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Autore: A Dream Called Death    06/09/2010    7 recensioni
< Pensi a lei qualche volta? > chiese poi.
< In continuazione > risposi.
Mi alzai dallo sgabello.
Lui mi fissò, incuriosito.
< E come faccio a sapere che con lei al mio fianco tornerò a vivere? Può essere l'anestetico al dolore? > chiesi.
< Lei non è l'anestetico al tuo dolore... Ma potrebbe essere la cura definitiva. >
Anno 2006.
Il tour mondiale di American Idiot è stato appena cancellato ed i Green Day tornano in America dopo tre mesi dalla partenza.
Ma qualcosa è cambiato, fuori e dentro il gruppo.
Per Billie Joe Armstrong lo scontro con le ombre del passato non è mai finito.
I pensieri, i dubbi e le insicurezze di un uomo che deve fare i conti con se stesso: una vita spesa per la musica e per la propria band, ma anche colma di bugie e alcol, nemico ed amico da sempre del protagonista, unico rimedio al dolore ed alla rassegnazione.
Ma un incontro lo sconvolge, mescola i pezzi del puzzle della sua vita, lo mette di fronte alla cruda realtà: non si può fingere per sempre, si deve trovare il coraggio di prendere la decisione più difficile di tutte... Essere felici.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Sapevo che sarebbe nata l'apocalisse.
Mike, si bloccò, iniziò a scrutarmi da capo a piedi.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo.
-Ah, allora hai triplicato? Adesso... ami tre persone? E chi è questa
poveraccia che non sa ancora di essere stata usata da te?-
chiese, con un sorrisetto che celava la rabbia.
-Non l'ho usata. L'ho conosciuta per caso- risposi.
-Te la sei scopata? Dimmelo!-
-No, cazzo. Non abbiamo fatto nulla insieme!-
Mike era fuori di testa. Il suo viso aveva preso abbondantemente
colore. Credevo mi mettesse le mani addosso.
-Chi è questa?- chiese.
Non risposi.
-E' la tipa dell'altro giorno, vero? La puttanella che hai abbracciato?-
sbottò, irritato. Aveva perso il controllo.
-Non è una puttanella- risposi.
Mike tentò di ricomporsi.
-Come mai me ne stai parlando? Da tre anni a questa parte, io non
c'entro più un cazzo con le tue scelte sentimentali-.
-Non... non so nemmeno perchè te ne ho parlato, Mike.
Forse perchè non posso continuare a mentirti- risposi, tentando
di tenergli testa.
-Sei innamorato di lei?-
Non sapevo rispondere a quella domanda.
-Allora, cazzo? Sei innamorato?-
-Non lo so, Mike. Non lo so...- risposi.
La sua indignazione cresceva a poco a poco, riuscivo ad intuirlo guardandolo
negli occhi. Voleva sputarmi in faccia.
-Sai che ti dico? Sei proprio uno stronzo, fottiti. Pianti me dopo vent'anni
per dedicarti a tua moglie, che dici di amare alla follia, e poi che fai?-
Aprì le braccia.
-Ti innamori di una puttana conosciuta in Inghilterra?- finì.
-Mike te lo ripeto, non è una puttana!- ribattei a voce alta.
-Ah...e che cos'è? Una santa? Sei solo uno stronzo, vaffanculo!-
Prese le sue cose e si avvicinò alla porta. L'aprì con cattiveria.
-Dì pure agli altri che io non vengo a quella cazzo di cena!-
Così dicendo, se ne andò sbattendo la porta.
Mi buttai in poltrona. Mi sentivo liberato da un peso, ma temevo che Mike
potesse rivelare tutto ad Adrienne. Poco dopo, si precipitarono Trè e i
due Jason, visibilmente increduli.
-Si può sapere che cazzo è successo? Mike è andato via rabbiosamente,
pareva incazzato nero- disse Trè.
-Abbiamo litigato- risposi.
I tre si guardarono.
-E... il motivo?- chiesero in coro.
-Scusatemi, non mi va di parlarne- risposi ancora.
-Beh, come vuoi. Ricordati che tra mezz'ora abbiamo la cena con gli
organizzatori- mi informò Trè.
La cena, cazzo! Me ne ero completamente dimenticato.
-Dov'è che la faranno questa cena?- domandò White a Trè, mentre io
riponevo la mia chitarra al sicuro.
-Sono venuto a sapere da fonti certe che molto probabilmente si
terrà a casa di uno degli organizzatori, John Rosenberg-
Mi sentii sprofondare e lasciai cadere la mia chitarra.
I ragazzi non fecero caso a me e continuarono a parlare.
Oh, cazzo.
John Rosenberg, aveva detto proprio così?
Quel nome mi collegava a tante cose.
Il padre di Jane.
A casa sua, l'avrei rivista sicuramente.
Mi tirai su ed iniziai frettolosamente a raccogliere da terra le mie cose.
Misi il cappello e mi diressi alla porta.
Trè mi fissò sbalordito.
-Ehi, Big! Dobbiamo ancora avvertire i ragazzi per portar via il
resto delle cose!- esclamò.
-Pensateci voi, mi fido. Ci vediamo tra mezz'ora in albergo- risposi.
Me ne andai, diretto all'albergo. Mi feci una doccia e mi cambiai.
Gli altri arrivarono venti minuti dopo.
Arrivammo a casa di John dopo circa mezz'ora, abitava in una
villetta nella cittadina di Redditch, poco distante da Birmingham.
Dopo essere stati accolti dal padrone di casa, con gli ospiti chiacchierammo
un pò del concerto, di come erano andati gli incassi e di quanti biglietti
erano stati venduti. Ricevemmo anche i complimenti.
Poi, venne servito da bene.
Mi guardai intorno, ma non c'era alcuna traccia di Jane.
Cercai di buttare l'occhio sulle scale, che erano poste in fondo alla mia
destra, ma non vidi nulla. Lei non c'era e non ero nemmeno sicuro che
fosse in casa. Forse era uscita.
Ma dove? A quell'ora? Era tardi, mezzanotte passata da un pezzo.
Avevo lo stomaco chiuso e a tavola, non mangiai quasi niente.
A differenza, ovviamente, di Trè e gli altri.
Tirai un sospiro. Trè se ne accorse e si girò.
-Ti senti bene?-
Pensai. Forse avrei dovuto fingere un malore per potermi recare al
piano di sopra. Sta di fatto che dovevo assolutamente vederla.
In un modo o nell'altro.
-Non mi sento molto bene- dissi, ad alta voce.
-Vuoi andare un pò fuori?- chiese John, rivolgendosi a me.
-Mi... servirebbe un bagno- dissi, mentendo.
-I bagni sono al piano di sopra. Se hai bisogno di qualcosa, noi siamo qui-.
In quel momento, il telefono di casa squillò e John si alzò chiedendo
scusa ai presenti.
Lo sentivo parlare al telefono, dalla sala accanto si riusciva a sentire
perfettamente la sua voce.
-Scusi, ma lei chi è? Vuole parlare con mia figlia? chiese, al suo interlocutore.
A quelle parole, la mia concentrazione si soffermò su quella telefonata.
Qualcuno chiedeva di Jane.
-Senta, mia figlia sta riposando in questo momento. Provi a chiamare
domattina- disse.
I presenti continuarono a discutere amorevolmente, ma ormai
non prestavo attenzione più a nessuno, meno che a Trè che mi stava affianco.
-Ho capito, beh, se si tratta di una cosa urgente come dice lei, la
prego di attendere solo un attimo. Vado ad avvertire mia figlia-
Lo vidi percorrere il corridoio per dirigersi al piano di sopra.
Passarono circa dieci minuti, poi tornò a farci compagnia.
Mi alzai dalla sedia e mi diressi al piano di sopra. Un lungo corridoio divideva
le stanze, dritta davanti a me c'era un'enorme terrazza.
Le stanze erano tante e non avevo la minima idea di quale fosse quella
di Jane. Aprii una porta, ma si rivelò essere quella di un bagno.
La richiusi subito e ne aprii un'altra e così feci per altre quattro stanze.
Alla fine, l'unica che rimaneva era quella accanto alla terrazza.
Mi fermai. Doveva essere quella giusta, per forza.
O adesso o mai più, mi dissi.
Tirai un sospiro e anche la maniglia. Aprii piano la porta, la stanza era
buia, dedussi che lei stava dormendo. Richiusi la porta alle mie
spalle.
Avanzai nella stanza, ma non vedendo nulla non riuscivo nemmeno a camminare.
Andai a sbattere contro qualcosa che si trovava per terra.
Cazzo!
Cercai di toccare le pareti fredde... ed arrivai ad una lunga libreria.
Avanzai in avanti, cercando il letto. Ma andai a sbattere contro una finestra.
Mi girai e tastai avanti a me, credevo ci fosse un comodino o qualcosa del genere.
Alla fine, misi le mani su qualcosa di morbido.
Sì, un letto.
Mi avvicinai ancora muovendo il braccio, ma... non c'era nessuno sopra.
Sentii una voce in corridoio.
Cazzò, era Trè. Era venuto a cercarmi.
-Billie, dove sei? Va tutto bene? chiese, con la sua voce stridula.
Non sapevo che fare, non avevo trovato Jane, avevo il mio batterista alle calcagna
ed ero dentro la camera da letto della figlia di uno degli organizzatori del
nostro concerto.
Bene. Il quadro era rassicurante.
Nel frattempo, sentivo sbattere delle porte: Trè iniziava a cercarmi per le stanze.
Cazzissimo!
Decisi di uscire per farlo andare via.
-Eh, Trè... sei venuto a cercarmi?- chiesi, tentando di sembrare naturale.
Chissà dov'era Jane. E se fosse arrivata proprio in quel momento?
-Che fine hai fatto? Va tutto bene?- chiese.
-Certo, certo. E' solo che... dovrei finire di...-
Dovevo fingere bene, per farlo andar via in fretta. Misi una mano sullo stomaco.
Trè mi fissò, ridendo.
-Ah, ho capito. La cacca non aspetta, stai tranquillo e raggiungici di sotto
quando avrai finito- così dicendo, si diresse verso le scale.
Mi fermai a pensare. Dove poteva essere Jane? Non si trovava in nessuna
di quelle stanze. Feci per girarmi e tornare nella camera, quando oltre
la vetrata che chiudeva la terrazza, tappezzata di aiuole, la vidi.
L'avevo trovata.
E ora?
Avevo fissato una serie di cose da dirle, ricordo che mi ero anche preparato
un discorso sensato ben consapevole che me lo sarei presto scordato.
E infatti, non lo ricordavo più. Che cazzo dovevo fare?
Fui tentato di andarmene, tornare di sotto.
Ma poi ero sicuro... di pentirmene.
Era il momento della verità, quello decisivo.
Il giorno dopo sarei partito per Berlino. E addio Jane.
O forse no?
Le mani iniziarono a tremare.
Dovevo andare e parlare.
Misi le mani in tasca, avanzando oltre la porta.
Con passo lento, di piombo.
Ero dietro di lei, fermo, immobile.
Le tappai gli occhi con le mani.
Sobbalzò, ma poi mi toccò fino a salire alle maniche della giacca, per
toccare le braccia.
-Sapevo che saresti venuto-
Cazzo. Tolsi le mani dai suoi occhi e lei si voltò, ancora una volta bellissima.
Quella notte, poi, era ancora più bella o forse così mi sembrava.
Era una mia sensazione.
Mandai a puttane il discorso.
-Volevo vederti, un'ultima volta- dissi.
Non riuscivo a pronunciare quella frase, maledetta frase.
Non potevo farlo, le parole non uscivano da quella fottuta bocca.
Non dissi più nulla, mi limitai a guardarla negli occhi.
Sì, quegli occhi li avevo già visti.
Occhi che hanno pianto all'insaputa di tutti, che nascondono segreti
che nessuno mai saprà.
Così tremendamente infelice, come me.
Erano miei.
-Perchè ti sento fottutamente parte di me? Anzi... ti sento... ME- iniziai.
Mi fissò incredula, silenziosa.
-Mi fai paura. I tuoi occhi mi fanno paura, tutto di te mi fa paura-
Stavo balbettando, ma lei continuava a fissarmi.
-Di cosa stai parlando, Billie?-
-Ma non capisci?-
No, non capiva. Continuava quell'assurdo gioco di sguardi ininterrottamente.
-Jane... in te rivedo me stesso. Amami, ti prego- supplicai.
Aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono.
-Non posso- disse.
La presi per le braccia, ma lei non oppose resistenza.
-Perchè no?!-
La strattonai, ma niente.
-Io non ti amo- disse.
La guardai negli occhi.
Stava mentendo... spudoratamente mentendo.
Mentiva persino a se stessa, esattamente come me.
-Tu menti-
-Sei capitato nella mia vita tra capo e collo, ci hai provato con me e ti ho
rifiutato. Cos'altro devo fare per farti smettere?-
-Tu menti!- ripetei io.
-Tu vuoi solo collezionare un nuovo trofeo, Billie- rispose.
La lasciai, presi fiato.
-Basta solo che tu mi dica di andarmene ed io lo farò. Dimmi che vuoi che
me ne vada ed io lo farò, Jane. Te lo giuro. Sparirò per sempre dalla
tua vita-
Mi fermai in attesa della sua risposta, ma lei continuò ad osservarmi
senza dire nemmeno una parola.
Contai i minuti, dentro di me. Poi mi decisi.
-Va bene, Jane. Hai deciso. Addio-
Mi voltai ed iniziai a camminare, diretto verso l'interno della casa.
Ogni passo era un suicidio, poichè speravo che lei mi bloccasse.
Lo speravo con tutte le mie forze.
Mi stavo ammazzando da solo.
Cazzo, bloccami Jane.
Ti prego.
Ti supplico, bloccami.
Sparirò per sempre dalla tua vita, è questo ciò che vuoi?
Dovrò sparire.
Quindi bloccami, ragazza.
Ti prego.
Mi sentivo disintegrare.
Finchè, la sua voce così fragile, non pronunciò altro che poche parole.



Siamo arrivati già al dodicesimo capitolo!
Mmmh... sono proprio curiosa di leggere cosa ne pensano le mie care recensitrici di
questo ( a mio parere) capitolo così lunghino.
Franklyn: Oh, la mia adorata è tornata ed eccola qui! Non ti preoccupare se qualche
volta non hai tempo per recensire, tranquilla! E' solo che pensavo che non ti fosse
piaciuto il capitolo... e comunque sei tornata e mi fa tantoooo piacere! :)
Drunky Bunny: Ehi, hai sempre detto che i capitoli erano troppo corti, beh... questo
mi sembra già più lungo, no? Spero che ti piaccia :)
Rbd: Beh beh! Scommetto che te lo gusterai tutto questo capitolo! :D
Anche a me piace tanto Mike in questo contesto, dimostra di avere carattere e
qui, se posso dire, dimostra di averne anche più del caro Billie!
Rebel Of Suburbia: Eccoti accontentata, la reazione di Mike e il seguito! :D
Angie_Nim: Mi fa tanto piacere che anche tu stia seguendo la mia storia. Grazie
mille per le tue recensioni! Ecco, anche a te, la reazione del nostro caro Mike.






   
 
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