Da quando ho
scoperto che mio padre non ha più molto tempo, trascorro ogni momento libero in
ospedale, anche se ancora non ho trovato il coraggio di entrare nella sua
stanza. La mamma, invece, non ha il coraggio di uscirne, però dovrebbe farlo:
dovrebbe imparare a stare lontana da lui, perché quando arriverà il momento
della separazione definitiva, avrà un crollo. Lo so anche senza essere uno
psicologo.
La mamma è
troppo coinvolta, io sembro uno che se ne frega, e mia sorella… Allie dovrebbe ricevere
la medaglia d’oro al valor civile, per l’impegno che mette in ogni cosa che fa:
si occupa della famiglia, del negozio, della mamma e di me.
“Ehi
fratellino… hai bisogno di qualcosa?”
Alzo lo
sguardo su mia sorella, e per la prima volta mi rendo conto di quanto sia
stanca.
“Sì, Allie.
Ho bisogno che tu vada a casa, a riposare.”
“Riposare?
Non sono stanca.”
“Le occhiaie
ti arrivano alle ginocchia. Vai, riaccompagno io la mamma.”
“Josh…”
“Allie, vai. Per favore.”
***
“Tesoro, posso
andare a casa in autobus. Non c’è bisogno che mi accompagni.”
“Che razza
di ragionamento è, mamma? Accompagnarti a casa non è una punizione. Lo faccio
volentieri.”
“Non vorrei
che avessi problemi sul lavoro.”
Salgo in
auto e allaccio la cintura, aspettando che mia madre faccia lo stesso. “Mamma,
dovete smetterla di trattarmi come se la mia vita contasse più della vostra.”
“Noi non ti
trattiamo…”
“Oh, mamma, smettila! È tutto un continuo ‘Josh, non
vorrei che’, ‘Non potrei perdonarmi se’… sono stufo. Solo perché tutti
conoscono il mio nome, non significa che dobbiate trattarmi con i guanti. Allie
non può continuare a fare tutto. È ora che anche io mi prenda la mia fetta di
responsabilità.”
Gli occhi di
mia madre si velano di lacrime. “Mio Dio… mi sembra di vedere tuo padre.”
***
L’orario di
visita termina tra mezz’ora. Ancora trenta minuti prima che la caposala mi
sbatta fuori a calci. Ancora trenta minuti per trovare il coraggio di entrare
in quella stanza e sedermi accanto al letto di mio padre. Non dovrei essere
così spaventato, però… non so, lo sono. Ha ripreso conoscenza pochissime volte,
e mai per più di qualche minuto. Forse ho paura che si svegli mentre sono con
lui. Forse ho paura di quello di cui potremmo parlare. Forse non voglio parlare
di quello che gli sta succedendo. Di quello che sta succedendo a tutti noi. Di
quello che succederà alla nostra famiglia quando lui se ne sarà andato.
Non riesco a
capire quali siano le cause della mia paura. So soltanto che ho appena
oltrepassato la porta della sua stanza, e ora sono immerso nel silenzio e nel
buio. Sono immerso nella paura, a pochi centimetri da lui.
“Ciao,
papà.”
Il dottor
Carver dice che parlargli può essere un buon modo per aiutarlo a riprendere
conoscenza, di tanto in tanto. Ma io non sono bravo con le parole. Me la cavo
meglio con la musica. Forse
cantare può essere una soluzione, dopotutto.
“…she turns to
the window, to sway in the moonlight, even her shadow has grace…”
Canto
sottovoce, senza lasciare la sua mano.
“…she lifts her hands
to the sky… she moves with the music, song is her lover, the melody’s making a
cry…”
Una leggera
pressione sulle mie dita mi spinge ad aprire gli occhi, e ad incontrare i suoi.
“La più
bella canzone che tu abbia mai cantato.”
Sto per
arrossire come un cretino. “Non hai sentito l’ultima che ho scritto.”
“Come si
intitola?”
“’My Soul’s
Mirror’. L’ho scritta pensando a Grace. Sai, la ragazza di cui ti ho parlato. A
Brian è piaciuta.”
“A Brian è
piaciuta la tua ragazza?”
“No, la
canzone. E comunque, Grace non è esattamente la mia ragazza.”
“Però ci sei
stato a letto.”
“Papà!”
Il suo
sorriso porta i segni della malattia, però riesce a contagiarmi, come sempre.
“E va bene,
l’abbiamo fatto. Due volte” aggiungo, notando i suoi cenni d’intesa. “In due
giorni.”
“Bravo,
figliolo.”
“Papà…”
bisbiglio, facendomi serio. “Perché non ci hai detto niente?”
“Non volevo
che vi preoccupaste.”
Rido.
“Certo, perché scoprire all’improvviso che stai morendo non è fonte di
preoccupazione.”
Sospira. “In
tutta sincerità, speravo che mi prendesse in fretta, all’improvviso. Sarebbe
stato più semplice.”
“E’ per
questo che volevi lasciare la mamma? Perché lei pensasse che non vi amavate
più, così avrebbe superato la tua morte più in fretta?”
“Forse. Non
so che cosa stessi pensando. La verità è che la mia vita non ha mai avuto
senso, senza di lei. Da quando l’ho incontrata, la strada è sempre stata in
salita… ma quanto è stato bello il viaggio.” Sospira ancora, perdendosi nei
ricordi, mentre io mi perdo nei suoi occhi, senza riuscire a convincermi che
non brilleranno così per sempre.