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Autore: L_Fy    24/10/2005    10 recensioni
"...E’ vero, ho un problema serissimo. Non è ammissibile, in questo anno di grazia post femminismo, post liberalizzazione sessuale e post emancipazione, arrivare a 16 anni ed avere un Problema come il mio (con P maiuscola e tutto il resto). Problema che va risolto, immediatamente, a seguito di un piano dettagliato e preciso, studiato a tavolino da un’abile stratega, curato nei tempi e nei modi ma veloce perché tra poco compirò sedici anni ed è tassativamente d’obbligo risolverLo prima di quella scadenza. Devo assolutamente trovare un ragazzo, innamorarmene e dargli il mio Primo, Vero Bacio"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: Trasporti e bronzi

"Il sacchetto della merenda" dice mamma, già esausta alle otto meno un quarto di mattina.

"Prendo qualcosa al bar"

"Cosa? Il bar con i tramezzini a 3 euro? Quel barista ladro schifoso, oltre che porco guardone…"

"Mamma, ci strizza solo l’occhio quando ci serve da bere, magari è un tic incondizionato!"

"…andrebbe denunciato o, ancora meglio, voi ragazzine dovreste andare tutte in giro con il burqa fino alla maggiore età. Avanti, prendi il sacchetto della merenda"

"Mamma, ho quasi sedici anni, non posso arrivare in classe col sacchetto della merenda…mi prenderanno per il culo a vita"

"Nessuno noterà il tuo sacchetto: saranno tutti distratti dal tuo ombelico così bene in vista"

"Mammaaaaaaa…."

Come si conviene a qualsiasi madre di figlia adolescente, mamma fa quella faccia invasa a metà da amore materno e metà da cupa rassegnazione.

"Che c’è? Ti sembra il caso di andare a scuola nel mese di settembre con tutti quei chilometri di pelle esposti ? O ho per caso urtato la tua meravigliosa sensibilità adolescenziale? Che madre di merda: sono prostrata dal rimorso. Avanti, prendi ‘sto sacchetto, tira su quei jeans e fila a scuola"

Il tono di voce non ammette repliche: come ogni mattina, la discussione è giunta al capolinea.

"Sei una strega" dico con una voce mortalmente seria. Mamma si trattiene a stento dallo sbuffare.

"Lo fossi davvero sarei su una stuoia in spiaggia a farmi massaggiare da un indigeno jamaicano e non qui a strizzarmi in questo cilindro firmato Valentino solo per la gioia del mio capo"

"Annaaaa!" ulula mio fratello dalla porta, spazientito e mamma mi dà uno scappellotto affettuoso sul sedere.

"Fila, adesso, Andrea non aspetta i tuoi comodi. Dopo scuola non uscire in stormo con le tue amiche senza aver finito i compiti"

"Sissignore! Come il generale comanda!" grido scattando sull’attenti.

"E se ti azzardi anche solo a pensare di farti di nascosto quel pearcing che ho trovato sul giornale sotto il tuo letto, ti giuro che te lo ritrovi attaccata come emorroide permanente. Sono stata chiara?"

Beccata!! Ma la mia è una madre o un Terminator?

"Chiara come acqua sorgiva, mammina. Addio!"

"Il sacchetto della merenda!" ruggisce mamma inseguendomi, e neanche stavolta riesco a seminarla.

* * *

Andrea è il primo ad uscire di casa: come sempre saluta ossequioso quelle tartarughe pettegole delle nostre vicine di casa che, naturalmente, sono appostate sul pianerottolo per controllare la nostra discesa in strada. Sono tre e sono le cariatidi più ficcanaso di tutta la provincia: la signorina Gargiulo (signorina per ovvi motivi…chi se la sposava mai una rompiballe del genere?), la signora Raimondi (vedova numero uno) e la signora Gennaro (vedova numero due, anche questa a ragion veduta). Come al solito, passano al radiografo il nostro guardaroba in cerca di eventuali nuovi corpi estranei appesi al nostro corpo (pearcing e orecchini sono un succulento pettegolezzo da divulgare al più presto!).

"Buongiorno" saluta la Raimondi, sporgendosi dalla balaustra del piano di sopra "Oh, Alice, che belle le tue scarpe nuove! Le hai comprate ieri?"

Non me ne ero accorta nemmeno io che sono la sorella, ma a quella non sfugge proprio niente… mentre Alice risponde educatamente, la Gennaro mi fa una TAC completa e si ferma a guardare il mio ombelico in vista come se si aspettasse da un momento all’altro di vederci spuntare uno gnomo dentro.

"Ciao Anna" dice con la bocca stretta come se si fosse strizzata un limone in gola "Guarda che fa freschetto stamattina"

Embè? Farsi un bel clistere di cavoli propri, mai?

"Mi allaccerò la giacca in strada" dico col mio migliore sorriso da Gioconda.

"Sarà meglio" tuba la Gargiulo strizzando gli occhietti miopi "Se prendi un colpo di freddo al pancino, poi ti viene la diarrea"

Che stelle: scommetto che questi tre gufi impagliati si farebbero la pipì addosso dalla gioia se succedesse davvero. Salutando a denti stretti, scendiamo le scale scambiandoci piacevolezze come al solito.

"Allora, ci accompagna don Rodrigo a scuola?" chiedo conferma ad Andrea mentre apre il portone e saluta la portinaia (degna assistente delle tre cariatidi di cui sopra).

"Tutti, sì" risponde telegrafico "Anche Mariàpi e Camillo"

Neanche a farlo apposta, la Mariàpi appare saltellante in fondo alle scale. Breve diserzione per introdurre il personaggio, perché di personaggio eccezionale si tratta. Maria Pia Castelletto è la mia migliore amica, nonché compagna di banco a scuola, confidente, fustigatrice, avversaria nella lotta nel fango, madre confessora, sorella di sangue e anche cugina di quarto grado, a ben pensarci. Camillo è il fratello maggiore di Mariàpi, ed è il migliore amico di Andrea. Strani i casi della vita, eh? Noi quattro siamo praticamente cresciuti insieme, io con Mariàpi e Andrea con Camillo. Ma, se io e Andrea abbiamo una parvenza di somiglianza fisica (per quanto la cosa mi schifi oltre ogni dire) Mariàpi e Camillo non sembrano nemmeno appartenere alla stessa specie. Mariàpi è furba e scaltra come una volpe e ne ha anche l’aspetto: capelli fulvi, crespi, occhi azzurri perennemente irridenti, fisichino asciutto da tzigana( non ce le ha lei le tettone, beata). Camillo, invece, sembra un cherubino: ha questi occhioni celesti, un po’ sporgenti, che gli danno una perenne espressione stupefatta. Biondo, con i riccioloni morbidi dei bambini. Sempre perso nei suoi pensieri o nei suoi libri (credo che legga quasi più di me…un vero mostro). Sempre svanito, come se fosse su una nuvola. Ogni volta che lo chiami deve tornare giù e ti guarda sconcertato e dice Eh? Come sorpreso di trovarsi in mezzo alla gente. Ma è tanto buono, Camillo. Si lascia strapazzare da Andrea e anche da Mariàpi… e anche da me, anche se tento di non approfittare troppo della sua bontà. Il povero Camillo: non so perché quando penso a lui mi viene sempre da abbinarlo all’aggettivo "povero". Intanto, per il nome: entrambi i fratelli hanno nomi tremendi da neorealismo post dopoguerra, Maria Pia e Camillo. I nomi dei nonni paterni. Ma si può essere così privi di fantasia da affibbiare i nomi (orrendi) dei genitori ai propri figli? Fortuna che non hanno avuto un terzo fratello: avrebbe avuto la sfortuna di chiamarsi Olindo o Matilde. Blah! Certo, anch’io faccio finta di aver ereditato il nome da una bisnonna: come si fa ad ammettere che i tuoi genitori ti hanno chiamato Anna per libera scelta e non per imposizione genealogica? Comunque, mentre Mariàpi è una faina, Camillo, il povero Camillo, è un tenero coniglietto bianco. Chissà se questo Rodrigo gli somiglia.

Mariàpi arriva e comincia subito a chiacchierare, mentre dietro di lei, con notevole flemma, arriva anche Camillo, con la sua solita camminata leggermente da cammello e la faccia sognante rivolta verso il cielo. Subito, Alice lo saluta con entusiasmo e persino Alessio grugnisce al suo indirizzo: i miei fratelli adorano Camillo (e già da lì si vede quanto è scarsa la loro intelligenza). Anche mamma e papà adorano Camillo, molto più di quanto apprezzino Mariàpi; forse perché lui ha il dono di mettere tutti a proprio agio, donne e uomini, grandi e piccoli. Poi, con quella faccia da cartone animato, si può solo prenderlo in simpatia, povero Camillo.

A un certo punto, una Citroen grigia (berlina, modello molto da zio) si ferma sul marciapiede di fronte a noi e strombazza al nostro indirizzo.

"E’ Rodrigo" annuncia Camillo sognante, come sorpreso della cosa.

Andrea ci precede verso la macchina del Rodrigo: Alice mi stringe diligentemente la mano mentre attraversiamo la strada.

"Non trovi che il panda sia carino?" mi chiede di punto in bianco, come se continuasse una conversazione che dura da ore "Però anche il koala, e anche il fennec è così bellino…Cosa ne pensi?"

Non posso fare a meno di sbuffare. Alessio riesce ad urtare tutte le superfici solide nel raggio di un chilometro mentre percorre a zig zag la distanza dalle scale alla portiera aperta della macchina che, per lo meno, non è una Prinz verde; afferro il primate per la collottola evitandogli per un pelo la collisione con un passante frettoloso e poi lo sbatto dentro al veicolo.

"Alessio, giuro su Dio che ti spacco la faccia se non cominci a guardare dove metti i piedi e Alice, ne ho piene le balle dei tuoi animali" rispondo con voce piuttosto stizzita "Per me il panda è una macchina della Fiat, il koala un peluche dalle orecchie spropositate e il fennec non ho idea di che caspita sia, forse un marca di elettrodomestici… Andrea, tira giù il sedile, dobbiamo passare. Ciao"

L’ultima parola è per il guidatore nonché padrone dell’automezzo, tale Rodrigo.

"Ciao" mi risponde questi con voce divertita e finalmente mi decido a guardarlo. Al posto di guida è seduta una specie di bronzo di Riace moro con due occhi verdi che fanno paura e un sorriso divertito sulle labbra che farebbe trasformare in molle cera anche le carmelitane scalze. Mi ammutolisco di colpo, il cervello ridotto in poltiglia sanguinolenta dallo shock: minchia! E’ il ragazzo più bello che io abbia mai visto e il mio cuore, scalzato di colpo dalla sua posizione nello sterno, sta passeggiando per il bassoventre in cerca di un posto dove cominciare a battere normalmente. Alice mi guarda sospettosa, forse perché ho smesso di respirare e la pelle del viso sta prendendo un preoccupante colorito bluastro. La faccia da ectoplasma di Camillo sbuca dentro alla macchina, sorridente e sognante seguita a ruota dalla testa turbinante di riccioli rossi di Mariàpi.

"Ma in quanti siete?" chiede Rodrigo, vagamente preoccupato "Questa macchina non è omologata per cinque posti più due di soppalco"

"Le due caccole vanno nel baule" sbuffa Andrea che si è giustamente appropriato del sedile davanti.

"E questo dov’è scritto? Nel codice stradale della Patagonia?" ride Rodrigo, mentre io e Mariàpi ci lanciamo uno sguardo che parla da solo.

"Immagino che dovremo stringerci un pò" dice sereno Camillo. Mentre Alice e Alessio si buttano con entusiasmo dentro al baule per far spazio agli altri, Camillo e Mariàpi entrano e si pigiano sul sedile posteriore. Mariàpi, mentre siede, riesce a comunicarmi quanto segue: primo, che ha visto Rodrigo e che lo trova "un gran bel pezzo di bronzo", come ama dire lei (eloquente roteata degli occhioni azzurri); secondo, che quel bronzo è ovviamente attratto da me e che dovrei buttarmi a pesce su di lui, nonostante la folla (leggero cenno del capo verso il guidatore); terzo, che odia a morte suo fratello, il povero Camillo (sibilo felino "Fatti in là" mentre si siede accanto a me).

"Ma hai visto quello?" mi sibila nell’orecchio Mariàpi con il tono eccitato di una vecchia comare "Da che pianeta viene uno così? Si può avere un clone gonfiabile da portare a casa?"

"Mariàpi, contieniti" la rimprovero a mezza bocca mentre Andrea, Rodrigo e Camillo conversano tranquillamente, ignorando il nostro cicaleccio di sottofondo.

"E così, voi siete le famose sorelle minori" dice a un certo punto Rodrigo, guardandoci maliziosamente dallo specchietto retrovisore "Vi immaginavo tutte diverse: i vostri fratelli non vi hanno reso giustizia"

Io e Mariàpi ci ammutoliamo di colpo, sconvolte dal palese complimento: Mariàpi ansima come una locomotiva a vapore, io divento più o meno di trenta colori diversi.

"Oh, ah…grazie" dico io, convinta subito dopo di aver sbagliato completamente risposta.

"Tu devi essere Rodrigo" dice Alice, compunta, mentre il Dio Apollo avvia la macchina "Io sono Alice, la sorella più piccola di Andrea, e lui è Alessio, il mio gemello. Abbiamo 10 anni ma siamo in classi diverse. Io porto il 37 di scarpe e mi piacciono gli animali. Alessio invece gioca a calcio. Camillo lo conosci, è quello biondo e alto tanto simpatico, mentre Mariàpi e quella con la testa color ruggine che è tanto amica di mia sorella Anna che ha sedici anni e porta il 41 di scarpe, anche se non sembra perché non è poi così alta. Che animale ti piace di più?"

Ecco, perfetto: ancora non ci siamo parlati e il Dio Apollo sa già sa che ho due fettone da paura e che la mia famiglia dovrebbe essere internata in blocco! Ma che sfigaaaa!!

"Ciao, Alice, hem.." dice il Dio Apollo divertito mentre quel ritardato di Andrea di fianco a lui ridacchia come un matto "Il mio animale preferito è il leone. Tra parentesi, io mi chiamo Rodrigo, ho 18 anni e porto il 46 di scarpe"

La sua voce è canzonatoria, ma non strafottente. Si gira un attimo ad ammiccare e sorridere a Alice e mi chiedo come non faccia la mia sorellina a trasformarsi in pietra davanti a quello splendore. Uau…

"Lo so che ti chiami Rodrigo" continua Alice, miracolosamente immune al fascino del Dio Apollo "E’ un nome da cavallo, sai?"

"Alice…" protesto con un filo di voce. Ti prego, sorellina, abbi pietà!

"Che c’è?" risponde lei, a voce altissima "L’hai detto anche tu che è un nome da sfigato"

"Alice!"

La mia voce si è alzata di dieci decibel e sembra quella di nonna Pina quando ci becca a rubare la sua marmellata di albicocche. Invece di tirarmi un fulmine in testa, il Dio Apollo ride di gusto.

"Tranquilla, non ha tutti i torti. Certo che anche voi, però non scherzate. Su Mariàpi e Camillo non dico niente, è come sparare sulla croce rossa, mentre voi con tutte quelle A come iniziale…"

" L’idea è di quella psicopatica di mia madre" si giustifica Andrea, burbero "Sappiamo già che andremo in analisi per questo"

Il Dio Apollo mi lancia un’occhiata rapida e complice che rende molli e gommosi i miei arti inferiori. Andrea si gira a guardarmi, sorpreso dal mio insolito mutismo, e incontra la mia faccia espressiva come un centrotavola in cristallo di Swaroski.

"Stai bene?" mi chiede, sbrigativo "Di solito non taci nemmeno se ti saldano a stagno la bocca"

"Tutto ok" cerco di articolare, anche se la lingua è rimasta attaccata al palato come una cozza allo scoglio e le funzioni neurali hanno indetto un sit-in dalle parti della cistifellea.

"E’ incredibile perché ha una lingua forcuta peggio di un crotalo" spiega Andrea convinto.

"Non ha la faccia da crotalo" dice magnanimo Rodrigo. Che carino…che figo!!

"Bè, nemmeno tu hai la faccia da cavallo" si intromette Alice, rovinando il momento catartico "Invece Mariàpi ha la faccia da volpe…"

Mariàpi ride, indecisa se prenderlo come un complimento o strozzare l’infante.

Intanto siamo arrivati davanti alla scuola mie e di Mariàpi. In un turbinio sconclusionato di arti e zaini della Invicta, riusciamo a districarci e ad uscire dalla macchina.

"Sgommare" ci esorta telegrafico Andrea, con insolito amore fraterno. E stiamo per farlo, quando Rodrigo si sporge verso di noi con un sorriso scintillante.

"Buona scuola, sorelle piccole!" dice allegro. Poi la macchina parte lasciandoci lì a guardarla andare via, inebetite come solo due adolescenti sconvolte come noi possono esserlo.

 

 

 

Ringraziamenti:

Alla DEA KAN, mio vero, unico, insostituibile mentore…l’unica persona che legga tutto quello che scrivo, anche le schifezze più aberranti, e mi fa sentire grande, come non sarò mai. Graaazie!!!

  
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