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Autore: ellie_    03/09/2010    7 recensioni
Denise è una semplice ragazza di sedici anni, timida e impacciata con poche relazioni alle spalle.
Inconsapevole della sua popolarità si trova ben presto ad affrontare un nuovo arrivato: Nicholas, un ragazzo egocentrico che sembra non aver capito nulla dalla vita. Così, tra amicizie sul bordo del lastrico, amori segreti ed incomprensioni, Denise si trova ad affrontare sentimenti contrastanti che mai aveva provato prima.
"«Senti, perché invece non mi lasci stare? Perché proprio io? Che ti ho fatto?» risposi con un filo di voce, ancora sorpresa per la troppa confidenza che si stava prendendo.
Non l’avevo allontanato e stranamente non avevo intenzione di farlo. Forse perché volevo dimostrargli che non ero una delle sue solite ragazzine, che non mi emozionavo per una semplice cosa del genere.
Strinse la presa sui miei fianchi e mi attirò a sé, indietreggiai leggermente spaesata e mi ritrovai con le spalle al muro, lui ne approfittò e posò le sue mani ai lati del mio viso, bloccandomi alla parete. Si stava avvicinando troppo, le sue labbra stavano bruciando i cinque centimetri che le separano dalla mie, riuscivo a sentire il suo respiro sulla pelle, la cosa non mi piaceva. [...] Mi fissava negli occhi e sembrava quasi che mi stesse scrutando dentro, fino ad arrivare all’anima. I suoi, visti da vicino, erano ancora più belli, ora potevo notare quelle pagliuzze dorate di cui prima non sapevo nemmeno l’esistenza, erano incredibili.
«Semplice», sussurrò a un millimetro dalle mie labbra «Perché ho scelto te».
La sua presa si fece meno salda fino a scomparire del tutto. Lui sogghignò e riportò le mani lungo i fianchi e, dopo avermi donato un ultimo sguardo, indietreggiò e si allontanò mentre la campanella in sottofondo annunciava la fine tanto attesa delle lezioni."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Capitolo 2

Dopo quella “corsa mattutina” per tutta la scuola nel tentativo di acchiapparla ci trascinammo sfinite in classe.

Gli altri erano già tutti dentro, intenti a raccontarsi l’ultimo pettegolezzo su chi si è messo con chi o a parlare di come fosse fica la festa di questo o di quell’altro, e noi eravamo in ritardo, come sempre del resto.

Facemmo cadere sul banco il nostro zaino provocando un sonoro tonfo e crollammo sulla sedia respirando affannosamente.

«Ehi, avete già incominciato ad allenarvi per la campestre? Ottima idea considerando il fatto che l’anno scorso siete arrivate ultime, e pure l’anno prima» esclamò Michele scoppiando a ridere, per poi accomodarsi sul mio banco, rigorosamente in seconda fila a destra, quello vicino alla finestra naturalmente, amavo perdermi nei miei pensieri mentre fissavo fuori dal vetro, inoltre in qualche maniera mi ispirava durante i temi in classe, puntavo lo sguardo lì fuori e fissando il cielo formulavo frasi degne di Shakespeare, beh, forse non proprio.

«Ahah, come sei simpatico. Semplicemente non fa’ per noi. E comunque, per precisare, l’anno scorso siamo arrivate penultime ed è già tanto per noi» replicai torva con una punta di ironia fulminandolo con lo sguardo.

Non era proprio del tutto vero, se non eravamo arrivate ultime non era perché ci eravamo impegnate, perché a nostro parere non valeva la pena correre ripetutamente per tutto il campo con l’obbiettivo di vincere una stupida medaglia, ma perché una ragazza di un’altra classe era inciampata in un sasso e si era slogata la caviglia, ma valeva comunque, no?

«Sì, immagino» esclamò pensieroso fissando il soffitto.

Mi accasciai sul banco facendo cadere rovinosamente lo zaino a terra, sbadigliai e appoggiai la guancia destra sulle braccia incrociate e lanciai uno sguardo ai miei due compagni.

Sara aveva quei bei capelli ricci che lei amava piastrare, di un castano scuro quasi nero, che io adoravo tanto, ricordavo ancora quando li aveva tagliati, mi ero incazzata così tanto! Ma i capelli non erano miei e comunque lei stava bene anche così, come sempre. Sì, perché Sara aveva quel fantastico ‘dono’, come lo chiamavo io, che invidiavo tanto: qualunque cosa lei si mettesse o in qualunque modo si conciasse era sempre splendida. Poi quei begl’occhioni verdi rincaravano la dose, adoravo anche quelli, in confronto al mio azzurro, che poi azzurro non era nemmeno tanto, dato che si mischiava con un grigio e un verde. Aveva delle belle labbra rosee e la sua pelle era sempre abbronzata, perfino in pieno inverno, altra cosa che ammiravo, io ero bianca, bianca come un lenzuolo cavoli! Eh sì, l’invidia c’era, ma era un’invidia innocente, niente odio con essa. Ma lei, ovviamente non contenta, continuava a piagnucolare per il suo naso che aveva una leggera gobbetta, che lei definiva ‘l’Himalaya che le rovinava il viso’. Io non capivo tutta questa disperazione, era splendida, chi aveva detto che il naso era bello dritto o leggermente all’insù? E poi se fosse stata perfetta anche in quello rischiava di sembrare irreale!

“Certo, dici così perché tu hai un naso stupendo, alla francese! Quello che io ho sempre desiderato!” ribatteva quando gli esponevo il mio parere. Bah, ma chi la capiva quella?

Spostai lo sguardo su Michele, era uno di quei ragazzi che non passava decisamente inosservato, quello che sicuramente ti giravi a guardare per strada però, oltre al bel visino, aveva un carattere stupendo, premuroso, altruista e dolce, che solitamente non si addiceva ai ragazzi del suo tipo, quelli che essendo fighi dovevano fare i duri per mantenere l’immagine, per intenderci. Adoravo i suoi capelli castani, e adoravo ancora di più scompigliarglieli, aveva il solito taglio dei ragazzi di oggi, quelli un po’ lunghetti e sparati leggermente all’aria alla ‘mi sono appena svegliato’ ma, nonostante dessero l’impressione di non essere nemmeno stati pettinati, erano morbidi e lisci. Poi i suoi occhi a mio parere erano il suo pezzo forte, un blu intenso in cui ti perdevi, e lui naturalmente lo sapeva e li usava sempre per ammaliarti, lanciando sguardi ipnotici a ogni ragazza che si trovava nei dintorni.

L’avevo conosciuto per via di Sara, erano in classe insieme dalle elementari e devo ammettere che all’inizio aveva avuto una leggera cotta per lui, eh sì io, la suora di clausura, avevo abbandonato momentaneamente il mio titolo! Inutile dire che Sara appena lo aveva saputo aveva insistito sul farmelo conoscere, io inizialmente aveva rifiutato ma poi mi ero lasciata convincere. Michele si era rivelato subito simpaticissimo ed era diventato uno dei miei amici più fidati, però dopo poco tempo Sara aveva iniziato a blaterare che io gli piacevo, perché lei lo sapeva, se lo sentiva, ancora ora non capivo cosa volesse intendere, sembrava tipo una di quelle signore coi turbati in testa che si offrivano di leggerti le carte del destino.

Comunque inizialmente non ci avevo creduto, poi come poteva ad uno come lui piacere una come me?

Come avete capito ero ancora nella mia situazione “Ragazzi = Delusione, dolore, sofferenza e chi ne ha più ne metta”. Poi però avevo cominciato a destare anche io alcuni sospetti, che erano poi diventati certezze quando un giorno aveva tentato di baciarmi. Non serve che vi spieghi per filo e per segno ciò che successe dopo: avevo cominciato a sudare freddo e quando le sue labbra stavano per sfiorare le mie mi ero allontanata scusandomi, non se l’aspettava di certo lui, era abituato che gli cadessero tutte ai piedi, lui era imbarazzatissimo e ancora più impacciato di me, povero, inizialmente aveva creduto che ci fosse qualcosa che non andasse in lui ed io mi ero affrettata a negare tutto ciò, lui era magnifico.

Questa storia era naturalmente giunta alle orecchie di Daniel, pensavo che avrebbe sollevato un polverone ma appena lo aveva conosciuto mi aveva dato la sua approvazione, una cosa assolutamente rara. Alla fine avevamo deciso di dimenticare il fatto e di tornare a diventare amici anche se inizialmente lui si innervosiva alla mia presenza.

Ora però non sapevo cosa provasse per me, se gli piacessi ancora o gli fosse passata, in quanto a me provavo un grande affetto nei suoi conforti, ma solo come amica, però sinceramente non saprei a cosa attribuire quell’effetto che ogni tanto mi faceva quando mi fissava con quelle sue pozze d’acqua blu oppure quando si passava una mano fra i capelli, forse era solamente un piccolo sprazzo di quella cotta che avevo avuto che, ogni tanto, tornava a bussare al mio cuore.

«Ma dov’è la prof?» domandò scocciata Sara, mentre si guardava attorno notando il casino che stavano facendo gli altri.

«È assente, non ho capito bene cos’abbia, penso che prima che suonasse la campanella abbia avuto l’ennesimo attacco di nausea e l’abbiano mandata a casa» rispose prontamente Michele raccogliendo il mio zaino da terra.

La professoressa Bianchi aspettava un bambino ma, nonostante fosse incinta, non aveva considerato nemmeno per un secondo di lasciare il suo ruolo di insegnante per prepararsi al parto, non voleva lasciare ‘i suoi bambini’ nelle grinfie di una supplente che non sapeva nulla di loro, aveva detto, inutile spiegarle che ce la saremmo cavati e, soprattutto, che non siamo ‘i suoi bambini’. Il lato positivo però era che almeno sarebbe stata una buona mamma, era sempre così dolce e premurosa con tutti noi.

«Potevano anche avvisarci, almeno ora sarei ancora sotto alle coperte al calduccio» sbottai sbadigliando per l’ennesima volta.

«Ma dai, non fare la pigrona! Un’ora buca equivale a una bell’ora a non fare un cavolo!» esclamò felice Sara, appoggiando i piedi sul banco e dondolando con la sedia avanti indietro, con le mani dietro alla nuca.

«Scommettiamo che cadi?» dissi ridendo .

«Scommettiamo che non cado?».

«Vediamo!» scommisi inarcando un sopracciglio.

«Ehm ehm!» tossicchiò qualcuno per attirare l’attenzione ma nessuno di noi ci diede bada e continuammo a chiacchierare per i fatti nostri «Ehm ehm!».

Ci voltammo tutti scocciati maledicendo chiunque avesse osato interromperci e, non appena ci rendemmo conto che costui era il preside, ci ricomponemmo velocemente, chi tornando ai propri posti e chi rimettendosi composto a sedere, come la mia compagna qui affianco, peccato che nello spostare i piedi dal banco si slanciò troppo all’indietro e finì rovinosamente a terra con le gambe all’aria.

Tutti scoppiarono a ridere mentre lei, impacciata, rimise apposto la sedia, mi fulminò con lo sguardo e si sedette velocemente.

«Avanti, dillo!» esclamò coprendosi il viso con le mani per la vergogna.

«Okay: te l’avevo detto!».

Era troppo sfizioso dirglielo, soprattutto se date le situazioni avveniva spesso.

«Ragazzi, mi complimento con voi per la bella impressione che avete dato al nuovo arrivato, soprattutto con te, Sara, la tua esibizione è stata almeno divertente, spero solo che tu non ti sia spezzata l’osso del collo» esclamò il preside con la sua voce imponente, lui non era mai stato cattivo con noi, ci rimproverava solo perché era il suo dovere ma per il resto appena poteva se ne usciva con delle battute che ci facevano restare con un palmo dal naso.

Ma, aspetta aspetta... cos’aveva detto?! Nuovo arrivato?!

Solo a quelle parole mi venne come un lampo improvviso il viso di quel ragazzetto insopportabile nella mia mente, e pregando gli dei pagani in cui non credevo, oltre che Dio, sperando in un maggior aiuto divino, sperai vivamente che l'individuo che avrebbe varcato quella porta avesse i capelli di tutti i colori possibili immaginabili tranne che di quella sfumatura di biondo. Avrei accettato pure Ronald in persona, di cui già vi ho parlato prima, ma non, con assoluta convinzione, quel petulante ragazzo so-tutto-io.

Tutti incominciarono a bisbigliare eccitati ed impazienti di scoprire chi fosse mai questo invasato, io feci l’indifferente ma non posso non ammettere di essere pure io un po’ curiosa, seppur con le aspettative peggiori.

«Speriamo sia una ragazza!» esclamò Andrea, l’anima scatenata della classe nonché miglior amico di Michele.

«Andrea, ha detto nuovo arrivato, cosa non comprendi?» rispose qualcuna ridendo per poi essere seguita da tutta la classe.

Sinceramente non mi avrebbe fatto tutta questa differenza, che fosse stato maschio o femmina per me era uguale, ma in quel caso sperai vivamente che entrasse una ragazza al massimo della femminilità, e che il preside avesse commesso solo un errore a parlare al maschile.

«Nicholas, entra pure, capisco che tu ti sia scandalizzato alla vista di questa mandria di bufali ma vedrai che sotto sotto non sono poi così male» lo rassicurò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

Le ragazze, io esclusa si intende, allungarono entusiaste il collo alla ricerca di questo fantomatico Nicholas.

Inutile parlarvi dei sospiri di approvazione da parte di quest’ultime all’entrata del ragazzo ed è anche inutile raccontarvi degli sguardi omicidi dei ragazzi rendendosi conto che questo Nicholas era un altro ragazzo da aggiungere alla lista dei rivali in amore.

Ma unicamente io in quella classe guardai questo Nicholas con uno sguardo furente in volto per poi spostarlo per non destare troppi sospetti.

«E che cavolo, ti pareva! Mai una bella fi... ehm, dolce e amabile ragazza!» esclamò Andrea sbuffando.

Le ragazze, che erano troppo impegnate a fissare ammirate Nicholas, intente a decidere di quale tonalità di azzurro fossero i suoi occhi, non lo fulminarono nemmeno con lo sguardo per essere stato “scortese” verso di lui e non aver dimostrato l’ospitalità che secondo loro gli andava data. Bah.

«Cazzo, Sara, ci mancava solo lui! Sarà un inferno quest’anno, me lo sento!» piagnucolai in un sussurro mentre voltandomi vidi la traditrice completamente assorta nell’ammirarlo.

Sapevo cosa avrebbe significato avere un altro ragazzo carino in classe: le ragazze avrebbero preso a spettegolare fra di loro e a inventarsi di tutto pur di essere al centro dell'attenzione, e credetemi, le parole ‘ragazza’ più ‘fantasia’ sommate a ‘competizione’ è sempre meglio evitarle in qualsiasi caso.

Era già successo in prima con Michele e Andrea, e forse pure Giacomo, e la maggior parte delle ragazze non la smettevano di fare le galline, erano veramente insopportabili.

«Beh, non dire così, visto da più vicino è anche più figo» mi bisbigliò Sara coprendosi le labbra con una mano, ma allo sguardo vigile del preside non sfuggì così lei si affrettò a zittirsi e a sorridere ruffiana come una demente.

«Siate gentili con lui, qualcuno potrebbe aiutarlo ad ambientarsi, magari facendogli fare un giro della scuola» continuò il preside gesticolando animatamente.

Un commento appena accennato della mia amica mi giunse all'orecchio sinistro: «Io mi offro volontaria, prima lo porterei nello stanzino dei bidelli e poi gli salterei addosso ed inizierei a leccargli...».

«Sara! Per l’amor del cielo! Potresti tenere i tuoi pensieri... erotici, per te?!» le bisbigliai imbarazzata mentre le tappavo la bocca con una mano pregando Dio che nessuno l’avesse sentita.

Una risatina generale crebbe lì attorno ai nostri banchi e Sara avvampò coprendosi nuovamente il viso.

«Cavoli Denise, secondo te mi ha sentito?» mi chiese preoccupata nascondendosi dietro i capelli.

«Ma figurati, è dall’altra parte della stanza» la rassicurai posandogli una mano sul braccio, lanciando uno sguardo al ragazzo saccente che se ne stava lì alla porta ignaro.

«Speriamo, comunque vorresti dirmi che non ti fa nessun effetto?» mi domandò poi sbalordita.

Io negai con la testa, vabbene, era un bel ragazzo, ma sicuramente non mi portava a quei pensieri, soprattutto se pensavo alla sua incredibile presuntuosità.

«Denise, seriamente, vai da una psicologa, ne hai bisogno, insomma fatti curare!» esclamò divertita.

«Sara, ho già avuto il fantomatico piacere di parlargli e stai sicura che il suo angelico faccino nasconde un carattere da stronzo fisso» l’avvisai facendo la saputella, pronunciando le ultime parole come se da un momento all’altro sarebbe saltato sul qualche banco e avrebbe iniziato a sbranare qualcuno.

«Come? E quando sarebbe avvenuto tutto ciò?» mi domandò lei prestandomi finalmente attenzione, e sperai che da lì in poi non avrei sempre dovuto parlare di quel presuntuoso perché Sara per lo meno mi guardasse in volto.

Le raccontai ciò che era successo sull’autobus tentando di non lanciarmi contro Nicholas per commettere un omicidio a mani nude davanti all’intera classe, esagerando forse in certi punti ma volevo che si rendesse di più l’idea.

Sara mi deluse molto, ma molto molto, perché se ne uscì dicendo: «Uh, dunque è il classico stronzo-figo, la cosa mi attizza».

Roteai gli occhi e impulsivamente le diedi una botta dove mi capitò, felice nel sentire il suo gridolino di sorpresa e dolore.

Finalmente, dopo tre interminabili ore passate ad ascoltare Sara che mi descriveva ogni singolo dettaglio di Nicholas, suonò la campanella per l’intervallo e mi fiondai subito fuori, uscendo da quella gabbia di matti, o meglio, di matte.

Appena varcai la soglia della porta un’ondata d’aria fresca mi pervase e non badai ai brividi sulla pelle causati dal freddo, l’importante era respirare un’aria nuova che non sapesse da chiuso, come quella della classe.

Guardai le porte delle altre classi spalancarsi velocemente e i ragazzi uscire fuori e mischiarsi insieme nel corridoio spazioso, cercandosi a vicenda in quella folla.

«Denny, io vado un attimo al bagno» mi informò Sara dirigendosi verso la fine del corridoio senza aspettare una mia risposta.

Annuii anche se sapevo che non mi potevo avere visto poiché era girata di spalle e decisi di andare al piano di sopra a prendere qualcosa da bere dalle macchinette.

Non ci andava quasi mai nessuno a quelle del secondo piano, forse perché i ragazzi si dirigevano tutti alle porte d’entrata per uscire in cortile e allora approfittavano di quelle al piano terra.

Infilai entrambe le mani in tasca alla ricerca di qualche spicciolo e poi selezionai una cioccolata calda e mi appoggiai al muro attenendo che lo preparasse, ascoltando la macchinetta lavorare provocando un ronzio insistente.

Chinai la testa all’indietro e chiusi gli occhi sentendomi sovrastare da un senso di stanchezza enorme, non avevo dormito quella notte, ero rimasta sveglia per finire quella stupida relazione che ci aveva assegnato la professoressa Bianchi e come se non bastasse oggi non ci aveva neppure fatto lezione, tutto tempo sprecato.

Mi passai una mano sul volto e mi abbandonai all’ennesimo sospiro.

Appena il ronzio cessò aprii gli occhi e mi affrettai ad afferrare la cioccolata e a portarmela alle labbra, un calore mi riempii la bocca e scivolò giù lungo la gola, scottava ma non importava, faceva un freddo terribile.

Mi voltai e mi affrettai a scendere al piano di sotto, sicura che Sara mi stesse cercando dandomi per dispersa.

Percorsi il corridoio affollato e in un attimo di distrazione andai a sbattere contro qualcuno facendo rovesciare gran parte del contenuto del bicchiere a terra.

«Cazzo!» sbottò una voce, allontanandosi velocemente da me.

Quella voce era incredibilmente profonda ed incisiva e improvvisamente temetti di essere andata contro un professore così mi spostai ed alzai il viso incrociando le dita, anche se quel commento da una persona autoritaria di quel calibro non me lo sarei aspettata.

Sgranai gli occhi quando, invece, scoprii che non era per nulla un insegnante ma bensì quel ragazzo: Nicholas. Probabilmente non avevo ancora memorizzato la sua voce, forse perché le poche frasi che mi aveva rivolto su quell’autobus mi avevano fatto pensare a tutt’altro fuorché a ricordarmi del suono di essa.

In effetti, oltre al nostro episodio, in quelle tre ore non aveva nemmeno aperto bocca, si era limitato a seguire la lezione lanciando sguardi seducenti alle ragazze che sorprendeva intente a guardarlo, e questo confermava il fatto che avevo ragione, era solamente un altro dei tanti fighetti che si credevano i più belli del mondo.

«Scusami» sibilai a denti stretti, giusto per essere gentile, ma senza fingere di non essere molto più interessata al bicchiere in cui non era più rimasto quasi nulla che alla sua felpa verde.

Alzò lo sguardo verso di me e sbuffò irritato.

«Mi hai sporcato la felpa» sbottò lanciandomi un occhiata torva indicando la macchia umida che si era creata sul tessuto, forse nemmeno mi aveva riconosciuta considerando che non aveva detto niente in merito, ma molto probabilmente lui trattava con quel disprezzo tutte le persone.

«Capirai, non si nota nemmeno» mentii roteando gli occhi infastidita.

Si notava perfettamente invece, ma non era di certo la fine del mondo, l’avrebbe lavata o se proprio non ne era capace, cosa molto probabile, ne avrebbe comprata un’altra.

Tanto che aveva di così speciale? Era una semplice felpa verde con il cappuccio, però effettivamente aderiva perfettamente al suo corpo, questa finiva all’altezza del suo sedere che mostrava abbondantemente i suoi boxer blu coperti poi da un paio di pantaloni neri fissati in vita da una cintura dello stesso colore, “fissati” per modo di dire, perlomeno si vestiva bene.

Bah, ma chi li capiva i ragazzi? Sempre con i pantaloni calati e le mutande in bella mostra, nemmeno che fossero un reperto archeologico di incredibile importanza da mostrare al mondo intero.

«Certo, ma ci vedi bene?!» mi domandò con una sfumatura canzonatoria nella voce.

«Ma smettila, che sarà mai? Almeno tu non hai pagato un patrimonio per una cioccolata calda che è poi finita addosso ad un ragazzetto imbecille e presuntuoso!» risposi a tono con un sorrisino in volto.

Aveva iniziato lui e io finivo, la colpa era solo sua. E poi era veramente come lo avevo chiamato, faceva un affare di stato per una macchia su una maglia. E io, che avevo speso i miei ultimi soldi per una cioccolata che non avevo neppure bevuto?

«Se qui c’è un’imbecille questa sei tu, non guardi nemmeno dove vai» rispose lui alzando un sopracciglio per poi soffiare sulla maglia nel tentativo di asciugare la macchia.

«Parli tu, potevi spostarti allora, no?» ribattei incrociando le braccia al petto e accartocciando il bicchiere in una mano.

Lui alzò lo sguardo su di me, rimanendo comunque a capo chino e continuando a soffiare sulla maglia.

Cavoli, avevo ragione però, aveva veramente dei begl’occhi, e ora che lo avevo di fronte e questi si dedicavano completamente a me potevo confermarlo, poiché sull’autobus avevo comunque avuto un incontro abbastanza vicino a essi, ma con gli sbalzi dovuti alle buche e il suo tenerli quasi socchiusi non era stato il massimo, seppur la loro bellezza l’avevo percepita comunque.

Mi fissò un istante per poi scuotere la testa con un sorrisino beffardo sul volto ed allontanarsi nella direzione opposta, aggirando la pozza di cioccolata che si era creata sul pavimento.

E rideva pure? Mi faceva passare dalla parte della stupida anche, con quel sorrisino irrisorio stampato sulle labbra!

In un moto di rabbia strinsi ancora di più il bicchierino di plastica fino ad appallottolarlo e glielo tirai dietro, colpendolo sul collo scoperto dai capelli biondi.

«Stupido!» gli urlai rossa in volto, stringendo i pugni.

Lui si voltò ed aggrottò la fronte, camminando lentamente all’indietro, allargando le braccia con i palmi dischiusi, come a domandarmi quale fosse il motivo di quel mio insulto.

Sperai con tutto il cuore che cadesse o scivolasse, o meglio che andasse a sbattere contro qualcuno, ma non successe, scoppiò invece in una sonora risata, limpida e cristallina, per poi rivoltarsi nuovamente e scendere le scale scomparendo al piano di sotto.

Fantastico, dicevano sempre che non bisognava mai fidarsi della prima impressione, ma se all’inizio mi era solo sembrato un ragazzetto petulante, stronzo, irritante, scorbutico e saccente, ora ne avevo la più piena conferma.

«Sono tornata!» urlai appena aprii la porta di casa.

Nessuna risposta.

«Ehi, mamma? Ci sei?» chiamai sfilandomi la cartella e lasciandola cadere pesantemente a terra.

«Dee? Sono qui, in cucina!» mi rispose e io mi affrettai a raggiungerla iniziando ad apparecchiare.

Dee, come mi chiama lei e, soprattutto, solo lei. Si perché una volta anche Max mi aveva chiamato così e lei era andata su tutte le furie e l’aveva sbattuto fuori di casa. E pensare che erano le prime volte che si vedevano, fossi stato in lui sarei scappato a gambe levate.

«Come è andata oggi?» mi domandò mentre aspettava che l’acqua bolli.

«Bene» risposi solamente sistemando i tovaglioli di stoffa arancione.

«Niente di nuovo?» mi domandò ancora.

Avevo un buon rapporto con mia madre, gli raccontavo sempre tutto, mi piaceva perché in caso avevo dei problemi lei era sempre lì pronta ad aiutarmi e a darmi consigli, sarà che si diverte a fare la sorella maggiore oppure che, dato che lavorava in una rivista per ragazzi, voleva sperimentare i suoi consigli su di me ma non mi costava nulla renderla felice se ciò aiutava anche me, no? Inoltre mi era sempre stata vicina, anche per quella storia di Marco, mi aveva abbracciato e mi aveva lasciato piangere sulla sua spalla sussurrandomi che andava tutto bene, che non era successo nulla e che, in ogni caso, se c’era qualcuno che ci aveva rimesso questo era lui. Certo, aveva detto questo prima di aggiungere: “Dimmi dove abita così mi apposto fuori e appena lo vedo gli faccio vedere io cosa significa prendersi gioco della mia Dee”. Vi immaginate che vergogna? Oltre che ingenua e illusa mi avrebbe pensato anche mammona. Inoltre sapevo che Daniel si sarebbe aggiunto volentieri, doppio imbarazzo.

«No..» dissi istintiva, abituata a risponderle sempre così, ma poi mi affrettai ad aggiungere «Anzi sì, è arrivato un nuovo ragazzo nella nostra classe».

«Ah sì, così, a scuola già iniziata?» domandò sorpresa sistemandosi un ciuffo di capelli che le era ricaduto sul viso.

«Sì, non so perché però».

Mi attorcigliai una ciocca di capelli castani attorno al dito, erano dello stesso colore originale della mamma, ma ora lei li aveva tinti di biondo lasciando però delle striature castane, tutto sommato ci stava molto bene.

«Mmh, e dimmi, è carino?» chiese senza esitazioni, eccola in fase adolescenziale, mai una volta che si possa parlare con lei normalmente, ma se questo a volte mi infastidiva non era lo stesso per Max che lo adorava.

Max era sempre sereno e si capiva quando era in casa perché erano tutti più tranquilli, è divertente e si offre sempre di aiutarci in qualunque cosa: casa, compiti e anche problemi di cuore, sì avete capito bene, ma non me la sentivo di parlare con lui di queste cose, forse perché è un maschio o perché sento di non conoscerlo poi così bene nonostante frequenti mia mamma da molto tempo.

«È questo il problema, mamma. Ma non come pensi tu, non mi piace, per nulla, ma è talmente... non so! Sa di essere carino e tutte le vanno dietro, mi da’ fastidio, chi si crede di essere? È come tutti noi ma pensa di esistere solo lui, capisci?» sbotto irritata sbattendo le posate sul tavolo.

Non dicevo questo solo per l’ ‘incontro-scontro’ all’intervallo ma anche per le restanti due ore di scuola; non aveva fatto altro che lanciare sguardi seducenti a tutte le ragazze, per non parlare di loro, che avevano parlato per tutto il giorno di lui e, non appena suonava la campanella per il cambio dell’ora si fiondavano su di lui, come se fosse stato l’ultima minigonna più in dell’anno rimasta in vendita, e lui apprezzava, non faceva nulla per fermarle o impedire la cosa.

«Sì, ho presente, ma calmati. Vedrai comunque che prima o poi la smetterà. Pensaci, attirerà l’attenzione delle ragazze ma facendo così, comportandosi come se non esistesse nessun altro fuorché lui, non guadagnerà sicuramente la simpatia dei ragazzi. Pensi possa resistere per tanto senza amici?».

Il suo ragionamento non faceva una piega, e allora perché avevo il presentimento che questa storia sarebbe andata avanti per un bel po’? Che non sarebbe finita nel giro di una settimana, né di un mese?

«Me lo auguro» le risposi allungandomi sulla credenza per prendere i piatti, e lo speravo vivamente, altrimenti nel giro di qualche giorno già mi avrebbe assalito una crisi di nervi.

Abbigliamento Nicholas

O - O - O

Note:

Ecco il secondo capitolo, con il romantico incontro fra Denise e Nicholas.

Beh, che ne pensate di lui? Del suo carattere? Insomma, dal poco che si è capito.

Ad ogni modo qui ho introdotto Sara e Michele, Andrea no, scusate ma la parte del capitolo in cui lo descrivevo l’ho cancellata perché non mi convinceva, vedrò di scriverla nel prossimo.

Sotto farò un altro schemino, ancora più giù inserirò le immagini di alcuni personaggi, poi risponderò alle recensioni. :)

Fatemi sapere che ne pensate..

Schemino:

Migliore amica: Sara, 16 anni.

Migliore amico: Michele, 16 anni e mezzo.

Amico: Andrea, 16 anni.

‘Mmh, come definirlo?’(xD): Nicholas, 17 anni.

ImmaGini dei personaGGi:

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Denise Santori:

Ho scelto questa ragazza per Denise.

Non so come si chiami, però ho subito pensato a lei.

Non sono convintissima ma per il momento penso che lei possa andare bene.

QUI c'è l'immagine originale, di Jean Luis David.

Che ne dite?

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Nicholas Mancini:

Prima di guardare la foto vi consiglio di afferrare una bacinella per evitare l’allagamento della stanza.

Eccovi a voi il fantomatico Nick.

Appena l’ho visto, dopo aver sbavato per una buona mezzora, ho subito pensato: «Questo deve essere assolutamente il mio Nicholas!».

E di lui che mi dite? Lo immaginavate diverso?

Lui è Mitch Hewer, per chi volesse cercarselo su internet.

Bene, ora che vi siete rifatte gli occhi proseguiamo. ;)


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Sara Rinaldi:

Eccovi Sara.

Lei è Evangeline Lilly, lo so, non è decisamente una sedicenne, poiché è nata il 3 agosto del 1979,

ma ho trovato questa foto e per il momento mi immagino Sara così.

Comunque è molto bella. :)



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Michele Martini:

Oh sì, ecco a voi uno dei miei personaggi preferiti, per il momento: Michele.

Questo ragazzo è Eduardo Surita, è brasiliano.

Forse è più conosciuto come Dudu Surita, ad ogni modo, adoro i suoi capelli.

Lo so, Michele ha gli occhi blu, scusate, ma non mi andava di modificarla ulteriormente con Photoshop.

Risposte alle recensioni:

Sciona: Inanzitutto grazie per la recensione. Wow, grazie pensavo realmente che fosse noioso (e lo penso tuttora xD). Ad ogni modo anche io mi sono infatuata del mio stesso personaggio, soprattutto dopo aver trovato la foto del ragazzo che in questa storia lo rappresenta. *-*

Ad ogni modo eh già, povera Denny, con quel Marco!

Grazie ancora, spero che continuerai a seguire la mia storiella. :)

Oo_Vanessa_oO: Eccomi qui con il nuovo e secondo capitolo! Che bello, una nuova ‘recensitrice’ (esiste? xD)! Grazie mille per i complimenti, ed ecco il fantastico, quanto classico, incontro fra i due protagonisti. xD

Grazie ancora!

__Claire__: Cambiato il rating, grazie per il consiglio, ora sono più sicura.

Sì lo so, incasinato è incasinato, perdonami! Non so perché ho scelto questo nome per lei, mi piace molto, forse è il suono oppure appunto eprchè non lo scelgono in molti, nonostante io penso sia bellissimo, inoltre ho anche una mia cara amica che si chiama così. :)

Ecco l’incontro casuale fra i due, ammetto che volevo inserirlo nel prossimo capitolo, non in questo ma poi ho notato che lo aspettavate in molte e allora ho cambiato idea. ;D

  
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