
Riconobbi la sua ombra oltre la vetrata del salotto, e poi la sua
figura divenne solida davanti a me mentre varcava l'entrata del
salone e io mi tiravo su a sedere sul divano e poi in piedi, il suo
volto abbronzato veniva illuminato piano dall'alone bluastro della
televisione verso la quale era rivolto. Nel vederlo, immobile sulla
soglia del salotto, le labbra dischiuse dallo stupore e gli occhi
contratti da una strana espressione, un misto di dolore, emozione e
sorpresa, non riuscii a fare altro che avvicinarmi a passi svelti,
sollevarmi sulle punte quando mi trovai di fronte a lui e prendergli
il viso tra le mani, in silenzio. Mi afferrò con delicatezza i
polsi, tenendo gli occhi fissi nei miei, poi fece scivolare le mani
sulle mie spalle, sui miei fianchi, senza stringere, quasi per
assicurarsi che fossi vera. Lentamente mi avvicinò a sé
e mi abbracciò, posando le labbra contro i miei capelli ancora
umidi. “Sei tornata...”, bisbigliò. “Sei
tornata...”, continuava a ripetere, con tono via via più
basso. Eravamo fermi, all'entrata del salotto, io ancora avvolta
nelle sue braccia incredule. “Sei tornata.”, disse di
nuovo, scostandomi da sé per guardarmi di nuovo in faccia. Con
il pollice percorse il tratti del mio viso, il mento, gli zigomi, le
tempie. Mi teneva la testa tra le mani grandi, e sembrava incapace di
avvicinarsi di nuovo, come se non potesse smettere di guardarmi.
E
io fissavo il suo viso, leggermente più scuro, abbronzato, gli
occhi nocciola assottigliati dal sonno che si sforzava di sgranare,
le treccine scure coperte da una fascia e da un capello senza
visiera, il piercing metallico al lato del labbro che ormai lo
caratterizzava. Sfioravo la pelle liscia delle sue guance, mi
soffermavo sui nei e con il pollice accarezzavo le sue labbra
morbide, asciutte.
Poi, senza chiudere gli occhi, si chinò
su di me e posò la bocca sulla mia, in un bacio veloce, e poi
un altro, e un altro ancora. Veloci, uno dietro l'altro, e mentre li
deponeva sulle mie labbra in quel modo frenetico, quasi stesse
assaggiando qualcosa che non mangiava da tempo, non distoglieva gli
occhi dai miei, sembrava facesse fatica persino a battere le
palpebre. Poi si fermò, mi strinse ancora, e continuava a
toccarmi quasi non credesse che fossi io, in carne ed ossa, stretta
tra le sue braccia. “Sei tornata...”, bisbigliò
ancora una volta, prima di chinarsi sul mio viso e baciarmi. Chiuse
gli occhi, le sue labbra si poggiarono delicate sulle mie, lente. Non
premevano con insistenza, ma quasi assaporava quel bacio, come se
stesse aspettando solo quello da troppo tempo, e probabilmente era
così. Mi aggrappai con forza alle sue spalle e mi tirai su,
stringendo le gambe attorno alla sua vita. Lui mi tenne ancorata a sé
bloccandomi per le cosce e, mentre con le labbra scendeva sul mio
collo fin dove lo stretto scollo della t-shirt gli permetteva di
arrivare, gli sfilai il berretto e la fascia e li lasciai cadere a
terra, alle nostre spalle. Lui mi lasciò scendere dai suoi
fianchi e rimase a guardarmi per un attimo, immobile, mentre
continuava ad accarezzarmi il viso. Poi si avvicinò di nuovo
fino a far aderire il suo corpo al mio, e senza fretta aprii la
cerniera della sua felpa e lui finì di sfilarsela, lanciandola
sul divano senza guardare. Mosse un passo verso di me, e io iniziai a
retrocedere; mi guidava verso le scale mentre si spogliava di corsa,
si toglieva le scarpe dai talloni facendo forza con la punta
dell'altro piede e io gli slacciavo la cintura. Lasciò che i
jeans gli scivolassero giù dalle cosce e li scavalcò,
scalciandoli da parte. Scollò per un secondo le labbra dalle
mie quando sentii il primo gradino della scala che portava al piano
di sopra battere contro il mio polpaccio. Ci fermammo per un secondo
e mi tolse, con un solo rapido gesto, la sua t-shirt grigia fin
troppo grande, lasciandola sul corrimano delle scale. Sembrò
non notare nemmeno che indossassi i suoi boxer, mentre mi tirava di
nuovo su per i fianchi e io allacciavo le gambe attorno ai suoi,
mentre salivamo le scale senza scollarci un secondo. Aprì la
porta della nostra stanza e mi lasciò cadere sul letto. Prima
di salire sul materasso si tolse la maglietta in fretta e poi si posò
sopra di me, letteralmente avvinghiato al mio corpo. Con le labbra
scese fin giù, sul mio ventre, ma quando arrivò
all'ombelico gli sfiorai il viso con una mano e lui alzò gli
occhi verso di me. Risalì gattoni e immediatamente intrappolai
la sua bocca con la mia; si abbandonò a quel bacio con un
sospiro. Sentii le sue mani scivolare lungo i miei fianchi,
provocandomi dei brividi che si accentuarono quando mi sfilò i
suoi boxer consumati. Solo in quel momento parve notarli e sorrise
mentre li abbandonava accanto a noi. Io feci lo stesso.
Graffiai
involontariamente la sua schiena appena tornammo ad essere una cosa
sola.
In un barlume di lucidità, mentre mi sfuggiva un
gemito contro le sue labbra premute sulle mie, mi strinsi
maggiormente al suo corpo, e sperai che bastasse quel momento a non
dividerci mai più.
***
Entrare
dentro di lei non fu come le altre volte. Fu qualcosa di
completamente diverso dal sesso o dal piacere stesso che si prova.
C'era qualcosa di più. Fu come ritrovare una parte di me che
avevo perso. Fu come se mentre sentivo la sua schiena inarcarsi, il
suo cuore battere più velocemente contro il mio petto, e il
mio cuore stesso martellare contro la cassa toracica, avessi rimesso
insieme i pezzi di un puzzle incompleto da troppo tempo. Vederla lì,
al centro del salone, con la mia t-shirt addosso, i capelli umidi e i
piedi nudi sul pavimento, mentre mi si avvicinava titubante, mi
baciava, mi accarezzava o, come adesso, sospirava contro le mie
labbra, fu qualcosa che con il piacere e l'amore che mi invadeva
mentre tornavamo ad appartenerci sul nostro letto,
in quella casa che dopo tempo sentivo di nuovo nostra, non
c'entrava assolutamente nulla. Fu come tornare ad essere completo,
come se sentire le sue unghie affondare nella schiena, le sue labbra
calde e umide sulla pelle del mio corpo, fossero cose che mi
appartenevano come un braccio, o una gamba. Qualcosa che mi era stato
tolto da un incidente e che ora era di nuovo mio. Cose che facevano
parte di me.
Avevo
immaginato tante volte il suo ritorno, rivederla e sentirla di nuovo
mia come in questo momento. Avevo immaginato di scoppiare di rabbia
incontrando i suoi occhi, di mandarla via, di non volerla vedere. E
invece le cose erano andate diversamente. Nell'incontrarla avevo
sentito il sangue riprendere a fluire nelle mie vene, il cuore
martellare, e tutto il dolore che in sua assenza avevo provato era
stato cancellato, surclassato dalla sua sola esistenza e presenza.
In fondo, riponevo la speranza di odiarla. Che più che una
speranza era il bisogno di tentare di ripararmi dalla paura di
soffrire ancora. Ma cambiare un sentimento in questo modo, purtroppo
(o grazie al cielo?), non è possibile.
Roxy ansimò
sotto di me, mi morse le labbra piano, quasi le stesse assaggiando, o
avesse paura di farmi male. Spossati e sudati ci fermammo, uscii da
lei accasciandomi sul suo corpo e poggiando la testa di fianco al suo
viso. Chiuse gli occhi, e cercò la mia mano, poggiata sul
cuscino. La strinse piano tra le dita, il respiro ancora affannoso.
Sentivo il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente contro il
mio, e mi sdraiai accanto a lei; mi sembrava che il mio peso le
impedisse di respirare. Si girò su un lato, rivolta verso di
me, il viso a una spanna dal mio, fin quando il battito del suo cuore
e i suoi polmoni si stabilizzarono. Poggiai una mano sulla sua nuca
per avvicinarla a me e le baciai la fronte. Lei mi abbracciò,
si strinse al mio corpo, rintanandosi tra le mie braccia. Chiusi gli
occhi, assonnato, e il mio respiro e il mio battito cardiaco
rallentarono a poco a poco.
“Ci sono così tante
domande che vorrei farti...”, mormorai, senza sollevare le
palpebre. “...ma sono così stanco...”, sbadigliai.
Intrecciò le dita tra i miei capelli e mi baciò la
punta del naso.
“Dormi, domani risponderò a tutto.
Parleremo, faremo colazione insieme, faremo l'amore di nuovo e
andremo a trovare gli altri...”.
“Non necessariamente
in quest'ordine.”, ghignai, malizioso e assonnato, sfiorandole
le labbra con le mie.
Feci lo sforzo di aprire un po' gli occhi,
solo per bearmi un momento del suo sorriso dei suoi occhi azzurri, e
poi crollai, spossato, con la testa poggiata tra il suo collo e la
sua spalla. “Abbiamo tutto il tempo del mondo.”, riuscii
a percepire un momento prima che Morfeo annullasse i miei sensi.
Non
avevo paura che scappasse di nuovo, non temevo di svegliarmi e non
trovarla più al mio fianco. “Abbiamo tutto il tempo del
mondo.”, la sua frase mi esplose in testa mille volte, portando
con sé tutte le emozioni che avevo provato nel rivederla, nel
toccare la sua pelle morbida, nel baciare le sue labbra calde.
L'avevo ritrovata, avevo risanato una grande parte della mia ferita.
Avrei voluto riaprire gli occhi e restare sveglio a guardarla
dormire al mio fianco, ma la stanchezza me lo impedì.
Sentivo
che sarebbe rimasta con me davvero. Sapevo che
avevamo sul serio tutto il tempo del mondo a nostra disposizione.
E
per ora, mi bastava la certezza di quel lieto fine.
***
EPILOGO
Trascorse
del tempo, e il tempo, si sa, è come la salsedine. Logora,
consuma, cancella; eppure brilla sulle rocce, le impreziosisce, le fa
scintillare sotto ai raggi caldi del sole.
Noi tutti ardemmo,
lenti, nella nostra allegria ritrovata, in quell'equilibrio che ci
portò tutti a rasserenarci. Guardammo l'alba sorgere sulle
nostre teste, una nuova luce dipingere le nostre vite, un sole enorme
scaldare i nostri volti. Un sospiro tranquillo ci attraversò,
lento. Non aveva fretta quell'aria nei nostri polmoni. Noi non
avevamo fretta. Questo bisogno di correre? Dov'era finito? Svanito,
come un soffione accarezzato dal vento, si era sparso nello spazio
vuoto attorno. Non c'era necessità di sopprimere i problemi,
di affogare le angosce. Erano stati lavati via da quel tempo
appiccicoso, salato, dalla salsedine del mare in cui nuotavano le
nostre esistenze.
Un soffio d'aria fece scorrere rapide le pagine
della nostra vita; con un fruscio si arrestarono sull'ultima, bianca.
Indecisi sul mettere un punto fermo che avrebbe concluso tutto, o
lasciare quel foglio vuoto, una sorta di sospensione, di attesa.
A
che scopo interrompere così bruscamente la nostra storia?
Nessuno ne aveva voglia. Nessuno di noi.
In fondo scrivere un
punto indica una fine; e la nostra non era una fine. Non c'era nulla
che cessava di esistere. A cosa sarebbe servito inserire qualcosa di
così definitivo, allora?
Quindi, con il sorriso pacato di
chi non ha fretta di crescere, di vivere, di affrontare il futuro,
impugnammo la penna del nostro racconto.
Senza dubbi o indugi,
cercando nuove pagine bianche da poter riempire, ricominciammo da
capo.
FINE
SIGNORI,
è FINITA! **
Eccoci qui con l'ultimo capitolo di Mediamente
Isterica. Sarà un caso il fatto che l'abbia postato proprio al
compleanno dei KaulitzS? XD
Dunque. Con questo finale bomba **,
molto breve ma (spero) incisivo, si conclude la prima parte di questa
storia. Ovviamente, come è giusto che sia, sono rimasti dei
“buchi” che verranno colmati nel sequel.
Il primo
capitolo del seguito, intitolato “Le Dimensioni Del Nostro
Caos”, non ho idea di quando verrà postato xD Cioè,
è già scritto, ma la data è da decidere.
Quando
mi verrà voglia, probabilmente. Vi lascerò cuocere nel
vostro brodo hahah, mi voglio far desiderare U_U xD
Dunque, volevo
approfittare del mio ultimo spazio autrice per ringraziare voi tutte
piccole fanciullette **
Tutte quelle che hanno preferito, letto,
seguito, recensito e ricordato:
ada12
angel1992
BigAngel_Dark
Ciuly
daphne_und_tom
Diiva
DivaH__
ElianaTitti
fuckin_princess
Ice
princess
Lenis
livietta
luchina
rakith
Splash_BK
-
S__
tokia483
TokiettinaChan
tokiohotellina95
TVB
UCB
Utopy
valevalethebest
_AllYsoN
_Skipper_
_ZoomIntoMe_
Scusate
se ho dimenticato qualcuno (è probabile) ç_ç
perdono, ma sono mooolto di fretta. Riparerò al danno il prima
possibile.
Bene, spero che vi piaccia e che leggerete il sequel.
Che altro dire?
GRAZIE.
Grazie veramente a tutte voi, mi avete
fatto sentire importante anche solo nel sapere che leggevate i miei
scritti. Grazie, grazie di cuore.
Alla
prossima :D
=Alice=