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Autore: Leslie and Lalla    09/09/2010    3 recensioni
[Seguito di Drawing a SongAttenzione: può essere letta senza alcun problema anche da chi non ha letto il primo]
Sono passati sedici anni dall'incontro di Lori e Cleo, e ora tocca alle loro figlie fare i conti con il primo amore e le complicazioni che ne derivano.
Madelyn e Michelle sono due cugine adolescenti inseparabili eppure, alle volte, diverse: la prima è la fotocopia del padre, capelli castani, occhi verdi, terribilmente protettiva nei confronti della sorella più piccola e senza i libri, i quali le permettono di viaggiare di fantasia e quindi staccarsi per un po' da un mondo che sembra avercela con lei, non vivrebbe; la seconda il padre lo ha a malapena conosciuto, ha viaggiato in giro per il mondo armata di macchina fotografica e ora si sente un po' stretta nella piccola città di montagna dove l'hanno relegata.
A confronto di Michelle, Mad reputa indispensabili i ragazzi: le volte in cui ha preso una cotta per uno stronzo che aveva fretta di buttarla via senza curarsi dei suoi sentimenti sono incontabili, tanto che ora ha perso ogni speranza di trovare uno con la testa a posto ed è convinta che siano tutti come i suoi ex, cioè dei luridi vermi senza uno straccio di cuore. La cugina, invece, non ha mai pensato ai ragazzi come più che amici, non si è mai innamorata e dopo aver sentito le storie di sua madre, sua cugina e della sua migliore amica, ha paura che accada anche a lei.
Tuttavia le due ragazze, nonostante tutto, nel loro più profondo continuano a sognare la propria anima gemella, che sembra non essere poi così irraggiungibile...
[Scritta a quattro mani, con due punti di vista diversi: quello di Madelyn e quello di Michelle]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All of Drawing a Song and Sequels'
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14. Falling apart




Lunedì 22 aprile

Michelle's Pov.

Scendo dall'autobus e guardo l'hotel con una fitta allo stomaco. Sono ancora in tempo ad andarmene... o forse no.
«Ellie» mi chiama Fabio, posandomi una mano sulla spalla.
«No, sono sicura» lo zittisco, prima che possa dirmi qualsiasi cosa.
Lui esita, poi mi lascia andare, lanciandomi un'occhiata apprensiva. Non so perché gli ho chiesto di venire, è stupido... tecnicamente non abbiamo nemmeno chiarito, e ora sta saltando le prime due ore per accompagnarmi e io non sono nemmeno sicura che riuscirò ad arrivare fino in fondo.
Saliamo velocemente i gradini coperti dal tappeto di velluto verde e, una volta nell'atrio, faccio segno a Fabio di aspettarmi. Raggiungo la reception, dove una signorina bionda con addosso un tailleur dello stesso colore del tappeto di poco prima mi sorride con aria caramellosa.
«Buongiorno, posso aiutarla?» domanda, con voce squillante.
Esito un momento. Negli hotel di lusso i dipendenti non dovrebbero essere sempre seri e apatici? Mi tormento le mani e provo un sorriso, senza troppo successo.
«Cerco Davide Valenti» le dico, la voce appena tremante.
«Okay, vuole che glielo chiami o che lo avverta che sta salendo?» chiede lei, digitando qualcosa al computer.
«Solo il numero della sua stanza» rispondo, dopo un momento di esitazione.
«Posso chiederle prima in che modo conosce il signor Velenti?» domanda, scrutando lo schermo.
Stringo le labbra. «Sono sua figlia» ammetto, nervosa.
Lei si volta a guardarmi, sorpresa. «Oh, non sapevo che Davide fosse sposato» esclama.
Qualcosa nel modo in cui dice 'Davide' mi fa serrare la presa sul bordo del bancone.
«Non lo è... senta, può semplicemente darmi il numero della camera?» sbotto, irritata.
«È la numero 327, tesoro» dice lei, di nuovo mielosa. «Al terzo piano» aggiunge subito dopo.
«Grazie» grugnisco, a denti stretti.
Raggiungo Fabio e riusciamo a prendere l'ascensore appena prima che le porte si chiudano. Schiaccio un paio di volte il pulsante del terzo piano, poi mi guardo attorno, non c'è tanta gente: una signora che accarezza un cane microscopico dall'aria schizzata, un uomo in giacca e cravatta e un altro che tiene per mano una bambina sui sei anni che guarda il cane di prima con grandi occhioni azzurri.
Tanto per avere qualcosa da fare, prendo il foglietto spiegazzato dalla tasca della felpa e lo leggo di nuovo. Niente di che, il nome dell'albergo e il numero, più il suo cellulare scribacchiati in fretta con una biro blu. Lo accartoccio e lo infilo di nuovo in tasca, per poi guardare il signore e la bambina scendere al secondo piano.
Mi chiedo ancora se venire qui sia stata una buona idea, in realtà non ho ancora capito come mai voglia farlo. Questa mattina mi sono alzata e ho frugato nella borsa finché non ho ritrovato il foglietto che mi ero ripromessa di non cercare più, poi ho chiamato Fabio, che ora  è vicino a me e osserva assorto le porte chiuse dell'ascensore. Ha accettato subito, senza chiedermi spiegazioni sul come o sul perché, solo ora e luogo.
Quando le porte si aprono al terzo piano esito di nuovo e, per un momento, mi sembra di avere i piedi incollati al pavimento. Fabio mi prende la mano e sorride, incoraggiante, dandomi una piccola spinta. Annuisco, non so nemmeno perché, poi guardo le porta dell'ascensore chiudersi alle mie spalle.
«Qual'è la stanza?»
«327»
«Di qua allora.»
Mi precede verso il corridoio di destra e fa per lasciarmi la mano, ma io la la trattengo nella mia, stringendola forte. Lui ricambia senza fare una piega e rallenta appena, affiancandomi. Gli faccio un sorriso nervoso, poi abbasso lo sguardo sulla moquette verde oliva e oro. È piuttosto sfarzoso come hotel, anche se non in modo esplicito come molti altri che ho visto. La sua raffinatezza sta nel motivo complesso della carta da parati o dal tessuto pregiato dei tappeti, non in costosi soprammobili o lampadari pretenziosi.
Fabio si ferma quasi all'improvviso e per un pelo non gli sbatto contro, troppo concentrata a non pensare a quello che sto per fare per essere attenta.
«327» dice, indicando il numero dorato sulla porta.
Deglutisco, sperando di sciogliere il nodo che ho in gola, ovviamente senza risultato.
«Vuoi che ti aspetti qui?» mi chiede, voltandosi a guardarmi.
«No, resta con me» vorrei avere un tono distaccato, ma la frase suona comunque come una specie di supplica. Lui sorride di nuovo, rassicurante, e mi stringe più forte la mano.
Colpisco la porta un paio di volte con mano tremante, il cuore a mille, e mi sembra che passi un'eternità prima che apra la porta.
È in vestaglia, i capelli scompigliati e l'aria assonnata di chi si è svegliato da relativamente poco. Sul mento vedo l'ombra della barba che deve ancora farsi e le occhiaie appena accennate sotto gli occhi verdi.
«Michelle» esclama, sorpreso, dopo un attimo di silenzio.
Senza dire nulla entro e mi trascino Fabio dietro, per poi fermarmi in mezzo alla stanza. Non è tanto grande, lo spazio è occupato quasi del tutto dal letto matrimoniale sfatto, mentre la luce è offuscata dalle tende leggere che coprono le grandi finestre. Aspetto che richiuda la porta e si avvicini, poi mi passo una mano tra i capelli.
«L-lei sta male» biascico. Non vorrei dirlo così e subito, ma le parole escono da sole, la voce rotta da lacrime che non vogliono scendere.
Stringo convulsamente la mano di Fabio senza riuscire a guardarlo. Non riesco a guardare nient'altro oltre agli occhi di mio padre, che dopo un attimo di perplessità si riempiono di mille emozioni insieme: incredulità, paura, tristezza, ansia, senso di colpa... vederli è come una pugnalata nello stomaco e per un momento ho solamente voglia di rannicchiarmi tra le sue braccia e piangere fino a non avere più lacrime. Non ci riesco, non ho ancora versato una lacrima da ieri sera, nonostante piangere sia l'unica cosa che vorrei fare da quando l'ho saputo. Ho il labbro inferiore che trema e lo mordo forte, quasi sperando di sentire il sapore del sangue, magari il dolore fisico riuscirà a liberare quelle stupide lacrime che mi bruciano gli occhi.
«È un tumore al fegato... maligno, con metastasi a intestino e pancreas, questa mattina comincia la chemioterapia ed è in lista per un intervento... s-secondo i medici ci sono buone possibilità di ripresa ma non possono garantire la sua guarigione, in caso l'intervento non riuscisse le resterebbero più o meno tre anni di vita a seconda dell'esito della chemio...» vomito informazioni senza quasi rendermene conto, finché il tremore della voce non diventa tanto violento da costringermi a fermarmi.
«Michelle» mi sussurra Fabio, allarmato.
Continuo a non riuscire a guardarlo, ma allento la stretta sulla sua mano. Mio padre è ancora imbambolato davanti a me e qualcosa in quella visione mette in moto la rabbia che avevo cercato di reprimere fino a questo momento.
«Ha pianto quando la nonna me l'ha detto, ha pianto tutta la notte e non sono riuscita a consolarla, nessuno ci è riuscito... ho passato la notte a guardare mia madre piangere, e non sono nemmeno riuscita ad abbracciarla, avevo quasi paura di farle del male...» dico, la voce carica di accuse, nonostante dentro di me sappia che non è colpa sua, che non è colpa di nessuno...
«Basta...» mi implora lui, lasciandosi cadere seduto sul letto e coprendosi il volto con le mani. Trema anche lui, e per un momento sento una specie di soddisfazione interiore nel vederlo così, che però svanisce subito dopo.
«Ha bisogno di te!» gli strillo, «lei ha bisogno di te, e anche io ho bisogno di te! Ho bisogno che tu ci stia accanto perché non posso farcela da sola, non ci riesco! Ho solo sedici anni, ho bisogno di un padre!» gli sfogo addosso tutta la mia rabbia, tutto il mio rancore, e spero di ferirlo ancora, come lui ha ferito lei tanti anni fa.
«E cosa vuoi che faccia?! Dimmi, Michelle, cosa vuoi che faccia?!» mi urla, alzandosi in piedi, rosso in faccia.
Sussulto, spaventata, e istintivamente cerco riparo contro il corpo di Fabio, che mi lascia la mano per cingermi entrambe le spalle.
Sta piangendo, vedo le lacrime luccicare nei suoi occhi. Lui piange e io non ci riesco.
«Voglio che torni a casa» strillo, la voce rotta dall'emozione. «Voglio che tu lasci questo stupido hotel dove ci provi con la tizia alla reception e torni a casa e chieda scusa alla mamma e le stia vicino mentre lei lotta per non morire!» la mia voce ha un fremito e nell'attimo in cui smetto di parlare sento la rabbia svanire velocemente come è arrivata. «Io non ce la faccio da sola...» mormoro, con voce rotta dall'emozione. «Ho bisogno di avere il mio papà accanto, per una volta...»
Ed eccole, finalmente, le lacrime. Mi pungono gli occhi e scendono bollenti sulle mie guance, mentre fisso mio padre che mi guarda come sgonfiato. Lo leggo nei suoi occhi, che non riuscirà a farlo, che prenderà il primo aereo per l'Africa o l'Asia e mi abbandonerà di nuovo.
«Michelle» sussurra, facendo un passo verso di me.
Mi ritraggo, guardandolo ferita.
«Andiamo via, Fabio» mormoro, la voce rotta dal pianto.
Lui esita un momento, poi mi segue fuori dalla stanza. Cammino veloce, senza guardarmi indietro, e sono grata del velo di lacrime che mi offusca la vista. Fabio mi raggiunge e mi afferra il polso quasi all'improvviso, costringendomi a fermarmi.
«Michelle» implora, mentre cerco di divincolarmi.
Lascio le lacrime scivolarmi sulla guancia e lo guardo. È un attimo, e sono rannicchiata tra le sue braccia, il corpo che trema a causa dei singhiozzi.


Non sono riuscita a tornare a casa subito, o almeno, Fabio me lo ha impedito. Sapeva che volevo mantenere il segreto finché non fosse stato mio padre a farsi avanti e mi ha portata a casa sua per farmi calmare, saltandosi il resto della mattinata.
«Tranquilla» mi ha assicurato quando ho tentato di protestare. «Mia madre non c'è per tutta la settimana e sono maggiorenne, perciò posso giustificarmi da solo.»
Mi sono sentita in colpa comunque, ma non ho detto più nulla. Sul serio, è stata l'ultima cosa che è uscita dalla mia bocca per tutta la mattina, mentre Fabio a tratti cercava di distrarmi parlando a vanvera, altri se ne restava zitto accanto a me tenendomi la mano. Gli sono infinitamente grata e credo che il rancore che provavo ancora verso di lui sia scomparso.
Verso mezzogiorno finalmente gli dico di essere pronta a tornare a casa e lui mi ci riaccompagna in motorino.
«Grazie» sussurro, davanti al portone.
Lui si abbassa per darmi un bacio sulla fronte e sorride. «Chiamami» si limita a dire, prima di rinfilarsi il casco e tornare indietro.
Lo guardo finché non riparte, poi salgo a casa.
«Maman?» chiamo, prima ancora di chiudermi la porta alle spalle.
Daniel esce dalla mia camera e si china per darmi un breve bacio sulle labbra. Gli ho detto che avevo bisogno di stare da sola per riflettere e non si è opposto. Avergli mentito per la seconda volta in meno di ventiquattr'ore mi fa stare male, ma non credo sarei riuscita a sopportare un altro terzo grado.
«È in camera sua» mi dice solamente, accarezzandomi il braccio.
Stringo le labbra. «E come sta?»
«Si sente un po' stanca, ma niente di che... ha chiesto di te quando è tornata» spiega, con voce rassicurante.
Annuisco appena e mi chino per sfilarmi le scarpe, o meglio, per evitare che veda le lacrime che premono per uscire.
«Cosa le hai detto?» chiedo ancora, cercando di asciugarmi gli occhi senza darlo a vedere.
«Che eri uscita a fare due passi e che ti avrei mandata da lei non appena tornavi.»
Annuisco e mi alzo di nuovo, tentando di fare un sorriso che però somiglia di più ad una smorfia. Daniel mi posa una mano sulla schiena e, dopo un attimo di esitazione, mi tira verso di sé e mi abbraccia. Ricambio, ma non riesco ad abbandonarmi completamente a lui come mi è capitato ieri mattina, qualcosa me lo impedisce, anche se non saprei dire esattamente che cosa. Posa le labbra sui miei capelli e sussurra qualcosa che non riesco a capire, poi mi lascia andare. Io gli sorrido triste e mi avvio verso la camera di mia madre.
È a letto e legge un libro tranquilla. Per un momento ho l'impressione che non sia cambiato nulla da quando stava bene, poi però noto le ombre scure sotto i suoi occhi e il pallore del suo viso. È strano come non ci avessi fatto caso finché non mi hanno detto la verità. Mi sente arrivare e mi sorride, allegra. Sembra quella di sempre: allegra, spontanea, divertente... Oggi le hanno iniettato una delle cose più simili al veleno che conosca e lei sorride. Quando sorride non sembra malata.
«Ciao tesoro, dove sei stata di bello?» mi chiede, quando mi sono seduta sul letto.
Per un momento ho voglia di dirle tutto. Lo farei, se non fosse che so che la rattristerebbe. Mi accarezza la mano, senza smettere di sorridere.
«Sono stata da Fabio» sussurro infine, la voce leggermente roca.
«Davvero? Avete fatto pace?» domanda ancora, interessata.
Bella domanda. Abbiamo fatto pace? Di certo, io non sono più arrabbiata con lui.
«Credo di sì.»
Mi mordicchio il labbro e la osservo con occhi tristi. Il suo sorriso si spegne appena, posa il libro sul comodino e si sposta in modo da farmi spazio, per poi sollevare un lembo della coperta, invitandomi a sdraiarmi accanto a lei. Io lo faccio, trovando in qualche modo sollievo quando mi sdraio sul materasso intriso del suo profumo e sento il calore che il suo corpo ha lasciato sulla pelle.
Lei si volta su un fianco, puntellandosi sul gomito, e io la imito, in modo da poterla guardare in faccia.
«Ascolta chéri» sussurra, intrecciando le dita con le mie. «Lo so che fa paura, e mi dispiace che tu mi abbia vista crollare ieri sera...»
Sento un nodo stringersi in gola e batto più volte le palpebre, cercando di tenere a freno le lacrime.
«...ma dobbiamo essere forti, io e te, okay? Io starò bene.»
Mi lascia la mano per scostarmi dalla fronte la frangia troppo lunga.
«Me lo prometti?» domando, con voce rotta.
Lei allarga le braccia e io mi rannicchio contro il suo petto quasi con disperazione. Sento le sua mani accarezzarmi i capelli e il suo fiato contro l'orecchio, quando ricomincia a parlare.
«Te lo giuro» mormora, cullandomi. «Non ti lascerò mai, piccola mia» aggiunge, se possibile ancora più piano, stringendomi un po' di più. «Mai, d'accordo?»
Annuisco contro il suo petto e chiudo gli occhi, dando il via libera alle lacrime. Mi sfugge un singhiozzo e appoggia il mento sulla mia nuca.
«Shh» sussurra, con dolcezza. «Non piangere, la mamma è qui con te.»
Faccio qualche respiro profondo e riesco a fermare i singhiozzi, ma lei non mi lascia andare. Non voglio che lo faccia.


Dopo pranzo raggiungo Daniel in camera mia e mi sdraio sul letto accanto a lui, distoglie lo sguardo dal libro per spostarlo su di me.
«Che cosa stavi leggendo?» gli chiedo.
Ho assolutamente bisogno di parlare di cose inutili in questo momento, probabilmente mi aiuterà a sgomberare la mente. Lui infila il segnalibro tra le pagine e mi porge il libro. Rapito, di Robert Louis Stevenson. Me lo rigiro tra le mani, poi lo sfoglio velocemente.
«È in italiano» osservo, restituendoglielo.
Daniel evita di leggere le versioni tradotte se conosce la lingue della versione originale.
«L'ho comprato all'aeroporto» spiega, stringendosi nelle spalle.
Poso la testa sul suo petto e lui mi circonda le spalle con il braccio. Chiudo gli occhi e sorrido, ascoltando il battere regolare del suo cuore.
«Hai paura?» mi chiede dopo un po', a bassa voce.
«Sì» ammetto, stranamente tranquilla. «Ma voglio essere forte per lei» aggiungo subito dopo.
Sento le sue dita tracciare ghirigori invisibili sul mio braccio nudo e sorrido, colta da una punta di solletico.
Sento che sta per aggiungere qualcosa, ma viene interrotto dal bussare contro la porta.
«Avanti!» esclamo, aprendo gli occhi e tirandomi a sedere.
Zio Michele entra e ci sorride. Sembra stanco e non lo biasimo, anche lui è rimasto sveglio praticamente tutta la notte.
«Io parto tra un'oretta» annuncia, controllando l'orologio che ha al polso.
«Oh» faccio io.
Sapevo che doveva partire, ma mi dispiace. Sinceramente non so quando potrò rivederlo, il cielo plumbeo e la pioggia che continua a cadere fanno sembrare l'estate più lontana che mai, in più non so se potremmo andare a Rapallo come avevamo deciso l'ultima volta che ci siamo visti, viste le condizioni della mamma.
«...e mi stavo chiedendo se avevate voglia di venire con me» aggiunge lui, con un sorriso.
Aggrotto la fronte, perplessa. «A Rapallo?»
«Sì, tua madre crede che sia una buona idea concederti qualche giorno lontano da qui, in più tu e Mad non vi vedete da un sacco di tempo, giusto?»
«Quasi un anno» annuisco, leggermente intontita.
Ho voglia di andare? Sì. Sì, ne ho voglia, ho voglia di andarmene da questa stupida città e rivedere Mad e Carlotta, di conoscere questo fantomatico Nicola e di prendermi una pausa da tutto quello che sta succedendo.
«Sei sicuro che alla mamma non dispiaccia?» domando, preoccupata.
Lui sorride. «È stata lei a proporlo» ammette.
Mi volto verso Daniel con sguardo implorante e lui scoppia a ridere. «Qualsiasi cosa per farti felice» mi assicura, scompigliandomi la frangia.
Mi volto verso lo zio con un sorriso che va da orecchia a orecchia, facendo scoppiare a ridere anche lui.
«Preparate le valige, allora!»


Io e Daniel abbiamo riempito un borsone per ciascuno con lo stretto necessario in meno di mezz'ora e ci siamo accordati per stare fino a mercoledì pomeriggio, per poi prendere il treno da Genova per tornare a Merano. Sarà un viaggio piuttosto lungo e probabilmente torneremo tardi, ma non importa. Mentre lo zio carica le valige in macchina io abbraccio la mamma.
«Non ti strapazzare troppo, va bene?» le raccomando, mentre mi dà un bacio sulla fronte.
Lei scoppia a ridere. «Tu invece strapazzati un po', che ti fa bene» scherza, sorridendo.
Dopo un altro abbraccio passo alla nonna, che mi stringe con forza.
«Sta' tranquilla, ci penso io a tua madre» mi assicura, strizzando l'occhio.
Salgo in auto – sedile posteriore – e guardo lo zio abbracciare forte la mamma. Restano a parlarsi per qualche minuto, poi lui dà un bacio veloce alla nonna e sale al posto di guidatore, seguito subito dopo da Daniel, che si siede accanto a lui.
Il viaggio è piuttosto lungo ma non noioso. Daniel e lo zio entrano subito in confidenza e cominciano a parlare di un qualche libro che ad entrambi è piaciuto moltissimo. Io li ascolto senza intervenire, più interessata al suono delle loro voci più che a quello di cui stanno parlando. Daniel mi ha consigliato di provare a dormire, mentre sono in macchina, e non è una cattiva idea: devo avere un aspetto orribile. Mi sdraio, beandomi all'idea di avere tutti e tre i sedili solo per me, e mi infilo le cuffie dell'iPod, per poi chiudere gli occhi. Raramente riesco ad addormentarmi in macchina, ma sono così stanca che probabilmente riuscirei a dormire anche ad un concerto di heavy metal.
È Daniel a svegliarmi, scuotendomi appena il braccio. Mi metto seduta stiracchiandomi e mi guardo attorno, spaesata.
«Siamo arrivati, anche se con tipo mezz'ora di ritardo» mi sussurra, sedendosi accanto a me. «Non avrei voluto svegliarti, ma ho pensato che volessi salutare le tue cugine» ammette subito dopo, con un sorriso imbarazzato.
Controllo l'orologio: sono le sette e mezza. Siamo partiti alle tre e – secondo i miei calcoli – mi sono addormentata attorno alle quattro. Sbadiglio.
«No, hai fatto bene...» biascico, sorridendo.
Lui si sporge in avanti per darmi un bacio a stampo, ma io lo trattengo, posando entrambe le mani sulla sua nuca. È da ieri mattina che non gli do un bacio come si deve.
Quando ci separiamo, il sorriso di Dan si è allargato. «Ben svegliata» sussurra, contro le mie labbra.
«Grazie» gongolo io, beata.
«Ehi, voi due!» ci chiama zio Michele, bussando contro il finestrino opposto.
Io e Daniel ci scambiamo un'occhiata colpevole e lui mi aiuta a scendere dalla macchina e si carica in spalla sia la sua che la mia borsa, nonostante la mia debole protesta.
«Se non l'avessi presa di mia volontà mi avresti costretto a farlo» mi fa notare, con aria saccente.
«Questo non potrai mai saperlo» ribatto, dopo avergli fatto la lingua.
Qualche minuto dopo, lo zio apre la porta di casa e lascia la sua valigia all'ingresso esclamando un “sono a casa!”. Qualche secondo, e Madelyn sbuca da chissà dove gettandogli le braccia al collo. Sorrido, divertita, come anche Daniel.
«Wow, è cresciuta» sussurra al mio orecchio.
Gli tiro un pugno scherzoso sulla spalla, poi mi volto appena in tempo per sorridere a Mad, che fa capolino dalle spalle di suo padre incuriosita. Quando mi vede, tira uno strillo e io scoppio a ridere, come anche zio Michele. Daniel sembra solo un po' allucinato.
«Lo sapevo che saresti stata felice di questa inaspettata visita» commenta lo zio.
Lei annuisce e, dopo essersi avvicinata saltellando e aver praticamente strillato il mio nome, mi abbraccia, mormorando un “mi sei mancata tantissimo”. Ricambio con entusiasmo, cercando di calcolare quanto tempo sia passato. Troppo, naturalmente. Sorrido, il volto immerso nei suoi capelli.
«Mi sei mancata anche tu» rispondo, stringendola un po' più forte.
Quando mi separo da lei sto ancora sorridendo. Vorrei dirle un milione di cose, ma che non avrò mai abbastanza tempo per farlo.
«Fatti guardare!» esclamo, facendo un passo indietro.
Oltre il taglio di capelli leggermente diverso non è cambiata poi molto. «Sei una favola!» commento, divertita.
Lei arrossisce. Credo che Mad non sia mai stata davvero consapevole della sua bellezza, nonostante continui a ricordarle quanto sia splendida da quando eravamo bambine.
«Sempre a esagerare, tu!»
Che vi dicevo?
«Uhuh, ti sei fatta un nuovo amichetto!» aggiunge subito dopo, sorridendo maliziosa.
Mi volto istintivamente verso Daniel arrossendo appena. Lui sorride e, dopo aver posato i borsoni, ci raggiunge. Aspetta un attimo... sbaglio o lo aveva già incontrato? Era tipo Natale, alla nostra casa a Parigi, quando avevamo dieci anni. Beh, in effetti lui è piuttosto cambiato da allora.
«Daniel, ti ricordi di mia cugina Madelyn?» gli chiedo, con un sorriso.
Lui ricambia. «Certo, è bello rivederti.»
Mad sembra incredula. Spalanca gli occhi, sbalordita. «Come?! Sei Daniel?» esclama.
Daniel scoppia a ridere davanti alla sua aria scioccata, e io sorrido, divertita.
«Colpevole» ammette, portandosi una mano sulla nuca. «Ammetto di essere cresciuto un bel po'» aggiunge, senza smettere di sorridere.
Dopodiché le lancia un'occhiata dalla testa ai piedi. «Ehi, ma anche tu non sei più la bambina che non voleva separarsi dal suo orsetto di pezza» scherza.
Cerco di riportare alla memoria quei giorni e mi rendo conto che sono passati secoli. Mi ricordo che Daniel era geloso di Madelyn e parlava solo in francese per farle dispetto. Mi porto una mano sulle labbra per nascondere la mia risata. Cavoli se siamo cresciuti.
«Comunque lo conservo tuttora in camera mia, quindi bada a non insultarlo di nuovo!» lo avverte lei, ridendo.
Lui solleva le mani in segno di resa. «Cercherò di trattenermi» promette, ridendo a sua volta.
Io gli sorrido. È così dolce, ho voglia di stringerlo e riempirlo di baci. Lui ricambia il mio sguardo con affetto, per poi sfiorarmi la mano. Non sono sicura che lo abbia fatto apposta, ma sento un brivido percorrermi la schiena.
«Prova a dare ancora fastidio a mia cugina e io le dirò del tuo di animale di pezza» lo avverto, ridacchiando.
Daniel mi guarda minaccioso. «Provaci» ribatte.
In tutta risposta, mi alzo sulle punte per dargli un bacio sulla guancia.
«Hey, voi due! Avete intenzione di pomiciare ancora per molto?!»
Arrossisco di colpo e faccio un sorriso colpevole.
«Scusa» dico, divertita.
La mamma e lo zio avevano ragione, rivedere Mad e stare lontana dai problemi per un po' non può farmi che bene, mi sento già dieci volte più leggera.
«Piuttosto, dimmi di te» esclamo subito dopo, con un sorriso vagamente malizioso. «Ho sentito che hai fatto amicizie interessanti.»
È il suo turno ad arrossire e le lancio un'occhiata intenerita. So che non ha mai avuto una grande fortuna con i ragazzi, e spero davvero che questo Nicola sia diverso, che per una volta sappia trovare qualcuno che la renda felice.
«Mmh, può darsi» fa lei, vaga. «Però non mi sembra esattamente il momento e il luogo più adatto per parlarne... Ti racconterò stasera più tardi o magari prima di andare a dormire, okay?» propone subito dopo.
Le sorrido di nuovo. «Perfetto» annuisco.
Dopodiché mi guardo attorno. «Dove sono gli altri?» chiedo, interessata.
Ho voglia di riabbracciare mia zia e Carlotta, e sono curiosa di conoscere questa Emma e soprattutto Nicola, ma non vedo nessuno.
«Sono dentro» mi informa Madelyn, con affetto. «Eravamo pronti per cenare, ma credo che dovremo aggiungere un paio di posti a tavola.»
Mi mordicchio il labbro. Sono già in tanti in casa, probabilmente la zia avrà qualche difficoltà a trovare posto anche per noi.
«Dai, entriamo!»
Mi lascio trascinare dentro da Mad borbottando un “ci dispiace di non aver avvertito prima” che probabilmente non sente nemmeno. Daniel prende le borse e ci segue all'interno dell'appartamento. È esattamente come mi ricordavo, tranne forse per qualche soprammobile. Sorrido, mentre vengo accolta da un piacevole senso di familiarità: è tanto che non torno in questa casa, ma ricordo ancora bene i giorni in cui ci ho soggiornato... probabilmente sono stati tra quelli più sereni, durante i quali mi sono sentita davvero parte di una famiglia che non comprendesse solo due persone.
Il mio sorriso sbiadisce appena quando sento le voci concitate degli zii dalla cucina. Sento un vago senso di colpa, immaginando il motivo della discussione. Avremmo dovuto avvertire.
Il flusso dei pensieri è interrotto da Carlotta, che sbuca da chissà dove strillando il mio nome. La abbraccio, cavoli se è diventata grande. Nel frattempo, Mad raggiunge i suoi in cucina e decido che è meglio aspettarli qui. Lascio andare Carlotta e le faccio fare un giro su se stessa.
«Tesoro, sei diventata altissima!» osservo.
Lei sorride, compiaciuta, e si accarezza una ciocca di capelli, rossi come quelli della madre. Io ricambio il sorriso.
«Tu invece sei sempre uguale» osserva, facendo un passo indietro per osservarmi meglio.
Scoppio a ridere e le scompiglio i capelli, poi mi volto verso il ragazzo che si è appena alzato dal divano. È alto, anche se non quanto Daniel, e devo ammettere piuttosto attraente. Capisco chi sia ancora prima che lui apra bocca per presentarsi.
«Ciao, io sono Nicola» dice, con un sorriso.
Oh, sì che lo sei, commento tra me e me.
«Io sono Michelle, la cugina di Mad e lui è Daniel, il mio ragazzo» rispondo, stringendogli la mano.
È la prima volta che lo presento a qualcuno come il mio ragazzo ed è strano. Daniel, comunque, non sembra per nulla a disagio. Sorride a Nicola e gli stringe la mano a sua volta.
«Lui è mio fratello Emanuele» aggiunge quest'ultimo, indicando quello che probabilmente è il fratellino, che non si è minimamente mosso dal divano, troppo incantato a guardare un qualche cartone che non riconosco.
Sento ancora le voci concitate dalla cucina e cerco di instaurare una conversazione per ignorarle.
«Quindi voi siete i figli di Emma?» chiedo, interessata.
Lui annuisce. «Esatto, viviamo qui temporaneamente» conferma.
«Sì, Mad mi ha raccontato» ammetto.
«Siete molto unite voi due?» chiede lui subito dopo.
Sorrido. «Praticamente sorelle.»
«Davvero? È strano, considerando che abitate lontano» osserva.
Mi infilo le mani in tasca, stringendomi nelle spalle. «Beh, ci siamo viste tante volte, e il fatto che siamo lontane non significa che non riusciamo ad esserci l'una per l'altra quando ne abbiamo bisogno. In più non consideri che grazie alla tecnologia moderna posso parlare con lei in ogni momento» osservo, leggermente divertita.
Lui fa per dire qualcosa, ma l'arrivo di zia Lori lo interrompe. Le faccio un sorriso che va da orecchio a orecchio.
«Ma buonasera splendore!» esclama. «Come siamo diventate belle» aggiunge subito dopo, ricambiando il mio sorriso.
La abbraccio, ridendo. Mi è mancata, e ad essere sincera a volte non riesco ad immaginare che tra lei e Mad ci siano tanti problemi, è una bellissima persona.
«Mi dispiace di non aver avvisato» mi affretto a dire, non appena scioglie l'abbraccio.
«Non preoccuparti, non è colpa tua se ho un marito che è peggio di un bambino» mi rassicura lei, e lancio uno sguardo fugace allo zio, che sembra leggermente contrariato.
«E questo bel giovanotto non sarà mica Daniel?!» esclama intanto zia Lori, guardando Dan. «Eri uno scricciolo l'ultima volta che ti ho visto!»
Lui fa un sorriso imbarazzato e annuisce.
«È un piacere rivederla, la ringrazio molto per l'ospitalità» dice, cordiale.
Gli do una gomitata scherzosa. «Guarda che non serve che le dai del Lei» gli sussurro.
Lui mi fa la lingua.
«Suvvia, non mi sembra di essere così vecchia da dovermi dare del Lei» osserva la zia, ridendo appena. «E poi noi due già ci conosciamo.»
Lancio a Dan un'occhiata stile “che-ti-dicevo?” e lui ride.
«Giusto» annuisce.
«Come te la passi, zia?» domando io, dopo qualche secondo di pausa.
«Beh, con tutti questi marmocchi in casa non molto bene» scherza lei, lanciando una breve occhiata a Mad, che fa una smorfia.
«Ma non hai sempre detto che ci adori?!» interviene Nicola, divertito.
«Oh, immensamente» sospira lei.
Scoppio a ridere, e Daniel mi imita. Mi sono mancati questi momenti... in realtà ne ho avuti di simili fino a pochi giorni fa, ma sembra tutto così incredibilmente distante. Troppe brutte notizie in troppo poco tempo, troppe lacrime da versare.
«Direi che è ora di mangiare, con tutte queste chiacchiere ci siamo dimenticati che abbiamo una cena che ci attende» interviene Mad.
«Sì, hai ragione» annuisce la zia, per poi sparire di nuovo in cucina.
Mi offro di dare una mano a finire di apparecchiare, mentre Daniel annuncia che andrà a portare le borse di sopra e Nicola si offre di mostrargli la strada. Mentre sistemo i piatti sul tavolo chiacchiero con Mad di tutto e di niente. Di nuovo sento la sensazione di appartenenza invadermi e mi ritrovo a sorridere come una scema, decidendo di cercare di ignorare, almeno per questa sera, tutti gli stupidi problemi che mi aspettavano a casa.


Verso le dieci, Emma si alza annunciando che è ora di preparare le valige e andare, e i ragazzi la seguono di sopra. A tavola cala il silenzio e comincio a sentirmi un po' a disagio. Odio il silenzio, mi impedisce di mettere un freno ai pensieri e – in un attimo – mi ritrovo a pensare alla chemioterapia e alla stanza 327. Mi mordo forte il labbro, scacciando le immagini che si erano andate a formare nella mia testa, per poi inspirare un paio di volte e ritrovare la tranquillità.
Zia Lori si schiarisce la gola e ringrazio il Cielo. «Allora, come va la vita a Merano? Il tempo è incerto come qui?» chiede.
Poso la forchetta accanto al piatto e bevo un sorso d'acqua.
«In effetti sì... o meglio, piove sempre» ammetto, con una smorfia.
«Capito. E tua mamma come sta? Tutto bene, no?»
È stupido, lo so, ma basta quella semplice domanda a far crollare tutta la serenità che mi sembrava di aver raggiunto. Cosa dovrei dire? Zio Michele resta in silenzio, irrigidendosi appena, mentre Daniel mi lancia un'occhiata allarmata. Non li noto nemmeno, nella mia testa cominciano ad affollarsi le informazioni mediche, i nomi strani delle malattie, le date delle sedute e dei cicli della chemioterapia. Vengo assalita dalla nausea e sento le lacrime premere con forza per uscire. Cerco di trattenermi, ma il tremore delle mani è troppo forte per essere ignorato. Mi sento un'idiota, una stupida e, soprattutto, una debole. Possibile che non riesca ad essere forte? Ho promesso che ci sarei riuscita...
«Sì, scusate» balbetto, con voce soffocata.
«Michelle...?» chiede Mad, un tono misto tra la sorpresa e il dispiacere... io la sento appena.
Cerco di tranquillizzarmi, davvero, ma non ce la faccio. Mi alzo di scatto mormorando qualche scusa e lascio la stanza quasi di corsa, per poi salire le scale fino alla stanza di Madelyn. Chiudo la porta e mi accascio contro di essa, cercando di frenare i conati. Scoppio in singhiozzi senza quasi rendermene conto e mi premo una mano sulla bocca, cercando di soffocarli. È inutile. Dio, odio essere così debole, perché devo scoppiare a piangere ogni volta? Perché non posso semplicemente essere forte come lei vorrebbe?
Mi trascino fino al letto di Mad e mi ci sdraio sopra, sapendo che lei non avrà assolutamente nulla in contrario. Rannicchiandomi su me stessa mi chiedo come riuscirò a stare accanto alla mamma se ogni volta il bisogno di piangere è così forte. So che ha bisogno che sia allegra, che sia spontanea, per guarire, ma non posso farcela da sola. Automaticamente penso a mio padre e a come me ne sono andata, questa mattina. Dio, sembra passato un secolo, è stata la giornata più lunga di tutta la mia vita e non è nemmeno finita.
I secondi passano lentissimi, e quando la porta si apre piano, i singhiozzi sono spariti, e anche le lacrime hanno smesso di scendere, ma non mi sento per niente meglio.
«Michelle?» sussurra Dan.
Uno spicchio di luce illumina la stanza e mi rendo improvvisamente conto di quanto sia effettivamente buio. Non ho acceso nessuna luce e non voglio farlo, mi sento più al sicuro nell'oscurità, dove nessuno può vedere il mio viso rigato dalle lacrime.
Osservo la figura di Daniel stagliarsi in controluce ed esitare un momento, poi, quando chiude la porta, la stanza ripiomba nel buio. Riesco a malapena a vederlo mentre raggiunge il letto e ci si siede sopra. Posa una mano sulla mia gamba, è calda e rabbrividisco.
«Michelle» ripete, in tono insopportabilmente dispiaciuto.
Stringo forte le labbra e mi volto dall'altro lato, tremando nel tentativo di trattenere le lacrime. La sua mano scivola sul copriletto e sento il suo sguardo preoccupato sulla nuca.
«Sei sicura di non volerne parlare?» chiede, sospirando.
Mugugno un “sì” appena udibile e chiudo gli occhi, lasciando qualche lacrima scivolarmi sulle guance.
«Posso almeno sdraiarmi qui con te?» domanda.
Mi mordo il labbro inferiore. «Okay» mormoro.
Si distende accanto a me e io mi volto sulla schiena, senza però guardarlo. Sento la sua mano cercare la mia e la stringo forte, sentendomi improvvisamente al sicuro. Lentamente, mi volto di nuovo e poso la testa sul suo petto, per poi scoppiare di nuovo in singhiozzi.
«Shh, va tutto bene» mi sussurra, circondandomi le spalle con il braccio.
Come può andare tutto bene? La mia vita è caduta in pezzi in poche ore e non sono in grado di rimetterla assieme. Ho voglia di urlarglielo contro, di sfogare su di lui la mia frustrazione, ma non riesco a parlare. Stringo la sua maglietta tra le mani e lascio le lacrime scendere, finché la stanchezza non ha finalmente il sopravvento.















*** Spazio Autrici ***

Ciao belli :D
eh sì, siamo tornate *W* in realtà già da un po', ma eravamo impegnate a goderci le ultime settimane di vacanza *asd (ahah, più diretta di così Linduz!! xD NdLaLLa)
cooomunque, lots of news, guys ^O^ ma forse prima devo dire due parole sul capitolo... è piuttosto lungo, come avrete notato, e forse un po' pesantuccio. La prima parte in particolare, sappiate che mi sono quasi commossa scrivendo e sinceramente non vedevo l'ora di sentire qualche opinione (Lalla non è obbiettiva, continua a dirmi che tutto quello che scrivo è bello, ma onestamente non so se fidarmi xDD) (-.- diteglielo voi, ragazze, che qui è lei quella troppo severa! NdLaLla). Per quanto riguarda la seconda parte, credo che il fatto che sia stata postata a più di un mese di distanza dalla prima elimini il fattore noia, almeno per quanto riguarda questo capitolo, comunque ce ne sarà un altro e mezzo a testa dove aihmè dovrete leggervi i dialoghi tra mad e michelle doppi... spero che non risulti troppo pesante... ^^"

Okay, passiamo alle news *W* per prima cosa, sia io che Lalla abbiamo fatto qualche calcolo, organizzato per bene il finale, e possiamo dirvi che la fanfiction avrà in tutto ventidue capitoli più l'epilogo - diviso in due parti, quella di mich e quella di mad - e che stiamo scrivendo io il ventiduesimo e Lalla il diciannovesimo.
Seconda cosa, restate sintonizzati su questo canale perché per farci perdonare di questa luuunga pausa, il prossimo capitolo (dal POV di Mad, ma si era capito) uscirà (in prima visione! NdLaLLa) nei prossimi giorni (e parlo di prossimi prossimi, tipo domani o dopodomani) e vi posso anticipare che sarà un capitolo moooolto interessante (e poi ero io quella obiettiva?!?!?!?! xDD NdLaLLa)
Per terzo - e qui viene il bello - dobbiamo "rettificare" alcune cose dette in precedenza. Beh, ricordate che si parlava di un Drawing a Song 3 che sarebbe stato un seguito diretto del 2, con gli stessi personaggi qualche mese dopo l'epilogo del 2? Beh, quel progetto è accantonato. Drawing a Song 3 sarà una storia tutta nuova, con un tema tutto nuovo e due trame decisamente - o almeno, così credo - diverse dai primi due (sì, sono decisamente differenti ^^ NdLaLLa). A dire il vero abbiamo già cominciato a scrivere i primi capitoli, ma non credo di potervi anticipare molto, per ora. Magari più avanti... :D (Bwuahah! Vai con la sadicità, Linduz! xDD Comunque sì, io non ho resistito, ho dovuto iniziare il tre, avevo così le idee chiare che veramente, ho dovuto farlo :DD NdLaLLa)

Non sono apparsi nuovi personaggi rilevanti in questo capitolo, ma siamo rimasti indietro con l'immagine di Raffaele, perciò eccola qua:
Raffaele

benebene, prima di passare a rispondere alle recensioni voglio, come al solito, ringraziare tutti i lettori, tutti coloro che ricordano, seguono e preferiscono, e ovviamente tutti coloro che recensiscono... grazie grazie grazie, questa fic non avrebbe 588 visite se non fosse per voi <33


LaIKa_XD  uh sì, Michelle e Mad piacciono tanto assieme anche a noi ^^ e sì, Nicola non è esattamente come ci aveva fatto credere .-. povera Mad :(  Lalla, tocca a te :D (ohh, grazie per i complimenti, sei tenerissima ** Per Nicola, ti consiglio solo di aspettare i prossimi capitoli per dare un giudizio definitivo ;) Bastaa, non dico altro :DD NdLaLLa) grazie per la recensione, spero di non essere stata troppo noiosa con questo capitolo, specie per quanto riguarda la seconda parte. Sia io che Lalla ci siamo impegnate per rendere le ripetizioni meno possibile... comunque, grazie di nuovo xD un bacio grande :*

chiara84  personalmente, Emma non mi è mai piaciuta u.u e Nicola... ç.ç povera Mad, e povera Michelle... cavoli, forse siamo state un po' cattivelle *asd... tu che ne dici, Lalla? (*afferra il microfono che le porge la sua socia (lo so, sono fuori di testa xD); sì, ammetto che siamo state proprio due bimbe cattive. Ma non temete! Aspettate di arrivare alla fine della storia per giudicare ;D NdLaLLa)  grazie mille per la recensione, non hai idea di quanto apprezziamo il vostro supporto *^* alla prossima, un bacio <3

vero15star  figurati tesoro, siamo contente che tu stia meglio *^* Sì, picchiamo Nicola *W* continuiamo a ripeterlo a Lalla, così magari un qualche calcio lì dove non batte il sole ce lo mette *O* comunque, lascio rispondere a lei quello che riguarda il suo capitolo ^^ (sono stra super mega felicissima che le nostre parole, nello scorso capitolo, ti abbiano fatto sentire almeno un po' meglio ** Ora, comunque, dev'essere tutto - o almeno quasi tutto - passato, vero? Per quanto riguarda Nicola, non potrei mai picchiarlo, anche se ha trattato male Mad, perché, dopotutto, non è mai detta l'ultima parola, giustoo? :DD NdLaLLa)  grazie, per il supporto, per le recensioni... ti vogliamo bene anche noi, tesoro <33 un bacio grandissimo :*

marypao  una nuova fan *O* ci credi che quando ho visto la tua recensione pensavo ad un errore del sistema o qualcosa del genere? sul serio, mai ricevuta una così lunga ** sono contenta che le nostre storie ti piacciano, e personalmente anche io preferisco ds2 a ds, non so perché, forse mi sento maturata stilisticamente e apprezzo di più quello che scrivo, o forse semplicemente i personaggi mi stanno più simpatici :DD (oh sìììì, anche io preferisco Ds2 perchè, almeno così a me sembra, credo di essere migliorata ** NdLaLLa) comunque, sto divagando. Sì, ho affrontato questo periodo dove scrivevo capitoli di sette pagine dove succedevano quindicimila robe, quest'ultimo e uno di questi... davvero ti ho commossa? ** non sono ancora del tutto abituata a scrivere cose che emozionano la gente *asd. Comunque, finalmente una che approva Fabio e Michelle! Anche se a momenti, è bello avere qualcuno per metà dalla mia parte xD comunque, il fatto che Michelle non si confidi tanto con Daniel è voluto, verrà tutto fuori negli ultimi capitoli, ma non ti posso anticipare altro ^^" comunque non ti preoccupare, tutti i dubbi (o almeno spero, a volte non ho il controllo di quello che faccio credere ai lettori) verranno svelati ;D Alice la adoro anche io... comunque, prima che vada avanti per altre quindici righe, lascio la parola a Lalla xDD (Prima di tutto mi presento, sono Laura, molto piacere ** Anche se sapevi già chi sono, ahah, che intelligiente che sono :D La tua scorsa recensione è mitica! Ho riso tantissimo, specie dopo i tuoi commenti che hai aggiunto! xDD Aaaallora, voglio risponderti anche io a punti, come hai fatto tu, così almeno è un pochino più ordinato: 1) sono conteeenta che conosci la grande Kinsella, io l'adoro :) 2) no, tranquilla, non farò iniziare a fumare Mad, è solo una cosa di passaggio ^^ 3) chebbello che adori Michele, perché lo stra amo anche io *w* 4) fiush, mi rassicura il fatto che secondo te il carattere di Mad va bene, credevo davvero di aver fatto un casino xD 5) hai ragione, 'ste pallavoliste non le fermano nessuno :DD NdLaLLa) Oh, che dire ancora, se non la solita pappa sdolcinata? xD grazie mille per la recensione e il tuo supporto, siete voi che ci date l'ispirazione, che ci fate venire voglia di continuare... <3 spero continuerai a seguire, ti mando un bacio grande <3


okay, ho finito di annoiarvi :DD
grazie a tutti quelli che sono riusciti a leggere fino qui senza svenire xDD (un mortooo! Prendi la bara, l'abbiamo fatto proprio fuori, miseriaccia! ...xDD NdLaLLa)
xo, Leslie and LaLLa
   
 
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