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Autore: Maggie_Lullaby    09/09/2010    11 recensioni
Olive Monroe ha diciotto anni e da quando è nata vive nel Bronx, con una madre menefreghista, un padre assente e quattro fratelli a cui badare. Affoga i suoi dispiaceri nell'alcool, senza sapere che combinare della sua vita.
Poi, una sera, un'illuminazione, spontanea, come un fulmine a ciel sereno, un'idea che potrebbe cambiare totalmente la sua vita.
Nick Jonas è un diciottenne all'ultimo anno di liceo, chiuso in se stesso, senza nessuno con cui parlare, sempre chino sui suoi spartiti. Sì, perché lui scrive, scrive musica. Scrive vita. Scrive amore.
Joe Jonas è il cantante di una band hard rock della scuola, frequenta solo i membri del suo gruppo e a casa è assente, lontano. Vuole allontanarsi dal suo fratellino sfigato e dal maggiore pacifista.
Kevin Jonas va all'università, e sogna di rivedere a casa l'armonia di una volta. Ma, mentre aspetta, suona la chitarra.
Una storia d'amore, ma non l'amore che intendiamo noi. L'amore per una sola, unica, perfetta parte della vita di tutti noi...
La Musica.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4.


«Qual'è la stata la persona che ha dato più fastidi nella band, inizialmente?»

«Il suo nome era Jason Matthews».

«Era?»

«Passiamo oltre».

Liv si affacciò alla sala della musica sentendo le note ormai a lei familiari della canzone di Nick che risuonavano come onde. Dolci onde del mare.

Si sedette su una delle poltroncine rosse in fondo e incrociò le braccia al petto, scostandosi i corti capelli scuri dagli occhi ridotti a fessure.

Era da tutta la settimana che lo seguiva in quella sala, nascondendosi nell'ombra per ascoltarlo e, giorno dopo giorno, la sua convinzione era cresciuta ad una velocità impressionante.

E quel pomeriggio era il pomeriggio.

Uscì dall'ombra e camminò a passi veloci lungo gli stretti corridoi di sedie dell'anfiteatro, veloce e silenziosa.

Nick non la sentì arrivare finché non salì i gradini in legno che conducevano al palco.

Si bloccò, voltandosi in fretta e facendo cadere a terra gli spartiti che teneva sul piano, chinandosi subito per raccoglierli mentre le gote gli si tingevano di rosso scuro.

Olive alzò gli occhi al cielo e si inginocchiò per aiutarlo, dando un'occhiata alle parole di un'altra canzone che non gli aveva mai sentito cantare.

«Sono delle belle canzoni», annuì Liv, restituendogli gli spartiti.

Nick la fissò, stupito che stesse parlando. Non l'aveva quasi mai sentita parlare, solo in classe durante le interrogazioni, ma anche in quei casi non si disperdeva in paroloni: dava risposte brevi. Coincise.

«Gra...grazie», rispose lui, appoggiando i fogli sul pianoforte.

Rimasero in silenzio, scrutandosi.

«Ti ho sentito suonare, negli ultimi giorni», cominciò, fissandolo con un'aria così determinata che gli fece scostare lo sguardo a terra. «Sei bravo».

Nick prese un respiro profondo. Non gli piaceva che Olive sapesse della sua passione per la musica. Non voleva che si sapesse in giro, punto.

Vedendo che non parlava Liv continuò.

«Ho bisogno di un favore». Dritta e coincisa, come in classe.

«Dimmi», disse Nicholas, con un tono così basso che quasi Olive non lo sentì.

«Devi suonare in una band».

Il riccio la guardò, scoppiando in una risata.

«Cosa?», domandò. «In una band? Perchè...?».

«Un favore, te l'ho detto», replicò Liv, calmissima.

Il ricco scosse il capo, senza sapere che dire.

«Che favore è?», domandò incuriosito.

La ragazza sbuffò e raggiunse l'orlo del palco, lasciandosi sedere per terra e facendogli cenno con una mano di imitarla.

Nick ubbidì. Lui ubbidiva sempre.

Così la ragazza iniziò a raccontare a grandi linee la sua situazione familiare, non voleva ispirare pena o altro, ma se Nick voleva sapere il motivo di quel favore aveva il diritto di conoscere la verità. Magari non tutta, però.

Raccontò della madre che non c'era mai. Il padre disse di non averlo conosciuto. Non nominò Sean. Disse solo che voleva regalare ai suoi fratelli una vita migliore.

«In che modo posso aiutarti?», chiese Nick. «Perchè suonare proprio in una band? E tu, suoni?».

«Fai troppe domande», sbuffò piccata, ma rispose ugualmente. «No, io non suono, non canto. Non sono capace. Sto cercando di mettere su questo gruppo per andare a suonare nei locali, guadagnare dei soldi per andarcene. Ho provato a cercare un lavoro ma non mi prendendo da nessuna parte, senza contare che si guadagna una miseria facendo dei lavoretti dalle mie parti».

«Quindi tu devi far soldi», disse ancora Nick.

«», sbottò. «Non pensare che io me ne starò con le mani in mano mentre tu e gli altri suonate, eh. Io sarò quella che vi troverà le serate, i locali... Una specie di manager».

Nick annuì appena.

Rifletté qualche istante, nel silenzio generale.

«A Settembre mi trasferirò in centro», chiarì. «Vado alla Juilliard».

«Non mi interessa. Tre mesi basteranno, spero», fece lei. «Ci stai?».

Nick osservò ancora una volta la sua espressione determinata. Non si sarebbe arresa molto facilmente. Forse mai.

«Va bene», annuì. «Da dove cominciamo?».


Well I've been lookin' real hard
And I'm tryin' to find a job
But it just keeps gettin' together every day
(Rock'n Me; Steve Miller Band)


«Lui è Jason Matthews», iniziò Olive, accennando con lo sguardo a un ragazzo alto, nero, muscoloso. I capelli corti e le mani piene di libri.

Nick guardò il ragazzo, inclinando appena la testa.

«Mai sentito».

«Non ti offendere, Nicholas, ma non sei esattamente un buon esempio per descrivere la vita sociale di qualcuno», chiarì la mora, piccata.

Il diciottenne non rispose e continuò a guardare Jason, completamente ignaro della loro presenza.

«Lui cosa fa?», chiese il riccio, passandosi una mano tra i capelli e spostando lo sguardo su Liv.

«Canta», disse lei, sospirando. «Canta come un Dio».

Nick osservò gli occhi pieni di nuova luce della ragazza al suo fianco.

Liv parve accorgersene perché irrigidì le spalle e ridusse le pupille a fessure.

«Gli hai parlato?», continuò il ragazzo, notando che Olive non parlava.

«Oh, sì. Abbiamo una riunione questo pomeriggio...», riprese a camminare a passi lunghi e veloci, mentre Nick quasi correva per tenere il suo passo.

«Una riunione?», fece perplesso.

«Sì, cazzo, Nicholas, una riunione, ovvero un incontro tra persone», sbottò, parlando lentamente, come se fosse un disabile.

Nick rincasò la dose e scrollò le spalle.

«Dobbiamo andare a lezione», le disse, sentendo la campanella suonare.

Liv scosse la corta chioma mora.

«No».

«No? E perché?», fece il ragazzo, confuso.

«Perché le due ragazze che ti devo mostrare ora hanno un'ora libera e altrimenti non le incroceremo mai», disse Liv, disinteressata, continuando a camminare mentre i corridoi si svuotavano pian piano.

Nick osservò prima l'aula in cui sarebbero dovuti entrare, poi sospirò e seguì Olive, scomparsa dietro a un angolo.

Camminarono fianco a fianco per qualche minuto in silenzio, ognuno preso completamente dai propri pensieri, poi Liv si fermò davanti a una porta e guardò dentro, sorridendo trionfante.

Il ragazzo guardò dentro e vide due ragazze ricce, esattamente identiche se non fosse stato che una era mora e l'altra bionda. Erano sedute su due sedie e parlottavano tra loro, ridacchiando con risate acute e cristalline.

«Amanda e Jodie Gilbert», le presentò Liv, indicando prima la bionda e poi la mora. «Sono al terzo anno, suonano il violino da quando hanno sette anni. Prima che tu me lo chieda, sì, le ho già parlato, hanno detto che ci penseranno e verranno alla riunione di questo pomeriggio. Dato che dubito altamente che faremo molte canzoni con i violini sono anche coriste. Se vuoi seguirmi, ora, prego...», lo guidò lungo il corridoio semivuoto, tirandolo per la maglietta.

Nick la seguì, come un cane segue il suo padrone, lanciandole delle occhiate curiose ogni tanto.

«Quindi quanti saremo?», domandò.

«Domanda affascinante», disse Olive, «se va tutto bene oggi cinque, ma manca un componente».

«Chi?».

«Fai troppe domande», ripeté lei. «Ne parleremo questo pomeriggio, okay? E ora sbrigati, su».

Attraversarono la scuola cercando di non farse notare dagli insegnanti appostati nei corridoi, scambiandosi poche parole.

Liv non era una persona che parlava molto, non lo era mai stata, e quel mattino meno che mai.

Nicholas la guardava di sottecchi, come se volesse capire cosa le passasse per la testa. Non ci capiva niente.

Liv si fermò davanti a un'altra aula e dalla porta in vetro gli indicò un ragazzo di colore, esile, i capelli neri lunghi sino alle spalle.

«Philip Larson, quarto anno come noi, batterista. Ha suonato una parte al musical di fine anno due anni fa. È bravo», spiegò lei, velocemente. «Ha già detto sì».

«Quindi restano in forse Amanda, Jodie e Jason», riassunse Nick, annuendo piano.

«Vedo che presti attenzione quando parlo». Gli fece il primo sorriso dopo quattro anni. «La riunione è qui nell'anfiteatro alle quattro, l'ho prenotato per quell'ora. Porta qualcosa da suonare».

«Va bene», disse il diciottenne. «Daccordo».

Liv annuì.

«Ci vediamo questo pomeriggio, allora», disse, iniziando ad allontanarsi. «Ciao».

«Aspetta...!», la rincorse con la voce Nick, ma lei non lo sentì.


A little bit longer and I'll be fine

(A little bit longer; Jonas Brothers)


Quando Nick entrò, in ritardo come al solito, l'anfiteatro sembrava deserto, se non fosse stato per il suono veloce e armonico di due violini.

Nick alzò lo sguardo verso il palco, incrociando gli occhi ridotti a fessure di Olive e quello curioso e stranito di Jason e Philip.

«È uno scherzo, vero?», sbottò il primo, inarcando un sopracciglio, squadrando Nicholas da capo a piedi.

Amanda e Jodie smisero di suonare i loro violini e lo fulminarono con un'occhiataccia.

Liv alzò gli occhi castani al cielo e guardò Jason.

«Perché mai dovrebbe?», chiese a denti stretti.

«Oh, andiamo», roteò gli occhi Jason, voltandosi verso di lei. «Nicholas Jonas?!».

«Sì, è il suo nome, qualcosa in contrario?», fece lei, distaccata.

«È uno sfigato».

«Perché tu sei tutto questo gran pezzo d'uomo», sibilò Liv. «Ora, se non hai nulla da aggiungere, per favore ragazze continuate».

Nick li raggiunse a capo chino, arrampicandosi poi sul palco e andandosi a sedere sullo sgabello del pianoforte, il suo rifugio sicuro.

Jason lo seguì con lo sguardo, disgustato, per poi spostare di nuovo la sua attenzione sulle due gemelle che avevano appena finito la loro piccola esibizione.

Si inchinarono, molto teatralmente, mentre Philip applaudiva velocemente e Liv annuiva con un piccolo sorriso che le increspava le labbra sottili.

«Perfetto, grazie», disse.

Jason non disse nulla alle due gemelle e si puntellò sui talloni, annoiato.

«Allora, che cavolo si fa?».

Amanda alzò gli occhi al cielo.

Liv lo ignorò e si rivolse verso Nick, senza sorridere.

«Philip ha già suonato», disse, con tono implacabile. «Sei in ritardo».

«Lo so», annuì il moro. «Mi spiace».

Olive non aggiunse altro e si rivolse verso Jason.

«Ci canti qualcosa, per favore?». Disse le ultime due parole quasi come se fosse uno sforzo, come se essere gentile con Matthews fosse difficile.

«Naturalmente», gongolò quello, avvicinandosi a uno stereo che aveva evidentemente portato lui e facendo suonare, al massimo volume, una canzone rock degli anni '80.

Muovendo in sincrono con il ritmo la testa Jason iniziò a cantare una canzone di Bon Jovi.

Amanda e Jodie spalancarono le bocche, stupite come raramente le era accaduto nella vita; Philip aveva gli occhi sgranati, senza riuscire a proferire parola, mentre Nick semplicemente non credeva alle proprie orecchie. Liv, in tutto questo, era alquanto soddisfatta di sé stessa.

La voce di Jason Matthews era una fra le più belle che ognuno dei presenti nell'anfiteatro avessero mai sentito in vita loro, una voce roca ma melodiosa sia nelle note alte che in quelle basse, che la rendevano quasi ipnotica.

Una voce, quasi, migliore dello stesso Bon Jovu.

Concluse con una note acutissima, chiaramente aggiunta da lui dato che nella canzone originale non c'era, e sorrise sghembo, aspettandosi un qualche tipo di reazione.

Nessuno disse nulla; erano ancora tutti impegnati a capire come un ragazzo potesse avere una voce simili. Tutti meno che Liv, che fece un sorrisetto soddisfatto e batté le mani per pochissimi istanti.

«Bravo, Jason», commentò realmente ammirata.

Lui sbuffò.

«Solo bravo?!», ma lo sbottò così piano che Olive, piuttosto che montar su un polverone in un'occasione simile, poté benissimo far finta di non averlo sentito.

Jason le serviva, come l'aria. Il gruppo, senza di lui, non sarebbe stato quasi niente: certo Philip se la cavava, Jodie e Amanda non erano male e Nick avrebbe anche potuto fare il cantante solista ma, in fondo, non sarebbero andati lontano.

Con Jason sì, invece. Molto lontano, esattamente dove Olive voleva che arrivassero.

«Non ci resti che tu, Nicholas», disse, aprendo le braccia per poi farle ricadere sui fianchi. Il ragazzo non la sentì, ancora perso nel suo mondo. Gli erano venute in mente, all'improvviso, le parole di una canzone. Dentro di sé gli parve anche di sentirne la melodia.

«Nicholas?», ripeté Olive, scocciata.

«Sì?», domandò lui, improvvisamente, guardandola e sentendo di nuovo le parole della canzone.

«Devi suonare».

«Oh, sì».

Jason imprecò che era un idiota, questa volta supportato per piccola parta da Philip. Ancora una volta, anche se con sforzo, Liv non disse nulla.

Nick si girò verso la tastiera, ripetendosi nella testa le parole della canzone per far sì che gli rimanessero bene in testa sino alla fine di quella benedetta riunione.

Appoggiò le mani sui tasti, prese un profondo respiro, e cominciò a suonare una canzone che ormai conosceva a memoria: l'aveva scritta lui due anni prima, una sera che era a casa da sola e il diabete gli aveva dato dei problemi. E non c'era stato nessuno lì per aiutarlo.

A little bit longer, in quella sala, aveva un suono ancora migliore di dovunque altro posto avesse mai provato. Non l'aveva mai cantata lì; no, la suonava solo a casa, piano, perché a Joe dava fastidio. O forse, più probabilmente, perché Nick non voleva mostrarsi più debole di quanto già non fosse agli occhi del resto della famiglia.

Si rese conto, improvvisamente, che per la prima volta da tanti anni stava cantando per qualcuno che non fosse lui stesso e le pareti del salotto di casa sua. Per la prima volta da anni qualcuno era lì perché voleva esserci.

A scuola nessuno sapeva che avesse il diabete, non c'era stato motivo per dirlo agli insegnanti, e di amici Nick ne aveva sempre avuti pochi, e non a lungo.

Quindi, quando finì di suonare e si voltò verso gli altri, non si stupì nel vederli strani, Amanda addirittura quasi preoccupata. Liv era una fredda maschera di ghiaccio.

«L'hai scritta tu?», boccheggiò Jodie.

Nick annuì e, in pochi istanti, le braccia sottili di Amanda lo strinsero piano, per un contatto poco prolungato.

«Oh, mio Dio, Nicholas mi spiace tanto», commentò tristemente, guardandolo bene come se, d'improvviso, dovesse cadere morto da un momento all'altro. «Che cos'hai? Leucemia?».

«Oh, ma per favore!», commentò acidamente Jason, scontento che la sua brillante esibizione fosse passata in secondo piano a uno sfigato come solo Nicholas Jonas sapeva essere.

Nick rimase spiazzato dalla reazione di Amanda e rimase con le braccia lungo i fianchi, perplesso.

«Mmh, no, diabete», spiegò lentamente.

«Oh», commentò la mora, e al ragazzo parve di udire una nota di dispiacere nel tono della voce, come se avesse sprecato un abbraccio per una malattia che si poteva tenere sotto controllo. Evidentemente non fu l'unico a capirlo perché Olive fece un'espressione disgustata.

Amanda tornò da Jodie, che la fissò arrabbiata quasi quanto Liv.

«Bene, avete potuto avere un assaggio delle capacità di questo gruppo», spiegò Olive, prendendo in mano la situazione. «Jodie, Amanda, Jason, voi dovete confermare se vorrete o meno entrare a far parte in questo gruppo; ora io...».

Philip la interruppe.

«Tu che farai con precisione?».

La ragazza gli scoccò un'occhiataccia.

«Se tu solo aspettassi invece di interrompermi lo sapresti», rispose freddamente. «Come dicevo, io non suonerò né tanto meno canterò, ma mi occuperò di tutta la parte organizzativa. Voi dovete solo suonare, scrivere le canzoni, io mi devo occupare di trovarvi una sala prove, un locale disposto al vostro primo concerto e quelli per dopo, se non avete gli strumenti ve li dovrò trovare io. Avete capito?».

Aspetto che tutti annuissero prima di ricominciare.

«Bene, per quanto riguardo il denaro nessuno, e ripeto nessuno, avrà una fetta di soldi più grande degli altri di tutto quello che guadagneremo di volta in volta. Sì, sono inclusa pure io, Jason», aggiunse all'espressione scettica di Jason. «Io nemmeno. Se guadagneremo, che so, cento dollari una serata quel denaro verrà diviso per sei. Non verranno fuori cifre da capogiro, ma non si può avere tutto dalla vita».

Ancora una volta annuirono tutti, in sincrono.

«Allora... ci state?», chiese infine, incrociando segretamente le dita dietro la schiena.

Nick fu il primo a parlare.

«Io ripeto di nuovo sì», disse sorridendo appena. Liv gli regalò un'espressione decisamente più sollevata.

«Io pure», confermò Philip. «Senza dubbi».

Jodie lanciò uno sguardo alla sorella ed annuì, sorridendo raggiante. A quella vista anche Amanda annuì di corsa, preoccupata di finire per essere tagliata fuori dai progetti della gemella.

Ognuno si voltò verso Jason, che masticava una gomma da masticare con fare assolutamente disinteressato.

«L'importante è che arrivino i soldi», sbottò, e non aggiunse altro. Liv lo identificò come un 'sì'.

«Bene, ora abbiamo un problema», aggiunse, lasciandosi sedere per terra.

«E sarebbe?», chiese Jodie, sfinita.

«Ci manca un chitarrista».

«Io so suonare la chitarra», intervenne Nick, entusiasta di poter dare di nuovo una mano.

Liv inarcò un sopracciglio.

«Con questo immagino che mi stai dicendo che sai suonare sia il pianoforte che la chitarra contemporaneamente», fece piccata. Il diciottenne arrossì di vergogna.

«A scuola non c'è nessuno, vuoi dirmi, che sappia suonare la chitarra?», chiese Jason.

«Non bene quanto voglio io, e chi ne è capace non ne vuole sapere di questo progetto».

O io non lo voglio includere, aggiunse mentalmente.

Rimasero in un silenzio sospeso rotto solo dalle unghie di Amanda che picchettavano il pavimento del palco.

Nick, poi, alzò la testa, il volto illuminato da un sorriso.

«So chi può fare al caso nostro».


Continua...


Chiedo venia ç.ç

Scusatemi se ci ho messo così tanto a postare ma non riuscivo a scrivere >.<

Ho concluso ieri sera alle 2 questo capitolo, spero vi sia piaciuto almeno :D

Passo subito ai ringraziamenti... ♥

Melmon: come puoi vedere qui c'è stato un leggero cambiamento, specialmente nel rapporto Olive/Nick. Joe innesta istinti omicidi, non è una novità u.u Chissà se i Jonas sistemeranno le loro divergenze in futuro (non lo so quasi nemmeno io o.ò). Un bacio <3

Hollie: Joe è Joe, per quanto sia il mio Joe in questa fic rimarrà sempre lo stesso, quindi chissà. Spero ti sia piaciuto questo capitolo, un bacio <3

Danger_Dreamer_93: tutti contro Joe, sììììì *organizza una missione omicida* Anyway, hai proprio ragione >.< Nervi. Spero ti sia piaciuto questo capitolo, fammi sapere ;) Un bacio <3

Diletta: amoore! *ç* Non ho più messaggi, sorry! :( Joe a Ashley forse vanno a vivere insieme, sono ancora shockata, sai? E Frankie (u.u) non aiuta in questo momento xD Non sai come mi diverto xD Nicky è sempre tenero (a parte quando quasi mando a 'fanculo una fan ma dettagli u.u). Ti voglio bene anch'io <3

rosegarden: ehiii ;) Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, è un po' più lungo di quello precedente e spero ti abbia fatto piacere :D Grazie della recensione! Un bacio <3

cussolettapink: uhuh, ma pure io! *ç* Eeeh, ma l'aspetto fisico di una persona dipende anche dalla sicurezza dalla stessa, sapevi? Se una persona si vede brutta/sfigata (Nick) gli altri la vedranno come tale; quando suonava Nick invece si sentiva sicuro di sé, di conseguenza anche Liv ha potuto vedere la sua bellezza u_u Spero di essere stata chiara xD Un bacio, fammi sapere se ti è piaciuto questo capitolo <3

debby95: grazie mille *__* Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo anche se è meno... Mmh... “psicologico”. Fammi sapere! E grazie ancora! Un bacio <3

Marta: puzzola ti odio ._. Che poi ti devo chiamare, perché sono sotto shock, a te non fregherà nulla di quello che ti dirò ma non importa (indizio Joe + Ashley o.O). Necessito di parlarti. Urgentemente. Puzzi <3

  
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