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Autore: Lady_Firiel    03/09/2010    3 recensioni
Beth aveva dei ricci bellissimi
Mi è uscita di getto, quindi, beh... Prendetela per quello che è.
Commenti, critiche e/o consigli, ben accetti
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I ricci di Beth

I ricci di Beth


Beth aveva dei ricci bellissimi.
Erano d’una sfumatura a metà tra il castano chiaro ed il rosso ramato, si ravvolgevano su loro stessi in perfette spirali, tanto ordinate e precise da parer fatte di proposito.
Aveva gli occhi grandi e color cielo plumbeo, il viso tondo e i tratti delicati, le labbra rosee piccole e carnose, le orecchie forate dai minuscoli orecchini in oro bianco, il naso un a patata e con la punta un po’ all’insù.
Indossava vestitini colorati, ornati con trine, nastri e fiocchi, le scarpette basse sempre in tinta al resto, come fermacapelli di seta che le fermavano i ricci sulle tempie, perché non le coprissero il viso.
Beth sembrava una bambola, con la vocina dolce e vivace, le manine pallide dalle dita affusolate che si muovevano agili sulla tastiera d’avorio del vecchio pianoforte a coda che il nonno materno aveva lasciato nel salone.
Rideva spesso, Beth: quando correva innocentemente dietro agli uccellini che volavano troppo alti per esser presi, nel giardino di casa, o quando il papà la spingeva sull’altalena di legno e corde che avevano appeso al ramo della magnolia.
Era una bambina dolce e graziosa, con i suoi bei ricci che intenerivano la gente.

Beth aveva dei ricci bellissimi.
Le erano cresciuti un po’, ed ora le arrivavano sul seno non troppo generoso, come si conveniva ad una signorina per bene della sua età, con le solite precise volute.
Gli orecchini non erano più d’oro bianco: ora, ai suoi lobi, brillavano dei diamanti della miglior qualità, regalo della zia per quand’era venuta donna.
I vestiti erano stretti, il corpetto le toglieva quasi il respiro, e la gonna le arrivava sin oltre le caviglie –«Una signorina dabbene non nostra le caviglie» diceva la nonna-; bisognava sedersi sulle poltrone con estrema accortezza, altrimenti si spiegazzava tutta la stoffa e non stava bene passeggiare con l’abito così malmesso.
Le scarpette avevano un po’ di tacco, due dita appena, per slanciare un pochino la figura, e non erano affatto comode: dopo una passeggiata per il giardino facevano male i piedi e c’era da tenerli a bagno in sale ed acqua calda tutta la serata, se non si volevano calli e vesciche a rovinarli.
Non c’era più tempo di correr dietro uccelli e farfalline, né di dondolarsi in altalena, e di suonare il vecchio piano se ne faceva menzione solo nei giorni di festa, quando la famiglia si recava in residenza per il pranzo; ora bisognava conversare da donna di buona famiglia, sorseggiando il tè e prestando attenzione a non far briciole coi biscotti, scorrendo gli occhi sulla figura elegante del suo giovane fidanzato.
Era una signorina educata e graziosa, con i suoi bei ricci che seducevano la gente.

Beth aveva dei ricci bellissimi.
Erano tanto lunghi che le arrivavano a metà schiena, ma non c’era il tempo per pettinarli tanto spesso come una volta, così li fermava in una crocchia sulla nuca, e le spirali accurate in cui i ciuffi si ravvolgevano andavano rovinandosi.
Gli orecchini erano dei pendenti d’oro e pietre preziose –smeraldi, opali, zaffiri, rubini…-, abbinati agli abiti che scivolavano pigri lungo le sue curve morbide del suo corpo, le gonne tanto lunghe che doveva sollevarne leggermente i lembi per non inciamparci, quando camminava con le scarpe basse, più eleganti di quelle usate durante l’infanzia.
Il pianoforte era coperto di polvere ed al tè con le signore della buona società erano stati sostituiti il ricamo e l’istruzione dei figli. Le corse nei prati erano da tempo andate perdute nella memoria, troppo lontane per poterle raccontare alle due figurine festanti che si dondolano sull’altalena o leggono davanti al camino quando fuori è troppo freddo.
Ora, è di non macchiare la stoffa degli abiti da festa con la crema delle paste che i loro ospiti hanno portato per accompagnare il tè del dopo pranzo, che deve preoccuparsi.
Era una donna intelligente e graziosa, con i suoi bei ricci che incuriosivano la gente.

Beth aveva dei ricci bellissimi.
Li aveva tagliati, lunghi fino alle spalle, appena avevano preso ad imbiancare.
Non erano più belli e perfetti come un tempo, ma sciupati e smorti, candidi, spesso nascosti da una cuffietta quando, nelle belle giornate, si accomodava sul dondolo del giardino, che aveva sostituito l’altalena quando i bambini erano cresciuti, e ricamava qualcosa per i nipotini che, seduti accanto a lei, la studiavano curiosi, chiedendole di raccontare storie della sua infanzia, e le acconsentiva, paziente.
I suoi orecchini erano semplici cerchi in argento, un regalo del figlio per l’ultimo compleanno, e scintillavano esausti, come la nivea chioma.
I vestiti avevano maniche lunghe anche in estate, il corsetto era meno stretto e la gonna strisciava in terra, senza che avesse voglia o forza di sollevarla per muoversi, venendo, di tanto in tanto, pestata dalle scarpe basse e comode, con una rudimentale fodera interna in seta.
Il tè le dava la nausea, oramai, tanto ne aveva bevuto, e le briciole dei biscotti che lei stessa preparava con la cuoca veniva gettate agli uccellini dai pargoli festanti, mentre lei si intratteneva con una tazza di latte bianco, per portare un po’ di calcio alle sue vecchie ossa.
Di tanto in tanto, si ricordava le proprie corse nel giardino di casa guardando i nipotini, ai quali sorrideva con pacata indulgenza, forse troppo stanca per rimbrottarli.
Aveva imparato troppo cose, della buona società, per doversi ancora preoccupare delle macchie sui vestiti e dei nastri tra i capelli.
Era un’anziana signora serafica e graziosa, con i suoi bei ricci che confortavano la gente.

Beth aveva dei ricci bellissimi.
Quando la deposero nella bara d’ebano, senza gioielli, né scarpe, una semplice stola nivea a coprire il suo corpo oramai sfatto dal tempo, le mani incrociate sul petto e poggiate sui seni, dei suoi bei capelli, oramai del tutto brizzolati, non restavano che pochi e radi ciuffi: le erano stati tagliati, per compassione, dalle suore che le avevano preposto il cadavere alla sepoltura.
Delle corse nei prati, del tè coi biscotti e le paste alla crema, non importava più nulla.
Dei libri, del ricamo, del pianoforte da accordare, dell’altalena di legno, nessuno serbava ricordo.
Forse, dopo qualche anno, neppure di Beth, si sarebbe serbato un ricordo così chiaro come sembrava in quel momento.
Ma nei suoi ritratti di giovane donna, appesi nei corridoi della casa, avrebbero rivisto quella caratteristica di lei che non potevano scordare: i suoi ricci.

Beth aveva dei ricci bellissimi.
Così belli che, coloro che la conobbero ed amarono, la ricordano per quelle ciocche a spirale perfetta, d’una sfumatura a metà tra il castano chiaro ed il rosso ramato.



Salve, o sarebbe meglio dire... Buonanotte? Oh, beh...
Non ponete domande sul "perché", il "chi" o il "cosa", perché non hanno risposta.
Le uniche che l'hanno sono il "quando" e il "come": questa fic è nata ieri sera (anche se l'ho finita alle due di notte), mentre fissavo i miei capelli e notavo il solito ciuffo inanellato (sì, ho dei capelli strani, non fateci caso); poi, chissà perché, ho pensato a piccole donne e alla piccola Beth, così mi è uscito il nome, perché il personaggio non c'entra nulla con lei. Poi, beh... Ho aperto un file di word, ho iniziato a battere sulla tastiera e... Questo è il risultato.
Può non sembrare, ma in fondo ha qualche ragionamente strutturale dietro. Penso abbiate capito di cosa parlo, se l'avete letta con un minimo di "attività" (inteso come contrario di "passività", anche se non ha senso). Se non l'avete capito... Beh, pazienza, vuol dire che i miei ragionamenti sono troppo sottili ed incomprensibili ^^
In ogni caso, spero sia stata almeno in parte di vostro gradimento.

Commenti, critiche e/o consigli sono ben accetti ^^
Alla prossima ^^

Lady_Firiel
   
 
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