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Autore: laolga    06/09/2010    3 recensioni
Ecco un'altra ff negli originali! Allora, la presento: è una storia molto originale, in quanto ogni capitolo (sette i tutto) è un giorno di una vita, ambientata in un luogo, tempo e con condizioni differenti. In pratica è una settimana di vite che permette alla protagonista (sebbene nome e aspetto possano cambiare è sempre una ragazzina che potrebbe impersonare tutte quelle della nostra età) di scegliere e variare a proprio piacimento la sua vita. Un sogno, eh? Leggete e recensite, grazie!
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VITA TERZA




-Mi sono sempre chiesta cosa si provasse...-

Sorrisi, aspirando un'altra boccata di fumo.

Ormai mi girava la testa vorticosamente, ma non volevo cedere, non volevo dimostrarmi inferiore, soprattutto di fronte a Paul.

Attorno a me, seduti in cerchio sull'asfalto bagnato, c'era tutta la band...oddio, ad esserci veramente erano ancora in pochi, essendo gran parte svenuti o in balia del demonio. Sapevo che anche, io, presto, sarei finita male, chissà cos' avrei cominciato a fare!, che figure, che oscenità.. Ma intanto fumavo, scrutata dallo sguardo divertito di Paul che, come un ragazzino, si eccitava nel portare una brava ragazzina di città al più completo disastro, trasformandola in un suo sconcio pupazzo di cui tanto si vantava coi compari.

Fumavo, e bevevo tra le braccia di Paul senza capire nulla, ma incredibilmente felice, allegra, euforica: mi sentivo tanto infuocata, raggiante, piena di vita, che ad un certo punto mi alzai e cominciai a cantare a squarciagola canzoni di cui non ricordavo le parole, saltando e ballando fino a stancarmi.


La mattina, quando mi svegliai, ero nel letto di Paul.

Con un grosso sbadiglio mi alzai e mi scostai le grosse coperte di dosso.

Mi stropicciai gli occhi e cominciai a passeggiare per la stanza vuota: oltre al letto matrimoniale al centro della camera non c'era assolutamente nulla. Le pareti bianche erano schizzate da bevande d'ogni genere, e dalla finestra si vedeva il tetto della casa vicina, corniciato da un aspro cielo grigio.

Poteva essere un giorno qualunque, ma per me non lo era, e prova di ciò era proprio il fatto che fossi in quella orribile camera che tanto amavo.

La porta si aprì di scatto, facendomi sussultare.

-Ciao-, borbottò Paul, stringendo tra i denti un sigaro di cui sentivo l'acre odore.

Non mi voltai, restando a contemplare le tegole scolorite che mi si presentavano dinnanzi agli occhi.

-Hai visto il mio accendino, né?-

-no-

Udii il suo corpo gettarsi senza riguardo sul letto.

Solo allora mi voltai, andandomi a sdraiare al suo fianco, accucciata sul bordo del letto.

Paul pensava, gli occhi spalancati, le sopracciglia corrucciate ed un sorrisetto sulle labbra chiare.

Vestiva un paio di mutande rosse, che assomigliavano molto ad un costume da bagno, ed una canotta che un tempo doveva essere bianca.

-Ascolta, piccola, quelle che verranno saranno giornate molto pesanti per me e la band.-, disse, serio.-Vorrei solo che tu restassi con me ancora un po', se puoi, solo per farmi compagnia... perchè, vedi, senza di te tutto è diverso: suono e canto solo per soldi cercando di non fare a botte coi ragazzi che sai che non sono tutti raccomandabili, e divento un bruto molto facilmente... Insomma, le cose si complicano sempre, ma con te...oh...-, Paul mi strinse fra le braccia affondando il viso tra i miei capelli, -con te sembra tutto così facile! Il mio lavoro miracolosamente mi sembra la cosa più entusiasmante del mondo, ciò che faccio, il passare dei giorni, del tempo in generale, non è più accompagnato dalla noia che divora il cuore dei nostalgici, ma da una voglia di vivere ed amare che poche volte ho provato nella mia vita... e sempre solo quando c'eri tu.-

Mi voltai fino ad incontrare i suoi occhi azzurri, glaciali e rimasi un attimo in silenzio.

C'era qualcosa di terribile che non sapevo.

-Paul, sputa il rospo, cos'hai combinato?-

Lui alzò gli occhi al cielo e mi sorrise.

-È da poco che stai con me ma già hai capito come funziona, eh?-

Sbuffai, attendendo una spiegazione.

-Ma non è successo nulla di grave, piccola, è solo che... Ho bisogno che tu stia al riparo da me senza farti vedere troppo in giro. Nel senso che non devi assolutamente farti vedere da nessuno tranne me e i ragazzi, intesi?-

-Cosa intendi dire, scusa? Perché non dovrei? Se tipo volessi tornare a casa? Vedere degli amici? O anche solo andare al Supermercato a fare la spesa?-

Paul scuoteva tristemente la testa.

-No. Nulla di ciò. Devi stare qui in casa fino a quando non te lo dico io.-

Soffocai una risata, sebbene sentissi un pesante nodo in gola.

-Vuoi segregarmi in casa? Mi stai rapendo? Cos'è successo, per l'amor d'Iddio, Paul!-

L'uomo si fece scuro in volto e si alzò, senza rispondermi.

-Piccola, sappi solo che quelli del tuo mondo sanno essere molto e molto più perfidi di quelli del mio, sebbene spesso sembri il contrario. E non credo che tu debba saperne di più: sei la mia donna, e per quanto intelligente e sveglia ti conviene stare fuori da certi giri da uomini, specie se te lo dico io.-

Sospirai, e mi nascosi sotto al cuscino.

Odiavo quando cominciava a darmi gli ordini, a fare il maschilista, a credersi superiore; di certo aveva combinato dei casini, forse anche solo la sera prima, e ora cercava di farmi intendere che sarebbe certo riuscito a gestirli senza il mio aiuto, ma sentivo che il rinchiudermi non era per proteggere me, ma lui, anche perchè altrimenti non avrebbe mai menzionato con tanta acidità la differenza tra i “due mondi”, come li aveva chiamati lui.

Sebbene fossi giovane ed inesperta non ero stupida, e temevo che i sentimenti che provavo per lui potessero causarmi più dolore del previsto, per questo da allora, sebbene a malincuore, decisi di diffidare di quell'uomo che tanto bramavo, il mio Paul.


A pranzo vennero alcuni dei ragazzi della band, tra cui Rocco, il batterista, e Gian, il bassista, due delle poche persone che mi aveva fatto conoscere Paul con cui avevo stretto amicizia.

Non potendo uscire fui costretta a cucinare sebbene non fosse propriamente uno dei miei hobbies preferiti, e Rocco mi aiutò a servire le pietanze in tavola. Paul si divertì oltremodo a guardarmi alle prese coi fornelli, specialmente quando riuscii a fare bruciare il pollo che cercavo semplicemente di arrostire, ma dopotutto dovette ammettere anche lui che non ero una poi così pessima cuoca.

Mangiammo parlando delle solite scemenze, e fu solo finito il pasto che trovi il coraggio di riaffrontare l'argomento della mattinata, più che altro per vedere come Paul si sarebbe comportato in pubblico.

-Gian,- dissi, decidendo di rivolgermi a lui nella speranza che si rivelasse come sempre scherzoso e ridanciano, - cos' avete combinato l'altra sera?-

Lui non si scompose, ma parlando rivelò un tono teso e nervoso :-Ma, scusa, non c'eri anche tu?-

Annuii, sorridendogli. -Il problema è che dopo aver provato la roba devo essermi addormentata o qualcosa del genere, perchè non mi ricordo assolutamente nulla.-

-Ma guarda che se nessuno ti ha detto nulla vorrà dire che non c'è nulla da sapere, per te.- tagliò corto Rocco.

Gli feci la linguaccia, e Paul, al mio fianco, mi lanciò un'occhiataccia di rimprovero.

-Amore, perchè ti vuoi intestardire con sta storia? Non tutto ti riguarda...- mi disse, mieloso.

-Bè, questo evidentemente sì, dato che mi costringi in casa!- esclamai, esasperata.

Gli altri si guardarono, preoccupati.

-Adesso basta, amore, vai in camera.- ordinò Paul stringendo i denti.

Lo guardai con orrore.

-Ti diverte darmi ordini, eh? Amore qua e piccola là, ma poi mi mandi a quel paese appena smetto di farti le coccole e ti faccio delle domande?-

Rocco sbuffò, accendendosi una sigaretta.

Lo guardai male e continuai, sempre rivolta al cantante del gruppo :- Io l'ho capito che non ti fidi di me, ancora, e che credi che a certe cose non ci arrivo, io, ma ti sbagli, sai?, perchè non solo scoprirò cosa ti preoccupi tanto di nascondere, ma da ora in avanti non ti permetterò più di trattarmi come una serva, non sarò più al tuo completo servizio come una negra, credimi!, e se questo è il prezzo che devo pagare per stare con te, faccio volentieri a meno del tuo falso amore!-

Ormai in lacrime corsi in camera sbattendo la porta, e cercai sotto al letto le mie scarpe, che infilai con tanta fretta da farmi male, poi corsi all'ingresso ed agguantai il mio cappotto, mordendomi le labbra per non scoppiare in singhiozzi.

Mentre m'infilavo quest'ultimo sentii il pavimento tremare sotto i pesanti passi di Paul.

-Dove credi di andare, eh? Non hai capito? Devi rimanere qui, qui t'ho detto, e non uscire!-

Ignorai le sue parole, e girai la chiave della porta d'ingresso.

Lui mi prese per le spalle e con uno scossone mi gettò lontano dall'uscita, contro il muro.

Con un tonfo scivolai sul pavimento.

Strinsi gli occhi vedendo una mano di Paul avvicinarsi fin troppo velocemente al mio volto, e strillai quando percepii il duro contatto con essa, che mi fece gettare il capo di lato e poi in avanti.

Rimasi immobile accovacciata per terra, dolorante, e cominciai a piangere in silenzio.

Gli altri ragazzi erano arrivati ad assistere la scena sentendo i rumori sospetti, e trattenevano Paul dal gettarsi ancora contro di me.

Singhiozzando sentii qualcuno domandarmi come mi sentivo, poi cominciò a girarmi vorticosamente la testa, e svenni.


Mi svegliai sul divano, con una grossa giacca di pelle a mo' di coperta.

Mi alzai di fretta, arrabbiata di trovarmi ancora in quella casa e pronta ad andarmene, ma una voce mi fermò, facendomi rabbrividire.

-Erin, aspetta.-

Mi voltai, e vidi Paul in piedi in un angolo lontano della sala.

Aveva uno sguardo terribile, gli occhi rossi e le labbra tremanti.

-Scusa per quello che ti ho fatto prima, ma devi capire che se ti chiedo una cosa è perchè avrei davvero bisogno che tu la facessi.-

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi imploranti e gli andai decisa incontro.

-Paul, -mormorai, con un filo di voce, -mi dispiace ma non ho intenzione di perdonarti, né di aiutarti a combattere il mio, come l'hai definito tu, “mondo”, percui ora uscirò da questa maledetta casa e me ne ritornerò nella mia, perchè non sopporterei di dover stare un attimo di più con un bruto criminale come te.-

Lui sospirò, e strinse i pugni cercando di calmare una violenta ira, poi mi disse, incenerendomi con lo sguardo :-Sei solo una stupida ragazzina di città. Speravo che capissi, lo speravo davvero, credevo che con le maniere buone da te avrei ottenuto tutto, ma se proprio insisti, come ti ho dimostrato prima, so essere anche molto cattivo.-

Indietreggiai, spaventata, ma poi, alzando il mento con sguardo fiero, ribattei :-E allora colpiscimi di nuovo, dimostrati per la belva che sei, e non un ragazzo in cerca dell'amore come volevi farmi credere di essere! Massacrami di botte fino a quando i tuoi amici non dovranno fermarti, e poi ancora, se non ti basta, ma io come donna e persona civile ho dei diritti, sai?, e quelli sono pronta a sbatterteli in faccia sempre e comunque!-

Paul impallidì.

-Come faccio a convincerti di fidarti di me? Perchè non mi obbedisci?- balbettò poco dopo, stanco di litigare.

Gli accarezzai il volto corrucciato e gli dissi, cercando di sembrare convincente :-Dimmi solo cosa c'è che non so, dimmi perchè non vuoi che esca.-

Lui mi abbracciò, e poi mi baciò con foga, stringendomi a sé come se fosse per l'ultima volta, ed io, improvvisamente, capii tutto.


FINE



Ciao a tutti quantiii=))

Lo so, è passato un po' di tempo, ma vi prometto che posterò con più regolarità d'ora in poi^^

Ringrazio le recensioni dei capitoli precedenti e chi ha messo la ff tra seguite/preferite=)

Fatemi sapere cosa ne pensate di questa terza vita, e non demoralizzatevi se non vi è piaciuta, perchè sono sicura che tra le prossime troverete quella che fa per voi!!

Ecco un piiiiccolo assaggino della vita a venire, giusto per stuzzicarvi l'appetito!!



VITA QUARTA




La campagna, con la pioggia, si trasformava: i prati verdi diventavano più opachi, ed il contrasto tra il cielo nero ed il campo di girasoli si faceva ancora più vivo ed intenso.

Un corvo, proprio sopra di me, gracchiò allarmato: come me stava correndo al riparo da quell'acqua scrosciante ed insistente.

Alzai gli occhi al cielo livido, ed aprii le braccia sentendo le gocce fredde e pesanti atterrare su di esse. Sorrisi e chiusi gli occhi, godendomi quegli ultimi, intensi attimi di vita nella natura.

Presto, infatti.....................

   
 
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