Segreti e baruffe
___________________________________
«Eh sì, Brown,
l’inverno non è affatto finito, arriverà una tormenta come non se ne vedevano
da anni!»
«E finalmente potremmo fare i nostri pupazzi di ne…»
Spengo la tv: detesto
sentire troppe parole appena sveglia. L’unica a non averlo ancora capito è,
purtroppo, mia mamma nel suo instancabile cicaleccio. «Tesoro, ti andrebbe di
accompagnarmi in quella nuova pasticceria in centro? Dicono i loro bon-bons
siano deliziosi.»
«Mi spiace, mamma, ma
oggi ho da fare!» In realtà non sarei andata nemmeno potendo, i dolci non sono
esattamente il mio forte.
«Esci di nuovo con
Yamcha?»
«No, devo finire il
progetto di scienze.»
«Oh, deve piacerti
davvero molto quel Vegeta.»
«Non dire
sciocchezze, per piacere! Siamo costretti a passare del tempo insieme, se solo
potessi andrei a comprare scarpe.» Affermo con risolutezza; la serata a casa
sua mi è bastata per ridimensionare la poca simpatica che avevo nutrito nei
suoi confronti! Affogata nella marea di improperi rigurgitata dalla quella
simpaticona della sua ragazza svitata.
«A me pare un ragazzo
così affascinante!»
La ignoro, come
meritano le sue supposizioni sciocche; a quanto pare Arensay non è
l’unico ad aver bisogno degli occhiali, qui, se mia madre ha addirittura
l’ardire di considerarlo affascinante. Vegeta ha lo charme di uno scimmia
ubriaca. Se ancora non accampo scuse per
evitare di trovarmi con lui il pomeriggio, è solo per evitare altre brutte
figure con la professoressa di scienze. Certo, ho scoperto di trovare
abbastanza spassoso costruire oggetti con le mie mani (cosa di cui non mi ero
mai creduta capace), ma con un laboratorio a disposizione, potrei ugualmente
fabbricare tutto ciò che voglio senza avere Vegeta tra i piedi! Ho o non ho il
più grande scienziato di tutti i tempi come genitore?
«E quelli cosa sono?»
Domando, dopo aver notato un arcobaleno di post-it colorati sul frigo. Mia
madre chiude la valvola delle sue chiacchiere, giusto il tempo per informarmi
dei tentativi dei miei amici di contattarmi, da Chichi a Goku. Manca solo
Yamcha.
«Hanno chiamato senza
sosta, dovresti proprio richiamarli!»
Già, dovrei.
Decido che di
domenica mattina possono anche aspettare, i miei amici. Dal momento
che si sono ricordati presto di me! Avrebbero anche potuto cercarmi ieri sera,
invece la mia assenza non è pesato affatto fino a questa mattina.
Cerco di rilassarmi
tra le bolle che riempiono la mia vasca da bagno. E continuo a pensare a
Vegeta; a casa sua, alla serata trascorsa. Al suo rapporto con l’odiosa
biondina.
Per colpa di quella mi
sono dimenticata di chiedergli a che ora ci saremmo visti; oppure me l’ha detto
e l’ho dimenticato?
Mi ripropongo di
chiamarlo appena possibile.
Trovo il suo numero
in elenco che, pensate mi finisce sul piede nel tentativo di digitare i tasti,
bere un caffè che mi rovescio addosso e reggere la cornetta tra mento e spalla.
Dopo innumerevoli squilli, finalmente quel cafone risponde, e lo accuso un po’
di tutto.
Lui incassa in
silenzio, e poi sbotta. «Mi hai forse scambiato per il beota del tuo ragazzo?
Se non hai nulla di intelligente da dirmi, faresti meglio a stare zitta, almeno
avresti il pregio di sembrarlo.»
«Mio caro Arensay, non
sembrerei un bel niente, visto che è una conversione telefonica la nostra. Se
resto zitta, sembreresti un cretino a
stare al telefono senza parlare.»
La mia risposta lo
zittisce per alcuni istanti. «Mi chiami addirittura per cognome? Devo dedurre
che hai finalmente riconosciuto la mia autorità.»
Sorrido maligna,
perché, ancora una volta, mi stata servita la risposta su un piatto d’argento. «Veramente
anche tu mi chiami sempre per cognome.»
Un nuovo mortificante
silenzio da parte sua.
«Ad ogni modo oggi
non ci vediamo, se mi hai chiamato per quello.» Chiarisce nella successiva
frazione di secondo.
«Perché, devi uscire
con C18?» Domando maliziosa, giusto per tormentarlo ancora un po’.
«Non sono affari
tuoi.»
E quindi sì, dalle
sue risposte in differita non posso che arguire i suoi impegni con la ragazza
smorfiosa. «Coraggio, ti vedi con lei o no?»
Continuo tanto perché, per qualche sconosciuto motivo, si innervosisce a
parlare di sé: devo pur vendicarmi del trattamento riservatomi durante la partita
a Risiko, che secondo lui ho vinto per pura fortuna, troppo stupida per
comprendere le tattiche di gioco.
«No.» Risponde
esasperato, ma non gli credo.
«Allora esci con lei,
è sicuro.»
«Comunque oggi io e
te non ci vediamo.» Ripete e mi richiude il telefono il faccia.
Scimmione che non è
altro, lo richiamerei solo per dirgliene quattro. E infatti sono già lì che
digito il suo numero, ma all’ultimo minuto un tuono, così forte da sembrare
caduto in casa, interrompe la linea e il filo delle mie imprecazioni.
Abbasso la cornetta e
prova ancora a comporre il numero, ma la linea è intermittente e cade ogni tre
per due. Le mie mani ricompongono, per l’ennesima volta il contatto ormai
imparato a memoria, digitando la tastiera con una pesantezza degna di un
lottatore di sumo.
Continua a cadere la
maledetta!
Nel frattempo mi
squilla il telefono in un orecchio e rispondo furibonda. «Che cosa c’è adesso?»
«Bu… Bulma, sono
io Chichi! Ѐ un’ora che tento di richiamarti ma hai telefono
sempre occupato.»
Vorrei farle presente
che se il telefono era occupato, era evidente la cosa non fosse accidentale. Mi
limito però a rispondere con creanza, nella ritrovata calma delle mie facoltà
mentali, in fondo lei cosa c’entra se è un tuono ha interrotto la linea mentre
ero intenzionata ad insultare Vegeta?
«Allora cosa c’è?»
Proprio adesso doveva chiamare! Magari, Vegeta esce e io non posso più
insultarlo.
La mia acidità la
blocca per un istante prima di spiegarsi. «Ecco, eravamo tutti preoccupati
per te, ieri sera sei sparita e nella bolgia non siamo riusciti a trovarti!»
«Nemmeno io se per
questo.» Nascondo il fatto di non averci affato provato: ero troppo impegnata a
tener testa alla smorfiosa da un lato e allo scimmione dall’altra. «Fortuna ho
trovato Arensay.» Almeno questo devo riconoscerlo, non fosse stato per
quel colpo fortuito, sarei rimasta tutta sola e magari anche costretta a
tornare a piede.
«Che cosa c’entra Arensay?»
«Cosa vuoi che ne
sappia!»
«Chiediglielo.»
«Chichi, ma chi c’è
lì con te?» Ho distintamente sentito delle voci in sottofondo.
Mente. «Oh, nessuno,
nessuno, piuttosto, hai sentito Yamcha per caso?»
«No, perché? Goku ha
bisogno di qualcosa per il progetto?» Mi fingo tranquilla, tuttavia mi offende
che mi credano così imbecille da prendermi in giro facilmente.
«Oh no è che… ridammi il
telefono, razza di cafone!»
«Ciao Bulma, è
Crilin! Ci risentimo, ok?»
«Restituiscimi
immediatamente il telefono!»
La voce di Chichi in
sottofondo è l’ultima sentita prima che mi venga, di nuovo, sbattuto il
telefono in faccia nell’arco di trenta minuti.
Ora sì, che ho un
diavolo per capello! Come un toro impazzito ricompongo i numeri, ma nella foga
compongo quello di Arensay; allora sono costretta a digitarlo di nuovo.
Manco un numero. Riprovo. Salta la linea di nuovo.
Riprovo.
Occupato.
Provo con Goku.
Occupato pure lui.
Scaravento il
telefono a terra, lasciando sfogare tutta la mia ira funesta.
Il mio umore non
migliora per tutto il resto della giornata. Non sono riuscita a contattare
nessuno. Non sono nemmeno riuscita ad insultare Vegeta come avrei dovuto.
L’unica consolazione
è stato il progetto di scienze!
Alterata per il
risvolto negativo dei miei tentativi telefonici, ho pensato bene di calmarmi
cambiando completamente scenario. Così, sapendo che proprio Vegeta avrebbe
voluto continuassi da sola, ho provato a lavorare da sola al nostro progetto.
Gli unici risultati
soddisfacenti sul mio umore nero.
E quell’idiota di
Yamcha è disperso come gli altri.
Ѐ con lo stesso
cattivo umore che arrivo in classe il giorno seguente, decisa a far luce su
tutta la questione delle intercettazioni telefoniche.
Quando arrivo, noto
subito che Yamcha non è al suo posto, fortuna per lui non è ancora qui,
altrimenti sarebbe stato il primo a beccarsi uno schiaffo.
Purtroppo, essendo in
ritardo come al solito, sono costretta a prendere posto e a rimandare la
ramanzina ai miei amici.
Mentre mi siedo mi
accorgo che Chichi freme dal dirmi qualcosa; mi fa segno lo scriverà su un
pezzo di carta. Missiva finita, tenta di lanciarmela con scarsi risultati, così
finisce accanto alle scarpe bianche di Arensay.
«Passala a Bulma!» la sento sussurrare
inutilmente, perché Vegeta, raccolta la pallina, si sta già impicciando dei
nostri affari. Vedo i suoi occhi seguire riga per riga ciò che la mia amica mi
ha scritto.
Nel frattempo, ecco
Yamcha fare capolino in classe, e tra un “buongiorno professore” e un “scusi per
il ritardo”, si appresta a raggiungere il proprio banco.
Quindi, Vegeta
solleva lo sguardo, appallottola il pezzo di carta e lo lancia, niente meno che
in faccia Yamcha!
«Era per me!» Gli
sussurro contro, in urlo strozzato e irritato.
Le mie parole vengono
però sopraffatte da un «Ma che cavolo fai, Vegeta!»
«Ti paleso la tua
idiozia.»
«Che cosa?» Si altera
a quel punto il mio ragazzo, a ragione. «Ripetilo se hai il coraggio.»
«Ragazzi, sedetevi!»
Li richiama il prof.
Vegeta si alza in
piedi, Yamcha è una spanna più alto di lui.
«Ragazzi, sedetevi ho detto!»
«Idiota.» Ripete con
più convinzione, meritandosi uno spintone che lo manda dritto a rovinare contro
il proprio banco. A quel punto, colpito nell’orgoglio, torna in piedi e come un
orso infuriato lancia un pugno al naso dell’avversario.
Ѐ un attimo e scoppia
una baruffa senza eguali, scandita dai richiami ignorati del professore.
Mezz’ora dopo, ecco Arensay che
torna dalla presidenza, da solo, annunciando alla classe che «L’altro è in
infermeria.»
Raggiunge il banco
fulminato dalle mie occhiatacce, seguito dagli sguardi sorpresi degli altri
compagni.
Che razza di animale
prenderebbe a pugni a quel modo un'altra persona? Gratuitamente, per giunta.
La sua strafottenza e
tracotanza mi disgustano.
Mi accorgo che Chichi
sta scrivendo un altro bigliettino, e mi appresto a riceverlo credendolo
indirizzato a me, dopo quello che è appena accaduto, merito una spiegazione.
Invece, resto delusa,
perché la nuova missiva è lanciata dritta, dritta in direzione di Vegeta. Il
quale nemmeno la apre, la posa in un angolo del banco e si mette a seguire la
lezione.
Eh no!
Sbatto i pugni sul
banco.
«Signorina Brief!»
Ignoro il professore,
e mi lancio alla volta sbigottito Arensay, il quale si vede rubare la
missiva da una bisbetica infuriata.
La apro.
«Brief, se non torna
al suo posto, spedisco anche lei in presidenza!»
“Non capisco
perché ti sei immischiato, ma stai pur certo che le racconterò tutto quanto!”
Continua...