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Autore: Sere88    09/09/2010    1 recensioni
Questa storia racconta l'avventura della fortuna, del talento, e dell'amore; la passione di due anime confuse tra destino e sentimenti, e quella di due corpi che si sono cullati e torturati in un intreccio di vite a cavallo tra cronache e fantasie. E' la storia che racconta della vita di un uomo vero, una stella mondiale della musica, adorato e criticato di nome MIchael Jackson e di una donna inventata che almeno nella mia fantasia gli ha regalato l'amore che meritava...
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Agosto 1987

Rincorrersi, sfuggirsi...tutto cominciò così, in modo indefinito, impalpabile, irreale come il colore del vento. Ma a quella iniziale brezza leggera seguirono sole rovente, ombra ristoratrice, temporali, tempeste, dolci calori primaverili; seguirono gli anni di una ragazza piena di speranze, una ragazza semplice come un schizzo a matita fatto su un foglio di carta qualsiasi che per caso inciampò nella complessa tela di uomo, intorno a cui la natura seppe dipingere mille preziose sfaccettature, un uomo che tra chiaroscuri e sfumature trasformò l’incerto tratteggio di un profilo di ragazza in un ritratto di donna.

 

***

 

Tutto era pronto, anche le coreografie erano state messe a punto; era arrivato il momento, il mondo doveva essere preparato ad un nuovo grande successo.

Michael Jackson era all’apice della sua fama. Erano gli anni in cui davvero aveva tutto; soldi, successo, Grammy, bellezza e giovinezza; il tutto ovviamente contornato da critiche, illazioni, pettegolezzi da parrucchiere, il prezzo che tocca pagare quando si diventa una delle più grandi star del panorama musicale di tutto il mondo. Ma lui non voleva piegarsi a tutto questo, ed aveva ancora la forza di tentare di vivere una vita normale, o quanto meno fatta anche di svago oltre che di lavoro ossessionato.

Per quella sera volle essere spettatore e non mattatore da palcoscenico.

 -Stasera ho voglia della poltrona di un teatro. Che ne dici Jim? Ti va di vedere uno spettacolo a Brodway stasera?

 Come se poi avesse avuto possibilità di scelta. Jim Gellhorn era pagato per accompagnare Michael Jackson nelle sue uscite semi-pubbliche, per evitare che ad ogni passo venisse calpestato da una folla di fan assatanati. Faceva un po’ di tutto,  guardia del corpo, collaboratore, gli teneva conti, organizzava l’agenda; ma in fondo era anche un buon amico, Mike si fidava di lui.

Si recarono allo State Teatre e ovviamente la loro presenza non passò inosservata. Vennero riservati a lui e al suo gruppo dei posti d’onore. Il tutto fu fatto all’ultimo momento; i membri della compagnia non vennero neanche informati della presenza di quell’illustre spettatore perché Mike chiese esplicitamente agli organizzatori di non dire nulla loro. Per quella sera avrebbe voluto essere uno come tanti; del resto chi si esibisce non viene informato del nome e del cognome di ciascun membro del pubblico, e così fu.

Si aprì il sipario. Lo spettacolo ebbe inizio.

 Non riusciva a rilassarsi; non poteva fare a meno di guardare tutto sottoponendolo alla sua deformazione professionale. Effettivamente i ballerini erano bravi. Buona la dinamica, la sincronicità, la ritmica, ma ad un certo punto si perse. Il suo sguardo divenne tutt’uno con le sinuose, eleganti e allo stesso tempo grintose movenze di una delle ballerine. Faceva una piccola particina da solista e per il resto faceva da corpo di ballo,ma che corpo e che ballo. Magnetismo allo stato puro; faccia pulita, sguardo languido, totalmente assorta nella sua arte. Quella ragazza si offriva al pubblico come non aveva mai visto fare a nessuna, lei si che aveva lo spirito giusto, lei si che dava spettacolo. Ma chi era? Voleva incontrarla per farle i complimenti.

***

Quanto amo il teatro; ogni sua molecola è per me molecola di vita; il sipario pesante e polveroso, l’odore della pece per non scivolare, le quinte…

Prima di uno spettacolo seguo sempre un mio rituale particolare. Mi allontano nell’angolo più recondito del backstage e tra aste, riflettori, parti di scenografia e resti di costumi di scena trovo la mia dimensione. In religioso silenzio massaggio ogni minimo muscolo con accortezza e riscaldo il mio bene più prezioso, i piedi, con la perizia di un artigiano meticoloso. Per un danzatore il corpo è un tempio sacro e la sbarra il suo altare mistico.

Da bambina durante i saggi che preparavo nella scuola in cui ho studiato, in quei piccoli teatri della periferia di Napoli, mentre aspettavo di entrare in scena per esibirmi guardavo in alto verso il soffitto e mi perdevo in quel groviglio di fili e luci colorate. Immaginavo che su quelle alte impalcature camminassero degli spiritelli dispettosi che da lassù guardavano i ballerini in scena e decidevano se farli cadere o farli danzare. E allora poco prima di mettere i piedi sul palco alzavo gli occhi e pregavo intensamente gli spiritelli perché mi permettessero di eseguire bene i miei passi e di far commuovere mamma che era tra il pubblico.

Erano più di dieci anni che non facevo una cosa del genere, ma quella sera sentii forte il richiamo di quel dolce ricordo di infanzia ed allora sorridente ed un po’ sorpresa, prima di entrare in scena gettai un’occhiata al cielo.

Gli spiritelli mi fecero danzare come non avevo mai fatto. Vivevo il mio corpo in tutta la sua energia, sentivo la forza, la pulsione, la delicatezza, la tensione, ma soprattutto mi stavo divertendo.

Terminata la serata, noi della compagnia venimmo avvisati del fatto che tra gli spettatori quella sera c’era Michael Jackson. A quel punto si scatenò il putiferio. Per tutte le ragazze del corpo di ballo iniziò la caccia all’uomo. Volevano incontrarlo…anzi divorarlo direi. Autografo, foto, baci, abbracci e se ci fossero riuscite, anche qualcos’altro. Sapevo che in quel senso ci avrebbero provato tutte.

Nella compagnia non avevo nessuna amica. Tutte assatanate di successo a tutti i costi, pronte a vendersi all’ultimo degli impresari anche per un contratto misero. Sanguisughe, invidiose ed arrampicatrici sociali. Una buona parte di loro era italiana; quelle mi odiavano più di tutte, altro che spirito patriottico, e tutto a causa del fatto che nel casting di Roma Bob Stuart mi scelse per prima, subito, dopo una sola selezione. Ricordo che mi guardò e disse –Perfetta, stavo cercando proprio te…

In quei mesi sempre in giro a parte le chiacchierate con Kevin e le telefonate dall’Italia di Diana, la mia migliore amica da sempre, ero sola, non parlavo con nessuno. Preferivo stare per conto mio, piuttosto che girare a fare la grupie per i locali notturni di mezzo mondo con le altre.

Anche in quell’occasione mi tenni fuori dal mucchio; non mi andava di stare in mezzo a quelle arpie maliziose, e poi io, troppo poco maliziosa, apprezzavo Michael Jackson come artista, anche se effettivamente aveva un fascino fuori dal comune, ma comunque non avevo nessuna intenzione di buttarmi ai suoi piedi come una forsennata mostrandogli la mercanzia a buon prezzo. Avevo qualcosa che si chiamava dignità da rispettare…Ma che vuoi che ne capissero quelle altre.

E poi del resto in quella tale confusione che avrei potuto dirgli…”Salve Mr. Michael Jackson, sono una sua estimatrice dalla sorridente Italia…Volevo sincerarmi con lei per le sue straordinarie doti di cantante, ballerino, performer…ecc…ecc…” In effetti aveva tutto quell’uomo. Chissà se sapeva volare…Ah già…volare no, ma camminare sulla luna si…Era perfetto allora. Lui di certo non aveva niente da dirmi…

E così quella sera dopo lo spettacolo andai in camerino, mi struccai, raccattai la mia roba e in quella confusione di fotografi, ragazzette urlanti e guardie del corpo, sgusciai fuori dal teatro e con il primo taxi presi la strada dell’albergo.

***

Finito lo spettacolo chiese ai suoi collaboratori di incontrare la compagnia; in realtà voleva conoscere lei e dirle quanto avesse apprezzato la sua capacità di tenere il palco e coinvolgere il pubblico.

Si recò con Jim e gli altri del suo staff nei camerini; una folla di fotografi gli bloccava ogni passaggio e la compagnia al gran completo, con tanto di regista, lo accolse calorosamente. Fu strapazzato dalle ragazze ancora con i costumi di scena, tra autografi, foto, sbaciucchiamenti. Tutti che gli dicevano quanto fosse straordinario. Ma in realtà in quel caos ci si era imbattuto non tanto per ricevere complimenti, ma per farne di cuore ad una ragazza, una di loro, ma nessuna di loro in effetti.

-Jim?...Hai capito chi sto cercando…?

 -Si Mike…è la millesima volta che me lo dici…La ragazza mora con i capelli ricci lunghi…Ho capito

 -Jim…

 -Si Mike…

 -Ma non c’è la mia ragazza mora con i capelli ricci lunghi che stavo cercando…

Stava per abbandonare le ricerche.

-Eccola!!!....Ehi…scusa! Santo cielo…Scusate…mi fate passare un attimo- tentava di farsi largo tra la gente-…anzi qualcuno chiami quella ragazza mor…

Nemmeno il tempo di finire la frase che lei gli passò davanti a razzo, uscì dal teatro e si infilò in un taxi. Se l’era fatta scappare.

  
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