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Autore: Archangel 06     06/09/2010    3 recensioni
Virginia ed Ellen, di Helsinki, hanno ottenuto una borsa di studio per terminare il loro corso di studi con le lezioni di un luminare di Storia Vichinga in California, negli stati uniti. sono migliori amiche, ma nella vita di Ellen c'è un segretuccio da nulla che Virginia non sa, ovvero che Ellen conosce da vicino, molto da vicino i Children of Bodom, la sua band preferita... e che cosa succederà quando la band si troverà nei pasticci necessitando di un batterista? le aspetta un tour di completa follia... scritta a quattro mani da me e da Dark Dancer^^
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo Children of Bodom'
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Arrivarono all’albergo, il Rosenplaz Hotel di Amburgo, il giorno prima del concerto, alle sei e mezzo di sera.

“Uff, non ne potevo più di dormire in autobus” sospirò Virginia stiracchiandosi.

“Dovrai farci l’abitudine, a noi ormai non fa più nè caldo né freddo” disse Henkka, passandole vicino e scompigliandole allegramente i capelli.

“No, i capelli no!! Accidentaccio a te!!” esclamò Virginia tentando di rimettere a posto i ciuffi che Henkka le aveva sparato in tutte le direzioni e iniziando a corrergli dietro. Ridendo e scherzando entrarono in albergo trascinando le valige.
Come sempre, Alexi si incaricò di andare alla reception per ritirare le chiavi.
“Allora, siamo al quarto piano. Ragazze, voi avete una camera tutta per voi… stanza B125… noi abbiamo la B126” disse consegnando la chiave a Ellen.
L’ascensore era piccolo, e dovettero fare tre giri per arrivare su tutti quanti: Jaska, Roope e Alexi, Janne ed Ellen, e infine Henkka e Virginia.
Mentre l’ascensore saliva, Virginia era nervosa.
“Speriamo non si blocchi…” mormorò incrociando le dita.
Non aveva ancora finito di dirlo, che le luci si spensero, e l’ascensore si fermò per un secondo, cominciando poi a scendere e fermandosi poi nuovamente, di scatto.

“Virginia, sei un’indovina?” scherzò Henkka per allentare la tensione, che sentì crescere fino a diventare insostenibile.
Virginia non rispose, cominciando a sentirsi male per la paura. Aveva sempre avuto il terrore di rimanere bloccata in un ascensore, e ora che era successo, si sentiva prossima alla morte. Le faceva male la pancia, e sentiva il gelo spandersi fino a paralizzarla.
“Virginia? Tutto a posto?” chiese Henkka quando non ricevendo risposta.
“Henkka… oddio… e se cadiamo??? Oddio!! Aiuto!! Tiratemi fuori!! Aiuto!!! Tiratemi fuori!!” Virginia iniziò ad agitarsi e a urlare, battendo i pugni sulla porta, in preda al panico. Henkka in un secondo vagliò tutte le possibilità per evitare che si facesse del male: tirarle un ceffone? Meglio di no, rischiava di farla diventare parte della parete. Scuoterla? Nemmeno a parlarne. Le afferrò i polsi e facendole incrociare le braccia per impedirle di muoversi la attirò a se stringendola e sussurrando frasi come “Tranquilla, ci sono io, non ti succederà niente… vedrai che andrà tutto bene, ci tireranno fuori…” Virginia tremava, a Henkka sembrava di stringere un cucciolo spaventato: ad un tratto le cedettero le gambe, ed Henkka, tenendola stretta per impedire di farsi male, la fece sedere, sistemandosi accanto a lei in modo da poterla tenere abbracciata e accarezzandole i capelli.
A Virginia, con la mente annebbiata dal panico, sembrava che il tempo non passasse mai. Sentiva il pavimento dell’ascensore muoversi e tremare minacciosamente, si aspettava di sentire da un momento all’altro il rumore dei cavi che si spezzavano o dei freni che si mollavano per farli precipitare verso il terreno e verso la morte.

***

Alexi non aveva mai visto Ellen così preoccupata. Camminava su e giù come un’anima in pena, imprecando e sacramentando in un modo che qui non è lecito riportare.
“Calmati, Ellen!!! Sono arrivati i vigili del fuoco, vedrai che fra poco li tireranno fuori…”

“Me l’hai detto anche un’ora fa, e anche due ore fa, Alexi!!!!” replicò Ellen, sull’orlo di una crisi di nervi.
“Non è Henkka che mi preoccupa, lui sa come reagire in queste situazioni… è Virginia che ha la fobia di stare chiusa in un ascensore bloccato!!!”

Proprio in quel momento arrivò un vigile del fuoco raggiante, che portava la notizia che finalmente avevano sbloccato l’ascensore. Di corsa i ragazzi si diressero verso le porte degli ascensori, rischiando di travolgere il povero vigile che aveva avuto la malsana idea di non togliersi dalla porta.

“Cosa?” disse con un sorriso tirato Henkka al vigile del fuoco che era entrato per aiutarli ad alzarsi.
“Dobbiamo già andarcene? Proprio ora che cominciavamo a divertirci…”
Henkka aiutò Virginia ad alzarsi e ad uscire: entrambi battevano le palpebre, accecati dalla luce dopo le due ore passate al buio.
“Virginia, Henkka!!!” strillò Ellen, abbracciandoli entrambi. “Come state?? Virgi, sei pallidissima!”

“Stiamo bene, tranquilla… un po’ spaventati, ma tutto bene… vero Virginia? Hei!!!” gridò Henkka, sentendo che all’improvviso Virginia era diventata un peso morto.
Per fortuna li c’era un medico, che li rassicurò prima che si scatenasse il panico. “È solo uno svenimento dovuto alla tensione, non vi preoccupate… portatela in camera, tenetela al caldo e non stressatela…”

***

Virginia aprì lentamente gli occhi. In un primo momento non riuscì a vedere niente, ma piano piano gli occhi si abituarono alla penombra della stanza. Vide una sagoma seduta sul divano (o meglio, semisdraiata), e provò a chiamarla. Tuttavia quello che le uscì dalla gola fu un pietoso mugolio: si sentiva la bocca impastata.
“Ti sei svegliata?” la sagoma si alzò rapida, e si avvicinò al letto. Era Henkka.
“Mmm… si, credo di si.”
“Come ti senti?” Henkka si sedette sul bordo del letto accendendo l’abat-jour. Virginia rimase un po’ in silenzio, cercando di rimettere in ordine i pensieri, e si accorse di avere fame.

“Se vuoi posso chiamare alla reception e chiedere che portino qualcosa da mangiare...” Virginia accettò, e mentre aspettavano cominciarono a chiacchierare.
“E così hai paura degli ascensori…” Virginia arrossì.
“Sapevi che Ellen ha paura dei ragni?” disse Henkka con tono complice. “Ne ha un terrore nero! Pensa che una volta mentre eravamo in tour, ci siamo trovati a bordo un passeggero clandestino, un ragno di quelli col corpo piccolo e le zampe sottili, lunghe così… una cosa enorme” disse accennando con le dita a un cerchio di più di una decina di centimetri di diametro “ed Ellen se lo è trovato che le zampettava allegramente sul braccio. Non ti dico, ha cacciato uno di quegli urli! Ha cominciato ad agitarsi e a strapparsi di dosso i vestiti urlando “i ragni!! Aiuto, aiuto!!” sembrava un’indemoniata, ti giuro… Si è calmata soltanto quando Janne si è armato di una ciabatta e lo ha spiaccicato.”
“Non lo sapevo… non me lo ha mai raccontato” disse Virginia, ridendo di gusto.
“Ti credo, non ci fa certo una gran bella figura! Sai, lei è come Alexi, sotto sotto: ci tiene moltissimo, anche se forse non se ne rende conto, a mantenersi una certa reputazione di persona coraggiosa…” ridacchiò, al pensiero della cugina “alle volte è davvero troppo mascolina: preferisco le ragazze più femminili. Con i capelli lunghi, per esempio, e che magari usino delle magliette un po’ scollate...” Virginia rise: in effetti Ellen portava i capelli corti acconciati in tagli assurdi, e non si sarebbe messa una maglia scollata nemmeno se ne fosse andato della sua vita, per non parlare di abiti attillati o pantaloni a vita bassa.
Proprio in quel momento bussarono. Era il cameriere, che aveva portato un pasto leggero “con le più sentite scuse per l’increscioso incidente e i migliori auguri alla signorina perché si ristabilisse a breve” del direttore.
C’era minestra d’orzo e verdure, insalata di pollo, pane e macedonia di frutta con il miele, più una fetta di dolce sacher.
“A proposito, quanto tempo ho dormito?” chiese prima di portarsi alla bocca un cucchiaio di minestra.
“Tre ore” rispose il bassista guardando l’orologio “ora sono le nove e mezzo di sera. Quando hai finito se vuoi scendiamo in giardino a fare una passeggiata… gli altri sono tutti che aspettano di sapere come stai.” Henkka attese che finisse di mangiare, in silenzio, poi le tolse il vassoio e la aiutò ad alzarsi. Virginia barcollò e dovette appoggiarsi a Henkka per stare in piedi.
“Tutto… tutto a posto” lo rassicurò Virginia, recuperando l’equilibrio.
Tuttavia Henkka non le lasciò il tempo di staccarsi da lui, e avvicinò pericolosamente il viso a quello di Virginia.
“Henkka, che cosa fammmhh?? Mmm…” Henkka infatti aveva incollato le sue labbra a quelle di Virginia, senza la minima intenzione di staccarsi.

“Henkka… che… che fai??” sbottò arrossendo fino alla radice dei capelli.
“Beh, mi pare ovvio, no? Ti bacio…” fece Henkka, logico.
“Ma…”
“Non… non vuoi?” Henkka divenne serio, ma comunque non accennò a liberarla dall’abbraccio.
“No, non è che non… si, ma così…” mentre Virginia balbettava in preda all’imbarazzo (Henkka non poteva saperlo, ma Virginia non aveva mai avuto un ragazzo) Henkka la fissava con uno sguardo azzurro e intenso.
“Tu parli troppo…” sussurrò prima di baciarla di nuovo, e non certo a stampo.



hahahahah, darkdancer carissima, ecco il capitolo tanto atteso!! è stato un parto, ma ce l'ho fattaaaaaaa XD
crazy_me: beh, sono passati due mesi dall'incidente, si sarà pure un minimo rimesso... oltretutto ho fatto apposta a non lasciargli ferite di alcun genere a parte qualche botta sulle gambe in modo che potesse camminare^^ le dita non ci mettono molto a sistemarsi, tutto sommato Jaska deve fare un po' di attenzione quando respira troppo forte e a non muovere troppo la testa ;)
   
 
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