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Autore: CastelliPerAria    09/09/2010    3 recensioni
La coscienza di Axl Rose si fa sentire dopo tanto tempo, per un tuffo nei ricordi del tutto inaspettato.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axl Rose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ehi I personaggi non mi appartengono e la storia qui narrata è puramente frutto della mia immaginazione.


Axl aprì gli occhi sbadigliando e passandosi una mano sulla barba rossiccia:alzò il busto di scatto, quando realizzò che non era nella sua stanza all’hotel.
Si guardò attorno confuso, forse la sbronza della sera prima si faceva sentire, dopotutto non aveva più il fisico di un ventenne, ma la stanza non gli ricordava nulla di particolare:era una semplice stanza completamente bianca, con le pareti ricoperte di specchi, come quella usata nel video di Don’t Cry. Lui era steso su un semplice lettino bianco, molto comodo.
All’improvviso l’unica porta presente, bianca anch’essa, si aprì rivelando due figure che lo lasciarono a bocca aperta.
Una era lui, o meglio lui in versione femminile:lunghi capelli rossi che le sfioravano i fianchi, occhi verdi, lineamenti delicati e una semplice veste bianca che arrivava a mezza coscia. Ai polsi due sottili catenelle d’oro e ai piedi sandali dorati dall’aria semplice eppure costosa.
In parte a lei, cosa che fece strabuzzare gli occhi ad Axl, c’era lui in versione giovane, identico a come doveva apparire vent’anni prima:capelli lunghi trattenuti da una bandana rossa, maglia rosso fuoco senza maniche, pantaloni di pelle aderenti e stivali.
Con un moto d’orgoglio Axl constatò che vent’anni fa era proprio un bel ragazzo. Non che ora fosse da meno, ma vedendosi da fuori capì come mai aveva sempre folte schiere di ragazze ai suoi piedi.
Il ragazzo ghignò arrogante e levò un pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni, per poi rimetterlo subito al suo posto non appena la ragazza al suo fianco sbuffò irritata.
Lui alzò gli occhi al cielo e poi si avvicinò ad un Axl palesemente allibito:- Ciao, cazzone. Allora come va la vita?-
Axl deglutì sbalordito e sbattè un paio di volte le palpebre.
- Certo che se gli parli così lo traumatizzi!- disse la ragazza facendosi avanti.
Sorrise dolcemente e parlò:- Ciao, William. Allora innanzitutto credo che gradirai qualche spiegazione.-
Axl o meglio, William, annuì con fare sbalordito.
- Bene…io sono Alexis, la tua parte più buona e femminile…- Axl la guardò scettico -…ehi, ho detto femminile, non gay! Comunque, lui invece è Axl, la tua parte più “cattiva” diciamo…-
William guardò Axl, che lo fissava immobile ghignando. Era la sua maschera, l’Axl che copriva William, il bambino spaventato e insicuro.
Alexis lo guardò sorridendo:- Vedo che hai capito…bene, diciamo che ti abbiamo “convocato” per fare un punto della situazione…non so se ti ricordi che hai detto ieri sera…-
William scosse il capo, quando nello specchio alle spalle di Axl apparì la festa della sera prima:erano in un giardino lussuoso, con tanto di festoni e addobbi, e lui si stava scolando l’ennesimo bicchiere di vodka. Biascicò qualche parola e poi si alzò dal bancone, inciampando e finendo in terra tra le risate dei presenti.
William si alzò furioso e rosso in viso e si diresse a passo spedito verso i bagni, dove si piegò su uno dei water e vomitò con violenza.
Poi si accasciò per terra, la fronte posata sulla ceramica fresca del gabinetto, e sussurrò:- Rivoglio i vecchi sballi. Rivoglio la vecchia vita di Axl Rose.-
L’immagine nello specchio si dissolse, lasciandolo di nuovo riflettere l’immagine di un William sbalordito, con la nuova barba folta e i capelli in disordine.
Alexis lo fissò dispiaciuta:- Mi dispiace per le tue parole, William…noi saremmo, come dire, le tue due coscienze e ci dispiace che tu desideri qualcosa d’impossibile.-
William la fissò mentre, costernata, si passava una mano tra i lunghi boccoli rossi.
- Vedi, quello che Miss Sintesi sta cercando di dirti è che non possiamo mandarti indietro nel tempo, ma possiamo sempre farti rivivere da fuori i bei momenti che hai passato…- spiegò Axl alzando gli occhi al cielo.
Alexis lo fulminò con uno sguardo delle iridi color ghiaccio:- …ma farti rivivere anche i momenti che ti hanno portato alla vita che hai ora. Te la senti, William Bailey?-
William li guardò sbalordito:entrambi lo fissavano, con due diverse espressioni di curiosità sul volto perfetto. Alexis lo fissava con curiosità dubbiosa e un po’preoccupata, Axl invece era impaziente.
- Sì…ma chiamatemi Axl Rose.- disse sfoderando il suo famoso ghigno.

- Bene, William…- disse Alexis sottolineando dispettosa il suo nome. Era la parte più dolce e remissiva di Axl, ma era pure sempre parte di lui.
-…diamo inizio alle danze, allora.- concluse Axl schioccando le dita.
Subito le luci della stanza sparrono lasciando posto all’oscurità e Axl si ritrovò seduto su di una morbida poltroncina di cuoio. Alexis e Axl stavano in piedi affianco a lui, come due silenziose guardie del corpo.
- Iniziamo dal principio…iniziamo dal vero William Bailey.- sussurrò timorosa Alexis, mentre una scena appariva sullo specchio dinnanzi a William.
Una ragazza dai lunghi capelli ramati cullava tra le braccia un bimbo dagli occhioni verde acqua sussurrandogli paroline dolci, per poi posarlo in un vecchio lettino di legno.
- Donna, vieni qua subito!- urlò una voce cavernosa.
La ragazza si passò una mano tra i capelli sospirando prima di gettare un ultimo sguardo al bambino e scoppiare in lacrime:- No, cazzo, basta con le tue violenze! Dio, non ce la faccio più!-
- CHE CAZZO DICI?!- urlò la voce, mentre dei passi minacciosi si avvicinavano.
La ragazza chiuse in fretta la porta a chiave, per poi scivolare lungo la porta malandata, la schiena appoggiata ad essa. Pianse in silenzio, mentre l’uomo tempestava di pugni la porta.
- Cazzo, donna, apri subito! Cazzo, apri o mi vendicherò anche su tuo figlio!- urlò la voce.
- E’anche il tuo di figlio, William, merda!- urlò lei, la voce roca dal troppo pianto.
Il bambino nella culla iniziò a piangere spaventato.
La scena sfumò, davanti agli occhi di un William atterrito.
Quando riprese colore, mostrava la vecchia casa di LaFayette. Nel soggiorno un bimbo dal caschetto rosso e dagli occhi chiari giocava con una palla.
Il bimbo rideva, quando la palla colpì un vaso rovesciandolo. La terra e i fiori si sparsero sul pavimento tra i cocci di porcellana.
Una sagoma arrivò dalla cucina urlando:- William, sei un bamboccio del cazzo!-
Il bambino fissò spaventato la donna, la ragazza dai capelli ramati di prima che ora sembrava trent’anni più vecchia.
A suo seguito arrivò un uomo corpulento, che lo fissò con un’espressione di odio profondo.
Il William seduto sulla poltrona trattenne una bestemmia quando riconobbe Stephen Bailey.
L’uomo si avvicinò al bambino e lo buttò malamente sul divano, mentre il bimbo iniziava a piangere. La donna, incurante del figlio, raccoglieva con aria assente i cocci sul pavimento.
- E’abbastanza grande per avere una lezione, questo moccioso…stai zitto!- urlò Stephen togliendosi la cintura dai pantaloni. La piegò in due e alzò la maglietta del bimbo.
La prima cinghiata fu coperta dalle urla del William bambino della scena e da quelle di rabbia del William seduto sulla poltrona. Ne seguirono altre, finchè il piccolo Will si accasciò svenuto sul divano, la schiena sanguinante. La madre lo prese in braccio, attenta a non toccare i tagli, e lo portò in camera sua, deponendolo sul letto.
La scena sfumò rendendo lo specchio di nuovo normale.
William se ne stava seduto sulla poltrona, rosso in viso, senza accorgersi di aver iniziato a piangere:sentì solo la mano leggera di Alexis sulla sua spalla.
- E’così che tutto è cominciato, William…- gli disse la ragazza dolcemente -…sfogati pure. Nessuno dovrebbe avere un passato così merdoso.-
William continuò a piangere in silenzio tra le braccia esili di Alexis, mentre invece Axl lo osservava assente.
Quando si calmò, Alexis si staccò da lui e sospirò:- Andiamo avanti con il resto…-

La poltrona girò, fermandosi di fronte ad un'altra parete. Davanti a lui, un altro specchio.
- Ora tocca ai primi tempi felici…- disse Axl con tono soddisfatto -…i tempi della Hell’s house.-
William sobbalzò ripensando ai vecchi tempi. Un moto di nostalgia lo travolse appena la scena si delineò nello specchio.
Uno Slash visibilmente ubriaco e ancora giovane si accasciò su un vecchio divanetto nel loro garage, quel garage che sarebbe passato alla storia.
- Slash, cazzo, sei di nuovo ubriaco!- esclamò una voce conosciuta. Duff, anche lui incredibilmente giovane e in forma, si avvicinò al riccio e gli diede una piccola pacca sulla spalla.
- Andato completamente.- sbuffò passandosi una mano tra i capelli ossigenati. Si accese una sigaretta e rimase a contemplarlo per un po’:- Mi sa che dobbiamo rimandare le prove, Axl.-
Un ragazzo giovane dai lunghi capelli rossi, con una bandana azzurra in testa, sospirò irritato:- Lo vedo, non possiamo suonare senza questo fottuto cazzone.-
William sorrise impercettibilmente:erano loro, i primi veri Guns, ancora a battibeccare nella Hell’s house.
Un’altra voce irritata li raggiunse:- Volete dirmi che sono uscito in anticipo dal lavoro per un bel cazzo di niente?-
Axl scoppiò a ridere:- Direi di sì…Izzy.-
William ebbe un tuffo al cuore di fronte al viso corrucciato di Jeff, il suo amico Jeff, anche lui giovanissimo.
Izzy si sistemò la coppola in testa sbuffando:- Siete tutti dei cazzoni…me ne vado a fumare.-
- Fantastico, anche oggi niente prove.- sbuffò Duff aprendo una lattina di birra -…mi sa che raggiungo Izzy.-
Uscirono tutti lasciando Axl e Slash da soli. Il rosso si avvicinò al riccio chinandosi verso di lui.
- Non so se puoi sentirmi Slasher…ma sappi che se ci fai perdere ancora una volta le prove sei fuori.- disse a bassa voce.
William sorrise mentre l’immagine sfumava:non era mai stato così, anche se Slash aveva fatto perdere loro le prove altre volte. Era troppo bravo per essere buttato fuori.
Alexis sorrise:- Vedo che questo ti mette di buonumore…allora questo ricordo ti piacerà ancor di più.-
William sorrise quando nello specchio si delineò l’immagine del loro debutto, il 6 Giugno 1985 al Troubadour.
Lui giovanissimo stava cantando Nightrain, muovendosi in quegli aderentissimi pantaloni di pelle che mandavano in visibilio le fans femmine. Eppure erano scomodissimi, ti mandavano letteralmente a fuoco le palle.
- Come ti capisco.- sussurrò Axl nell’ombra, come se gli stesse leggendo nel pensiero.
William sorrise, mentre si gustava quel primo concerto storico in una visuale del tutto nuova.
Lui era bravissimo, con la sua voce graffiante e le movenze sensuali, non poteva ancora convincersi di essere davvero lui quel concentrato di ormoni allo stato puro.
Duff e Izzy stavano alla sua destra:uno alto e magrissimo, con un vecchio gilet di pelle e il grosso basso bianco a tracolla, l’altro serio e impassibile, con una delle sue solite camicie a fiori ridicole.
Alla sua sinistra invece stava Slash, un bestione a torso nudo tutto muscoli e capelli:le sue mani si muovevano velocissime lungo la sua leggendaria Les Paul.
Dietro, invece, William rivide uno Steven Adler giovanissimo, che saltellava eccitato sullo sgabellino della batteria, i soliti capelli biondi sparati e il solito poderoso torace peloso.
Nel vedersi così, con la sua band, all’inizio della loro carriera al massimo della forma e dello splendore, William ripensò con nostalgia che a quei tempi suonavano solo per divertimento e in cerca di gloria, non certo perché erano costantemente sotto la pressione di un pubblico di milioni di persone.
La scena sfumò, mentre lui abbracciava con aria complice Slash, con il chitarrista che sorrideva sornione da sotto i folti ricci.
William sorrise e la poltrona si spostò verso un altro specchio.
- Sono contenta che ti siano piaciuti questi ricordi, perché ora ce ne sarà uno forse meno bello…ma ricco di significato.- sussurrò Alexis.

Sullo specchio spuntò l’immagine di un Axl adulto, nel pieno dei suoi trent’anni, che cantava Paradise City di fronte ad uno sterminato pubblico. La maglia con il disegno giallo di Gesù e la scritta Kill your idols, i pantaloncini bianchi, la camicia scozzese e le Converse bianche e rosse con il suo nome stampato sopra. Erano a Tokyo, nel 1992.
La bocca di William si spalancò in un sorriso:era stato un concerto grandioso, il pubblico era in delirio, sarebbe stato ricordato per moltissimi anni.
Alla fine dell’energico ritornello finale, i Guns salutarono il pubblico e si ritirarono dietro le quinte.
Slash si tolse la chitarra da tracolla, agguantando una bottiglia di Jack e sedendosi su una poltrona:- Cazzo, ragazzi, abbiamo spaccato!-
Tutti si diedero il cinque e sorrisero.
Axl sorrise e alzò una bottiglia di vodka:- Ai Guns N’Roses!-
Tutti fecero il brindisi con una bottiglia diversa, per poi sprofondare in un vizio:chi l’alcool, chi le groupies che li avevano raggiunti in camerino, chi nella droga.
Slash bevve l’ennesimo sorso di Jack e si avvicinò ad Axl:- Allora, Rose, viva i Guns N’Roses! Viva noi!-
Axl bevve un altro sorso di vodka e guardò Slash negli occhi:- Noi? Me, vorrai dire.-
Il William seduto si morse un labbro, mentre il ricordo di quella sera gli tornava prepotentemente alla mente.
Slash scoppiò a ridere:- Te, Rose? Tu non sei niente senza la band…-
Axl, rosso in viso, forse anche per l’enorme quantità d’alcool che aveva ingurgitato, si alzò in piedi e iniziò ad urlare:- Chi cazzo ha bisogno di voi! Fanculo tutti, la band sono io! I Guns N’Roses sono io!-
Slash si alzò e lo fronteggiò:- Chi cazzo ti credi di essere, Rose? Sei una merda senza di noi!-
Tutti si erano immobilizzati, rivolgendo la loro attenzione verso il litigio imminente.
- Stai zitto, Slash! Tu pensi di essere il dio del mondo solo perché suoni una fottuta chitarra! Ma vaffanculo!-
- Sei tu che pensi di essere il re, Rose! Hai sempre preso tu tutte le decisioni!-
- E guarda dove ci hanno portato! Io faccio tutto sempre giusto, io sono la band!-
- Tu non sei un cazzo di nessuno, hai capito?! Tu senza i Guns N’Roses rimani un fottuto pezzo di merda! Fai sempre tutto come ti pare e piace, le nostre opinioni non  contano un cazzo…come quando hai mandato via Popcorn, non ci hai chiesto un cazzo di niente!-
- Le vostre opinioni sono inutili! Non ve le chiedo perché decido tutto io comunque! Stai zitto, coglione!- il pugno di Axl raggiunse uno Slash sbigottito che cadde in terra.
Slash si passò una mano sul viso sporco di sangue:Axl gli aveva spaccato un labbro.
William si morse il labbro a sangue:era stato uno stupido. La discussione appariva una scenata inutile e senza senso da fuori.
Slash alzò lo sguardo verso di lui:- Poi non chiederti perché Izzy se n’è andato…non chiederti perché alla fine ce ne andremo tutti.-
Axl rimase a fissarlo furioso, la bottiglia di vodka ancora in mano.
- Io me ne vado. Ho chiuso con i Guns N’Roses , Rose.- disse Slash alzandosi in piedi e prendendo la sua chitarra. Si diresse verso la porta del backstage, la aprì e sparì.
Axl rimase a guardare la porta rossa sbalordito. Poi si ricompose e bevve un lungo sorso di liquore.
- Bene…bene. Non mi serve Hudson, posso avere chitarristi migliori. HAI SENTITO, SLASHER?! TU NON MI SERVI!- urlò gettando la bottiglia a terra.
William sentì il sapore salato e ferroso del sangue in bocca: si era morso un labbro. Si tormentò le mani, consapevole di essersi comportato peggio di un bambino. Perché era un bambino. Un ridicolo moccioso. Forse Stephen Bailey aveva ragione.
Alexis sospirò e serrò al presa sulla sua spalla:- Sì, William, ti sei comportato come un bambino. Tutto il mondo tenne il fiato sospeso quando Slash annunciò la separazione, ma tu, da brava testaccia dura, non sei mai tornato sui tuoi passi…-
William gettò uno sguardo verso Axl, che gli rispose con il solito ghigno arrogante. Provò l’irresistibile impulso di alzarsi e picchiarlo a sangue:ora capiva quanto potesse essere fastidioso quel sorrisetto sarcastico.

La poltrona si girò verso l’ultimo specchio, dove apparve un immagine sfumata.
William ci mise poco a capire dov’era ambientata:in un tribunale, pochi anni fa.
Lui, treccine e barba rossa, camicia sbottonata e giacca bianca, era seduto su una scomoda sedia di legno.
Sbadigliò, per poi sbarrare gli occhi non appena due figure conosciute apparvero davanti a lui:spalancò la bocca per un istante, per poi ricomporsi subito dopo e fissarli con uno sguardo sprezzante.
Slash era invecchiato, forse era un po’gonfio, ma aveva i solito riccioli neri, il solito cilindro e i pantaloni di pelle e il chiodo erano stati sostituiti da jeans e giacca nera.
Al suo seguito, alto e secco come sempre ma con profonde rughe sul viso, Duff McKagan camminava vicino al chitarrista con indosso un completo gessato.
I due si sedettero su due sedie dall’altra parte dell’aula.
Un grasso e vecchio giudice battè il martelletto sullo scranno di legno:- Bene, diamo inizio alla contesa riguardo ai diritti del marchio Guns N’Roses. Da questa parte abbiamo il frontman e cantante della band, nonché compositore di molte canzoni, William Bailey. Dall’altra parte, il chitarrista Saul Hudson e il bassista Michael McKagan.-
William si tormentò le mani, seduto impotente di fronte a quell’ennesimo scontro inutile:aveva vinto la contesa, guadagnandosi i diritti su canzoni, cd e merchandising vario, ma l’incontro era stato disastroso riguardo al punto di vista umano. Slash e Duff lo avevano linciato con occhiate gelide e si erano espressi soltanto tramite avvocati. Un disastro.
Quando anche l’ultima scena si dissolse, Axl parlò:- Vedi dove ti ha portato il tuo orgoglio, Bailey? A chiamare i tuoi migliori amici signor Hudson e signor McKagan…a essere l’unico che ancora porta avanti la disperata crociata dei Guns.-
William rimase in silenzio davanti a quelle parole pronunciate con tanta asprezza, da una voce così simile alla sua.
Continuò Alexis:- Non ti stiamo dicendo di chiedere scusa a tutti, Will…ma di ripensare a quello che hai fatto. Non di pentirti, ma di rifletterci sopra…fatti delle domande, Will. Intesi?-
- Ok.- rispose a mezza voce, ma sapeva che gli altri due l’avrebbero capito lo stesso.
Alexis schioccò le dita e la stanza fu di nuovo illuminata. L poltrona era sparita, ora William era in piedi.
Alexis lo fissò:- Intesi, William, allora…ripensa alle tue scelte.-
William annuì e Axl lo prese per una spalla.- Ci sarà un motivo se non sei felice, Bailey…-
William annuì e i due si staccarono da lui, apparendo sempre più lontani.

William aprì gli occhi:era di nuovo nella sua camera all’hotel.
Non sapeva se fosse stato o meno un sogno, sapeva solo che ora i ricordi gli vorticavano vividi in testa.
Si alzò dal letto e si guardò allo specchio, che gli rimandava l’immagine di un uomo di mezza età con barba e capelli lunghi. Gli occhi azzurri però erano accesi da una luce diversa:più matura, più consapevole. Sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare.
Prese il cellulare dalla tasca dei jeans abbandonati sul pavimento e lo accese ansioso:fece scorrere la rubrica, fino a fermarsi alla lettere S. S come Slash.
Scrisse un breve messaggio, una sola parola di cinque lettere:Scusa. Una breve parola per sistemare tutto.
Stava per premere il pulsante di invio, quando sospirò e buttò il cellulare sul letto.
Sarebbe stato troppo bello tornare indietro. Sarebbe stato troppo facile chiedere scusa.
Ma ora era nella realtà, non era più William Bailey. Era tornato di nuovo Axl Rose.

Beh, spero vi sia piaciuta. E'stato un lampo di genio, un'ispirazione improvvisa. Pochi giorni fa c'è stato il concerto dei Guns N'Roses, io non ci sono andata, ma questa aria di euforia post-concerto mi ha ispirata. Bene, grazie a tutti quelli che volessero recensire^^

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