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Autore: Archangel 06     07/09/2010    2 recensioni
Virginia ed Ellen, di Helsinki, hanno ottenuto una borsa di studio per terminare il loro corso di studi con le lezioni di un luminare di Storia Vichinga in California, negli stati uniti. sono migliori amiche, ma nella vita di Ellen c'è un segretuccio da nulla che Virginia non sa, ovvero che Ellen conosce da vicino, molto da vicino i Children of Bodom, la sua band preferita... e che cosa succederà quando la band si troverà nei pasticci necessitando di un batterista? le aspetta un tour di completa follia... scritta a quattro mani da me e da Dark Dancer^^
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo Children of Bodom'
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“Perkele” bofonchiò Ellen agguantando una bottiglia e prendendo un lungo sorso. “Uff, ora va meglio” sospirò quando l’alcool le arrivò nello stomaco.

“Sei stata brava, Ellen” disse Jaska, battendole amichevolmente una mano sulla spalla “non hai fatto errori. Sono fiero di te.”
Erano appena scesi dal palco, e Virginia aveva allungato ai cinque delle bottiglie di birra che in meno di due minuti erano state svuotate e gettate via, sostituite subito da altre piene che vennero svuotate anch’esse.

“Date da bere agli assetati…” ridacchiò Jaska, ben sapendo che sul palco avevano teoricamente già bevuto a sufficienza… però la cosa sembrava non avere la minima importanza, e infatti nel giro di dieci minuti erano già tutti e cinque intenti a sorseggiare la terza o la quarta birra. Contando quelle bevute sul palco, dovevano essere alla settima, o forse all’ottava. Circa.
Jaska e Virginia dopo essersi scambiati un’occhiata complice li obbligarono tutti a fare la doccia, non desiderando dormire in un bus trasformato in camera a gas dallo sgradevole lezzo di sudore emanato da quei cinque.
Ellen dopo essersi lavata si buttò subito nella cuccetta cominciando a ronfare, messa k.o dalla stanchezza e dall’alcool, seguita poco dopo da Alexi, poi da Janne, da Henkka che si addormentò stringendo fra le braccia Virginia, e da Roope. Jaska fu l’ultimo a cadere fra le braccia di Morfeo.
Beh, pensò, almeno domani non dovremo fare i conti con il mal di testa...
In meno di un’ora e mezza, erano tutti profondamente addormentati, nonostante solitamente passassero la notte in bianco a bere per festeggiare.

***

Stranamente la mattina successiva fu Alexi ad alzarsi per primo, lui che di solito era l’ultimo.
Si tirò in piedi, senza più voglia di dormire e con una gran fame, perciò scese al primo piano del bus con indosso soli i pantaloncini, aprendo svogliatamente gli sportelli della credenza in cerca dei SUOI biscotti, quelli con le gocce di cioccolato. Imprecando salì su una sedia, e in precarissimo equilibrio (avevano viaggiato tutta la notte e anche ora l'autobus era in movimento) frugò sul fondo dello scaffale, ripescando il sacchetto da dietro i vari pacchetti di quelli al cioccolato di Jaska, e quelli alla panna di Janne e Roope.
Si preparò il caffè, e mentre sgranocchiava i biscotti scese anche Henkka.
“Buongiorno… già in piedi?”

“Ciao… si, non avevo sonno, sarà che ieri non abbiamo fatto baldoria…” replicò Alexi, sorseggiando il caffè.

“Suppongo di si.” Anche Henkka si preparò il caffè, e cominciò a berlo nero, senza zucchero.

“Come fai a berlo senza zucchero per me resta un mistero…”

“Ci si abitua… mi dai un biscotto?” Alexi spinse verso l’amico il sacchetto, ed Henkka vi pescò tre biscotti.

“Avevi detto uno!”

“Oh, che rompiscatole che sei! Sono solo tre, avanti…”

“Si, ma sono i miei biscotti!”

“E va…..” vennero interrotti da un urlo che nulla aveva di umano, che si propagò per tutto l’autobus. L’urlo si ripeté nuovamente, e Jari, gridando un “che cazzo succede????” accostò sulla corsia di emergenza, mentre Alexi ed Henkka correvano di sopra.
Trovarono Ellen in preda allo shock e al panico che indicava tremante dalla cuccetta di Janne che la stava tenendo stretta, qualcosa che pendeva da un lungo filo attaccato alla cappelliera sopra la sua cuccetta, dondolando.

“Ma che ca…”

“UN RAGNOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Ellen con tutto il fiato che aveva in gola, assordando Janne. Alexi si avvicinò allo strano oggetto, accorgendosi che era il pupazzetto di un ragno, uno di quelli di plastica dura, schifosamente grosso e ancora più schifosamente realistico legato a un filo bianco. Ebbe un brivido di disgusto osservando gli otto occhi e i piccoli denti velenosi. Slegò il filo dalla cappelliera, tendendo l’orribile pupazzo davanti a se tenendolo il più lontano possibile dal corpo, quasi temendo inconsciamente che quello schifo potesse prendere improvvisamente vita.

“È finto, Ellen… non devi aver paura, qui c’è qualcuno che si diverte a fare scherzi idioti” disse storcendo il naso e cercando qualcosa per nasconderlo alla vista della ragazza. Non trovando niente, aprì uno dei finestrini alti per il cambio dell’aria per gettarlo fuori dall’autobus.
Ellen si era ripresa sorprendentemente in fretta, e alla paura era subentrata la rabbia.

“Chi. È. Stato. Lo. Voglio. Sapere” disse scandendo bene ogni parola e scoccando a tutti delle occhiate assassine. Silenzio.
“CHI CAZZO è STATO!!!!!??????”

“Sono stato io…” disse Henkka, piano. Se lo sguardo potesse uccidere, direi che Henkka ora sarebbe spacciato… pensarono tutti quanti. Ellen lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi si alzò di scatto e gli riversò addosso una furia al calor bianco.

“Bastardo, stronzo!! Lo sai bene che io ho il terrore dei ragni!! Brutto bastardo, volevi uccidermi?? Eh?? Maledetto coglione, sai che paura ho preso????”

“Mi dispiace… non pensavo che ti saresti spaventata così tanto…” borbottò Henkka, diventando lievemente rosso.

“Ti dispiace????? Ti DISPIACE?????” ululò, furibonda. La testa di Jari sbucò dalla scaletta. L’autista richiamò con un cenno l’attenzione di Alexi, richiedendo spiegazione tramite un’eloquente espressione perplessa. Ellen non se ne accorse, e continuò a urlare all’indirizzo di Henkka prima di scendere la scaletta con un’ultima imprecazione.

***

Ellen fece l’arrabbiata con Henkka per quasi quattro giorni, rifiutandosi di rivolgergli la parola. Alla fine lo perdonò, facendogli giurare che “si sarebbe fatto castrare senza anestesia se l’avesse fatto di nuovo”, e l’atmosfera tornò rilassata e allegra.


rieccoci qui... ci ho messo un po' di tempo, ma ci sono XDD questa mi è venuta in mente grazie a uno scherzo molto simile che mi è stato giocato... ho perso dieci anni di vita, quella volta. buon divertimento^^
   
 
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