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Autore: Starlight    08/12/2003    2 recensioni
Quistis va in missione, ed è in gioco la sua licenza d'istruttrice. Nel suo team c'è anche Seifer ... Una missione in cui i due potranno forse trovare qualcosa di più di quello che cercavano.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Seifer Almasy
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Aspettando la magia

Titolo originale: Waiting for Magic
Autrice: Starlight - sito
La traduzione dal'inglese appartiene ad Erika e al sito Erika's Fanfiction Page
Disclaimer: Tutti i personaggi, luoghi, etc. appartengono ai loro rispettivi proprietari e non a me.

"Sotto i grovigli, una figura sanguinante dentro, danzante come un angelo farebbe." - Lifehouse

Capitolo 17: Agonia

    Il sangue di Quistis era dappertutto. Aveva sporcato la camicia che aveva indossato, donandole una tonalità scura e rossastra, ed era sparso sopra tutta la parte frontale del cappotto di Seifer. Quistis emise un gemito di dolore e alzò lo sguardo verso di lui, con gli occhi appannati per l'agonia che stava attraversando.

  Seifer era paralizzato. Quistis stava per morire, dissanguata fra le sue braccia, e lui non aveva la minima idea di cosa doveva fare.

"Merda," disse, mentre un dolore diverso ma non per questo meno doloroso gli squarciava il petto. L'attirò a sè, sollevando il suo corpo ora apparentemente così fragile. Quistis Trepe era invulnerabile, un gatto con nove vite. Era forte e determinata, non era quella donna pallida e spaventata che stava alzando dall'erba sporca di sangue.

Era pallida, e il colore rosato della sua pelle stava diventando rapidamente e spaventosamente blu. La testa di Seifer vorticava e il cuore correva all'impazzata, battendogli con forza impressionante nella cassa toracica, e minacciando in qualunque momento di saltargli dritto fuori dalla gola.

"Quistis?" la spostò un poco, così da premere la ferita contro di lui, nel tentativo di fermare il flusso di sangue. Usciva fuori copioso dalla ferita, quasi nero da quanto era scuro. Riuscì a sentirlo sulla pelle mentre sporcava i suoi vestiti, caldo e macabro, e lo annusava nell'aria. Quistis gemette per la pressione inflitta sulla ferita, e si strinse forte a lui con la mano ancora sana.

"Quistis, amore, devi stare con me," la pregò, con la voce che gli si spezzava mentre combatteva per reprimere un improvviso singhiozzo.

Non può morire ... non ora. Oh, Hyne ... per favore non ora.

Le sue gambe erano sorprendentemente stabili mentre cominciava a dirigersi verso quello che era stato una volta il centro di Balamb, a passo svelto e nervoso. La Ragnarok era visibile nella direzione opposta, una macchia rosso scuro, ma Balamb aveva uno staff medico d'emergenza. Potevano stabilizzare Quistis, potevano salvarla.

Lacrime gli cadevano dagli occhi, mentre singhiozzi agonizzanti gli uscivano incontrollati dai recessi del petto.

Non è vero .... non può essere. Per favore, Quistis ... non lasciarmi.

Gli occhi di lei erano mezzi chiusi mentre teneva lo sguardo su di lui, coi capelli dorati che cadevano verso il terreno, sporcati di scuro su un lato. Era come guardare un eclisse, vedere luce e sole soffocati e bloccati dall'oscurità. Aprì e chiuse gli occhi lentamente, quasi con calma. Seifer era terrificato dalla calma che stava mostrando all'improvviso. Stava entrando in uno stato di shock? Lo stava forse guardando senza vederlo affatto, incamminandosi verso la fine della sua vita?

"Quistis," doveva continuare a parlare, per se stesso e per lei. "Ci siamo quasi. Siamo quasi arrivati dove ti possono aiutare."

Le prime tende erano visibili in lontananza, le tele marroni smosse dalla brezza dell'oceano. Le persone sembravano quasi in pace, completamente ignare della coppia che avanzava barcollante nella loro direzione. Impegnate nei propri affari, a pulire e a riportare ancora una volta la città alla vita. La battaglia per loro non era più fra vita e morte, ma fra inerzia e azione. La guerra era passata, non era più alle porte delle loro case ma combattuta a miglia di distanza, oltre l'oceano e il deserto in una terra straniera. Non importava loro dei soldati, non dovevano preoccuparsi del nemico, ma erano afflitti dalle loro stesse perdite, si crogiolavano nel loro stesso dolore.

Seifer era stato lì. Non gli era mai fregato niente di qualcun altro in tutta la sua vita. Forse della Madre, e in un senso un po' distorto di Artemisia, ma era sempre vissuta pretendendo di non aver bisogno di nessun altro. Era completamente auto-sufficiente, e non aveva bisogno di aiuto. Eppure, allo stesso tempo, voleva essere utile, servire. Il suo sogno, una volta, era stato quello di essere un cavaliere. Di votare la sua spada ad una causa, ad una donna, e non tergiversare mai.

Mosse la testa per pulirsi il naso contro la spalla. Quella era un'esperienza completamente nuova e agonizzante. Stava perdendo l'unica cosa al mondo che aveva mai voluto.

Là a Galbadia, lei lo aveva perdonato. Pur sapendo tutte le cose terribili che aveva fatto, non solo agli altri ma anche a se stessa, lo aveva perdonato. Non aveva mai pensato che qualcosa lo avrebbe mai colpito tanto quanto quel perdono. Si era sorpreso di capire quanto era stato in errore.

"Okay, solo qualche passo," le disse. "Siamo qui ormai."

Una donna alzò lo sguardo mentre entrava nel campo, e vide il colore svanirle dalla faccia.

"Oh mio Dio," esclamò, con al bocca spalancata.

"Va a chiamare qualcuno," le ordinò Seifer, sentendosi più forte sia emotivamente che fisicamente ora che non era più solo. "Sbrigati."

La donna si mise in piedi e si diresse verso la tenda del medico a una velocità sorprendente, calpestando senza riguardo l'erba con le semplici scarpe marroni. Quistis stava ancora sanguinando, e gli occhi stavano cominciando ad andare all'insù. Aveva perso molto sangue, più di quanto avesse pensato che qualcuno della sua taglia e statura potesse mai avere. Era terrificato.

I due dottori residenti nel campo corsero fuori dalla tenda subito dopo che la donna fu sparita all'interno, non spaventati quanto lo era stata la donna ma piuttosto appena elettrizzati. L'adrenalina scorreva rapida nei loro corpi, e avevano il viso arrossato.

"Che è successo?" chiese il più anziano mentre incontrava Seifer a metà strada.

"Un soldato di Galbadia l'ha colta di sorpresa," rispose.

"Come si chiama?" chiese il più giovane, che aveva un'ombra di barba lungo la mascella e portava con sè una cartellina.

    "Quistis Trepe." Continuarono a camminare verso la tenda a passo spedito, bombardando Seifer di domande su cosa era esattamente accaduto e rimproverandolo per aver estratto la spada. Il cuore gli si fermò quando gli ricordarono che sarebbe stato meglio lasciarlo dentro, che avrebbe sanguinato di meno se l'avesse lasciata lì. Maledicendosi da solo, strinse i denti davanti all'angoscia che aveva preso a salirgli dentro. Quistis poteva morire, e sarebbe stata colpa sua.

"L'appoggi laggiù," gli ordinò il dottore più anziano quando entrarono nella tenda, poi iniziò immediatamente a lanciare ordini al dottore più giovane. Mentre staccava Quistis da sè, i suoi occhi si aprirono di colpo e lanciò un urlo di dolore.

"Shh, piccola," la calmò. "Va tutto bene." Si lamentò per un attimo e chiuse di nuovo gli occhi, mentre il fluido scuro ancora le sgorgava dalla brutta ferita.

Per un attimo, Seifer pensò che stava per vomitare, e si allontanò per un attimo per combattere la nausea. I due dottori del pronto soccorso entrarono mentre si allontanava, tagliando la camicia di Quistis con un paio di forbici e facendole una rapida iniezione.

"Per favore, aspetti fuori Signore," gli disse uno dei due allontanandolo mentre cercava di prenderle la mano.

"Col cazzo che aspetto fuori!" La rabbia gli bolliva dentro, minacciando di esplodere.

"Sarebbe solo d'intralcio," l'uomo scosse la testa lentamente. "Le faremo sapere come sta."

Prendendo un grosso respiro, Seifer si girò sui tacchi e uscì fuori dalla tenda. Voleva piangere e urlare, ma più di tutto voleva tornare indietro e cambiare ogni cosa. Se fosse andato con lei invece di rimanere indietro, non sarebbe mai stata attaccata. Se avesse deciso di prendere il suo stesso bagaglio, sarebbe stata capace di mettere il suo fra lei e l'uomo. Se non avesse estratto il pugnale, non sarebbe coperto dal suo sangue ora.

Lasciandosi cadere a terra sull'erba, si coprì il viso con le mani. I minuti passarono, e lui non si mosse. Di tanto in tanto sentiva Quistis urlare, il che era sia un sollievo che un dolore lancinante. Era viva, ma era sopraffatta dal dolore. In quei momenti, avrebbe dato qualunque cosa per essere al suo posto.

Il sole aveva cambiato direzione nel cielo sopra la sua testa prima che avesse la forza di tirarsi su dal prato. Aveva bisogno di lavarsi e cambiarsi. Infatti con l'aiuto delle mani, si era sporcato i capelli e i vestiti cominciavano a puzzare. Mettersi addosso qualcosa di nuovo avrebbe probabilmente sollevato un po' della sua colpa, avrebbe portato via il continuo ricordo del fatto che era tutta colpa sua.

Mentre si dirigeva con fare incerto verso la sua tenda, intravide uno sprazzo di blu e nero. Rinoa e Squall stavano camminando insieme, l'una con un'espressione di preoccupazione, l'altro di irritazione. Entrambe le espressioni cambiarono nel momento in cui videro Seifer, trasformandosi in terrore.

"Che è successo?" chiese Rinoa senza voce, squadrandolo da capo a piedi. "Stai bene? Dov'è Quistis?" Gli occhi marroni erano spalancati e la mano stringeva forte quella di Squall.

"Quistis è stata attaccata mentre si dirigeva alla Ragnarok," rispose Seifer, senza sapere quanto era in grado di dire prima di piangere di nuovo.

"Oh, no," il colore lasciò completamente il viso di Rinoa. "Non è ..."

"Sta bene?" Persino Squall, maestro di stoicismo, sembrava che stesse all'improvviso per perdere la sua calma e rimettere tutto il pranzo.

    "Stanno lavorando su di lei adesso," disse Seifer scuotendo la testa. Gli occhi di Rinoa brillavano per le lacrime, e il suo sguardo lasciò immediatamente Seifer per andare a posarsi sulla tenda. Seifer non poteva sopportare di vederla piangere, lo aveva fatto già abbastanza lui. Non era il tipo di uomo che piangeva, mai. Era cattivo, rude ed arrogante. Non era un sentimentale. Non voleva che Squall lo vedesse sbraitare dal dolore, e voleva togliersi i vestiti insanguinati. Perciò, senza un'altra parola, se ne andò.

Nessuno disse niente, nè fece alcunchè per fermarlo grazie al cielo.

Guarda cosa sono diventato ... una mammoletta che piange, frigna, si lamenta.

Era troppo da affrontare, e il dolore e il disagio stavano di nuovo tornando a galla prima che ce la facesse a tornare nella sua tenda. A ritmo dei suo singhiozzi strozzati, si strappò di dosso i vestiti. Il cappotto cadde a terra con un rumore forte e sordo. Sotto i vestiti, la sua stessa pelle era sporca di un velo rosso. In nient'altro che i boxer, lasciò che le ginocchia cedessero. Atterrando con un colpo, cercò di fermare il mondo intorno a lui.

Era un dolore forte come non lo aveva mai provato. Si sentì ripetutamente male, e passò una buona dose di que tempo a calmarsi abbastanza da non vomitarsi addosso.

Quando finalmente si fu calmato abbastanza, prese con sè un cambio di vestiti. Doveva lavarsi. Squall e Rinoa avrebbero vigilato per lui fuori dalla tenda, e sarebbero venuti a cercarlo se fosse successo qualcosa. Non appena fosse stato pulito, sarebbe tornato. Si sarebbe seduto là tutta la notte e fino al giorno dopo se avesse dovuto.

Ritornò alla spiaggia, perchè voleva bagnarsi nel mare. Lasciò che lo scorrere naturale dell'acqua dell'oceano lavasse via il sangue di lei dal suo corpo. Si sdraiò nella sabbia bagnata, e lasciò che lo lambisse, che lo trascinasse, che lo confortasse.

Passò una buona mezz'ora steso lì, ad osservare il cielo azzurro. Riusciva a vederla lassù, oltre le nuvole e i raggi di sole. Era incredibilmente bella così. Quel tipo di bellezza lancinante che una persona non riusciva mai a comprendere finchè non smetteva di guardarla, o capiva che avrebbe potuto perderla. Seifer chiuse gli occhi, immaginandola solo qualche ora prima. Le cose stavano andando così bene fra loro.

Il sole brillava alto, riflettendosi nei suoi capelli color miele e lui l'aveva baciata.

Si leccò le labbra.

La ricordava quando era piccola. Una bimba prepotente con lunghi capelli biondi. Piangeva tutto il tempo pur di averla vinta, e se la prendeva sempre con lui. Si metteva sempre in mezzo quando lui e Squall litigavano, facendoli smettere. Non gli era mai piaciuta, ma c'erano state volte in cui l'aveva amata. Quando avevano accesso i fuochi d'artificio, e li aveva visti riflettersi nei suoi grandi occhi spalancati mentre esplodevano. Era affascinata dalle piccole cose, apprezzava la meraviglia di ciò che la circondava, e voleva solo essere amata. Poi, era stata adottata. Non era sicuro di cosa fosse successo fra quel momento e quando era apparsa nuovamente al Garden. Ma dentro era cambiata. Era adulta oltre la sua età, e non guardava più il mondo con meraviglia, ma trepidazione.

L'aveva notato, anche se a quel tempo non gliene era importato granchè. Non gliene era mai importato di niente, era sempre stato troppo concentrato su se stesso. C'era quella sete di controllo, per tenere gli altri al loro posto senza mai farli avvicinare, perchè potevano fargli male.

Brontolò, chiudendo forte gli occhi.

Male, in effetti.

Non era colpa sua. Teneva a lei solo perchè aveva scelto così, non perchè lei avesse fatto qualcosa di particolare in questo senso. Non era ancora come se fosse pazzamente innamorato di lei, volesse sposarla e passare il resto della sua vita con lei. Ma non poteva sopportare il pensiero che se ne andasse per sempre.

Scrollandosi di dosso la sabbia una volta sola, si mise addosso i vestiti, notando a malapena che sotto era ancora bagnato. Squall e Rinoa lo aspettavano davanti alla tenda, seduti fianco a fianco sull'erba mentre andava verso di loro. Sembravano entrambi preoccupati, più simili a degli stracci, e lo stomaco di Seifer cadde a vuoto.

"Sta bene?" chiese, temendo la risposta.

"I dottori dicono che ha perso molto sangue." rispose Squall.

"Può avere il mio!" gridò Seifer, coi muscoli tesi. Squall scosse la testa.

"Le hanno già fatto una trasfusione," disse piano Rinoa. "La vena che le passava sulla spalla era scheggiata e mal tagliata, e ci hanno messo diverso tempo per farla smettere di sanguinare."

"Oh, Hyne." Seifer si sedette a una certa distanza da loro. Era stanco, tutte quelle preoccupazioni su di lei stavano cominciando a sfiancarlo. Si sentiva pesante, pronto a mollare tutto quanto.

"Starà bene," dichiarò Squall, con un velo di confidenza nella voce. "Quistis è forte."

Seifer non rispose, non aveva bisogno che Squall lo facesse sentire meglio. Non voleva che Squall sapesse quanto si sentiva male per l'intera faccenda. Non voleva che sapessero che era umano, che aveva pianto e che ci teneva da morire. Dentro di sè, si sentiva tornare nella vecchia corazza della sua giovinezza.

"Povera Quistis," si lamentò Rinoa, stringendosi al braccio di Squall e appoggiando la testa alla sua spalla. I suoi occhi erano gonfi dal pianto. Quistis era, dopotutto, una delle sue migliori amiche. E in più, Rinoa non era certo conosciuta per la sua compostezza e non emotività. Seifer non si sarebbe sorpresa se avesse pianto e singhiozzato per giorni. Allo stesso tempo, non era sicuro del suo stesso fato se Quistis fosse morta e fosse uscita dalla sua vita.

"Sono sicuro che ce la farà," mormorò Squall. "Quistis è diventata una SeeD quando aveva quindici anni, e sappiamo tutti che non molla mai."

"Spero che tu abbia ragione." Rinoa affondò il viso nelle piume del collo della giacca di Squall.

Seifer chiuse gli occhi. Non riusciva a guardarli.

Non riusciva ad ascoltarli mentre parlavano di Quistis come se fosse già morta. Non riusciva a guardarli mentre erano seduti l'uno fra le braccia dell'altro, non poteva essere testimone del loro amore e della loro felicità. Erano lì, presenti, l'uno per l'altro, avevano quello che Seifer stava perdendo. Qualcosa che non avrebbe mai immaginato prima fosse alla sua portata.

Si tirò un filo che gli usciva dai pantaloni, chiedendosi se quello che era successo avrebbe cambiato tutto quanto. Se fosse sopravvissuta, avrebbe ancora voluto stare con lui?

Per quel che ne pensava, lui era la sola fonte di tutta la sua agonia. Era tutta colpa sua: il fatto che avesse perso la sua licenza d'istruttrice, che avesse fallito la missione, la sua ferita. Ogni brutta cosa che era successa a Quistis era dovuta a lui. Era il suo veleno.

Forse, a lungo andare, sarebbe stata meglio senza di lui. Quel pensiero da solo raddoppiò la sua miseria, e il cuore gli pulsò di tristezza e di un senso di perdita.

Il dottore più anziano uscì fuori, con gli occhiali bassi sul naso. Tutti e tre furono subito sull'attenti e lo guardarono pieni di speranza.

Per favore ... dimmi che sta bene. Hyne, se mi dici che sta bene giuro che non chiederò mai nient'altro.

"Sta dormendo," dichiarò, passandosi una mano fra i capelli scuri. "Per ora penso che starà bene."

Seifer quasi svenne mentre veniva invaso da un'enorme sensazione di sollievo. Da angelo qual'era, era ancora un miracolo ai suoi occhi che stesse sotto le nuvole.

  
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