1. Cinica Quotidianità
Sono io o gli altri che sono sbagliati?Il mio
potere serve a qualcosa?
Troppe domande nessuna risposta. Perché
penso troppo?
La mia mente si apre, mi guardo in giro e vedo che
tutti mi fissano, anche
la professoressa. Leggo il quesito sperando sia quello giusto poi alzo
il viso
e rispondo con la maggiore chiarezza. Lei mi guarda accigliata, ma
subito,
concluso il mio discorso, si apre in un sorriso.
Piacere mi chiamo Sahmara e sono una liceale. Non
sono normale e non lo
sarò mai. La mia famiglia è la più
strampalata che potessi scegliere ed io sono
come loro. Mia madre parla con gli animali e ogni sorta di oggetto
abbastanza
intelligente da conversare con lei e mia sorella parla al vento. Mio
padre è
forse il più sobrio poiché a lui piace scrivere e
lo fa su ogni dove.
E infine io, la sua preferita, la viaggiatrice
della mente. Si possono fare
molte cose con la mente. Ma ora non mi sembra il caso di star qui
ulteriormente
a spiegare. Meglio tornare alla narrazione.
Esco da scuola con il solito passo lento, le cuffie
nelle orecchie e una
leggera musica che mi trapassa il cervello. Dicono che sia brava a
cantare, ma
non lo so perché non ci ho mai fatto caso. Mi piace suonare
però e riesco a
suonare di tutto, poiché a quanto pare imparo in fretta.
Essendo il mio potere
paragonabile alla genialità,infatti, apprendo con
facilità ciò che mi piace e
sfrutto appieno il mio cervello.
Sogghigno tra me, mentre rivedo
l’immagine del mio compagno, nonché mio
migliore amico, che si scervella su un compito che io ho svolto in un
millesimo
di secondo, e non sto esagerando. Come avrete capito non sono modesta,
almeno
su alcune cose. E chiacchiero tanto, troppo. Divago e poi rientro, sono
prolissa e complicata, come la mente umana.
Cammino, mentre gli occhi vanno alla sua ricerca.
Non lo trovo e mi dirigo
al solito punto d’incontro, fissando insistentemente
l’entrata. Poco dopo lo
vedo uscire circondato da un gruppo di ragazze. Il solito dongiovanni,
ma non lo
fa apposta, semplicemente è affascinante. La sua chioma
bionda e riccioluta
spicca tra la folla e i suoi profondi occhi azzurri mi afferrano
attraverso le
spesse lenti degli occhiali da sole, inutili.
“Hey Sam” Alza il braccio e mi
saluta con la mano, mentre io ricambio con
il capo.
Il nome Sahmara è troppo lungo, troppo
complesso e troppo femminile. Solo
mia madre mi chiama così. Sam è più
sciolto, schietto e aspro. Come me.
“Hey Gael” Lui è
appunto il tipo di ragazzo a cui solo una persona è immune
al suo fascino e quella sono io, la sua migliore amica, colei che lo ha
visto
crescere, realmente.
Sono baggianate quando dicono che i genitori
conoscono il proprio figlio
perché l’hanno visto crescere. Per capire un
bambino ci vuole un bimbo, per
capire un adolescente ci vuole un altro della medesima età,
per capire un
adulto non serve molto.
“Ti vedo calma oggi” scherza.
Noi siamo opposti: io sono calma e schietta
di natura. Lui si agita per niente e sorride sempre. “Eh
si” rispondo a
monosillabi, ma per lui non è un problema, oramai
è abituato.
“Ho un idea baby” Quante delle
ragazze che ci guardano vorrebbero essere al
mio posto. Indosso il casco della moto e gli chiedo spiegazioni.
“Perché non
mettiamo su una band?” chiede. Lo guardo calma come non mai.
Rido. Lui è
l’unico che ha il potere di farmi ridere di gusto e per
adesso non ho trovato
nessun altro che lo possa sostituire.
“Ok, ma come farai con la scuola e tua
madre?” Sua madre è donna single in
carriera perennemente ipertesa e isterica. La sua condanna: suo figlio.
Sorride “Non preoccuparti. Ho qui un otto
che la addolcirà” risponde tutto
compiaciuto.
Non gli faccio i complimenti e non chiedo
spiegazioni poiché so già che
progettava da qualche tempo questa cosa e aspettava con impazienza
l’occasione
favorevole.
“Gli altri componenti?” chiedo
e lui risponde con una sola parola: Provini.
Sbuffo e lui capisce che non li seguirò,
almeno non direttamente e
annuisce.
Ci capiamo al volo. Partiamo e ci lasciamo alle
spalle voti e spiegazioni,
verso la tranquillità della mattina.
Scendo dal motorino. Non potrebbe portarmi su con
lui, ma tanto non ci sono
i vigili in questa dannata città.
“Bye” saluta allegro, mentre
posteggia il mezzo.
“Perché mi saluti?”
inizio a dire, ma poi mi volto e lo trovo al cel.
Lo chiude e mi guarda. Sorride , o meglio ghigna.
“Domani ho il primo provino.”
È impressionante come la fortuna lo
accompagni sempre e come lui la sfrutti per tormentarmi.
“Ok,ora andiamo a
studiare”
Ci carichiamo la cartella in spalla e guardiamo il
cielo .Pioverà ma è
autunno, non dispiace e a volte è anche piacevole.
Entriamo dal portone principale e la porta a vetri
si richiude con clangore
non accompagnata dalle mie mani,mentre lui chiama l’ascensore.
“Ascensoreeeeeee”urla verso i
piani più alti. Io sghignazzo e lui mi segue
a ruota passando metà del tempo in ascensore a ridere a
crepapelle per ogni
minimo verso.
Quando usciamo dall’ascensore,sua madre
è davanti alla porta che ci fissa
con sguardo truce ed io faccio altrettanto con lui perché so
che affronterà
subito il discorso, tirandomi dentro i suoi casini. Sbuffo ed
è la terza volta
oggi e di sicuro non l'ultima.
“Potreste schiamazzare di meno”
ci accoglie sua madre con fare severe,ma
poi ci fa entrare sorridendo. Si è paranoica,schizzata,ma
è un ottima persona
ed io la stimo molto. Guarda caso è la migliore amica di mia
madre che è
l’esatto opposto. Ma questo è un altro discorso.
“Ciao” sussurro entrando al
piccolo gatto che scivola tra le mie gambe.
“Che buon odore!”esclamo. Poi seguendo Gael mi
avventuro nella cucina.
“Mamma” sento dirgli mentre
l’aiutiamo ad apparecchiare “Che ne dici se
entro in una band?”
Lei lo guarda storto,io sogghigno. Poi guarda me ed
io le sorrido.
“Sì,veglierò su di lui” le
rispondo mentalmente e capisce sorridendomi a sua
volta. Si gira verso il figlio e lo fissa con sguardo truce.
“Alla prima insufficienza sei
fuori” ribatte al viso d’angelo di Gael. Lui
sprizza vittorioso e continua a ripeterle grazie infinite volte.
È sempre il
solito.
Mangiamo con calma,mentre lei si prepara per andare
al lavoro; poi,mentre
noi laviamo i piatti e riordiniamo, ci saluta e va.
“Metti la musica Sam” mi ordina
dolcemente. “Caso” chiedo,annuisce.
Faccio partire lo stereo,una
canzone reggae è il top mentre lavi i piatti.
Noi siamo i tipi di ragazzi
che si fissano su un gruppo o su una canzone,non su un genere.
Sorride sentendo una dei suoi
brani reggae preferiti. Ricambio,è anche uno dei miei.
Poi gli do una spintarella con
l’anca e mi affianco a lui davanti al lavello.
“A che ora hai il provino?”
chiedo.
“Ma allora ti interessa almeno
un pochino” esclama aprendosi in uno di quei suoi sorrisi
così potenti da
sciogliere la regina dei ghiacci,ma che su di me non avevano
più effetto.
“Bo. Forse” Non sono una
ragazza loquace con le parole,preferisco pensare e solo una persona che
percepisce i miei pensieri può parlarmi. Comunque si
può dire che io sia interessata,tanto
per spezzare la monotonia.
“Alle due. Mamma esce e viene
qua” risponde senza smettere di sorridere. “Femmina
o maschio?” chiedo come se
fosse un interrogatorio.
“Maschio. Non sarei sicura con
altre femmine che non fossero te,Sam carissima” Fa un finto
inchino e
ricominciamo a ridere,spruzzandoci le ultime gocce di acqua e sapone
rimaste
sulle mani.
Verso le tre del pomeriggio
iniziamo a studiare. Mezz’ora e io finisco,poi guardo un
po’ di tv in attesa
della sua richiesta di aiuto che fino all'anno precedente avevo dovuto
soddisfare ogni pomeriggio.
“Sam,indovina?” mi chiede
poggiando la sua testa sulle mie spalle “Domani finisce il
mondo?” Ironizzo. Ho
una visione oggettiva del mondo,forse un pelino pessimistica,ma tutto
sommato
me la cavo.
Sbuffa ed io rido. “Ho finito
i compiti,tutti e senza il tuo aiuto”
Gli scoppio a ridere in faccia
e lui ride.
“Sei esilarante” Lui si
inchina di nuovo.
“Mi lusinga milady”
Il cellulare vibra,il suo. Lui
risponde ed io guardo l’ora. Gli faccio segno che scappo,sono
in ritardo.
Annuisce forse troppo preso dalla telefonata,mentre io infilo il
giubbetto e
afferro lo zaino. Gli lancio un bacio per aria e lui sorride.
È il mio migliore
amico, che ci posso fare.
Prendo l’autobus. Il bus è un
incredibile insieme
di pensieri e parole. Se un sedile è pulito,rimane esiliato
e diventa
l’immacolato; ogni sedile infatti è tappezzato di
scritte d’amore,di
amicizia,volgari e aggressive, simboli di ogni genere di età
adolescenziale.
Il bus è quasi vuoto e non
presto attenzione alle persone intorno a me,ma mi concentro sul cel.
“Tre provini domani:un
bassista e un batterista. Il chitarrista sarò io e tu la
cantante. Baci G”
Digito due parole veloci: “Il
terzo provino?Io cosa suono? Baci Sam”
Chiudo il cel,uno di quei
telefoni a sandwich che vengono aperti e chiusi ritmicamente se il
possessore è
una persona un tantino agitata o paranoica. Io purtroppo,
benché non sia né
agitata né paranoica, ho acquisito questo strano tic.
Lo chiudo e un attimo dopo
vibra. “Tu canti imbecillotta, l’ho scritto prima.
Il terzo provino sono io,no
scherzo. È un tastierista,ma voglio trovarlo anche con una
bella voce”
“Ok. Poi mi fai sapere Notte”
“Notte”.
Ecco la mia fermata. Scendo e
tiro fuori le chiavi dalla tasca del giaccone infilandole nel grande
portone
antico di casa mia.
“Sono a casa” annuncio con
pochissimo entusiasmo. “Bentornata cara” mi sorride
pacificamente mia
madre,chinata vicina all’ennesima pianta “Dice che
è felice di conoscerti”
Le sorrido,è bellissima quando
fa così. Poi mi incammino verso la mia camera, ma mio padre
blocca la via. “Sam
ho scritto l’incipit del mio nuovo libro” mi
annuncia tutto eccitato.
Sghignazzo,se inizia così vuol dire che se
l’è scordato.
“Purtroppo poi tua madre ha
lavato i pavimenti ed è scomparso” Avevo ragione.
“Vuoi che te lo recuperi?” gli
chiedo,ma lui fa segno di diniego e se ne va.
Mi chiudo in camera mia. La
mia camera è forse il luogo più diverso dal resto
della casa arredata in stile
antico. Il mio piccolo rifugio
è dotato
di tutto ciò che per me è necessario: la piccola
stanza dove vivo, una stanza
armadio dove buttare dentro ogni vestito e un minuscolo bagno per non
essere
disturbata da nessuno. La vera e propria stanza è occupata
al centro dal mio
bellissimo letto a mezzaluna con il piumone a quadretti bianchi e neri;
la
parete di fronte al letto ci sono la scrivania e gli scaffali con i
libri e
ogni sorta di oggetto che decido di tenere. Infine le altre pareti sono
ricchi
di gingilli e strumenti musicali e non, che papà mi ha
portato da i suoi mille
viaggi.
Mi butto sul letto e tiro
fuori il portatile; navigo un po’ in internet e poi mi
immetto nella chat.
Hai due messaggi di
posta
Odiosa voce gracchiante.
Guardo in modo truce lo schermo e poi li apro.
Il primo messaggio è da Gael,
che mi chiede se può servirci un sassofonista e altre brevi
domande sulla
band.Gli rispondo che ci servirà quasi raramente
perciò risulterebbe inutile.
Il secondo è
dall’organizzazione e ,appena lo leggo, alzo gli occhi al
cielo. Papà ha una
nuova missione, glielo dirò a cena. Intanto apro la finestra
di chat e
chiacchiero cordialmente con pochi.
A cena riferisco il messaggio
e lui sbuffa: è da lui che ho preso la mia
abilità nello sbuffare.
Non ama essere interrotto con
missioni, mentre sta scrivendo un libro, nonostante ami il suo lavoro.
Gli
sorrido consolante e lui ricambia,poi finiamo di mangiare
chiacchierando di
altro.
Tornata in casa sento il
telefono che trilla sonoramente. Lo lascio squillare un po’,
poi rispondo.
< Ciao scorbutica > mi
saluta Gael < ciao rompiscatole > lo rimbecco divertita.
< Domani vieni ai
provini?> Un No secco esce dalle mie labbra < Eddai
> <
No ho molte cose da fare> rispondo
alla sua supplica.
Mi domanda cosa e da lì la
nostra conversazione prende il volo
durando minuto più,minuto meno due ore. Attacco
augurandogli la
buonanotte e mi preparo per far la doccia.
Le gocce scivolano lente sul
mio corpo e la mia mente si purifica. Qual è la
pubblicità belli fuori,belli
dentro o viceversa? Bo non mi ricordo e non mi interessa.
Esco e mi avvolgo
nell’asciugamano. Sbuffo. OK,oggi è la giornata
degli sbuffi. Lego i capelli
corvini in due codini e mi avvio in camera. Mi butto sul letto e prendo
un
libro. Lo sfoglio, ma non ho tanta voglia di leggere, preferisco
pensare. E
allora penso, al domani e a ieri, a Gael e alla band. Mi soffermo su
questi
ultimi punti. Detesto enormemente quando la gente mi stravolge la vita
ma
Gabriel l’ha fatto così tante volte che ormai ci
sono abituata.
Frugo nell’armadio alla
ricerca del maglione largo bianco e lo indosso;poi mi infilo sotto le
coperte
nel tepore del mio giaciglio. Sorrido. Affrontiamo con forza le
difficoltà
tutti i giorni, e quando la apparente monotonia cambia, il panico ci
assale.
Eppure è paradossale come non ci si accorge mai di quanti
problemi risolviamo
ogni giorno,piccoli o grandi che
siano.
Accendo la lampada sul
comodino e spengo la luce,lasciando la stanza in una
semioscurità piacevolmente
misteriosa, prendo l’ipod e inserisco le minuscole cuffiette
nelle mie
orecchie,scegliendo un brano a caso,come sempre. Penso al giorno
successivo,alle difficoltà da affrontare e decido con
fermezza che non andrò ai
provini,li scorrerò poi con calma.
Poggio la testa sul cuscino;come è morbido,tranquillo e profumato. Chiudo gli occhi,la mente e le orecchie. Saluto il mondo e gli auguro la buonanotte poiché la notte e ciò che separa una difficoltà dall’altra,il riposo dei lavoratori. Il paradiso dell’inferno.
ANGOLO DELLA PAZZOIDE CHIAMATA E DEFINITA DA CHISSACHI AUTRICE
Spero vi piaccia aggiornerò ogni settimana e appena sò l'orario scolastico deciderò anche il giorno. Commentate se ve piace e anche se avete delle critiche, mi raccomando. Non sono permalosa e adoro le critiche fatte bene perchè servono per crescere. ^^ Bye Bye
SaraChan