ballo era gremita di gente al suo arrivo. Mi sentivo terribilmente goffa fasciata in quellʼabito
di velluto rosso, mentre le altre dame si muovevano danzando come delicati fiori al centro
del salone dallʼaltissimo soffitto io mi ero tenuta in disparte, sperando di sparire, chissà,
prima o poi, dietro una delle finestre come per magia. Il suo ingresso nella sala fu
impossibile da lasciare inosservato: bello di un fulgido fascino, con uno sguardo del colore
e della consistenza del ghiaccio. Si muoveva quasi fluttuando, lʼunico rumore a segnare il
suo passaggio erano i sospiri delle dame che lo osservavano palpitanti. Nessun mistero:
nessun uomo gli era pari a quel ballo. Gli sconfitti tentavano invano di contenere gli
sguardi languidi delle loro compagne, di una notte, di una vita, di un giro di danza.
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
Il suo sguardo vagliava con attenzione ogni volto, mentre io mi concentravo con vivo zelo
sul davanzale marmoreo di unʼalta finestra: tentavo di non badargli, sicura che comunque
egli non avrebbe avuto sguardi per me. Volevo riparare alla delusione che già premeva in
fondo allo stomaco. Guardavo il cielo invernale sperando di trovarmi ovunque eccetto che
in quel luogo, quando sentii il tocco di una mano gelida, che riuscì a farmi rabbrividire
anche attraverso il velluto del lungo guanto che fasciava il mio braccio. Trattenni il respiro
voltandomi lentamente, pensando che, se avessi osato troppo, tutto sarebbe scomparso.
<< Mi fareste lʼonore di unirvi a me per questo ballo? >>
Disse, porgendo la mano.
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
La mia mano si unì alla sua, mentre improvvisavo un impacciato inchino di cortesia, senza
riuscire a staccare gli occhi dai suoi, con quellʼespressione di fredda malizia che saettava
sul viso affilato. Quanto dovevo sembrare impaurita e confusa in quel momento, quanto
impacciata dovevo muovermi mentre camminavo al suo fianco per raggiungere la pista da
ballo! Sguardi dʼinvidia, come aghi accuminati, si conficcavano nella mia schiena nuda al
mio passaggio, mentre sogghignava estasiato dal mio imbarazzo. Con una spinta sicura
del braccio mi fece voltare, facendomi ritrovare tra le sue braccia. Nonostante la posa
rigida che ci teneva separati, avvertivo comunque la solidità del suo corpo asciutto che mi
trascinava nel turbinio della danza.
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
<< Siete un bellissimo fiore questa sera, mylady >>
Sussurrò al mio orecchio, mentre le mille giravolte mi avevano stordito quasi quanto il suo
profumo inebriante.
<< Vi prego signore, non prendetevi gioco di me. Non saprei più distinguere tra serio e
faceto, dopo tutto questo piroettare. >>
La sala era scomparsa intorno a noi, le persone erano piccole macchie indistinte che a
malapena avvertivo volteggiando stretta a quellʼuomo di cui ancora non sapevo il nome e
che mi aveva fatto un complimento decisamente sfacciato per avermi vista solo una volta.
E mi teneva decisamente troppo stretta. E cʼera una reputazione da difendere. Ma
rimanevo appesa a lui, girando, girando...
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
<< Non mi prendo gioco di voi, siete un raro fiore da cogliere ed odorare con voluttà, e a
lungo. >>
Abbassai lo sguardo venendo meno.
<< Osate molto, senza nemmeno conoscere il mio nome. >> riuscii a borbottare.
<< Il rossore sulle vostre giovani gote però sembra dʼimbarazzo più che di rabbia,
mylady >>.
Aveva un leggero accento gallese e una presa dʼacciaio. Fredda come il ghiaccio. E occhi
trasparenti e impenetrabili come gocce di vetro.
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
Più danzavamo, più desideravo che quellʼuomo mi facesse sua, incurante di ogni
decenza. Era un desiderio che andava al di là di ogni razionalità a cui non riuscivo a
oppormi. Ci spostammo gradualmente e dal centro della pista mi resi conto che eravamo
su un grande balcone, illuminato solo dalla luce della luna e invaso da una leggera
foschia. Lʼumidità improvvisa e la sorpresa mi fecero stringere di più a lui, che mi versava
le sue parole come melassa nelle orecchie irretendomi come una povera mosca colpevole
di essersi avvicinata troppo al vasetto del miele. Non potevo più fuggire, né, realmente, lo
avevo mai voluto. La sua voce scivolava sulla mia pelle impunemente, mentre
volteggiavamo sul balcone, ancora immersi nella musica fioca e suadente della sala che ci
eravamo lasciati alle spalle. La sua mano salì al mio collo, libero da ogni impiccio grazie
ad unʼelaborata acconciatura, gelida come il marmo delle statue greche che avrei potuto
vedere nel giardino se solo avessi avuto la forza di sporgermi un poco. Il suo viso perfetto
si avvicinava sempre più al mio, intrappolata in una dolce rete.
<< Un dolce fiore da odorare con voluttà - sussurrò di nuovo a pochi millimetri dal mio
orecchio - per sempre. >>
I suoi canini affondarono nel mio collo provocandomi uno spasmo silenzioso. Lo cinsi con
le braccia dʼistinto mentre sentivo le forze abbandonarmi. Appena prima di cadere nel buio
dellʼoblio, le sue labbra sulle mie, ancora umide del mio sangue. Come in un terribile
sogno.
Mentre lʼorchestra continuava a suonare un valzer malinconico e stonato.
è la prima volta che uso un vampiro come personaggio, siate clementi ;)
Questa OS partecipa al contest FINO ALL'ULTIMO RESPIRO di Dreams Writers.