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Autore: CieloSenzaLuna    01/09/2010    1 recensioni
L’ombra del tragitto del volatile candido ed estraneo si srotolava a terra come un soffice tappeto di velluto rosso e carezzava ogni corpo abbandonato da Dio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il volo della colomba

In un luogo dimenticato dal mondo, dove sofferenza e disperazione si schiacciavano una sull’altra ed esplodevano ad ogni angolo con un boato terrorizzante, migliaia di uomini uccidevano e morivano.

Il cielo era scuro, la polvere da sparo nascondeva il sole e la terra macchiata dal sangue del peccato. Pallottole che volavano in aria veloci come missili squarciavano l’atmosfera tetra e in ombra, rendendola ancora più agghiacciante.

Si potrebbe dire che il silenzio avvolgeva ogni corpo senza vita, rinchiudendolo in una sacra cupola di vetro e lasciandolo alla pace.

Alcuni singhiozzi erano pronti a far sussultare i petti dei soldati feriti. Li sentivano in gola, quei singhiozzi, ma nessuno aveva il coraggio di lasciarli uscire e correre, insieme alle lacrime che si sarebbero riversate sulle loro guance non appena avessero avuto il via.

Nascosti dietro ad alcuni massi, piccoli uomini –poco più che ragazzini-, osservavano l’inferno che si faceva strada fino ai loro occhi straripanti di disgusto. Fucili alle mani, ancora così inesperte e tremanti, caschetti ben calati sulle tempie e una morsa al cuore. Una morsa così stretta che toglieva il fiato e faceva loro male. Perché loro avevano paura, quel brivido che ti arriva fino alle ossa e ti scuote tutto, facendoti ballare il cervello da una parte all’altra e lasciandoti –ormai non più lucido- in balìa del panico più totale, che ti risucchia nel profondo.

Carri armati che si spingevano nel cuore della battaglia e giovani destinati a cadere a terra, come foglie secche spazzate dal vento autunnale, facevano parte di un’unica, grande guerra.

La guerra, alleata più fedele della morte stessa, che non guardava in faccia a nessuno. Con un soffio era capace di lacerare, dentro e fuori, quei combattenti tanto orgogliosi del loro Paese, così pronti a far scoccare le loro frecce, ad infuocare tutto ciò che li avesse ostacolati, a sparare.

Elizabeth, Gabrielle, Dana, Iolanda, Celine, Tania, Marie, Louise…

Ultimi pensieri, ultimi nomi, ultimi amori, cuori infranti e volti sbiaditi dalla lontananza, dal tempo.

Ed era tutto così lontano dalla loro portata. Avrebbero potuto correre per miglia e miglia, quei soldati imbalsamati dal terrore, senza trovare anima viva. Perché erano in trappola, rinchiusi dalle loro stesse menti in corpi stanchi, rinchiusi in un luogo senza tempo né nome, dove morire era giusto e inevitabile, dove combattere era l’unica ragione per non andarsene. Dove non contava la razionalità e un’unica parola era incisa nelle menti dei guerrieri: sopravvivere.

Una guerra ingiusta e terribile, dalle lame taglienti e dal destino imprevedibile. Una battaglia all’ultimo sangue, dove il più forte vinceva. La legge della vita. Il debole cadeva, il forte andava avanti.

Nello stesso istante di un tempo imprecisato, in quel mondo spaventoso, isolato da tutto e tutti da un margine terroso, nel cielo scuro e pieno di polvere una colomba passò. Era bianca, pura, piena di coraggio. Le ali spiegate e splendenti, gli occhi neri e lucidi come due ciottoli bagnati e il becco argentato, nel quale riposavano legnetti secchi.

Ogni singolo sguardo di quelle migliaia di uomini dal cuore freddo si levò verso il cielo a seguire il volo di quel dono del firmamento e per un minuto o due i combattimenti cessarono. Alcune preghiere si legavano a quel simbolo di pace, le speranze tornavano piano piano, facendo capolino nelle menti accecate dall’odio.

L’ombra del tragitto del volatile candido ed estraneo si srotolava a terra, come un soffice tappeto di velluto rosso e carezzava ogni corpo abbandonato da Dio.

Un applauso, dapprima lieve e quasi inudibile, fino a trasformarsi in un grandioso segno di gratitudine, si alzò verso l’alto, ad onorare quel segno pacifico e pieno di gioia.

Un applauso diverso da quelli che ognuno di loro avesse mai udito. Un battere di mani inconsapevole e quasi folle, ma che li univa e –per un minuto o due- li faceva assomigliare tutti, vincenti e vinti. Li abbracciava, estrapolandoli per pochi attimi dalla battaglia, ora assomigliante più ad un grande festone.

Un unico battere di mani; mille e più battiti di cuori malinconici tornati alla vita; il battere d’ali di una colomba che si allontanava, superando le barriere invisibili e crude della distruzione, unica stella bianca, un puntino sul velo nero della disperazione. Una colomba bianca, complice della pace.

 

  
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