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Autore: _ L a l a    06/09/2010    3 recensioni
Giulia, Giorgia, Holly e Silvia sono quattro ragazze dei giorni nostri che all'improvviso... PUFF! si ritrovano catapultate a Narnia, un regno magico dove le nostre quattro eroine dovranno dimostrare la loro abilità tra amore, amicizia, guerra, strane creature parlenti, tipi piuttosto scontrosi e avventure mirabolanti... riusciranno a tornare a casa sane e salve? per saperlo non dovete fare altro che leggere la mia storia
Genere: Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.

Trac.

Mi immobilizzo di colpo, sperando con tutto il cuore che nessuno l’abbia sentito.

Ma chi cavolo vuoi che ci sia? Sono tutti in cortile!

Riprendo a camminare, cercando di fare il meno rumore possibile, ma io sono silenziosa solo quando leggo o quando sono in classe. E non posso certo di dire di essere particolarmente aggraziata. Anzi.

Lancio un piccolo strilletto, quando inciampo in un sasso piuttosto grande. Appunto.

Inizio a intravedere la luce in fondo al corridoio.

Mamma mia, mi sembra di essere nel tunnel che conduce all’aldilà. Sempre che ci sia seriamente un tunnel che porta all’altro mondo.

Sbircio oltre il muro e vedo Caspian che ripassa il piano d’azione seduto sul suo cavallo. Mi viene da ridere ma mi trattengo.

Che poi, perché mi viene da ridere?

E adesso che si fa?

Guardo in giro, cercando di adocchiare Ed (oh, si, ora posso chiamarlo così con il suo permesso! Sono troppo felice) nonostante il buio.

- psss! Giulia! Qui! – mi giro verso Edmund, che non era dove stavo guardando io.

Certo che, oltre ad una “grazia innata” mi ritrovo anche un ottima vista. O forse sono uno schifo a nascondermi. E dire che giocavo sempre, a nascondino, da piccola.

Tutto il contrario di lui, perfettamente nascosto al buio (che i capelli neri aiutino? Bah) che mi ha notata anche celata nell’ombra e che se ne sta comodamente aggrappato al grifone.

No, nel suo caso, la frase “graziosamente aggrappato al grifone” non era adatta. E poi nessuno ha mai rivolto l’aggettivo “grazioso” ad un maschio.

Oddio, ma che sto pensando?

Mi fa segno di avvicinarmi, guardandosi intorno sospettoso.  

Striscio lentamente contro il muro, fino a raggiungerlo.

È orribile, strisciare contro un muro, credete a me. Vorresti appiattirti sempre di più ma non ci riesci mai.

- ma come sei conciata? – sussurra, guardandomi con curiosità. Gli altri sono tutti girati, o impegnati nei preparativi, per fortuna.

- beh, mi dici come facevo a salire su un grifone con il vestito? – ribatto a bassa voce, lisciandomi i calzoni di cuoio.

Sto davvero così male? E dire che ho messo la camicia apposta, dopo anni che rifiuto tutte quelle che mi vengono proposte.

E perché la mia voce esce sempre stridula, quando sono emozionata? Rischia di essere troppo acuta, e quindi troppo udibile, accidenti.

- se lo scopo era quello di somigliare a un maschio non ci sei riuscita. Sembri una ragazza anche così – commenta.

Non so se prenderlo come un complimento o meno. Se fosse un complimento sarebbe dovuto arrossire, no?

Bah, sarà il buio, ma a me le sue guancie sembrano del colore di sempre.

A parte che, perché mai sarebbe dovuto arrossire?

Io sono arrossita di sicuro, comunque.

Respiro a fondo, cercando di rimettere in ordine i pensieri e di far uscire una voce che non sembri quella di una gallina strozzata.

- e chi ha mia detto di voler sembrare un maschio? Io sono orgogliosamente femmina, sai? Forse non femminista, quello no. Però ho sempre pensato che le ragazze avessero una marcia in più rispetto a voi maschi. Pensa, mia sorella dice che i maschi usano solo l’1% del proprio cervello. E, riguardo ai pantaloni, nel mio tempo anche le ragazze li mettono, quasi tutti i giorni, ergo mi trovo più a mio agio che con quella sottospecie di tenda.–

O ho la voce da gallina strozzata o parlo a vanvera, sputando frasi senza senso alcuno. O tutti e due assieme. Sono irrecuperabile.

In più mi sta sicuramente guardando male, in quanto ho appena dato dell’idiota all’intera razza maschile, di cui lui fa ovviamente parte.

Infatti sembra sul punto di ribattere, quando una voce bassa, e per nulla umana, bisbiglia:

- la volete smettere? Se continuate così ci scopriranno.-

Edmund lancia uno sguardo offeso verso Byron, il grifone.

Se un’aquila reale potesse parlare avrebbe sicuramente la sua voce: bassa, ma capace anche di lanciare strilla acute.

Sospiro, quasi sollevata per la mancata discussione che, probabilmente, verrà riproposta in seguito.

- l’arco? – chiedo.

Edmund cerca a tastoni alle sue spalle, afferrandolo e porgendomelo. Bel nascondiglio, eh. Contro il muro. Avranno pensato che fosse di qualche arciere , spero.

- comunque Lady Giulia ha ragione. Anche solo salire su un cavallo con il vestito è difficile. Non che mi si possa paragonare a un cavallo… – continua Byron.

Sorrido mesta, tralasciando per una volta tanto il “Lady Giulia”. Riuscirò mai a convincerli che quel “lady” davanti al mio nome sta malissimo? Ne dubito. Non per questo mi arrendo, però.

Edmund sbuffa.

- ci muoviamo? Siamo i primi a dover partire, e dobbiamo farlo velocemente se non vogliamo che distinguano Giulia. –

Sale e mi fa segno di sedermi dietro di lui. Cerco di sistemare alla bell’e meglio la faretra sulle mie spalle, chiedendomi perché diavolo non hanno la protezione per il braccio, qui.

Poi mi arrampico (sempre poco aggraziatamente, anzi, credo di somigliare ad un troll di montagna che scala, appunto, la montagna) sul dorso di Byron.

Bene, ora che sono seduta dietro di lui me ne rendo conto: per non cadere dovrò stringermi a lui. Aiuto. Cioè, evviva è da anni che aspetto una cosa del genere, ma aiuto che imbarazzo.

Nel frattempo, però, sono ancora immobile come uno stoccafisso.

- emh, Giulia? –

- eh? eh, si? –

- forse è il caso che ti tieni a me. Non vorrei mai dover spiegare a Caspian cosa ci facessi su Byron, mentre stai su un lettino in infermeria –

- s..si giusto. –

Gli allaccio le braccia alla vita, tenendo l’arco tra le mani, cosa che non mi facilita il movimento già di per sé impacciato.

Oh, Miranda Kiss * ha ragione: dovrebbe esserci una botola per ognuno di noi, che si apre nel momento del bisogno.

- Edmund, puoi partire! – grida Caspian, da qualche parte nella sala.

- Subito! – urla Ed in risposta, mentre Byron spicca il volo così velocemente che dubito che qualcuno abbia visto qualcosa di più di una macchia sfocata.

L’aria è fredda e mi stringo più forte a lui, istintivamente. O quasi.

La treccia in cui ho raccolto i capelli mi svolazza dietro come un serpente impazzito.

Dio, che paragone orribile, ma in questo momento non mi è venuto proprio niente di meglio.

Posso dire di essere relativamente tranquilla, nonostante io stia eludendo gli ordini di Caspian e andando all’attacco di un castello.

So perfettamente come andrà a finire, so il film praticamente a memoria, e forse è per questo che sono calma. Alla fine non dovrò fare nulla di eclatante: semplicemente stare dietro a Edmund, e evitare di venire lasciata lì.

Rabbrividisco al solo pensiero.

Ok, ora forse un po’ agitata lo sono.

Ma Ed non mi abbandonerebbe mai lì, vero? Vero?

Ma con chi diavolo sto parlando?

Scuoto la testa, sfiorando con la fronte la sua schiena.

- Ed? – sussurro, e per un attimo ho paura che non mi abbia sentito.

- si? – la sua risposta giunge, appunto, in ritardo, ma forse è colpa del vento che ulula, portandosi via le nostre parole.

- quanto durerà il viaggio? –

- un po’ –

Non si è ovviamente girato verso di me. In più ,“un po’” , è una risposta leggermente generica, ma mi accontento.

- posso dormire? Credo che altrimenti potrei vomitare la cena –

In effetti il mio stomaco non gradisce particolarmente il volo, perché purtroppo, soffro leggermente di mal d’auto, soprattutto in quelle strade di montagna piene di curve e tornanti.

Non che si possa paragonare Byron ad un’auto, ovviamente.

In qualsiasi caso, sento il consueto nodo alla gola, che m’impedisce di respirare normalmente e mi costringe a deglutire nel vano tentativo di scioglierlo, andarsi a formare.

Finalmente si volta a guardarmi.

- si, certo. Ma credo siano solo un paio d’ore. Ti bastano? –

Oh, che carino. Si preoccupa per me. Deglutisco, maledicendo il mal d’auto e domandandomi come posso non riuscire a respirare quando ho tutta l’aria che mi sbatte in faccia.

- si. –

Rimango in silenzio, fissando la sua schiena, mentre lui torna a puntare lo sguardo davanti a noi. Deglutisco, di nuovo.

- Ed? – faccio per la seconda volta.

Stavolta si gira subito. Forse crede che riuscirei a vomitare sul serio.

Uh, beh, lo credo anche io. Anche se di solito mi limito a diventare bianca da far invidia ad un cadavere e ad avere un mezzo attacco d’asma.

- si? –

- posso appoggiarmi alla tua schiena? – è un sussurro talmente impercettibile che spero non l’abbia sentito. Ma mi ha sentito perfettamente.

Sorride, tra il divertito e l’imbarazzato.

- certo. O avevi intenzione di dormire in qualche altro modo? –

Scuoto la testa, sorridendo flebilmente e appoggiando una guancia contro di lui.

L’ultima cosa che sento è il suo cuore che batte:

tum, tu-tum.

 

- ehi. Ehi, Giuly, svegliati. –

Sbatto le palpebre, mettendoci un minuto buono a realizzare che:

·         mi trovo seduta su un grifone.

·         mi trovo seduta su un grifone con Edmund Pevensie

·         ho dormito sulla schiena di Edmund.

·         siamo arrivati a destinazione, e a momenti atterreremo

·         mi ha chiamato Giuly?! Nessuno mi chiama mai Giuly. Di solito optano per soprannomi più assurdi e che il più delle volte non c’entrano niente con il mio nome.

- ci sei? – domanda ancora lui, voltato verso di me, sebbene lanci occhiate preoccupate verso il castello.

- uh, più o meno. – rispondo, reprimendo un “come mi hai chiamata, scusa?”.

Non che non mi piaccia il soprannome Giuly. Semplicemente quasi nessuno mi chiama così. È … strano. Però detto da lui suona bene. Penso che gli concederò di chiamarmi così.

Sbadiglio.

- pensi di riuscire a non vomitare? – domanda divertito.

Ah-ah. Che spiritoso. Se la mia faccia potesse assumere espressioni da manga ora sarei quella faccina con i trattini al posto degli occhi e il punto al posto della bocca. E anche un bell’apostrofo come gocciolina.

Già. Peccato che non sono un personaggio da manga, io.

- credo. – rispondo seccata.

Mi rendo conto in questo momento che sono praticamente abbracciata a lui.

Divento rossa di botto e, facendo finta di niente, lancio uno sguardo sotto di noi.

Oh, wow.

Menomale che non soffro di vertigini. Anzi, sulla seggiovia che ho fatto in Francia, a Deux Alpes con Silvia, me la ridevo bellamente guardando la cuna sotto di noi che si apriva in una discesa piuttosto ripida.

Ora, vi starete chiedendo che diavolo ci facevamo in Francia io e Silvia.

La risposta è una sola: sciavamo. Anche se forse è meglio sottolineare che io stavo imparando a sciare.

Silvia adora sciare, e sua madre le ha promesso che quando avrà diciott’anni le farà fare le selezioni per diventare maestra di sci.

Lo sci è uno dei suoi argomenti preferiti, anche se sa che io non l’ascolto quasi mai, visto che non ci capisco niente.

In camera sua, esposte su una mensola, ha la sua bella collezione di medaglie e coppe vinte durante le gare; le stesse gare per cui ci abbandona durante i week-end, quando dovremmo uscire tutte quattro assieme e lei non c’è mai. Spesso non riesce ad esserci neanche per il suo compleanno.

Mi racconta sempre di quando va su a Motta a sciare, dove ha la casa, e delle stupidate che fa con il suo “giro”, come dice lei.

Una volta ci sono andata, a Motta, con lei. Era estate, però e di neve non ce n’era neanche un pochino. Quindi eravamo andate a raccogliere mirtilli. Mi ricordo che i bordi dei miei pantaloni rosa erano diventati viola e blu.

Quando sono tornata a casa, mia mamma, voleva mettermi in lavatrice con i pantaloni. Brr.

Comunque, non so neanche come, Silvia è riuscita a trascinarmi in Francia e a farmi fare il corso di sci per principianti o per “non esperti”, come lo chiama lei.

E la seggiovia citata prima serviva per portarci su fino alla funivia, che poi ci avrebbe portato all’ovovia che ci avrebbe depositate al ghiacciaio dove stavano le piste.

Vabbè.

Atterriamo con un tonfo soffocato sul tetto di una torretta. Poco sotto di noi ci sono alcune guardie di Telmar.

Edmund balza giù con agilità, senza fare alcun rumore e mi porge la mano, per aiutarmi a scendere.

Ho le gambe tutte indolenzite e mi si è informicolato un piede.

Stringo l’arco, per poi voltarmi e guardare il cielo, che stanotte è coperto. Non si vede neanche una stella.

Respiro profondamente, chiudendo gli occhi. Mi era mancata, la sensazione di qualcosa di solido sotto i piedi.

- tutto ok? – mi fa, tirando fuori la torcia dalla bisaccia. Mi guarda, un po’ troppo intensamente per i miei gusti. No, aspetta. Mi piace che mi guardi così, però mi manda in fibrillazione, e non credo sia il caso.

- si, tutto bene. – trovo la forza di rispondere, non so da dove.

- bene. Io vado giù. Ti chiamo io, quando puoi scendere. Stai qui e non muoverti.– mi intima.

Fa per calarsi giù dal tetto, quando lo fermo.

- emh… posso muovermi in caso di estrema emergenza? –

Mi guarda come se fossi pazza. In effetti che situazioni di estrema emergenza potrebbero mai esserci su un tetto? Il massimo che può succedere è  che si rompa qualche mattonella.

Annuisce, lentamente.

- muoviti solo se sei in pericolo. Non posso permettermi che ti venga fatto del male, quindi fa’ come ti dico. Intesi? –

Certo che potrebbe dirmelo senza sembrare un dittatore.

E quel “non posso permettermi che ti venga fatto del male” … oddio, l’ha detto in un modo talmente serio …

Ok, Giu, niente filmini mentali, intesi?

- intesi – rispondo, senza sapere se a lui o alla mia testa.

Cerco di sorridere, ma credo mi sia uscita una smorfia.

Lui annuisce, ancora, e la sua capigliatura corvina scompare oltre il bordo.

Sospiro.

Byron mi guarda in un modo strano. Ricambio lo sguardo.

- beh? – dico, cercando di suonare disinvolta.

Essere guardati da un grifone non è una cosa che mi succede tutti i giorni però, e non è per nulla facile reggerne lo sguardo.

- nulla. Pensavo a quando siete strani voi umani – commenta.

A che diavolo si riferisce?

- ah, grazie – borbottò, incrociando le braccia al petto con espressione imbronciata.

Mi sporgo verso il basso, e vedo Edmund armeggiare con la torcia, pronto a mandare i segnali.

Una guardia si sta avvicinando, silenziosa. Dev’essergli sfuggita, visto che altre due guardie sono stese a terra, non so dire se vive o morte.

Rabbrividisco. Vedere morire le guardie di Telmar nel film era tutta un’altra cosa.

Crack.

Il soldato telmarino schiaccia un sasso prima di fermarsi di botto, producendo un rumore che alle mie orecchie suona assordante, ma che Edmund non sente.

La guardia riprende a camminare, dopo essersi accertato che Edmund non l’abbia sentito, con più cautela, però.

-Ed! – sibilo, ma lui non mi sente, preso com’è.

Certo che riesce a distinguermi quando sono nascosta, ma quando si tratta di sentire qualcosa…

Oddio, che faccio?

Teoricamente non posso muovermi di qui, ma..

Afferro l’arco, e incocco una freccia, puntandola sull’uomo.

Ma le freccia non rimbalzerà sull’armatura?

Accidenti, è vero.

Lo guardo, indecisa, mentre si avvicina strisciando.

- Ed! – sibilo un’altra volta, ma lui non mi sente ancora.

Giuro che gli regalerò l’amplifon. Così riuscirà a sentire i miei avvertimenti, una buona volta.

Punto alla gamba dell’uomo.

Lascio andare la corda e la freccia spara dritta verso il polpaccio del telmarino, che si accascia con un gemito di dolore strozzato.

Edmund sobbalza, lo guarda sorpreso, poi alza lo sguardo verso di me, che ancora tengo in mano l’arco.

- non era una situazione di estrema emergenza – sibila con rimprovero.

Ah, vedo che gronda di gratitudine per avergli salvato la vita.

- volevi morire? – sibilo in risposta io.

Lui mi guarda corrucciato.

- non sarei morto – risponde imbronciato, tornando poi a guardare la sua torcia.

Mi sporgo ancora un po’.

- prego, eh! – faccio io, seccata.

La prossima volta manco il bersaglio apposta.

Ah, gli uomini. Sono troppo orgogliosi per accettare di essere stati salvati da una donna. Ora che ci penso, mi sa che mia sorella ha ragione. Ma non glielo dirò mai.

Edmund finisce di lanciare questi benedetti segnali luminosi e mi fa segno di scendere.

Guardo di sotto.

La fa facile lui, che è ben allenato.

Io a malapena scavalco i muretti, anche se devo ammettere che Silvia è messa peggio di me.

- Giulia, muoviti – mi incita a voce bassa, guardando verso destra, dove c’è una porta.

- come diavolo faccio a scendere? – rispondo io, piccata. Ed alza lo sguardo, con un sopracciglio alzato.

- salti, no? –

Saltare?! Ma siamo matti? Col cavolo che salto giù da questa sottospecie di cornicione! Mi rompo una gamba!

- n.. non sono proprio sicura di saperlo fare – balbetto, sedendomi sul bordo.

Oh, ma perché non sono rimasta alla Casa di Aslan?

- guarda che non saper saltare è grave – ironizza, anche se c’è un filo di tensione nella sua voce.

Ecco, fantastico. Sicuramente starà pensando che sono una palla al piede, il che non è poi così lontano dalla realtà.

Giulia, sei un genio. Ti sei bruciata tutte le tue possibilità con lui.

- non intendevo quello. So saltare, ma non credo di saper atterrare. – replico, cercando di sembrare calma.

- ti prendo io –

Deglutisco a vuoto.

Che cos’ha appena detto?

- altrimenti puoi restare con Byron, se preferisci. Anzi, forse è anche meg.. –

- NO! – sbotto subito io. – salto. Mi devo solo preparare psicologicamente –

Non sono venuta qua per stare sul grifone.

Anche se in effetti non so bene perché sono venuta.

Sarà che me l’ha chiesto Edmund…

- ti devo prendere? – mi domanda.

Si, si, si!

- no. Ce la posso fare. –

Ok, sono un’idiota.

Dovrebbero darmi il tesserino di riconoscimento per gli idioti più idioti del pianeta.

Ok, Giuggia. Ci siamo. Al tre.

Uno..

Due..

- tre! –

Salto, trattenendo il fiato per quel millesimo di secondo che sto in aria, per poi ruzzolare a terra.

Mi alzo traballante, e per un attimo il mondo mi gira intorno come impazzito.

Bene, niente di rotto: solo un livido sul ginocchio. È già un inizio.

Edmund, già davanti alla porta, mi fa cenno di stare dietro di lui. La apre di scatto, lama alzata, pronto ad attaccare eventuali telmarini, ma dietro non c’è nessuno.

Uh, che cosa sospetta.

Sento Byron alzarsi in volo, poco dietro di noi.

Ma nel film era così?

Oddio, ho dei vuoti di memoria.

No, non può essere! Io dovrei sapere a memoria ogni singola parola del film! Com’è possibile?

Avanzo a piccoli passi, sempre alle spalle di Edmund.

Mi volto di scatto, sentendo un rumore venire da dietro e evito per un soffio la spada del telmarino, procurandomi un innocuo graffietto sulla guancia.

- Edmund! – strillo, e mi sento incredibilmente stupida. Edmund lo trapassa in un attimo, prendendomi poi per il polso e trascinandomi su un altro balconcino.

Gli scivola la torcia dalla tasca, che cade giù, vicino ad una guardia.

Beh, questo me lo ricordavo.

- accidenti – sbotta lui, in un soffio – tu resta qui! – mi ordina poi, prima di scendere.

Ok, se prima ero tranquilla ora mi sento il cuore che batte furiosamente nel petto. E vorrei che fosse soltanto la vicinanza di Ed a farmelo battere così, e non la paura.

- ma guarda… -

Mi volto di scatto, sobbalzando alla voce roca che ha parlato. Un uomo, di Telmar, con un viso squadrato e la barba mal fatta, avanza verso di me a spada sguainata.  Ha una cicatrice che gli attraversa la guancia, fino al mento.

- da quando in qua i narniani hanno delle signorine così carine, nelle loro file? – continua, gongolante, come se fosse già sicuro dell’esito del nostro piccolo scontro.

Non che ci voglia tanto a capire, infondo.

Lancio un’occhiata ansiosa a Edmund, ma sta combattendo contro un’altra guardia.

Sento lo scalpiccio di cavalli, poco lontani.

Peter. Susan. Caspian. Sono entrati.

Credo di provare un po’ di sollievo, che però non dura molto.

Oddio, e ora che faccio? Non posso star certo qui ad aspettare che mi venga un’idea!

Schivo un paio di fendenti, stupendomi dei miei riflessi.

- una signorina bene addestrata, vedo – commenta, un po’ meno gongolante di prima. Ma dubito che evitare i suoi colpi lo faccia desistere. Oddio. Oddio. Oddio.

Sento il sangue del graffio di prima che mi cola lungo la guancia, e me lo strofino via col bordo della camicia.

Ok, Giuggiola, pensa. Pensa, pensa, pensa.

Mi costringe ad indietreggiare, mentre continua a menar fendenti che evito come meglio posso.

Faccio un ultimo passo all’indietro, prima di rendermi conto che, oddio, di lì si cade e basta.

- Ed! il segnale! – sento urlare Peter, da sotto.

- sono occupato, ora, Peter! – ribatte Edmund, parando un colpo con la spada.

L’uomo, intanto, ghigna e carica verso di me.

Non ho la più pallida idea di come, ma mi scanso un attimo prima che lui mi raggiunga, e finisce giù di sotto in testa al proprio compagno che sta combattendo con Ed.

Guardo giù, ansimando e ringraziando il mio istinto di sopravvivenza che è decisamente più sviluppato di ciò che credevo.

Edmund ha la testa alzata.

- co..come..? –

- Edmund. Il segnale. – faccio io, fingendomi calma e atterrando accanto a lui e in piedi.

Oh, come mi sento fiera di me stessa.

Lui annuisce frettolosamente, sbattendo la torcia sul proprio palmo un paio di volte, prima di riuscire a farla partire.

Lancia il segnale e, qualche attimo dopo, l’esercito narniano entra urlando.

Corriamo per i tetti, arrampicandoci su pezzo ripido.

Ci sono altre guardie, ma se stiamo in silenzio dovremmo raggiungere la porta senza problemi.

Purtroppo, il silenzio, non è una mia dote innata.

Scivolo.

- aaah! -

Chiunque altro, conscio del pericolo, si sarebbe limitato a sobbalzare per poi cercare appiglio. 

Io, invece, ho dovuto lanciare per forza uno strillo. E, se non ci fosse stato Edmund a prendermi, sarei scivolata giù di sotto.

Beh, ormai le guardie ci hanno visti.

- scendiamo! – urla Edmund, sempre tenendomi per il polso, e saltando giù. Atterriamo su corridoio all’aperto piuttosto stretto.

Altre guardie.

Mitico.                                                                                                     

Corre, e mi trascina verso una piccola terrazza.

Chiude la porta dietro di noi, fermandola con la torcia.

Sotto di noi di sente l’eco della battaglia. Una battaglia che stiamo ovviamente perdendo, d'altronde.

Ed si volta verso di me, con fare preoccupato.

- tutto bene? –

- oh – faccio con ironia, rendendomi conto solo dopo che non è il momento adatto. – cioè, si. Più o meno –

Il suo viso si rilassa un attimo, prima di tornare teso, quando sentiamo i colpi alla porta.

Oh, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.

La terrazza è una specie di vicolo cieco.

E non vedo come Byron possa salvarci, visto che non credo sappia che siamo qui.

Anche se nel film lo sa.

Ma mica siamo nel film! Solo per il fatto che io sono qui vuol dire che qualcosa dovrà pur cambiare!

Ok, ora siamo quasi sul bordo.

Inciampo in me stessa e finisco addosso a lui.

- scu.. – non faccio in tempo a finire che mi interrompe, afferrandomi la mano.

- guai a te se ti stacchi, capito? –

Annuisco, proprio mentre le guardie riescono a forzare l’entrata.

Ma in quante diavolo sono?

Edmund si mette davanti a me, con la spada alzata e io recupero per un soffio la torcia, che stava per cadere giù.

- arretra – sibila Edmund, voltandosi appena verso di me, mentre la pattuglia di Telmar ghigna, pregustandosi già la vittoria.

Oh Mio Dio.

Ok, dov’è finita tutta la calma che avevo prima? Perché se n’è andata?

Sono sul bordo. Un altro passo e cado nel vuoto.

Bene, benissimo.

Edmund ora mi affianca, stringendo saldamente la mia mano.

- salta quando te lo dico io, ok? –

- ma sei matto? – mormoro involontariamente, stringendo la torcia fino a farmi venire le nocche bianche. Mi sorride, cercando di risultare rassicurante.

- ehi, so quello che faccio –

Devo aver fatto una faccia poco convinta, per lui aumenta la stretta sul mio polso.

- ti fidi di me, no? Altrimenti mica mi avresti seguito qui –

Annuisco, piano.

- bene. – annuisce anche lui, lanciando un’occhiata nervosa alle guardie che si avvicinano. – non ti devi preoccupare. –

Sbuffo poco convinta.

- ora! – esclama, lasciandosi cadere all’indietro e trascinandomi con lui.

Atterro su Byron, davanti a Ed e con un suo braccio sulle spalle.

Come diavolo c’è finito lì?

Sono praticamente in braccio a Edmund.

Dio, che vergogna.

Si sente il segnale di ritirata, e Byron non se lo fa ripetere due volte, prima di cambiare rotta verso il nostro accampamento, schivando un paio di frecce senza troppo difficoltà.

E dire che gli sono mezza raggomitolata sopra.

E appoggiata a Edmund, per di più.

Oh, se avessi saputo che sarebbe finita così avrei fatto decisamente meno scene.

- ehi, stai bene? –

No, per niente. Abbiamo abbandonato un mucchio di gente, là dentro. Verranno trucidati, giustiziati, torturati o non so che altro. Dio, come mi sento in colpa. Cosa credevo di fare, venendo qui? Di cambiare quello che doveva succedere? Come se l’aiuto di una ragazzina possa servire..

- eh.. si. Si. – non suono un granché convinta, mi sa. Anche perché ho come l’impressione di essermi lasciata sfuggire una lacrima, che corre calda sulla mia guancia.

- vuoi dormire? – soffia lui, e arrossisco di botto quando sento il suo respiro così vicino.

In effetti posso dire di risentire delle mie ore di sonno mancate. Sono abituata a dormire fino a tardi, durante le vacanze estive.

E mi sento ancora più in colpa, per il fatto che io me ne sto qui ad arrossire mentre ci sono persone ancora dentro al castello. Persone che moriranno, di sicuro.

E io sono qui a pensare che ho sonno e che le braccia di Edmund sono calde e incredibilmente accoglienti.  E che mi piacerebbe tanto abbracciarlo ma mi vergogno troppo.

- mmm.. magari – mormoro, cercando di non sembrare sul punto di scoppiare a piangere.

-ok .. ti sveglio un po’ prima di arrivare, così scendi nel boschetto e fingi.. non so.. di essere andata a cavalcare –

- senza il cavallo? – rido io, con la voce impastata. Ride anche lui.

- digli che sei andata a fare una passeggiata, allora. –

Annuisco, stropicciandomi gli occhi.

- si, penso farò così – concludo, facendo fatica a tenere gli occhi aperti.

Sbatto le palpebre, un’ultima volta. Ho troppo sonno, ma non riesco a smettere di sentirmi in colpa.

- Ed? – sussurro e lui si volta verso di me. C’è una stella, proprio sopra di lui. Scuoto la testa. – grazie – mormoro. Non riesco a capire se risponde o meno, perché sto già dormendo.

 

- sicura di riuscire a saltare da qui? – fa preoccupato Edmund, lanciandosi occhiate dietro per controllare che Caspian e gli altri siano ancora lontani.

Siamo a qualche metro d’altezza, sopra il bosco che circonda la Casa di Aslan.

E no, non sono sicura di riuscire a saltare da qui, ma di farlo atterrare non se ne parla neanche. Darebbe troppo dell’occhio. Così, invece, può dire di essersi fermato ad aspettare gli altri.

- si – rispondo in un soffio. Annuisce, stringendo il mio arco e le mie frecce.

- ci vediamo dopo, allora – conclude, distogliendo lo sguardo.

- a dopo – sussurro io, prima di saltare.

Atterro sul ramo di un albero piuttosto grosso, dopo essere stata travolta da diversi rametti pieni di foglie e chissà quali insetti, facendomi male al fondoschiena e battendo lievemente la testa contro il tronco.

Guardo in basso, per decidere come calarmi dai rami senza spezzarmi il collo. Non mi ero mai arrampicata su un albero, prima.

A parte che non mi sono arrampicata, ci sono caduta sopra; il fatto è che se sapessi arrampicarmi saprei anche scendere, no?

Altrimenti tutti i bambini che sono saliti sopra un albero sarebbero ancora su, a pregare che arrivino i pompieri a prenderli, come si fa con i gatti.

Mi aggrappo saldamente al ramo e cerco un appoggio con il piede. Quando l’ho trovato provo a vedere se tiene il mio peso, visto che non poso definirmi propriamente un uccellino.

Bene, tiene.

Mi sposto in modo da tenermi aggrappata al tronco e scendo.

Ok. Bene. Mi basterà procedere così per un po’, lentamente, e sarò giù sana e salva.

Sto per appoggiarmi ad un altro ramo, quando sento un improvviso “crack” provenire dall’alto.

Sobbalzo, perdo la presa e cado per terra, senza troppi danni: per fortuna non ero troppo in alto.

Ah, il mio povero sedere.

Ancora stordita alzo lo sguardo e vedo un uccello guardarmi dal ramo dove poco prima dovevo esserci io.

Accidenti a lui. Mi ha fatto prendere un infarto.

Mi rialzo, spazzolo i calzoni e la camicia, provo a rifarmi la treccia decentemente e mi avvio verso la Casa di Aslan.

Arrivo all’entrata tranquillamente, l’esercito non è ancora arrivato.

Non faccio in tempo a entrare che Holly mi travolge in un abbraccio soffocante.

- Dio, Giuls, dove sei stata? Eravamo così preoccupate! –

- a.. a fare una pas.. passeggiata nel bosco – balbetto, cercando di liberarmi dalla presa asfissiante.

Si scosta da me e mi guarda con aria critica, con i suoi occhi che Elisabetta (una nostra compagna di scuola) ha definito “color cioccolato alla nocciola”.

Per la cronaca, io, secondo lei, li ho “color cioccolato all’arancia”. Quando me l’ha detto eravamo a pattinare,  e sono quasi scivolata, facendo cadere Silvia, che stava dietro di me. Ah, bei tempi.

Beh, detto in parole povere: mi fissa, con un sopracciglio alzato per di più.

- ah, si? – mi domanda, come se sapesse benissimo che non è vero. Ma mica lo sa, giusto?

- si – rispondo, notando con piacere che sembro piuttosto convinta.

- e sei andata a fare una passeggiata nel bosco notturna? –

Uh, porca miseria. E chi c’aveva pensato?

- e.. emh.. non avevo sonno – improvviso, scotendo in aria la mano destra.

Mi fa la faccia che fa sempre quando mi costringe a dire qualcosa che non voglio dire, una faccia da: “su, lo sai che sono la tua migliore amica, che non lo dico a nessuno. Ti puoi fidare”

È una di quelle espressioni che le migliori amiche fanno sempre, con il classico mezzo sorriso complice e le sopracciglia alzate. Però lei è quella del gruppo a cui riesce meglio, credo.

Si, come se mi potessi fidare sul serio di lei. Holly parla sempre troppo. Può metterci anche tutta la sua buona volontà, ma in un modo o nell’altro il tuo “segreto” le scappa sempre.

- sul serio? – domanda, le sopracciglia che si alzano ancora di più, e vorrei picchiarle in testa un bastone per farla stare zitta, ma so che non funzionerebbe neanche quello.

- s..si –

Dio, perché non so mentire?

- dai, Giu, lo so che non sei andata nel bosco a passeggiare. Abbiamo fatto il giro noi stamattina e non c’eri –

Oh, fantastico. La prossima volta lascio loro un bigliettino in cui scrivo di essere scappata e di non cercarmi, così mi lasciano in pace. Anche se, nei film, succede tutto il contrario. Vabbè.

- e.. ero molto lontana – ribatto.

- Giuuuuggia… non sei brava, a mentire, lo sai? –

- si – borbotto io, imbronciata.

- dooove seei andataaa? – domanda ancora, facendo somigliare la domanda ad una canzoncina, e prolungando alcune vocali, cosa che mi irrita alquanto.

- non te lo dico – rispondo io, incrociando le braccia al petto.

- allora provo a indovinare che dici? Vediamo.. dove potevi essere? – si picchietta un dito sul mento, alzando lo sguardo sul soffitto pensierosa.

Ah, tanto non indovinerà mai.

Sgrana improvvisamente gli occhi.

- Giuggi… tu non sei andata al castello, vero? –

Salto per aria.

Ma .. ma.. non è possibile!

Mi guarda stupita.

- oddio, Zuzu, come hai fatto? –

Gonfio le guancie. Ormai tanto vale dire tutto, no?

- mi ci ha portata Edmund – borbotto a voce talmente bassa che spero non l’abbia sentito.

- CHI?! – urla invece lei, e sono costretta a balzare in avanti per tapparle la bocca, prima che qualcuno la senta.

- ssh! – faccio poi, premendomi un dito della mano libera sulle labbra – dillo a qualcuno e ti strozzo. –

- ma.. ma.. non ti sei fatta male, vero? – mi tasta, cercando di capire se sono ferita o meno. Me la scrollo di dosso, infastidita.

- se mi fossi fatta male non sarei qui, non pensi? – commento mettendomi le mani sui fianchi.

- e .. e non si sono accorti che c’eri anche tu? – domanda, fissandomi sempre più stupita.

Scuoto la testa. Certe volte vorrei che non leggesse tutte quelle riviste scandalistiche dove fanno il terzo grado a tutti. La sua mente non fa altro che elaborare domande che riguardano soprattutto le situazioni complicate.

- non eravamo nella battaglia… Ed doveva solo lanciare i segnali dai tetti, non l’hai sentito? – sbuffo.

- quindi sei stata con.. Edmund – commenta, con un tono di voce che non fa presagire nulla di buono.

Oh, no, no, no! Adesso passerà alle domande imbarazzanti! Dov’è la mia botola?

- e… -

- e niente! – ribatto, forse un po’ troppo velocemente.

Sento i cavalli che arrivano e delle urla. Mi sporgo verso l’uscita e guardo fuori, vedendo l’esercito raccolto intorno a Caspian e a Peter, che litigano.

Oh, fantastico.

Mi avvio a passo di marcia verso di loro, sfoderando il mio miglior sorriso da benvenuto.

- ragazzi! –

Mi guardano.

Dietro di me appare subito Lucy, e sobbalzo, perché non l’ho vista arrivare.

Mi guarda.

Perché accidenti mi guardano tutti?

- si può sapere dove sei stata, tutta la mattina? Giorgia mi ha trascinato in giro disperata, credendo che ti avevano rapita – commenta Lucy, con un sopracciglio alzato.

Dio, credo che inizierò a odiare le sopracciglia alzate.

- e.. ero a fare una passeggiata. Non avevo sonno – mento, e sembra crederci.

Oh, vuol dire che non faccio così schifo a mentire.

Holly mi si affianca, e si appoggia col mento alla mia spalla, abbracciandomi da dietro. La guardo male. Solo perché sono più bassa di lei non vuol dire che sono il suo “appoggia-mento” personale.

Lucy sta fissando Caspian e Peter, con aria severa ma anche triste.

- dove sono.. gli altri ..? –

Loro due non si guardano, distolgono lo sguardo.

La folla si apre, e si vedono dei fauni che portano Briscola su una barella. Lo appoggiano a terra e Lucy gli corre incontro.

Byron e Edmund atterrano poco più in là, e anche lui corre al “capezzale” del nano.

E, non posso fare a meno di domandarmi come diavolo ha fatto a finire in fondo alla fila. Vabbè.

Non riesco a correre incontro a Briscola anche io perché Holly sembra intenzionata a rimanere ancorata al terreno.

Vedo Lucy fargli bere la sua famosa pozioncina, quella che ha salvato Edmund nel primo film.

Briscola tossisce, e si scuote tutto, prima rassicurare tutti quanti con uno dei suoi soliti commenti.

A questo punto, Caspian e Peter riprendono a litigare furiosamente, dandosi reciprocamente la colpa.

Evviva l’amicizia!

Caspian se ne entra nella Casa di Aslan a passo di marcia, così furibondo che non mi sorprenderei se comparisse da un momento all’altro una nuvola con tuoni e fulmini corredati, sopra la sua testa.

E non mi stupire per niente, anzi, se uno di quei fulmini per caso colpisse Peter, disintegrandolo.

Beh, su, tanto non è possibile, giusto? E Caspian non farebbe mai una cosa del genere. Non quando i Pevensie sono la sua ultima speranza. Si, beh, più o meno.

Briscola viene trascinato, a forza ovviamente, in infermeria, giusto per controllare che sia guarito del tutto.

Lo seguo con lo sguardo, sorridendo lievemente per le continue e rumorose proteste, fino a che Edmund non mi passa affianco, e, con un breve cenno della mano, mi saluta.

Guardandomi.

Perché oggi mi devono guardare tutti? Io odio essere guardata.

Holly sta per sparare fuori una cavolata delle sue, ma le tappo la bocca con una bella gomitata nello stomaco.

Ecco, così impara anche ad appoggiarsi a me.

Lucy mi guarda con un sorrisetto divertito.

Basta. Giuro che mi trasformo nella donna invisibile se non la smettono di fissarmi.

Seguo Edmund e Lucy all’interno, sommersa dalle estenuanti chiacchiere di Holly, che riesce a trovare qualcosa da raccontarmi anche quando viviamo assieme.

Qualcuno mi salvi. Per favore.

Peter è subito dopo di noi.

Già non è nella classifica dei miei personaggi preferiti, e viverci assieme non sta certo migliorando la sua postazione.

Si affianca a Edmund, e iniziano a parlare concitatamente.

Certo che è bravo a litigare, il biondo.

Si sente una sottospecie di tuono, e trema il terreno.

Ci fermiamo tutti di colpo.

- cosa.. cosa è stato? – sussurra Lucy, guardandosi intorno all’erta.

Peter scuote la testa.

- non lo so.-

- un terremoto? – propone Holly, che mi sta praticamente soffocando. Mi dimeno un po’, prima di riuscire a staccarmi, e mi avvicino a Lucy il più possibile. Magari se sto di fianco a lei Holly non s’appiccica. Vana speranza. Infatti mi afferra la mano.

- non credo – commenta Edmund, fissando il fondo del corridoio in cui ci siamo inoltrati.

Guardo la fiamma della torcia appesa al muro. Sento come un sussurro, impercettibile, una cantilena.

- ehi. Lo sentite anche voi? – esclamo all’improvviso, saltando per aria io stessa quando il suono della mia voce rimbalza lungo le pareti del corridoio, amplificandosi.

- che cosa? – mormora Edmund, prima che tutti si mettano in ascolto, orecchie tese e sensi all’erta.

Eccola. Sembra quasi una litania, e si sta facendo un po’ più forte.

Ehi. Ma io la conosco già.

Il respiro mi si blocca in gola, quando collego: la Strega.

Ommioddio la Strega!

Prendo a corre per il corridoio, trascinandomi dietro Holly che è ancora ancorata alla mia mano senza alcuna intenzione di staccarsi. Dietro di noi i passi veloci di Edmund, Peter e Lucy rimbombano in un modo inquietante.

Ecco, neanche due minuti che corro e c’ho già il fiatone.

Arrivo nella sala, e freno di colpo, strillando quando il lupo mannaro decide di lanciarsi addosso a noi.

- Holly, giù! – urlo, trascinandola a terra, ed evitando per un soffio gli artigli del mannaro.

Per fortuna, il licantropo, sembra decidere che noi non siamo alla sua altezza e si lancia contro Edmund, mentre Peter tenta di affettare la strega e Lucy corre in aiuto di Briscola, che sta combattendo contro Nikabric. 

Come diavolo c’è finito, qui, Briscola?

Alzo lo sguardo, fino ad arrivare alla lastra di ghiaccio in cui è ancora intrappolata la Strega. E Caspian se ne sta lì in mezzo, con lo sguardo incantato e la mano sanguinante tesa verso di lei.

Una delle tante domande che mi sono sempre posta è: perché la Strega ha bisogno di sangue, per uscire, se il suo braccio è uscito tranquillamente senza?

In qualsiasi caso, non posso certo starmene ferma a guardare, giusto?

 Mi avvicino, piano, lentamente, verso Caspian, scollandomi di dosso Holly.

- Caspian! – urlo. – esci subito di lì, accidenti! –

Lui si volta di scatto verso di me, sobbalzando, e mi guarda sorpreso. Abbassa di un po’ la mano.

So che la Strega mi guarda male, e si sta sicuramente chiedendo chi diavolo sono mentre cerca di congelarmi con uno sguardo.

Il sangue mi si ghiaccia nelle vene, e un brivido freddo mi corre lungo la schiena.

Ok, devo ammettere che avrebbe raggiunto il suo scopo, se Peter non si fosse letteralmente lanciato addosso a Caspian, buttandolo fuori dal cerchio magico.

Buttandolo addosso a me, per la precisione.

A momenti mi schiaccia. Cioè, va bene tutto, ma non pesa come una piuma, decisamente no.

Per fortuna si rialza, porgendomi la mano.

La afferro, tirandomi su.

Sento dietro un guaito di dolore, che diventa sempre più fievole, fino a spegnersi: Edmund deve aver sconfitto il lupo mannaro.

- lo sai che non ce la puoi fare da solo, Peter caro. – fa la Strega con quel fare suadente che ho sempre odiato.

Dio, fosse per me non so quali atroci torture le avrei fatto soffrire, alla fine del primo film. Altro che ucciderla, come ha fatto Aslan. Troppo poco doloroso. Ci volevano anni e anni di torture solo per quello che ha fatto a Ed.

Ora che ci penso, mi sa che la odio proprio perché ha imprigionato Ed.

Si, ok, Edmund se l’è cercata, quella volta.

Però continuare a perseguitarlo, no!

E poi: caro, carissimo Peter. Ma se l’ha sempre guardato male! Credo che neanche fosse sicura di quale fosse il suo nome, nel primo film. O forse gliel’ha detto Edmund. Si, probabile.

- Peter, vieni via! – lo incita Caspian, improvvisamente conscio del pericolo. Non fa in tempo a finire la frase, che la lastra di ghiaccio s’incrina. Si crepa tutta, in piccoli pezzi, mentre lo sguardo della Strega Bianca si fa furioso e confuso al tempo stesso. Il ghiaccio va in mille frammenti, che cadono a terra con un suono cristallino.

Edmund ci guarda tutti, ancora con la lama alzata, soffermandosi su Peter.

- lo so – dice, prima che l’altro possa fare niente – era tutto sotto controllo – e se ne va.

 

* Miranda Kiss è un personaggio della storia “Provaci ancora, signorina Kiss!” di Michele Jaffe; la potete leggere nella raccolta di storie “Danze dall’Inferno” in cui potete trovare anche racconti di Meg Cabot, Kim Harrison, Stephenie Mayer e Lauren Myracle. Sono tutti racconti “dell’orrore”, ambientati durante dei tipici balli scolastici americani. Ve lo consiglio caldamente.

 

Bene, sono fiera di me J

Posso dire di aver fatto un aggiornamento-lampo, visti i miei standard xD

Speriamo di non aver deluso nessuno . . .

Beh, un ringraziamento gigantesco a chi ha recensito :

 Kattiva97: ciao! Mi fa molto piacere che il personaggio di Giulia di piaccia J

Per le altre ragazze, hai ragione. Dovrei approfondirle decisamente di più. In questo capitolo ho provato un po’ a far conoscere meglio Silvia e Holly, ma non credo che sia uscito come volevo io.

Al solito, sono una frana nelle descrizioni xD

Per quanto riguarda alla tua domanda: nel libro viene spiegato che ci sono diversi portali, che conducono a Narnia; a quel punto, ho pensato che a Narnia il tempo scorre in modo diverso. E questo diciamo che è “testato”, quindi lo sanno tutti. Quello che mi sono inventata io di sana pianta è: se a Narnia il tempo scorre in modo diverso rispetto a qui, perché i portali si devono aprire tutti nella stessa epoca? (è una domanda senza senso, ora che ci penso, ma ormai quel che fatto è fatto) cioè, ogni portale ha il suo, diciamo.. “spazio temporale”. Quindi il portale è sempre nello stesso posto, (come nell’hotel, per esempio, o nell’armadio) ma non si apre sempre nello stesso periodo. Diciamo che mi sono basata anche sul fatto che il portale dell’armadio non si è riaperto, quando i Pevensie sono tornati indietro dopo essere diventati Re e Regine. Quindi, ho dedotto che il portale non è “fisso”. E poi, se Aslan vuole che qualcuno arrivi a Narnia, dubito che si faccia dei problemi sull’epoca da cui vengono. xD

Si, ok. È un po’ un casino, in effetti, ma più o meno è così. Ho la mente contorta, lo so.

Visto che sicuramente ti avrò fatto venire altri dubbi (xD), non farti problemi e chiedi pure.

P.S. uuuh.. dimmi il nome dell’hotel che vado, sfondo la porticina e mi catapulto a Narniaaa *__* poi ti chiamo, così mi raggiungi. Infondo la scoperta è tua J e che gusto c’è ad andare a Narnia se non c’è nessuno a sclerare con te? xD

 AlexJimenez: ahah! sai, ho pensato che rompergli il timpano non era il modo migliore per farselo amico, ma giuro che anche Giulia vorrebbe urlare in stile fan girl. xD

Beh, la tua domanda ha già avuto risposta, Giulia al castello c’è andata, e ho continuato la storia, quindi spero di averti reso felice :) e di non aver deluso le tue aspettative su questo capitolo.

Grazie mille per l’incoraggiamento J

Non avendo nient’altro da dire mi dileguo, ringraziando Kattiva97 e VesiSchwartz per aver messo la mia storia tra le seguite. Thank you all! <3

_ L a l a

   
 
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