Capitolo
2
Dopo
quella “corsa mattutina” per tutta la scuola nel
tentativo di acchiapparla ci trascinammo sfinite in classe.
Gli
altri erano già tutti dentro, intenti a raccontarsi
l’ultimo pettegolezzo su chi si è messo con chi o
a parlare di come fosse fica la festa di questo o di
quell’altro, e noi eravamo in ritardo, come sempre del resto.
Facemmo
cadere sul banco il nostro zaino provocando un sonoro tonfo e crollammo
sulla sedia respirando affannosamente.
«Ehi,
avete già incominciato ad allenarvi per la campestre? Ottima
idea considerando il fatto che l’anno scorso siete arrivate
ultime, e pure l’anno prima» esclamò
Michele scoppiando a ridere, per poi accomodarsi sul mio banco,
rigorosamente in seconda fila a destra, quello vicino alla finestra
naturalmente, amavo perdermi nei miei pensieri mentre fissavo fuori dal
vetro, inoltre in qualche maniera mi ispirava durante i temi in classe,
puntavo lo sguardo lì fuori e fissando il cielo formulavo
frasi degne di Shakespeare, beh, forse non proprio.
«Ahah,
come sei simpatico. Semplicemente non fa’ per noi. E
comunque, per precisare, l’anno scorso siamo arrivate
penultime ed è già tanto per noi»
replicai torva con una punta di ironia fulminandolo con lo sguardo.
Non
era proprio del tutto vero, se non eravamo arrivate ultime non era
perché ci eravamo impegnate, perché a nostro
parere non valeva la pena correre ripetutamente per tutto il campo con
l’obbiettivo di vincere una stupida medaglia, ma
perché una ragazza di un’altra classe era
inciampata in un sasso e si era slogata la caviglia, ma valeva
comunque, no?
«Sì,
immagino» esclamò pensieroso fissando il soffitto.
Mi
accasciai sul banco facendo cadere rovinosamente lo zaino a terra,
sbadigliai e appoggiai la guancia destra sulle braccia incrociate e
lanciai uno sguardo ai miei due compagni.
Sara
aveva quei bei capelli ricci che lei amava piastrare, di un castano
scuro quasi nero, che io adoravo tanto, ricordavo ancora quando li
aveva tagliati, mi ero incazzata così tanto! Ma i capelli
non erano miei e comunque lei stava bene anche
così, come sempre.
Sì, perché Sara aveva quel fantastico
‘dono’, come lo chiamavo io, che invidiavo tanto:
qualunque cosa lei si mettesse o in qualunque modo si conciasse era
sempre splendida. Poi quei begl’occhioni verdi rincaravano la
dose, adoravo anche quelli, in confronto al mio azzurro, che poi
azzurro non era nemmeno tanto, dato che si mischiava con un grigio e un
verde. Aveva delle belle labbra rosee e la sua pelle era sempre
abbronzata, perfino in pieno inverno, altra cosa che ammiravo, io ero
bianca, bianca come un lenzuolo cavoli! Eh sì,
l’invidia c’era, ma era un’invidia
innocente, niente odio con essa. Ma lei, ovviamente non contenta,
continuava a piagnucolare per il suo naso che aveva una leggera
gobbetta, che lei definiva ‘l’Himalaya che le
rovinava il viso’. Io non capivo tutta questa disperazione,
era splendida, chi aveva detto che il naso era bello dritto o
leggermente all’insù? E poi se fosse stata
perfetta anche in quello rischiava di sembrare irreale!
“Certo,
dici così perché tu hai un naso stupendo, alla
francese! Quello che io ho sempre desiderato!” ribatteva
quando gli esponevo il mio parere. Bah, ma chi la capiva quella?
Spostai
lo sguardo su Michele, era uno di quei ragazzi che non passava
decisamente inosservato, quello che sicuramente ti giravi a guardare
per strada però, oltre al bel visino, aveva un carattere
stupendo, premuroso, altruista e dolce, che solitamente non si addiceva
ai ragazzi del suo tipo, quelli che essendo fighi dovevano fare i duri
per mantenere l’immagine, per intenderci. Adoravo i suoi
capelli castani, e adoravo ancora di più scompigliarglieli,
aveva il solito taglio dei ragazzi di oggi, quelli un po’
lunghetti e sparati leggermente all’aria alla ‘mi
sono appena svegliato’ ma, nonostante dessero
l’impressione di non essere nemmeno stati pettinati, erano
morbidi e lisci. Poi i suoi occhi a mio parere erano il suo pezzo
forte, un blu intenso in cui ti perdevi, e lui naturalmente lo sapeva e
li usava sempre per ammaliarti, lanciando sguardi ipnotici a ogni
ragazza che si trovava nei dintorni.
L’avevo
conosciuto per via di Sara, erano in classe insieme dalle elementari e
devo ammettere che all’inizio aveva avuto una leggera cotta
per lui, eh sì io, la suora di clausura, avevo abbandonato
momentaneamente il mio titolo! Inutile dire che Sara appena lo aveva
saputo aveva insistito sul farmelo conoscere, io inizialmente aveva
rifiutato ma poi mi ero lasciata convincere. Michele si era rivelato
subito simpaticissimo ed era diventato uno dei miei amici
più fidati, però dopo poco tempo Sara aveva
iniziato a blaterare che io gli piacevo, perché lei
lo sapeva, se lo sentiva, ancora
ora non capivo cosa volesse intendere, sembrava tipo una di quelle
signore coi turbati in testa che si offrivano di leggerti le carte del
destino.
Comunque
inizialmente non ci avevo creduto, poi come poteva ad uno come lui
piacere una come me?
Come
avete capito ero ancora nella mia situazione “Ragazzi =
Delusione, dolore, sofferenza e chi ne ha più ne
metta”. Poi però avevo cominciato a destare anche
io alcuni sospetti, che erano poi diventati certezze quando un giorno
aveva tentato di baciarmi. Non serve che vi spieghi per filo e per
segno ciò che successe dopo: avevo cominciato a sudare
freddo e quando le sue labbra stavano per sfiorare le mie mi ero
allontanata scusandomi, non se l’aspettava di certo lui, era
abituato che gli cadessero tutte ai piedi, lui era imbarazzatissimo e
ancora più impacciato di me, povero, inizialmente aveva
creduto che ci fosse qualcosa che non andasse in lui ed io mi ero
affrettata a negare tutto ciò, lui era magnifico.
Questa
storia era naturalmente giunta
alle orecchie di Daniel, pensavo che avrebbe sollevato un polverone ma
appena lo aveva conosciuto mi aveva dato la sua approvazione, una cosa
assolutamente rara. Alla fine avevamo
deciso di dimenticare il fatto e di tornare a diventare amici anche se
inizialmente lui si innervosiva alla mia presenza.
Ora
però non sapevo cosa provasse per me, se gli piacessi ancora
o gli fosse passata, in quanto a me provavo un grande affetto nei suoi
conforti, ma solo come amica, però sinceramente non saprei a
cosa attribuire quell’effetto che ogni tanto mi faceva quando
mi fissava con quelle sue pozze d’acqua blu oppure quando si
passava una mano fra i capelli, forse era solamente un piccolo sprazzo
di quella cotta che avevo avuto che, ogni tanto, tornava a bussare al
mio cuore.
«Ma
dov’è la prof?» domandò
scocciata Sara, mentre si guardava attorno notando il casino che
stavano facendo gli altri.
«È
assente, non ho capito bene cos’abbia, penso che prima che
suonasse la campanella abbia avuto l’ennesimo attacco di
nausea e l’abbiano mandata a casa» rispose
prontamente Michele raccogliendo il mio zaino da terra.
La
professoressa Bianchi aspettava un bambino ma, nonostante fosse
incinta, non aveva considerato nemmeno per un secondo di lasciare il
suo ruolo di insegnante per prepararsi al parto, non voleva lasciare
‘i suoi bambini’ nelle grinfie di una supplente che
non sapeva nulla di loro, aveva detto, inutile spiegarle che ce la
saremmo cavati e, soprattutto, che non siamo ‘i suoi
bambini’. Il lato positivo però era che almeno
sarebbe stata una buona mamma, era sempre così dolce e
premurosa con tutti noi.
«Potevano
anche avvisarci, almeno ora sarei ancora sotto alle coperte al
calduccio» sbottai sbadigliando per l’ennesima
volta.
«Ma
dai, non fare la pigrona! Un’ora buca equivale a una
bell’ora a non fare un cavolo!» esclamò
felice Sara, appoggiando i piedi sul banco e dondolando con la sedia
avanti indietro, con le mani dietro alla nuca.
«Scommettiamo
che cadi?» dissi ridendo .
«Scommettiamo
che non cado?».
«Vediamo!»
scommisi inarcando un sopracciglio.
«Ehm
ehm!» tossicchiò qualcuno per attirare
l’attenzione ma nessuno di noi ci diede bada e continuammo a
chiacchierare per i fatti nostri «Ehm ehm!».
Ci
voltammo tutti scocciati maledicendo chiunque avesse osato
interromperci e, non appena ci rendemmo conto che costui era il
preside, ci ricomponemmo velocemente, chi tornando ai propri posti e
chi rimettendosi composto a sedere, come la mia compagna qui affianco,
peccato che nello spostare i piedi dal banco si slanciò
troppo all’indietro e finì rovinosamente a terra
con le gambe all’aria.
Tutti
scoppiarono a ridere mentre lei, impacciata, rimise apposto la sedia,
mi fulminò con lo sguardo e si sedette velocemente.
«Avanti,
dillo!» esclamò coprendosi il viso con le mani per
la vergogna.
«Okay:
te l’avevo detto!».
Era
troppo sfizioso dirglielo, soprattutto se date le situazioni avveniva
spesso.
«Ragazzi,
mi complimento con voi per la bella impressione che avete dato al nuovo
arrivato, soprattutto con te, Sara, la tua esibizione è
stata almeno divertente, spero solo che tu non ti sia spezzata
l’osso del collo» esclamò il preside con
la sua voce imponente, lui non era mai stato cattivo con noi, ci
rimproverava solo perché era il suo dovere ma per il resto
appena poteva se ne usciva con delle battute che ci facevano restare
con un palmo dal naso.
Ma,
aspetta aspetta... cos’aveva detto?! Nuovo arrivato?!
Solo
a quelle parole mi venne come un lampo improvviso il viso di quel
ragazzetto insopportabile nella mia mente, e pregando gli dei pagani in
cui non credevo, oltre che Dio, sperando in un maggior aiuto
divino, sperai vivamente che l'individuo che avrebbe varcato quella
porta avesse i capelli di tutti i colori possibili immaginabili tranne
che di quella sfumatura di biondo.
Avrei accettato pure Ronald in persona, di cui già vi ho
parlato prima, ma non, con assoluta
convinzione, quel petulante ragazzo so-tutto-io.
Tutti
incominciarono a bisbigliare eccitati ed impazienti di scoprire chi
fosse mai questo invasato, io feci l’indifferente ma non
posso non ammettere di essere pure io un po’ curiosa, seppur
con le aspettative peggiori.
«Speriamo
sia una ragazza!» esclamò Andrea,
l’anima scatenata della classe nonché miglior
amico di Michele.
«Andrea,
ha detto nuovo arrivato, cosa non
comprendi?» rispose qualcuna ridendo per poi essere seguita
da tutta la classe.
Sinceramente
non mi avrebbe fatto tutta questa differenza, che fosse stato maschio o
femmina per me era uguale, ma in quel caso sperai vivamente che
entrasse una ragazza al massimo della femminilità, e che il
preside avesse commesso solo un errore a parlare al maschile.
«Nicholas,
entra pure, capisco che tu ti sia scandalizzato alla vista di questa
mandria di bufali ma vedrai che sotto sotto non sono poi
così male» lo rassicurò con un sorriso
che andava da un orecchio all’altro.
Le
ragazze, io esclusa si intende, allungarono entusiaste il collo alla
ricerca di questo fantomatico Nicholas.
Inutile
parlarvi dei sospiri di approvazione da parte di quest’ultime
all’entrata del ragazzo ed è anche inutile
raccontarvi degli sguardi omicidi dei ragazzi rendendosi conto
che questo Nicholas era un altro
ragazzo da aggiungere alla lista dei rivali in amore.
Ma
unicamente io in quella classe guardai questo Nicholas
con uno sguardo furente in volto per poi spostarlo per non destare
troppi sospetti.
«E
che cavolo, ti pareva! Mai una bella fi... ehm, dolce e amabile
ragazza!» esclamò Andrea sbuffando.
Le
ragazze, che erano troppo impegnate a fissare ammirate Nicholas,
intente a decidere di quale tonalità di azzurro fossero i
suoi occhi, non lo fulminarono nemmeno con lo sguardo per essere stato
“scortese” verso di lui e non aver dimostrato
l’ospitalità che secondo loro gli andava data. Bah.
«Cazzo,
Sara, ci mancava solo lui! Sarà un inferno
quest’anno, me lo sento!» piagnucolai in un
sussurro mentre voltandomi vidi la traditrice completamente assorta
nell’ammirarlo.
Sapevo
cosa avrebbe significato avere un altro ragazzo carino in classe: le
ragazze avrebbero preso a spettegolare fra di loro e a inventarsi di
tutto pur di essere al centro dell'attenzione, e credetemi, le parole
‘ragazza’
più ‘fantasia’ sommate a
‘competizione’ è sempre meglio evitarle
in qualsiasi caso.
Era
già successo in prima con Michele e Andrea, e forse pure
Giacomo, e la maggior parte delle ragazze non la smettevano di fare le
galline, erano veramente insopportabili.
«Beh,
non dire così, visto da più vicino è
anche più figo» mi bisbigliò Sara
coprendosi le labbra con una mano, ma allo sguardo vigile del preside
non sfuggì così lei si affrettò a
zittirsi e a sorridere ruffiana come una demente.
«Siate
gentili con lui, qualcuno potrebbe aiutarlo ad ambientarsi, magari
facendogli fare un giro della scuola» continuò il
preside gesticolando animatamente.
Un
commento appena accennato della mia amica mi giunse all'orecchio
sinistro: «Io mi offro volontaria, prima lo porterei nello
stanzino dei bidelli e poi gli salterei addosso ed inizierei a
leccargli...».
«Sara!
Per l’amor del cielo! Potresti tenere i tuoi
pensieri... erotici, per te?!» le
bisbigliai imbarazzata mentre le tappavo la bocca con una mano pregando
Dio che nessuno l’avesse sentita.
Una
risatina generale crebbe lì attorno ai nostri banchi e Sara
avvampò coprendosi nuovamente il viso.
«Cavoli
Denise, secondo te mi ha sentito?» mi chiese preoccupata
nascondendosi dietro i capelli.
«Ma
figurati, è dall’altra parte della
stanza» la rassicurai posandogli una mano sul braccio,
lanciando uno sguardo al ragazzo saccente che se ne stava lì
alla porta ignaro.
«Speriamo,
comunque vorresti dirmi che non ti fa nessun effetto?» mi
domandò poi sbalordita.
Io
negai con la testa, vabbene, era un bel ragazzo, ma sicuramente non mi
portava a quei pensieri,
soprattutto se pensavo alla sua incredibile presuntuosità.
«Denise,
seriamente, vai da una psicologa, ne hai bisogno, insomma fatti
curare!» esclamò divertita.
«Sara,
ho già avuto il
fantomatico
piacere di
parlargli e stai sicura che il suo angelico faccino nasconde un
carattere da stronzo fisso» l’avvisai facendo la
saputella, pronunciando le ultime parole come se da un momento
all’altro sarebbe saltato sul qualche banco e avrebbe
iniziato a sbranare qualcuno.
«Come?
E quando sarebbe avvenuto tutto ciò?» mi
domandò lei prestandomi finalmente attenzione, e sperai che
da lì in poi non avrei sempre dovuto parlare di quel
presuntuoso perché Sara per lo meno mi guardasse in volto.
Le
raccontai ciò che era successo sull’autobus
tentando di non lanciarmi contro Nicholas per commettere un omicidio a
mani nude davanti all’intera classe, esagerando forse in
certi punti ma volevo che si rendesse di più
l’idea.
Sara
mi deluse molto, ma molto molto, perché se ne
uscì dicendo: «Uh, dunque è il classico
stronzo-figo, la cosa mi attizza».
Roteai
gli occhi e impulsivamente le diedi una botta dove mi
capitò, felice nel sentire il suo gridolino di sorpresa e
dolore.
Finalmente,
dopo tre interminabili ore passate ad ascoltare Sara che mi descriveva
ogni singolo dettaglio di Nicholas, suonò la campanella per
l’intervallo e mi fiondai subito fuori, uscendo da quella
gabbia di matti, o meglio, di matte.
Appena
varcai la soglia della porta un’ondata d’aria
fresca mi pervase e non badai ai brividi sulla pelle causati dal
freddo, l’importante era respirare un’aria nuova
che non sapesse da chiuso, come quella della classe.
Guardai
le porte delle altre classi spalancarsi velocemente e i ragazzi uscire
fuori e mischiarsi insieme nel corridoio spazioso, cercandosi a vicenda
in quella folla.
«Denny,
io vado un attimo al bagno» mi informò Sara
dirigendosi verso la fine del corridoio senza aspettare una mia
risposta.
Annuii
anche se sapevo che non mi potevo avere visto poiché era
girata di spalle e decisi di andare al piano di sopra a prendere
qualcosa da bere dalle macchinette.
Non
ci andava quasi mai nessuno a quelle del secondo piano, forse
perché i ragazzi si dirigevano tutti alle porte
d’entrata per uscire in cortile e allora approfittavano di
quelle al piano terra.
Infilai
entrambe le mani in tasca alla ricerca di qualche spicciolo e poi
selezionai una cioccolata calda e mi appoggiai al muro attenendo che lo
preparasse, ascoltando la macchinetta lavorare provocando un ronzio
insistente.
Chinai
la testa all’indietro e chiusi gli occhi sentendomi
sovrastare da un senso di stanchezza enorme, non avevo dormito quella
notte, ero rimasta sveglia per finire quella stupida relazione che ci
aveva assegnato la professoressa Bianchi e come se non bastasse oggi
non ci aveva neppure fatto lezione, tutto tempo sprecato.
Mi
passai una mano sul volto e mi abbandonai all’ennesimo
sospiro.
Appena
il ronzio cessò aprii gli occhi e mi affrettai ad afferrare
la cioccolata e a portarmela alle labbra, un calore mi riempii la bocca
e scivolò giù lungo la gola, scottava ma non
importava, faceva un freddo terribile.
Mi
voltai e mi affrettai a scendere al piano di sotto, sicura che Sara mi
stesse cercando dandomi per dispersa.
Percorsi
il corridoio affollato e in un attimo di distrazione andai a sbattere
contro qualcuno facendo rovesciare gran parte del contenuto del
bicchiere a terra.
«Cazzo!»
sbottò una voce, allontanandosi velocemente da me.
Quella
voce era incredibilmente profonda ed incisiva e improvvisamente temetti
di essere andata contro un professore così mi spostai ed
alzai il viso incrociando le dita, anche se quel commento da una
persona autoritaria di quel calibro non me lo sarei aspettata.
Sgranai
gli occhi quando, invece, scoprii che non era per nulla un insegnante
ma bensì quel ragazzo:
Nicholas. Probabilmente non avevo ancora memorizzato la sua voce, forse
perché le poche frasi che mi aveva rivolto su
quell’autobus mi avevano fatto pensare a tutt’altro
fuorché a ricordarmi del suono di essa.
In
effetti, oltre al nostro episodio,
in quelle tre ore non aveva nemmeno aperto bocca, si era limitato a
seguire la lezione lanciando sguardi seducenti alle ragazze che
sorprendeva intente a guardarlo, e questo confermava il fatto che avevo
ragione, era solamente un altro dei tanti fighetti che si credevano i
più belli del mondo.
«Scusami»
sibilai a denti stretti, giusto per essere gentile, ma senza fingere di
non essere molto più interessata al bicchiere in cui non era
più rimasto quasi nulla che alla sua felpa verde.
Alzò
lo sguardo verso di me e sbuffò irritato.
«Mi
hai sporcato la felpa» sbottò lanciandomi un
occhiata torva indicando la macchia umida che si era creata sul
tessuto, forse nemmeno mi aveva riconosciuta considerando che non aveva
detto niente in merito, ma molto probabilmente lui trattava con quel
disprezzo tutte le persone.
«Capirai,
non si nota nemmeno» mentii roteando gli occhi infastidita.
Si
notava perfettamente invece, ma non era di certo la fine del mondo,
l’avrebbe lavata o se proprio non ne era capace, cosa molto
probabile, ne avrebbe comprata un’altra.
Tanto
che aveva di così speciale? Era una semplice felpa verde con
il cappuccio, però effettivamente aderiva perfettamente al
suo corpo, questa finiva all’altezza del suo sedere che
mostrava abbondantemente i suoi boxer blu coperti poi da un paio di
pantaloni neri fissati in vita da una cintura dello stesso colore,
“fissati” per modo di dire, perlomeno si vestiva
bene.
Bah,
ma chi li capiva i ragazzi? Sempre con i pantaloni calati e le mutande
in bella mostra, nemmeno che fossero un reperto archeologico di
incredibile importanza da mostrare al mondo intero.
«Certo,
ma ci vedi bene?!» mi domandò con una sfumatura
canzonatoria nella voce.
«Ma
smettila, che sarà mai? Almeno tu non hai pagato un
patrimonio per una cioccolata calda che è poi finita addosso
ad un ragazzetto imbecille e presuntuoso!» risposi a tono con
un sorrisino in volto.
Aveva
iniziato lui e io finivo, la colpa era solo sua. E poi era veramente
come lo avevo chiamato, faceva un affare di stato per una macchia su
una maglia. E io, che avevo speso i miei ultimi soldi per una
cioccolata che non avevo neppure bevuto?
«Se
qui c’è un’imbecille questa sei tu, non
guardi nemmeno dove vai» rispose lui alzando un sopracciglio
per poi soffiare sulla maglia nel tentativo di asciugare la macchia.
«Parli
tu, potevi spostarti allora, no?» ribattei incrociando le
braccia al petto e accartocciando il bicchiere in una mano.
Lui
alzò lo sguardo su di me, rimanendo comunque a capo chino e
continuando a soffiare sulla maglia.
Cavoli,
avevo ragione però, aveva veramente dei
begl’occhi, e ora che lo avevo di fronte e questi si
dedicavano completamente a me potevo confermarlo, poiché
sull’autobus avevo comunque avuto un incontro abbastanza
vicino a essi, ma con gli sbalzi dovuti alle buche e il suo tenerli
quasi socchiusi non era stato il massimo, seppur la loro bellezza
l’avevo percepita comunque.
Mi
fissò un istante per poi scuotere la testa con un sorrisino
beffardo sul volto ed allontanarsi nella direzione opposta, aggirando
la pozza di cioccolata che si era creata sul pavimento.
E
rideva pure? Mi faceva passare dalla parte della stupida anche, con
quel sorrisino irrisorio stampato sulle labbra!
In un
moto di rabbia strinsi ancora di più il bicchierino di
plastica fino ad appallottolarlo e glielo tirai dietro, colpendolo sul
collo scoperto dai capelli biondi.
«Stupido!»
gli urlai rossa in volto, stringendo i pugni.
Lui
si voltò ed aggrottò la fronte, camminando
lentamente all’indietro, allargando le braccia con i palmi
dischiusi, come a domandarmi quale fosse il motivo di quel mio insulto.
Sperai
con tutto il cuore che cadesse o scivolasse, o meglio che andasse a
sbattere contro qualcuno, ma non successe, scoppiò invece in
una sonora risata, limpida e cristallina, per poi rivoltarsi nuovamente
e scendere le scale scomparendo al piano di sotto.
Fantastico,
dicevano sempre che non bisognava mai fidarsi della prima impressione,
ma se all’inizio mi era solo sembrato un
ragazzetto petulante, stronzo, irritante, scorbutico e saccente, ora ne
avevo la più piena conferma.
«Sono
tornata!» urlai appena aprii la porta di casa.
Nessuna
risposta.
«Ehi,
mamma? Ci sei?» chiamai sfilandomi la cartella e lasciandola
cadere pesantemente a terra.
«Dee?
Sono qui, in cucina!» mi rispose e io mi affrettai a
raggiungerla iniziando ad apparecchiare.
Dee,
come mi chiama lei e, soprattutto, solo lei.
Si perché una volta anche Max mi aveva chiamato
così e lei era andata su tutte le furie e l’aveva
sbattuto fuori di casa. E pensare che erano le prime volte che si
vedevano, fossi stato in lui sarei scappato a gambe levate.
«Come
è andata oggi?» mi domandò mentre
aspettava che l’acqua bolli.
«Bene»
risposi solamente sistemando i tovaglioli di stoffa arancione.
«Niente
di nuovo?» mi domandò ancora.
Avevo
un buon rapporto con mia madre, gli raccontavo sempre tutto, mi piaceva
perché in caso avevo dei problemi lei era sempre
lì pronta ad aiutarmi e a darmi consigli, sarà
che si diverte a fare la sorella maggiore oppure che, dato che lavorava
in una rivista per ragazzi, voleva sperimentare i suoi consigli su di
me ma non mi costava nulla renderla felice se ciò aiutava
anche me, no? Inoltre mi era sempre stata vicina, anche per quella
storia di Marco, mi aveva abbracciato e mi aveva lasciato piangere
sulla sua spalla sussurrandomi che andava tutto bene, che non era
successo nulla e che, in ogni caso, se c’era qualcuno che ci
aveva rimesso questo era lui. Certo, aveva detto questo prima di
aggiungere: “Dimmi dove abita così mi apposto
fuori e appena lo vedo gli faccio vedere io cosa significa prendersi
gioco della mia Dee”. Vi immaginate che vergogna? Oltre che
ingenua e illusa mi avrebbe pensato anche mammona. Inoltre sapevo che
Daniel si sarebbe aggiunto volentieri, doppio imbarazzo.
«No..»
dissi istintiva, abituata a risponderle sempre così, ma poi
mi affrettai ad aggiungere «Anzi sì, è
arrivato un nuovo ragazzo nella nostra classe».
«Ah
sì, così, a scuola già
iniziata?» domandò sorpresa sistemandosi un ciuffo
di capelli che le era ricaduto sul viso.
«Sì,
non so perché però».
Mi
attorcigliai una ciocca di capelli castani attorno al dito, erano dello
stesso colore originale della mamma, ma ora lei li aveva tinti di
biondo lasciando però delle striature castane, tutto sommato
ci stava molto bene.
«Mmh,
e dimmi, è carino?» chiese senza esitazioni,
eccola in fase adolescenziale, mai una volta che si possa parlare con
lei normalmente, ma se questo a volte mi
infastidiva non era lo stesso per Max che lo adorava.
Max
era sempre sereno e si capiva quando era in casa perché
erano tutti più tranquilli, è divertente e si
offre sempre di aiutarci in qualunque cosa: casa, compiti e anche
problemi di cuore, sì avete capito bene, ma non me la
sentivo di parlare con lui di queste cose, forse perché
è un maschio o perché sento di non conoscerlo poi
così bene nonostante frequenti mia mamma da molto tempo.
«È
questo il problema, mamma. Ma non come pensi tu, non mi piace, per
nulla, ma è talmente... non so! Sa di essere carino e tutte
le vanno dietro, mi da’ fastidio, chi si crede di essere?
È come tutti noi ma pensa di esistere solo lui,
capisci?» sbotto irritata sbattendo le posate sul tavolo.
Non
dicevo questo solo per l’
‘incontro-scontro’ all’intervallo ma
anche per le restanti due ore di scuola; non aveva fatto altro che
lanciare sguardi seducenti a tutte le ragazze, per non parlare di loro,
che avevano parlato per tutto il giorno di lui e, non appena suonava la
campanella per il cambio dell’ora si fiondavano su di lui,
come se fosse stato l’ultima minigonna
più in dell’anno
rimasta in vendita, e lui apprezzava, non faceva nulla per fermarle o
impedire la cosa.
«Sì,
ho presente, ma calmati. Vedrai comunque che prima o poi la
smetterà. Pensaci, attirerà
l’attenzione delle ragazze ma facendo così,
comportandosi come se non esistesse nessun altro fuorché
lui, non guadagnerà sicuramente la simpatia dei ragazzi.
Pensi possa resistere per tanto senza amici?».
Il
suo ragionamento non faceva una piega, e allora perché avevo
il presentimento che questa storia sarebbe andata avanti per un bel
po’? Che non sarebbe finita nel giro di una settimana,
né di un mese?
O
-
O
-
O
Note:
Ecco
il secondo capitolo, con il
romantico incontro
fra Denise e Nicholas.
Beh,
che ne pensate di lui? Del suo carattere? Insomma, dal poco che si
è capito.
Ad
ogni modo qui ho introdotto Sara e Michele, Andrea no, scusate ma la
parte del capitolo in cui lo descrivevo l’ho cancellata
perché non mi convinceva, vedrò di scriverla nel
prossimo.
Sotto
farò un altro schemino,
ancora più giù inserirò le immagini
di
alcuni personaggi, poi risponderò alle recensioni. :)
Fatemi
sapere che ne pensate..
Schemino:
Migliore
amica: Sara, 16 anni.
Migliore
amico: Michele, 16 anni e mezzo.
Amico:
Andrea, 16 anni.
‘Mmh,
come definirlo?’(xD): Nicholas, 17 anni.
ImmaGini
dei personaGGi:
Denise
Santori:
Ho
scelto questa ragazza per Denise.
Non so come si chiami, però ho subito pensato a lei.
Non sono convintissima ma per il momento penso che lei possa andare bene.
QUI c'è
l'immagine originale, di Jean Luis David.
Che
ne dite?
Nicholas
Mancini:
Prima
di guardare la foto vi consiglio di afferrare una bacinella per evitare
l’allagamento della stanza.
Eccovi
a voi il fantomatico Nick.
Appena
l’ho visto, dopo aver sbavato per una buona mezzora, ho
subito pensato: «Questo deve essere assolutamente il mio
Nicholas!».
E
di lui che mi dite? Lo immaginavate diverso?
Lui
è Mitch Hewer, per chi volesse cercarselo su internet.
Bene,
ora che vi siete rifatte gli occhi proseguiamo. ;)
Sara
Rinaldi:
Eccovi
Sara.
Lei è Evangeline Lilly, lo so, non è decisamente una sedicenne, poiché è nata il 3 agosto del 1979,
ma
ho
trovato questa foto e per il momento mi immagino Sara così.
Comunque
è molto bella. :)
Michele Martini:
Oh
sì, ecco a voi uno dei miei personaggi preferiti, per il
momento: Michele.
Questo
ragazzo è Eduardo Surita, è
brasiliano.
Forse
è più conosciuto come Dudu Surita, ad ogni modo,
adoro i suoi capelli.
Lo so, Michele ha gli occhi blu, scusate, ma non mi andava di modificarla ulteriormente con Photoshop.
Risposte
alle recensioni:
Sciona:
Inanzitutto grazie per la recensione. Wow, grazie pensavo realmente che
fosse noioso (e lo penso tuttora xD). Ad ogni modo anche io mi sono
infatuata del mio stesso personaggio, soprattutto dopo aver trovato la
foto del ragazzo che in questa storia lo rappresenta. *-*
Ad
ogni modo eh già, povera Denny, con quel Marco!
Grazie
ancora, spero che continuerai a seguire la mia storiella. :)
Oo_Vanessa_oO:
Eccomi qui con il nuovo e secondo capitolo! Che bello, una nuova
‘recensitrice’ (esiste? xD)! Grazie mille per i
complimenti, ed ecco il fantastico, quanto classico, incontro fra i due
protagonisti. xD
Grazie
ancora!
__Claire__:
Cambiato il rating, grazie per il consiglio, ora sono più
sicura.
Sì
lo so, incasinato è incasinato, perdonami! Non so
perché ho scelto questo nome per lei, mi piace molto, forse
è il suono oppure appunto eprchè non lo scelgono
in molti, nonostante io penso sia bellissimo, inoltre ho anche una mia
cara amica che si chiama così. :)
Ecco
l’incontro casuale fra i due, ammetto che volevo inserirlo
nel prossimo capitolo, non in questo ma poi ho notato che lo
aspettavate in molte e allora ho cambiato idea. ;D