Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Supersunny91    24/10/2005    0 recensioni
Strani fenomeni accadono...Gas, morti, scomparse...Matt si troverà catapultato in un mondo che non comprende, ma dove dovrà andare alla ricerca del suo migliore amico Andrew...Ma non sempre è tutto come pare...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-

-    Un giorno gliela farò vedere io a quel farabutto di George Smeat! Ha oltrepassato il limite della sopportazione ma capirà, un giorno, di aver fatto il suo più grande errore…- Andrew serrò il pugno tanto da spezzare la matita con la quale stava continuando il suo progetto: numeri, dodici e disegni si soverchiavano uno sull’altro come in una grande battaglia di linee su di un gigantesco foglio bianco.

-    ….perché un giorno costruirai i più grandi e potenti robot del mondo, dico giusto? – lo derise Matt continuando a svolgere i compiti di matematica. Sì, era quello il suo più grande sogno, costruire le più grandi macchine del mondo, ed essere il figlio di Nicholas Pride, uno dei più importanti proprietari di industrie e società per la ricerca scientifica finalizzata dalla creazione di modelli di macchine, strumenti ed anche case supertecnologiche uniche al mondo, beh, si poteva dire una fortuna bella e buona. Ma era anche una fonte di guai e di problemi per qualche verso: Andrew veniva deriso e accusato regolarmente dalla gelosia di George Fish, un suo compagno di classe, nemico fin dalle elementari, che continuava a ad attribuire la sua popolarità nella scuola, il suo successo nei voti ma soprattutto con le ragazze, alla posizione sociale che prendeva grazie alle opere di suo padre, non alle sue.

-    Se tu non fossi figlio di Nicholas Pride nessuno di darebbe un solo sguardo, saresti più insignificante dei vermi che strisciano per le strade, - gli aveva urlato qualche minuto prima nel corridoio della scuola in mezzo a tutti gli studenti paralizzati dallo stupore e dalla curiosità -.. e soprattutto Sarah Rogers non avrebbe sprecato ore preziose della sua vita con te. Non sei nulla, Andrew, nulla. Sei solo un brutto lurido…- ma non si seppe mai cos’era Andrew Pride poiché le parole di George furono strozzate quando un ormai conosciuto pugno gli colpì lo stomaco. La rabbia di Andrew aveva pagato un caro prezzo, come al solito: due giorni di sospensione, il ché non lo avrebbero di certo fatto risaltare positivamente sotto gli occhi inquisitori degli insegnanti di Harvard, la scuola dove aveva deciso di completare i suoi studi dall’età di tre anni, quando suo padre gli aveva mostrato la ricchezza e la potenza che avrebbe acquisito solamente scegliendo il college giusto. Spesso aveva accennato a Yale, un altro splendido college, ma ormai Andrew si era innamorato di Harvard e, data la sua ostinazione e ambizione, non avrebbe fatto che inseguire quel sogno finché non si sarebbe esaudito. Ma tutto stava svanendo. Tutto stava svanendo a causa di George Fish.     

-    Sì, Matt, quando vedrà cosa sono capace di fare con le sole mie mani, non potrà che smettere di dar vita alle sue critiche super infondate e si dovrà ingoiare la lingua, lì seduto su di una poltrona inchiodato alla televisione dove vedrà sempre e costantemente la mia immagine su notiziari, trasmissioni e conferenze. Sì, me lo immagino già lì seduto con una due bottiglie di birra in mano, solo come un cane e grasso come un maiale! – un sorriso maligno contorse il suo volto con una lunga ferita.

-    Ricordati, però, che gli hai fregato la ragazza, è normale che se la sia presa. Ammettilo, anche tu lo avresti fatto – lo accusò Matt. Odiava quando l’amico iniziava a desiderare il male di qualcun altro e a fantasticare sul terribile destino di un conoscente, anche il meno importante. Non voleva che diventasse un avaro, ostinato e crudele, riccone di Boston. Il tempo aveva tramutato il suo carattere e questo li aveva allontanati un po’, ma Matt lo conosceva troppo bene, era oramai come un fratello per lui e lo sarebbe rimasto per sempre e, come succede in tutti i rapporti tra fratelli avrebbe dovuto accettare i suoi difetti il meglio possibile, aiutandolo quando sarebbero divenuti una forma di ostacolo o di rovina, ma senza mai rinnegarlo del tutto, senza cercare di tramutare la sua personalità quando e come meglio gli piaceva e gli faceva comodo. Se no a cosa serve un amico?

Andrew si alzò da terrà dove un momento prima era chino sul suo progetto e posò il suo sguardo su Matt, uno sguardo intenso e indagatore un poco seccato di chi trattiene un moto di rabbia. 

- Prima di tutto non è la sua ragazza: è da dieci anni che la insegue senza successo, non aveva speranze e non le ha tuttora – controbatté con lo sguardo di uno che ne sa più del diavolo, avvicinandosi a scrutare il viso dell’amico - … e poi, da quando in qua, Matthew Taylor, stai dalla parte di quel cane di George Fish? – sottolineò l’ultima parola, per ridicolizzare quel cognome – Ti ricordo, - continuò – che non si riferiva solo a me ma a tutti quelli come noi. Il fatto che i nostri genitori si siano messi in società insieme, che ti piaccia o no, fa rientrare anche te nella cerchia – spiegò senza smettere di fissarlo per un attimo.

Cosa c’entra? Io non mi metto con tutte le ragazze della scuola e non prendo a pugni e a calci i miei compagni. E poi se Fish avesse qualche motivo per odiarmi sarebbe per il semplice fatto che sono tuo amico. Non c’entra il cognome” avrebbe voluto replicare Matt per tutta risposta, ma aveva capito che avrebbe peggiorato la sua situazione dilungando ancora di più quel dialogo.

Decise invece di accendere la televisione per distogliere l’attenzione di Andrew dal suo viso, intento a percepire ogni minimo movimento muscolare che avrebbe simboleggiato una sconfitta o almeno un accenno di paura o di pentimento. Ecco un altro difetto di Andrew: cercava sempre di avere l’ultima parola su tutto.

Appena azionato il tasto le immagini non comparvero subito, ma una voce si faceva sentire forte e chiara.

Strani gas particolarmente nocivi e mortali soprattutto per alcune specie di animali stanno invadendo velocemente tutto il Messico… diceva la telegiornalista mostrando immagini raccapriccianti di animali morti o malati nel Parco nazionale di Los Mármoles e le città di Acapulco e di Città di Messico oscurate da una coltre di fumi e sostanze di uno strano colore verdognolo-grigiasto che ostacolavano il circolamento stradale e pedonale. 

-          Ma cosa…? – Matt non riuscì a trattenere un'esclamazione di stupore. Cosa stava accadendo? Fino al giorno prima non si era parlato di tutto questo

Anche Andrew, prima tanto occupato e affaccendato nel suo “progetto robot” e nel suo bisogno di essere assecondato, si allarmò sentendo degli strani fatti che stavano accadendo.

“ …non si conoscono bene gli effetti che procurano sull’essere umano, ma oramai si è diffuso il panico per le strade e…” continuò la telegiornalista quasi ignara dello scompiglio che stava creando in milioni di persone, coloro che seguivano il telegiornale proprio in quell’ora, minuto e secondo, simultaneamente.

Entrambi i ragazzi sussultarono nel momento in cui la telegiornalista predisse che l’onda di gas avrebbe raggiunto anche gli Stati Uniti tra una, o al massimo, due settimane e quindi, anche se tra quattro o cinque settimane, inevitabilmente anche Boston.

Andrew corse immediatamente verso la sedia dove aveva posato la giacca. L’afferrò e dalla tasca anteriore sfilò il cellulare con cui si affrettò a chiamare il padre.

Ma Matt non fece la stessa cosa: questi rimase immobile a fissare quelle immagini di terrore e a chiedersi che cosa fosse accaduto, quando, dove, perché e soprattutto…come? Era stato sempre terrorizzato dalla più insignificante svolta che poteva prendere la sua vita e pensare che per qualcosa di ignoto il mondo sarebbe cambiato, magari anche distrutto, questo lo sconvolse. Sarebbe stato molto più tranquillo se avessero scoperto di un altro disastro come quello di Cernobyl che, anche se era stato una terribile tragedia, si era trattato di un fatto di cui si conoscevano le cause. Ma sembravano tutti piuttosto disorientati come lui in quelle circostanza e non si poteva dire un fatto rassicurante.

Stava accadendo qualcosa di strano, fuori dal naturale.

Matt se lo sentiva nelle ossa, nella testa.

Era sempre stato preso in giro per essere stato un credulone, uno che vedeva fantasmi o mistero nel più semplice degli oggetti, ma quella volta no, non si poteva sbagliare.

Ad un tratto sentì una vampata di calore che si dilungò partendo dai piedi fino ad arrivare al cervello.

Una voce…..una voce sottile sussurrava frasi incomprensibili. Ma poi sentì, come sottofondo una voce più grave, in contrasto …….Matthew………….Matthew. il suo nome veniva pronunciato bisbigliato in un richiamo misterioso, inquietante.

Matt cercò lo sguardo dell’amico voltando la testa alla parete opposta della stanza, ma divenne all’improvviso tutto buio, nero.

Andrew si accorse solo dopo alcuni secondi che l’amico giaceva a terra, svenuto.

 

 

 

-          Matt, Matt! Matthew svegliati! – una stridula voce lo scosse costringendolo ad aprire gli occhi. Dapprima la luce lo abbagliò e vide sopra di sé una figura sfumata, scura che lo spaventò a morte, ma appena riconosciuti gli occhi verdi come i suoi, le labbra tinte di un rossetto rossissimo comprato al Sephora e lo sguardo preoccupato di una persona troppo ansiosa, sorrise: era sua madre.

Ma non fu facile capire come mai si trovava sdraiato su di un letto bianco che non era il suo in una stanza dalle pareti bianche che non era sua. Si guardò attorno dimentico di ogni cosa.

-          Matt, ti abbiamo portato all’ospedale appena Andrew ci ha chiamati. Era preoccupatissimo! Non sapeva cosa fare! È appena uscito insieme a tuo padre, arriveranno tra un momento e…… – la madre fu improvvisamente interrottà dal cigolio della porta.

-          Eccoci qua! Matt, lo sapevo che ti saresti ripreso subito ed infatti guarda…- gli porse il vassoio traboccante di cibo di ogni genere che aveva appena portato nella stanza – Tempismo perfetto, non trovi?- e non era finita: Andrew trasportava caffè, latte, te e camomilla su di un altro vassoio. Prima di poter obbiettare il padre infilò in bocca al figlio un biscotto di considerevole grandezza che non lo fece per poco strozzare.

-          Dio come ci siamo preoccupato tutti quanti! Quando Andrew mi ha chiamato al cellulare sono quasi svenuto anch’io! – Robert Taylor si sedette sul lato del letto e sorrise al figlio.

-          Ma cosa ti è successo? Parlavo con mio padre, poi mi sono girato e ti ho visto……..non dirmi che è per il telegiornale…….- si intromise Andrew ricordando a Matt i fatti accaduti prima di arrivare all’ospedale incosciente, fatti di cui un attimo prima era ignaro e dimentico.     

-         comunque mio padre si è informato meglio e a quanto ne so questa ondata di gas sta svanendo, anche se lentamente…di sicuro non raggiungerà Boston – cercò di consolare e rassicurare l’amico che pareva paralizzato, lì seduto sul letto con la schiena appoggiata al cuscino.

-          No, no, non era per quello. Ad un tratto avevo caldissimo ed ho sentito…. – “delle voci che sussurravano il mio nome e frasi incomprensibili avrebbe voluto confessare Matt, ma non era sicuro di voler fare la figura del pazzo.

-          ….ho sentito un po’ di nausea – concluse. Ma i genitori non si rassicurarono affatto. Conoscevano bene il figlio e non sarebbe stata la prima volta in cui ridicolizzava qualcosa di grave.

-         Ora però ti senti bene, vero, tesoro? – e senza ascoltare risposta la signora Taylor premette il polso sulla fronte della ragazzo e, non sentendo sintomi di influenza o altro richiese il dottore per sicurezza anche se l’infermiera che si era preso cura di lui aveva loro comunicato che non vi era motivo di preoccupazioni per il figlio: si trattava di calo di zuccheri o di pressione bassa, tutto qui, come in tutti i soliti mancamenti.

Era quello il pregio e, allo stesso tempo, difetto che consumava i suoi genitori da quando era nato.

Si preoccupavano troppo e forse, per un certo verso avevano ragione: fin dall’età di quattro anni Matt aveva mostrato sintomi di decine di allergie. Inoltre, dopo un traumatizzante incidente, era incapace di rimanere in spazi piccoli e chiusi. Col tempo le allergie erano passate, i medicinali avevano rafforzato il suo organismo debole di natura, ma tutte le visite dal dottore, le operazioni ed il resto avevano segnato una profonda cicatrice indelebile sulla memoria dei genitori che non riuscivano ancora a capire che Matt era un ragazzo come gli altri, né più forte, né più debole, né più importante. Il problema incurabile era solo uno: la claustrofobia, qualcosa che i medicinali non potevano guarire.

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Supersunny91