Capitolo 10
«Aspetta
un
attimo», mi interruppe Ale, portando davanti alla bocca piena
una mano. Nell’altra aveva la mela verde che stava mangiando.
«Ripetimi un’altra volta il piano.»
«Non
c’è nessun piano, Ale!» Lasciai
ciondolare le braccia lungo i fianchi, sospirando pesantemente.
Era
la decima volta che le spiegavo quello che stavamo per fare. Mio
fratello, seduto sulla poltrona in salotto, se la rideva sotto i baffi:
ci sarebbe stato da divertirsi.
«Devo
imparare a fare questi benedetti atterraggi, no? Quindi, adesso mi
voglio esercitare», spiegai di nuovo. «Io mi
trasporterò nell’altra dimensione e tu sarai il
mio punto di riferimento per il mio ritorno.»
Ale diede un altro morso alla mela, guardandomi con attenzione. Io
roteai gli occhi al cielo.
«Ciò
vuol dire che io penserò intensamente a te quando
dovrò tornare indietro e tu non dovrai far altro che
startene qui, buona buona. Hai capito?»
«Ah!»,
sorrise, dandomi una pacca sulla spalla. «Perché
non l’hai detto subito?» Saltellò verso
il divano e si mise seduta di fronte alla tv. «Ti aspetto
qui. E ora forza, al lavoro!»
Ancora
scioccata, scossi il capo per riprendermi. Poi mi misi seduta di fronte
a Davide e ad Ale e mi concentrai.
Poiché non volevo assolutamente incontrare i Jonas durante i
miei allenamenti, pensai intensamente ad un luogo della dimensione
parallela in cui non li avrei mai incrociati. Mi venne subito in mente
casa di Fiore, ma avevo già disturbato troppe volte, non mi
sembrava il caso. Dunque, l’unico posto che mi venne in mente
fu la spiaggia.
Incrociai le dita e, esattamente com’era successo quella
volta a casa della signora Jonas, non mi accorsi nemmeno di essermi
trasportata fino a quando non sentii il terreno più molle
sotto i piedi, il vento profumato di salsedine scompigliarmi i capelli
e il rumore delle onde che levigavano la riva.
Aprii
gli occhi e rimasi ad osservare, con il cuore stuzzicato da
piccolissimi aghi di malinconia, la spiaggia. Era un luogo pieno di
ricordi, quello… ricordi di me e di Nick. Era il nostro
luogo, quello in cui ci eravamo trovati per la prima volta, in
circostanze non proprio piacevoli, e in cui poi ci eravamo scoperti, in
cui avevamo sorriso, riso, in cui eravamo rimasti in silenzio ad
osservare il mare, il sole tramontare, le stelle, la luna brillare
sull’acqua… il luogo in cui, ne ero quasi certa,
avevo capito che ciò che provavo per lui era molto di
più che semplice affetto.
Ricordai
la sera in cui mi avevano catturata, il modo in cui mi aveva avvolta
nell’asciugamano con sé; ricordai il pomeriggio in
cui mi aveva fatta “evadere” per la prima volta
dalla villa, il tempo che, chiacchierando di fronte al tramonto, era
volato via; ricordai il nostro primo bacio…
Chiusi
gli occhi alle lacrime, pensando che ora Nick aveva a che fare con la
cheerleader dai capelli rossi, e mi concentrai sui miei allenamenti.
L’andata non era più un problema, da quanto avevo
potuto notare, era il ritorno che ancora non andava bene…
Feci
qualche passo sulla riva, stando attenta a non bagnarmi le scarpe con
l’acqua salata, riflettendo per cercare di capire quale fosse
il mio errore. Forse Fiore avrebbe potuto darmi una mano, ma non potevo
sempre appoggiarmi sull’aiuto degli altri… per una
volta, visto che il dono era solo mio in me, dovevo farcela da sola.
Mi
voltai a guardare il sole infuocato calare dietro il mare ed accennai
un sorriso, poi strinsi i pugni lungo i fianchi e…
***
Nick
non voleva vederla di nuovo,
non ne poteva più della sua vocetta fastidiosa e della sua
parlantina…
Non ne poteva più nemmeno di fingere che andasse tutto bene
di fronte ai suoi fratelli, anche se loro lo avevano capito subito che
quei tentativi erano patetici.
Non si può mentire ad un fratello.
Fece
qualche passo sulla scogliera e il flusso dei suoi pensieri
accarezzò, come sempre, la sua figura e i ricordi, belli
quanto dolorosi, che si portava dietro. Non l’aveva
dimenticata e dubitava che l’avrebbe fatto tanto presto.
Il tentativo di Joe di fargliela dimenticare, facendolo uscire con
Charlotte, era un’assurdità, ma aveva apprezzato
il gesto; nonostante questo, però, non era ancora riuscito a
levarsela dalla testa.
In quel momento non voleva avere nulla a che fare con le ragazze,
perché che senso aveva, se il suo cuore se l’era
già preso lei?
Alzò
lo sguardo verso il tramonto e con la coda dell’occhio vide
una ragazza camminare sulla riva, lo sguardo basso sui propri piedi e
le mani nelle tasche dei jeans.
Strinse le palpebre, cercando di focalizzarla meglio anche se il suo
cuore l’aveva già riconosciuta e per questo aveva
iniziato a scalpitare nella cassa toracica. Lei alzò il capo
per osservare il tramonto e riuscì a vedere perfettamente il
suo viso: era lei, non c’erano dubbi.
Aveva l’accenno di un sorriso sulle labbra. Era il
più bello che avesse mai visto e pensò che era
quello che voleva, solamente quello, e nessuna ragazza a parte lei
gliel’avrebbe potuto offrire.
Ma
non era possibile, no… Il tempo di chiudere gli occhi per un
attimo, ed era già sparita.
Sorrise
amaramente e si strinse il setto nasale fra le dita. Quella spiaggia,
in cui avevano vissuto i momenti migliori di loro, doveva averlo
suggestionato tanto da fargliela apparire come un miraggio.
***
Per
non cadere cercai un appiglio,
ma mi trovai solamente sommersa sotto diverse scatolette e pacchetti.
Non fu difficile capire che mi trovavo nella dispensa.
Ale era di fronte a me, con una mano ancora sull’interruttore
della luce e l’altra sollevata in aria, in direzione di un
pacchetto di patatine.
«Cavolo…
che tempismo», ridacchiò, stiracchiando un sorriso
nervoso.
Mi
costrinsi a restare calma e feci tanti respiri profondi, ad occhi
chiusi. Poi, dopo aver cacciato Ale, mi misi a sistemare le cose che
avevo fatto cadere. Una volta finito, tornai in salotto, di fronte a
Davide che tratteneva a stento le risate. La mia migliore amica
sembrava dispiaciuta.
«Mi
dispiace», mugugnò, senza sollevare lo sguardo.
«Voglio
riprovare», risposi seccamente, stringendomi le braccia al
petto.
«Forse
sarebbe meglio, questa volta, se prendessi come punto di riferimento un
qualcosa di… immobile», consigliò
Davide.
Non
era affatto una cattiva idea. Di certo, se avessi scelto qualcosa che
non poteva muoversi, a meno che non venisse spostato, sarebbe stato
fermo in qualsiasi caso ed io non avrei rischiato nuovamente di finire
nei posti frequentati da Ale. E menomale che era andata soltanto in
dispensa… chissà se fosse andata in bagno!
Mi
portai istintivamente una mano al collo e sfiorai il ciondolo a forma
di stella che mi aveva regalato mamma quando io ero ancora una bambina.
Avevo scoperto che non era lui che mi permetteva di andare da una
dimensione all’altra, ma uno scopo doveva pur avercelo, no?
Glielo avevo appena trovato.
Mi tolsi la catenina e posai il ciondolo al centro del tappeto,
esattamente ai miei piedi, poi feci un cenno di saluto alla mia
migliore amica e a mio fratello e quando riaprii gli occhi mi trovai di
nuovo sulla spiaggia.
Ci
stavo prendendo la mano e, infatti, dopo le prime volte in cui mi ero
sentita frastornata e con le orecchie ovattate dopo ogni viaggio
dimensionale, non sentivo niente.
Mi ci stavo abituando e non era poi così spiacevole,
dopotutto, sapere di avere a propria disposizione un’altra
dimensione, se non ancora di più, in cui potersi rifugiare.
Delle
urla stridule ed irritanti mi fecero voltare verso la scogliera che
comunicava direttamente con la spiaggia e mi si bloccò il
respiro: Nick era lì, a pochi metri da me, e stava
aspettando la cheerleader rossa, che gli stava correndo incontro
gridando.
Mi si spezzò il cuore, invece, quando lei gli
gettò le braccia intorno al collo e lo abbracciò.
Dalla mia posizione, lui mi dava le spalle e non riuscivo a vedere
bene, ma solo all’eventualità che si stessero
baciando…
Le lacrime mi punsero gli occhi e non potei impedire ad una di esse di
scivolare lentamente sulla mia guancia.
Nick
faceva bene, faceva più che bene a comportarsi in quel modo,
visto come mi ero comportata io, ma non riuscivo ad accettarlo.
Il cuore mi bruciava e le lacrime di dolore e tristezza si
trasformarono ben presto in lacrime di rabbia.
***
«Uh-uh!
Amorino! Sono
qui!»
Nick
sospirò rassegnato e si girò verso Charlotte che
gli correva incontro. Non fece in tempo a dire niente che lei gli
gettò le braccia intorno al collo e lo abbracciò,
lasciandolo stupefatto.
«Scusa
se ti ho fatto aspettare», gli sussurrò e
avvicinò il viso al suo, ma Nick serrò le labbra
e, prendendola per le spalle, l’allontanò.
Non poteva farlo, non ci riusciva.
Charlotte
lo guardò un po’ delusa, ma non disse niente. Si
limitò soltanto a prendergli la mano e a farlo voltare verso
la spiaggia: aveva voglia di fare una passeggiata.
Poco
distante da loro, vide una ragazza che aveva sicuramente già
visto. Anche Nick si soffermò a guardarla, ma la sua
reazione fu del tutto diversa dalla sua: era incredulo, felice e allo
stesso tempo sembrava addolorato. Non riusciva a capire quale fosse
l’emozione dominante e fu in quel preciso istante che
ricordò chi fosse quella ragazza: era quella che si
presupponeva avesse il potere di viaggiare fra le due dimensioni,
quella che Nick e i suoi fratelli avevano tanto cercato e che alla fine
avevano catturato.
Ma perché allora era lì e Nick aveva reagito in
quel modo?
«Va
tutto bene, amorino?», gli chiese, accarezzandogli il dorso
della mano, ma lui non le prestò nemmeno un briciolo della
propria attenzione.
Nick
scosse il capo. Era già la seconda volta che la immaginava,
qualcosa non andava.
Chiuse gli occhi per scacciare via la sua immagine, ma quando li
riaprì la vide ancora: era sempre lì, con i pugni
stretti lungo i fianchi, le labbra arricciate e gli occhi lucidi.
Charlotte,
furibonda, lo strattonò con violenza per portare il suo
sguardo su di sé, ma facendo così
l’allontanò ancora di più. Infatti, la
fulminò con gli occhi e ringhiò:
«Lasciami in pace!», per poi andare incontro a
quella ragazza.
Ad
ogni passo la vedeva avvicinarsi e ancora non ci credeva che fosse
davvero lei. Aveva paura che una volta di fronte a lei scomparisse nel
nulla, così la sua camminata svelta divenne una corsa e per
accertarsi che non fosse solo frutto della propria immaginazione
l’abbracciò, stringendola fortissimo al petto.
La sentì irrigidirsi fra le sue braccia, la sentì
singhiozzare e piangere contro il suo petto e una voragine gli
divorò il cuore, dimentico di tutto ciò che aveva
sofferto per lei. Perché stava piangendo?
«Ary»,
sussurrò.
Le accarezzò le guance, spazzando via le lacrime, e vedere i
suoi occhi sofferenti fu peggio di una coltellata al cuore.
Lei
scosse con insistenza il capo e lo spintonò via da
sé, poi gli tirò uno schiaffo abbastanza forte da
fargli voltare il capo.
Non sapeva se se lo meritava o meno, ma lui incassò il colpo.
«Scusa»,
biascicò subito lei, dispiaciuta, ed iniziò a
camminare velocemente costeggiando la riva.
Nick
la inseguì: non poteva lasciarla andare via ancora.
«Ary! Ary, aspetta!»
Le prese il polso e la costrinse a girarsi.
«Che
cosa vuoi, che cosa vuoi ancora da me?!», gridò
con tutta la voce che aveva, cercando di liberarsi dalla sua stretta.
«Non abbiamo più niente da dirci, tu mi hai
rimpiazzata con la prima che hai trovato!»
«Che
cosa? No!», gridò Nick a sua volta, rosso in viso.
«E poi tu sei la prima ad essere scappata e ad avermi
lasciato qui!»
«Sì,
l’ho fatto e ho sbagliato, ma come vedi sono tornata
perché io ti ho fatto una promessa e io le promesse le
mantengo sempre.»
Rimasero ad osservarsi in silenzio, per qualche istante. Ary si
asciugò le lacrime con il dorso della mano e tirò
su col naso.
«Ora
lasciami, per favore», lo supplicò con un fil di
voce e lui obbedì, liberandole il polso.
Ary
chiuse gli occhi e senza nemmeno rendersene conto si trovò
nel salotto di casa sua, nell’altra dimensione, proprio
accanto al ciondolo. Cadde in ginocchio sul tappeto e con il volto fra
le mani scoppiò in un pianto disperato, di fronte ad Ale e a
Davide che in un primo momento non seppero assolutamente cosa fare, ma
che subito dopo la raggiunsero e le rimasero vicino fin quando anche
l’ultima lacrima fu versata.
I could pick up all your tears,
throw ‘em in your backseat
Leave without a second glance
Somehow I'm to blame
for this never-ending racetrack you call life
Nick
rimase immobile come
l’aveva lasciato prima di scomparire nel nulla, poi si
incamminò a passo spedito verso la villa che condivideva con
i propri fratelli.
In quel momento avrebbe voluto sparire anche lui, rifugiarsi in luogo
in cui riflettere senza essere disturbato, ma si sarebbe dovuto
accontentare della sua stanza.
«Amorino,
dove vai?», chiese Charlotte, correndogli dietro.
Gli prese una mano, preoccupata, ma lui si liberò
immediatamente dalla sua stretta e la guardò in cagnesco.
Non era da lui comportarsi in quel modo, ma voleva solo essere lasciato
in pace.
«Senti,
Charlotte. Mi dispiace tanto, ma io non ti amo e non credo
potrà mai nascere qualcosa fra di noi. Io non avrei voluto
illuderti, questa è stata un’idea di mio fratello
e preferirei che non ci vedessimo più: il mio cuore
appartiene a…»
«A
quella ragazza?», gli chiese con una smorfia sul viso.
«Sì,
esattamente. Mi dispiace, Charlotte…»
«Non
importa, stai tranquillo», mormorò e si
voltò.
Nick
rimase ad osservarla mentre si allontanava da lui, poi
abbassò lo sguardo e riprese a camminare sulla spiaggia.
Il mare aveva inghiottito anche l’ultimo spicchio di sole.
***
La
luce chiara della luna entrava
nella stanza e illuminava parte del letto.
Seduta sul davanzale della finestra, la osservavo e mi chiedevo per
quale stupido motivo mi ero comportata in quel modo, quella sera. Gli
avevo persino tirato uno schiaffo e poi avevo avuto il coraggio di
scappare via, proprio come una codarda.
Mi sentivo un’emerita stupida e, inoltre, non riuscivo
nemmeno ad essere arrabbiata con lui per aver frequentato la
cheerleader dai capelli rossi subito dopo la mia scomparsa.
L’avevo già perdonato perché sapevo che
la maggior parte della colpa ce l’avevo io, essendo ritornata
nella dimensione normale senza di loro.
Forse, l’unica cosa che mi bruciava era che avesse creduto
che io non avrei mantenuto la promessa. Aveva così poca
fiducia in me?
Sentii
la porta della mia stanza aprirsi, ma non mi voltai per vedere chi
fosse.
«Tesoro…»
La
voce di mamma mi arrivò alle orecchie e mi passai una mano
sul viso per cancellare i segni delle lacrime che, per
l’ennesima volta, mi avevano rigato il volto.
«Sei
sicura di non voler nulla da mangiare?», mi chiese,
premurosa.
«Sono
a posto così, grazie», risposi, cercando di non
far notare la mia voce nasale, ma lei se ne accorse comunque e si
chiuse la porta alle spalle, raggiungendomi alla finestra.
«Che
cos’è successo, piccola?» Mi
accarezzò docilmente i capelli e io posai la testa
nell’incavo della sua spalla, senza distogliere lo sguardo
dalla luna.
«Una
cosa che non sarebbe dovuta succedere», risposi.
Sorrise
divertita. «Ti sei innamorata?»
«Forse.»
«E
lui lo sa?»
«Non
lo so… cioè, io non gliel’ho mai detto
esplicitamente…»
«E
che cosa stai aspettando?»
Mi fece sollevare il viso per guardarmi negli occhi e sorrise,
accarezzandomi le guance. «Se per te è
così importante devi provarci, perché se non lo
fai corri il rischio di pentirtene per tutta la
vita…»
«È
complicato, mamma… siamo troppo
distanti…»
«Nessuna
distanza può spezzare il legame che l’amore
costruisce fra due persone…»
«Credi
davvero che dovrei dirglielo?», mugugnai, gli occhi bassi e
le guance infuocate.
«Assolutamente
sì», ridacchiò e mi stampò
un bacio sulla fronte. «Però ora è il
momento di dormire. Buonanotte, tesoro.»
«Buonanotte,
mamma. E grazie», bisbigliai con l’accenno di un
sorriso ad incurvarmi le labbra.
Lei
ricambiò ed uscì dalla stanza, chiudendosi con
delicatezza la porta alle spalle.
Scesi
dal davanzale, arraffai il cellulare sul comodino e mi misi seduta sul
letto.
Mi mordicchiai le labbra, chiedendomi se quello che stavo per fare
fosse la cosa giusta, e decisi che una volta tanto dovevo dare ascolto
al mio cuore.
Ho deciso, torno di
là.
Inviai il messaggio ad Ale e mentre mi stavo togliendo la catenina con
il ciondolo dal collo mi arrivò la sua risposta.
Che cosa?! Tu sei
completamente
impazzita!
Tua
madre non vuole
che
vai di là e se
dovesse
scoprirti… Ah, fai
quello
che ti pare, testa
dura.
Stai attenta.
Un soffio di vento entrò nella stanza vuota e
scostò dalla finestra la tenda di stoffa leggera.
Un raggio di luna fece brillare il ciondolo a forma di stella
abbandonato sul letto.
Turn right, into my arms
Turn right, you won't be alone
You might fall off this track sometimes
Hope to see you at the finish line
___________________________________________________
Buongiorno
a tutti! :)
Di nuovo a casa, internet 24 ore su 24, direi che posso postare!
;) Vi lascio però con la suspance, eh? xD
Chissà che cosa succederà ora che Ary
è tornata di là, da Nick... Si scuserà
per la litigata e lo schiaffo di quel pomeriggio? E, soprattutto, gli
dirà che tiene davvero a lui? Bah, chissà u-u
La canzone che ho usato in questo capitolo è la bellissima Turn
right, ovviamente dei Jonas
Brothers, e vi confesso che è una delle mie preferite, se
non proprio la mia prediletta :)
Ringrazio
di cuore chi ha recensito
lo scorso capitolo. Cioè miusic__dreamer
xD Santissima ragazza, sei l'unica su cui io mi possa appoggiare qui?!
xD Vabbè, meglio pochi ma buoni si suol dire u.u Sto
scherzandoooooo, so che chi non recensisce è solo timido u.u
:D
Comunque, bando alle ciance, ti devo dei ringraziamenti! Ci sei rimasta
un po' male quando Nick ha detto di avere un appuntamento con
Charlotte? Beh, adesso come sei rimasta? xD Sono proprio curiosa! *-*
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che io abbia
aggiornato abbastanza presto xD Ciao, alla prossima e grazie ancora! :)
Ringrazio
anche chi ha letto
soltanto! :)
P.S.
A tutte quelle che odiano la
rossa: è un po' antipatica, questo è
vero, ma poverina! xDD
Alla
prossima! Vostra,
_Pulse_