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Autore: rocketqueen95    03/09/2010    3 recensioni
Salve a tutti!! questa è la mia prima fan fic, forse è un pò triste, ma mi è venuta di getto e spero vi piaccia comunque... Buona lettura!!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                      Back Off My Bitch

 

Si svegliò alle tre e mezzo di notte. Non era la prima volta che gli succedeva. Si guardò intorno. Le sembrò di rivivere un ricordo.

Un ricordo lontano, annebbiato nella sua mente offuscata dalla droga. Droga, già.

Si alzò, ma la casa non era quella di allora. Non era a Los Angeles, nel suo mini-appartamento diviso con Alice. Era a Londra, nella sua casa a Myfair.  Si guardò allo specchio come quella notte. Era ancora troppo magra, le occhiaie c’erano ancora e il bel viso dal colorito troppo pallido e… com’è che aveva detto quella notte? Ah si … sembrava semplicemente quello che era, una modella.

Questa volte rise, ma le uscì solo una risata aspra, che somigliava più a quello di una donna anziana che ad una ragazza di appena ventiquattro anni. Cristo, aveva solo ventiquattro anni eppure a lei sembrava centinaia.

Quei quattro anni in cui aveva conosciuto l’uomo per cui avrebbe fatto di tutto l’avevano consumata come un fuoco lento. Era morta dentro e niente l’avrebbe risvegliata.

Quattro anni fa, in una notte come quella, dopo essere scoppiata a piangere davanti allo specchio con la sua immagine riflessa, era corsa senza volerlo a casa di quei cinque ragazzi che oggi erano delle rockstar acclamate in tutto il mondo, ma che, allora non era nessuno. Era corsa lì ed erano bastati quegli occhi verdi a consolarla. Era bastata la sua voce. Oggi sarebbe stato ancora così?

Non sarebbe andata da loro stavolta, non avrebbe visto quegli occhi per stare meglio. Anche se l’avrebbe voluto più di altra cosa.

Anche Axl quella notte si ricordò di lei. Anche lui era a Londra e la casa non era certo quella, dove l’aveva portata dopo averla vista piangere.

-          Che cazzo fai alzato? – Izzy era quello di sempre però. Sembrava sua madre, e lui la odiava.

-          Che c’è uno non può neanche alzarsi quando si pare? –

-          Fa come vuoi. –

-          Tu perché sei alzato? –

-          Pensavo a Kathleen. – Kathleen. Bastò il nome a farlo girare di scatto. Nessuno doveva pensare ai suoi giocattoli. E lei era uno di quelli.

-          E perché pensavi a lei?. -

-          Sta male secondo me.  Ecco … secondo me sei tu. –

-          Io?! Tu stai fuori amico! Perché sarei io?. –

-          Perché è innamorata di te, lo sai. Anche tu lo sei. -

-          Già tutte le volte che si scopa Duff sono proprio un sintomo di amore per me. – lo squadrò come per vedere se non fosse impazzito.

-          Perché tu non ti scopi altre ragazze davanti a lei? . - non seppe rispondere. Era vero, ma lui lo faceva per vendetta. 

-          E lei che lo vuole. –

-          Non imparerai mai Will. Cerca di crescere almeno un po’. Non sei un bambino –

-          Non ricominciare con la paternale. –

-          Lasciamo stare va. – quelle parole gli suonarono strane. Izzy non aveva mai perso la calma con lui prima d'ora. Anche lui che si andasse a far fottere.

La notte passò in questo modo per entrambi. Mentre quella di quattro anni prima aveva portato tutto ciò che i nostri protagonisti desideravano, questa distrusse tutto.

Dopo aver passato le rimanenti cinque ore a fumare, Kathleen tornò nel suo “mondo dorato” da modella. Sarebbe stato più appropriato “mondo di polvere bianca”. Passava tutto il giorno nell’edificio dell’IMG, l’agenzia più famosa di modelle in tutta Londra e nel mondo, dove se si lamentava per qualcosa, il disco rotto era sempre lo stesso “sai quanto sei fortunata” oppure “sai quante ragazze ucciderebbero per essere al tuo posto?”. E perché non lo fanno? Perché non uccidono me?

-          Ciao Kathy. Mamma mia hai una faccia. Hai dormito stanotte? -

-          Secondo te? – l’ironia le sembrò l’unica arma da usare in quel momento, anche se stava parlando con Alice e a lei, non avrebbe nascosto niente.

-          Mmm no. –

-          Risposta esatta!. –

-          Grande, ho vinto un viaggio alle Hawaii?. –

-          No nella sala qui accanto e vedete di muovervi. – dalla porta era apparso il loro agente, Jonathan – Kathleen mi raccomando, la prossima volta vedi arrivare più tardi. Forza, spogliati.

-          Si si d’accordo. –

Quando uscì Alice lo prese in giro con la voce in falsetto. La fece ridere un po’.

Finirono alle tre del pomeriggio. Erano sfinite tutte e due. Nel loro camerino però c’era una sorpresa. Quattro ragazzi le aspettavano. Alice fece finta di essere stupita.

-          O mio Dio cosa ci fanno nel mio camerino quattro splendide creature come queste? –

-          Io sono venuto per vedere se avevate del Jack Daniel’s. – c’era da aspettarsela una risposta simile da Slash.

-          Bhe mi dispiace pecora nera, non c’è lo zio Jack qui per voi. –

-          Ciao Bambolina. Ma come ti sta bene questo vestito, sotto non porti niente vero?. – Duff la chiamava sempre così, Kathleen.  Si avvicinò e abbracciandola cercò si slacciarle il vestito con quell’espressione da gatto furbo tipico di lui. Quando era sobrio.

-          Lo scoprirai dopo, scemo. – lo respinse con un bacio all’angolo della bocca. Si sentì una mano sul braccio.

-           Non si saluta?. – chissà perché non aveva il coraggio di girarsi e guardare il proprietario di quella voce che la faceva impazzire.

-          Ciao Axl. –

-          “ciao Axl”? Cos’è ti faccio paura?. – le girò il viso verso di lui. Con finto sguardo sprezzante, fece la linguaccia. Lui sorrise.

-          Così va meglio. - la baciò sulle labbra. Dio quanto avrebbe voluto picchiarlo e continuare a baciarlo contemporaneamente.

-          Non avete il concerto domani? Non dovete provare?. – si rivolse imbarazzata a Izzy, che la fissava triste.

-          Sì, ma oggi devono sistemare il palco, proveremo tutta domani. –

-          Capisco. Oggi cosa avevate in programma quindi? – prese nervosa una sigaretta.

-          Duff e Axl volevano portarvi da qualche parte. Se non avevate nulla da fare. – Sottolineò “Duff e Axl” come per far capire che lui non voleva.

Davvero non se la sentiva, ma Alice rispose senza darle tempo di ribattere – D’accordo. Finiamo verso le otto. Veniamo noi. Il dove a voi la scelta. –

-          Uuuuh bene. A dopo ragazze. – il biondone prese lei e Alice e scoccò due sonori baci a entrambe.

-          A dopo idiota. –

Kathleen cercò di evitare per tutto il tempo lo sguardo di Axl, quel tentativo straziante finì solo per peggiorare la cosa.

Sperò che le otto non venissero mai, ma come tutti i giorni arrivarono. Quella sera cercò solo di ubriacarsi quanto più possibile, ma sapeva che sarebbe successo qualcosa.

A metà serata un uomo venne verso il loro tavolo nel momento in cui Alice controllava da vicino il contenuto dei pantaloni del chitarrista riccio e Kathleen quello del biondone e di Axl, che quando era ubriaca riusciva a guardare senza problemi.

-          Che cazzo state facendo qui? – sembrava piuttosto arrabbiato.

-          Hey amico … tu … chi sei? Somigli a mia madre sai? – Duff e Axl lo guardarono confusi dalla troppa droga assunta.

-          Sentite coglioni vi avevo detto a tutti e quattro che stasera dovevate restare a casa che cazzo ci fate qui?!. –

-          Senti qua nessuno ci dice che dobbiamo fare capito figlio di puttana?!. – Axl si alzò di scatto in preda a uno dei suoi attacchi di rabbia, che di solito solo la ragazza vicino a lui sapeva calmare.

-          Ragazzino adesso mi hai proprio rotto! Adesso venite con me senza fare storie o vi rispedisco a Los Angeles con un biglietto di sola andata!. –

-          Sei tu che hai proprio rotto i coglioni a me chiaro?!. – si avventò su di lui, ma prima che potesse fare peggio, Duff che era più alto di lui di quindici centimetri buoni lo fermò. – Fermo Axl! Fatti i cazzi tuoi!. –

-          Vaffanculo pure tu! Lasciami andare!. –

-          Fermo Axl! Non fare stronzate!. – come al solito solo quando Kathleen si alzò e lo guardò in faccia si calmò veramente. Si liberò dalla stretta di Duff e si diresse verso l’uscita seguito a ruota dagli altri che erano ancora confusi. Andarono tutti a casa dei ragazzi, che si riunirono nel salotto. Tutti meno che Axl.

-          Sentite io non ce la faccio più. È peggio di una bestia!. – Izzy, era proprio lui che stava parlando.

-          Bhe tu sei l’unico che lo fa ragionare quindi sopporta ok? Sarà un periodo. Con tutto quello che gli è successo. –

-          Non è colpa nostra se si era scelto una fottuta puttana. Sarà meglio che sia dia una calmata. –

-          Slash non si tratta di puttana o meno, quello sta fuori di testa!. –

-          Non vi preoccupate domani sera starà meglio. – la frase era arrivata dal divano in fondo alla stanza, dove erano sedute le due ragazze.

-          Perché che succede domani sera?. –

La bionda si alzò dirigendosi al piano di sopra – Fidatevi. –

Si diresse verso la camera di Axl, dove la porta era aperta. Era seduto sul davanzale della finestra, a petto nudo, sembrava un bambino indifeso in quel momento.

-          Begli amici che mi sono scelto. –

-          Hanno ragione, ti devi dare una calmata. Non puoi continuare così. -

-          Dai ragione a loro?. –

-          Si. –

Si girò a guardarla – Vieni per favore. – si avvicinò titubante e lui la strinse – sei una stronza, ma ti amo. – quelle parole la fecero irrigidire.Amare. La baciò e finirono per fare sesso. Stretta al suo petto, quel momento fu il più difficile,con quella vocina nella sua testa che gli diceva “goditelo è l’ultimo”. Iniziò a piangere e sussurrò

-          Ti odio. –

-          Non è vero. –

-          Sì, invece. – finì lì il discorso perché non aveva il coraggio di continuare.

 

Il mattino dopo andò in ospedale. Quel posto la faceva pensare al “Silenzio degli Innocenti”. Con Annhibal Lecter pronto a sbranarla. Uscita da lì le parole di quel dottore così distinto le rimbombavano nel cervello “ Mi dispiace, ma era come temevo. Se segue le cure, le rimarrà un anno, altrimenti penso sì e no due mesi. Il suo cuore non ha retto gli abusi eccessivi di droghe per via della malformazione. Mi spiace molto davvero. ”. Già, due mesi e sarebbe finito tutto. Dio aveva ventiquattro anni. Ventiquattro anni e solo due mesi di vita, per colpa della droga.

La sera, come promesso, si presentò nei loro camerini e attese la conclusione del concerto. Da lì poteva sentire tutto, erano migliorati e molto. Erano davvero bravissimi. Sorrise tra sé e sé. “Cavoli ce l’hanno fatta quei cinque scemi”.

Il primo a entrare fu Izzy a lui doveva dire la cosa più importante – Oh già qui. Se aspetti … -

-          No vado via. Mi devi fare un favore però. Prometti?  –

-          D’accordo, ma che hai? Sei strana, c’è qualcosa che non va?. –

-          Non lasciarlo, per favore. O si rovinerà da solo. –

-          Ma che ti prende?!.- lo zittì con un bacio.

-          Fa come ti ho detto e cerca di essere meno malinconico a volte. Ciao. –

La guardò uscire dalla stanza. Incontrò gli altri nel corridoio – Hey, dove vai così di corsa?. –

-          Me ne vado, Axl. –

-          Come te ne vai?. –

-          Me ne vado, mi dispiace. – gli diede un bacio e guardò per l’ultimo volta quegli occhi verdi, così disperatamente folli e simili ai suoi.

-          Ciao pecora, ciao Bambolone. – diede un ultimo bacio a entrambi e corse via.

 La mattina lesse del loro concerto e del loro successo. Se lo meritavano. Bhe, addio Guns n’Roses. Addio Alice. Addio Axl.

Prese la siringa dal sopra il letto. Non è vero che quando si muore si rivede la propria vita. Si vede solo ciò che ti mancherà di più. E lei non vide niente, proprio come niente era stata la sua vita.  

  
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