2.
Un
rombo attraversò la strada tranquilla, rompendo il gentile
silenzio
che era solito accarezzare quella parte della città
così tranquilla
e stazionaria.
Non
si può dire che gli abitanti della zona residenziale poco
fuori New
York non fossero abituati a quel rumore, visto che ormai faceva parte
della routine quotidiana, sopratutto alle sei del mattino.
L'Audi
spyder bianca parcheggiò nel vialetto buio di un'enorme
villa a due
piani situata al centro di un rigoglioso giardino perfettamente
curato, arricchito da fontane e giochi d'acqua, ora spenti visto
l'esoso orario. Il motore si spense, nello stesso momento in cui la
porta laterale in vetro murano che dava sul giardino si
spalancò.
“Dobbiamo
parlare.” sibilò una voce femminile piuttosto
irritata, mentre il
proprietario dell'auto scendeva, togliendosi gli occhiali da sole e
posandoseli sulla testa.
“Ehi
madre, sei già in piedi?” sorrise lui, inforcando
gli occhiali da
vista e mettendoli sul naso.
“Non
ho assolutamente voglia di scherzare, Alfred. Entra subito
dentro”
ordinò la donna indicandogli con forza l'interno della casa.
Il
ragazzo scosse la testa con un sorriso e girò gli occhi per
aria,
come se fosse abituato ad una routine del genere.
Il
soggiorno che si trovava oltre la porta finestra era il quinto per
grandezza, si poteva dire fosse uno dei soggiorni più
piccoli della
casa, visto che dava verso i garage, davanti al giardino. C'era un
tavolino basso di legno sopra un tappeto persiano finemente decorato.
Un vaso di fiori era poggiato sulla superficie legnosa e il tutto era
circondato da divani di velluto, a cui cambiavano rivestimento a
seconda del colore dei fiori sul tavolo. Questa volta erano rossi,
come i papaveri orientali nel vaso.
“Siediti”
continuò lei, con un tono duro, indicandogli il divano con
una mano.
Alfred gettò la giacca sulla spalliera e si
stravaccò sul morbido
velluto con un gemito compiaciuto, prima di stiracchiarsi
rumorosamente.
“Siedi
composto, Alfred. Sono veramente seria questa volta.” il modo
con
il quale sua madre stava insistendo questa volta era piuttosto
fastidioso.
“Madre,
ho veramente sonno. Non possiamo parlarne questo pomeriggio?”
cercò
di modulare il linguaggio e, per rendere la cosa ancora più
credibile chiuse gli occhi passandosi una mano tra i capelli biondi,
con uno sbadiglio.
“No,
Alfred. La tua condotta adesso ha raggiunto il limite. E visto il
grande evento che ci attende, non posso di certo permettermi di
presentare mio figlio in queste condizioni.”
cominciò spedita la
signora Jones, congiungendo le mani e posandole sulle gambe.
“Beh,
è presto fatto: non verrò e saremo tutti
più contenti!” esclamò
lui con un sorriso complice e si alzò, stiracchiandosi
nuovamente.
La
donna sorrise con lui e piegò la testa di lato, con una
leggera
risata. “Hai ragione, Alfred. Per quale atipico motivo tu
dovresti
partecipare al matrimonio di tuo fratello maggiore?”
continuò, con
il sorriso che si allargava ancora, presagendo nulla di buono.
“Come
ho fatto ad essere così sciocca, avevo la soluzione a
portata di
mano... adesso siediti.” mise in evidenza le ultime due
parole come
se stesse per regolare il lancio di una bomba.
Alfred
sbattè gli occhi, piuttosto allucinato, e si sedette
lentamente,
senza staccare lo sguardo da lei. C'era decisamente qualcosa che non
andava, e la cosa non lo faceva gioire per nulla.
La
signora Jones continuò a guardarlo fisso negli occhi, quegli
occhi
azzurri identici ai suoi. Aggrottò le sopracciglia, poi le
rilassò,
segno che stava cercando le parole giuste per cominciare il discorso.
Di solito non era mai nulla di serio, insomma, i soliti richiami, i
soliti 'perché non la smetti di girare la notte per i
locali',
oppure 'perché non metti la testa a posto' oppure
'perché non sei
come tuo fratello' e cose simili; ma questa volta il modo con il
quale lo stava fissando non poteva che fargli vedere tempesta
all'orizzonte.
Lei
prese un respiro e si aggiustò la vestaglia, abbassando
prima lo
sguardo e poi alzandolo nuovamente verso di lui. “Vista la
tua
condotta, e vista l'imminente data del matrimonio, io e tuo padre
abbiamo deciso di comune accordo di frenare questo tuo carattere
libertino ed esuberante affidandoti ad un parente della sposa
perché
ti rieduchi dalla testa ai piedi e faccia di te un perfetto
gentiluomo entro la data delle nozze.”
Alfred
sbattè gli occhi, alzando leggermente il busto dalla
poltrona in
velluto così comoda prima, ma che adesso sembrava diventata
ruvida
come carta vetrata.
Non
poteva essere sul serio. Stava sicuramente scherzando, insomma... era
impossibile! Chi diavolo si credevano di essere e chi era quello
stupido, schifoso inglese che aveva accettato un incarico del
genere?!
“Mi...
stai prendendo in giro...” sorrise Alfred, indicandola e
annuendo
con la testa. “Ci ero quasi cascato! Avanti madre, non
scherziamo... avrete sicuramente altro a cui pensare...”
“Sei
tu quello che mi dà più pensieri”
rispose lei, lanciandogli uno
sguardo furente. “E grazie alle nozze ho finalmente trovato
il modo
per farti calmare. Partirai per Londra domattina”
“Cosa?!
Madre, starai scherzando!” esclamò ancora,
alzandosi si scatto
dalla poltrona e aggrottando le sopracciglia.
Lei
scosse la testa, posandosi una mano sulla fronte e mettendosi in
piedi lentamente. “Perché non puoi essere come
Matthew...”
Alfred
aggrottò le sopracciglia e strinse i pugni, digrignando i
denti e
tentando di frenare la rabbia che gli montava in corpo. Per fortuna
il groppo in gola gli impediva di parlare. Prese la sua giacca e,
pestando i piedi, lasciò il piccolo soggiorno, salendo la
rampa di
scale in ferro battuto e stringendosi la giacca al petto, mentre gli
occhi erano diventati lucidi.
Perché
non puoi essere come tuo fratello? Perché non puoi essere
come
Matthew o Aaron? Era sempre la solita storia! Non c'era volta in cui
non mettessero in mezzo suo fratello gemello o suo fratello maggiore.
Non era di certo colpa sua se sapevano godersi la vita! E ora questo
fatto che Aaron si sposasse... era veramente una cavolata, privarsi
di ogni libertà per essere prigioniero di... una donna! Una
donna
inglese, poi!
Come
poteva accettarlo? Ecco, infatti. Non poteva, ma allo stesso modo non
poteva fare nulla per impedirsi di stare male, per un sacco di
motivi.
E
ora... questo? Ma che stronzata?!
Aprì
la porta della sua camera e la sbattè con forza, sperando di
svegliare tutti i residenti della casa. Gettò la giacca per
terra e
scese i tre piccoli scalini che lo dividevano dalla sua 'sala
giochi'. La superò e si sfilò la maglia,
gettandola per terra,
facendo la stessa cosa con i pantaloni. Lanciò le scarpe da
qualche
parte nella stanza e, in boxer, si gettò sul letto,
aggrappandosi al
cuscino. Poggiò entrambi gli occhiali sul comodino e chiuse
gli
occhi, aggrottando le sopracciglia piuttosto irritato e lanciando un
sospiro. Ci avrebbe pensato domani, sì... ci avrebbe pensato
dopo
un... sano... sonn--... zzz.
“Signorino,
si svegli, è ora di prepararsi per andare
all'aeroporto” una voce
femminile si accostò al suo orecchio, mentre qualcun altro
gli
tirava via le coperte e qualcun altro ancora apriva prepotentemente
le tende della sua camera facendo entrare la luce del sole.
“Cosa...
cosa? Cosa volete?!” esclamò, alzandosi di scatto,
con i capelli
tutti arruffati e gli occhi assonnati. Lanciò uno sguardo
veloce
all'orologio vedendo che erano appena le nove di mattina. Aveva
dormito si e no tre ore!
“Signorino,
la prego di sbrigarsi, dobbiamo essere in aeroporto entro le
undici”
disse il suo maggiordomo, piegando con cura le coperte che egli
stesso aveva tirato via dal letto del suo signorino.
“Ma...
ma...” biascicò, non capendo ancora cosa stesse
succedendo. Un
altro maggiordomo e la cameriera che erano con lui lo fecero alzare,
accompagnandolo in bagno e costringendolo a farsi una doccia veloce,
poi lui lo asciugò con forza, phonandogli i capelli mentre
la
cameriera preparava i vestiti necessari.
“Ma...”
mormorò ancora, mentre il maggiordomo spegneva
l'apparecchio. “Cosa
succede...?”
Il
suo maggiordomo personale, Tony, entrò con i vestiti pronti
e li
posò sul comò lì accanto.
“Il suo jet parte per Chicago alle
13.35, dobbiamo essere in aeroporto entro le 11”
“Chi...
Chicago?” mormorò lui mentre l'altro maggiordomo
lo aiutava ad
infilarsi una camicia.
“La
signora ha chiesto di prenotargli il volo più vicino per
Londra e
l'unico disponibile ha lo scalo a Chicago”
continuò Tony,
terminando di vestirlo. Alfred cercò di mettere in chiaro le
idee,
perché non aveva capito nulla di quello che era successo.
“Jet?
Chicago? Londra...? Un momento! Io non ho mai detto che ci sarei
andato!” esclamò, mentre lo accompagnavano
nuovamente nella sua
stanza.
“Ordini
della signora, signorino Alfred. Le cameriere si sono già
preoccupate di preparargli la valigia, la sua auto è
già stata
mandata a Chicago per essere imbarcata il prima possibile.”
“Tutto
questo è ridicolo!” esclamò, togliendo
la cravatta dalle mani del
maggiordomo e tentando di legarsela da solo, anche se sapeva
benissimo di essere negato.
“Signorino...”
mormorò lui, facendosi restituire la cravatta e
legandogliela per
bene. “Avanti, la veda come un'occasione per visitare
Londra”
“Me
ne frego di Londra!” esclamò lui, poi
sbattè gli occhi,
pensandoci un attimo. “Visitare Londra... perché
no” si allargò
un sorriso sul suo volto, mentre si infilava la giacca e si
aggiustava gli occhiali da sole sul naso. “Molto bene,
Tony...
vedrò di conoscere Londra sino in fondo~”
Il
maggiordomo scosse la testa e sospirò, ben intuendo la frase
e ormai
conoscendo troppo bene il suo signorino per poterla fraintendere in
qualsiasi modo.
“Da
qui in poi devo lasciarla andare, signorino. La signora ha
espressamente chiesto che ve la caviate da solo a Londra”
disse il
suo maggiordomo, una volta atterrati a Chicago.
“Eh?
Ma mancano sei ore all'imbarco, cosa farò fino ad
allora?”
piagnucolò lui, alzando le sopracciglia.
“Il
mio ordine era di lasciarla a Chicago e vedere il suo effettivo
imbarco sull'aereo per Londra”
Alfredo
sospirò passandosi una mano tra i capelli. Sua madre era
pazza, suo
padre era pazzo e anche i componenti di quella stupida famiglia
inglese erano pazzi! Ma perché doveva capitare a lui?
“Va
bene... allora io vado a farmi un giro per l'aeroporto”
sospirò
ancora abbassando il viso quasi sconfitto.
“Mi
suole informarla che ad ogni uscita sono state piazzate delle guardie
perché lei non fugga.”
Alfred
sbatté gli occhi e fece una smorfia. Anche se gli fosse
balenato in
testa di fuggire, ora non avrebbe potuto fare neanche quello.
“Strega.”
sibilò, togliendosi la giacca e posandosela sulla spalla,
infilando
l'altra mano nella tasca del pantalone. “Allora ci vediamo
dopo,
fai il check-in per me”
“Sì,
signorino.”
Alfred
cominciò a camminare per il lungo corridoio contornato di
bandiere
delle più svariate nazioni. Con un gesto veloce si tolse gli
occhiali da vista e posò sul naso quelli da sole, si
allentò la
cravatta e si sbottonò la camicia. Non poteva di certo
andare in
giro come un signorino inglese! Ah, ogni riferimento era puramente
casuale~
Sfoderò
il suo sorriso migliore, e già mietette qualche vittima, tra
le
giovani ragazze di una squadra di cheerleader che stava portando i
propri bagagli al check-in nazionale. Poi fu la volta di alcuni
ragazzi vestiti con una divisa scolastica, probabilmente... inglesi.
Un brivido gli attraversò la schiena ma continuò
a sorridere,
mettendo un piede davanti all'altro.
Persino
un giovane cameriere di un bar lì accanto rimase fisso a
guardarlo
tanto che i due, totalmente distratti, si scontrarono, facendo cadere
il vassoio che il ragazzino portava tra le mani.
“Oh!”
esclamò Alfred, mentre il giovane si chinava, rosso come un
peperone, a raccogliere le tazzine. Il caffè, purtroppo, si
era
versato sulla camicia immacolata di Alfred.
“Mi...
mi dispiace da morire, signore! C-cercherò di
rimediare...”
biascicò lui, con la testa bassa e il vassoio tra le mani.
Alfred
allargò un sorriso e lo prese per un braccio. “Sai
dov'è il
bagno?”
Il
ragazzino annuì, mentre il batticuore gli saliva per il
contatto.
“Bene,
allora portami lì~”
Il
ragazzino annuì, ancora più rosso, e lo
portò nel bagno dei
dipendenti del bar dove lavorava, chiudendo la porta a chiave.
“Mi...
mi dispiace ancora, signore...” mormorò lui, che
con un panno
tentava di far scolorire la macchia di caffè, mentre Alfred
con
assoluta nonchalance si allentava la cravatta e si sbottonava la
camicia, scoprendo il petto.
Il
ragazzino abbassò ancora di più il viso, ormai
anche le sue
orecchie erano diventate rosse e il batticuore gli rimbombava in
gola.
“Ehi...”
sussurrò Alfred, allargando un sorriso e cominciando ad
accarezzare
i capelli del ragazzo. “Sembri giovane, quanti anni
hai?”
“Di...
diciassette, signore...” mormorò lui, mentre quel
tocco,
stranamente, lo stava facendo andare ancora più su di giri.
“Sei
proprio giovane...” sorrise, mentre la mano scivolava sul
mento del
ragazzo e lo faceva alzare verso il suo. “Non trovi che
questo
posto così stretto sia... stimolante?” il suo
sorriso si allargò,
trasformandosi in un ghigno, mentre il giovane sotto di lui lo
fissava con gli occhi spalancati e le guance rosse, che quasi
cominciava a sudare. Oh, com'erano onesti i giovani d'oggi~ alla
parola stimolante quel ragazzino tanto carino si era già
eccitato.
Stimolante~
“Qualcosa
mi dice che la pensiamo in due...” mormorò al suo
orecchio, prima
di cominciare a morderglielo con lentezza e regolarità,
mentre il
panno bagnato scivolava dalle mani del ragazzino sino a terra.
La
mano del giovane cameriere si aggrappò alla camicia di
Alfred, lui
sorrise prima di passargli la lingua sotto l'orecchio per poi
scendere sul collo, cominciando a mordicchiarlo.
“Ho
sei ore libere... ti va di farmi compagnia?~” chiese, in un
sussurro sexy vicino al suo orecchio, ma la risposta non giunse dalle
labbra del ragazzo, ma dal vigore della sua eccitazione che premeva
sulla gamba di Alfred.
“Mh...”
sorrise lui, infilando immediatamente una mano nei pantaloni della
divisa del giovane, abbassandoglieli sino alle natiche, insieme ai
boxer.
Il
ragazzo si strinse a lui, spingendo la sua eccitazione contro la
gamba di Alfred, e il sedere contro la sua mano.
Oh,
quanto adorava vincere~
“Non
mi hai neanche detto il tuo nome, scricciolo... vorrei chiamarti
mentre vengo dentro di te...” ancora un sussurro sexy contro
l'orecchio del povero ragazzo, che ormai mugolava anche solo per il
leggero tocco di dita del biondo di fronte a lui.
“M-Max...
mi chiamo... Max...” ansimò, allacciandogli le
braccia al collo,
nel frattempo che Alfred faceva miseramente cadere boxer e pantaloni
del ragazzo sul pavimento.
“Max,
mh? Bel nome... mi piace” sorrise, sedendosi sul ripiano dei
lavabo
in -finto- marmo e facendo accomodare il giovane sulle sue gambe.
Avvicinò le dita alle sue labbra e le passò su di
esse, prima di
fargliele socchiudere. “Avanti, lecca...”
Il
ragazzo prese due dita tra le labbra e cominciò a succhiarle
e
leccarle, con minuziosità, mentre Alfred vedeva che
l'eccitazione
del giovane ormai era quasi vicina al limite. Sorrise e gli
passò
una mano tra i capelli, prima di allontanare le dita dalla sua bocca
e avvicinarle alle sue natiche.
Massaggiò
un po' l'entrata, poi ne inserì uno, mentre con la bocca gli
mordicchiava il collo. Il ragazzo gemeva e ansimava contro di lui,
strusciava la propria eccitazione contro il suo stomaco, cominciava a
pregare di avere di più. Alfred allargò un ghigno
e non lo fece
aspettare, inserendo subito dopo l'altro dito, per allargarlo nel
miglior modo possibile. Quando adorava i ragazzini docili e
accondiscendenti come questo giovane cameriere~.
Quando
finalmente lo penetrò, gli coprì una mano con la
bocca. Non fosse
mai che entrasse qualcuno a disturbare quel momento così
particolare, no?~
Per
almeno un'ora continuò a cambiare posizioni e modi
finché non fu
pienamente soddisfatto. Come promesso, ogni volta che raggiungeva
l'orgasmo mugolava il nome del ragazzo, che lo seguiva a ruota, se
non era già venuto prima di lui.
Compiaciuto,
si fece aiutare dal ragazzo a 'pulirsi' come meglio poteva e gli
schioccò un veloce bacio sulla fronte.
“Prendo
in prestito questa~” sorrise, appropriandosi della camicia
del
cameriere e lasciandogli la sua, ancora sporca di caffè.
Uscì dal
bagno gongolante e si rimise gli occhiali da sole, lasciando la
cravatta slacciata e la giacca sulla spalla. Il ragazzino
uscì poco
dopo di lui coprendo la macchia di caffè con il gilet del
bar,
totalmente sconvolto e come nuovo, sospirando insieme a tutti gli
altri che seguivano la forma slanciata di quell'americano
così
strano.
“Signorino,
è ora dell'imbarco” lo avvertì Tony,
chinando leggermente la
testa.
“Ok~
beh, allora ci sentiamo presto!” esclamò,
battendogli una mano
sulla spalla e prendendo il bagaglio a mano. “Non sentire la
mia
mancanza!” rise, alzando una mano per salutarlo e
avvicinandosi al
metal detector.
“Tenterò
di sopravvivere con questo peso nel cuore, signorino...”
Alfred
sorrise, facendogli l'occhiolino. “Mi mancherai,
Tony!” e lo
salutò, passando attraverso il metal detector e lanciando
uno
sguardo compiaciuto alla poliziotta che lo stava controllando.
Salì
sull'aereo e si sedette sul suo posto in prima classe, chiudendo gli
occhi. Aveva dato un'occhiata ai suoi 'compagni di viaggio' e non
c'era veramente nessuno che valesse la pena di portarsi nel bagno
della classe. Pazienza, avrebbe dormito di più e avrebbe
avuto più
energie per conoscere a fondo i londinesi~
Atterrò
a Londra la mattina dopo, dopo una beata notte passata nel
più
profondo dei sonni e a qualche ammiccamento alle hostess, e appena
arrivò alla sala per il ritiro bagagli, vide dalla porta
automatica
almeno sei o sette energumeni vestiti di nero che lo attendevano.
Oh,
ma non si sarebbe fatto scarrozzare in giro per Londra da quegli
scimmioni~ prese il cellulare e chiamò il suo adorato Tony,
facendosi dare l'indirizzo lavorativo di questo stupido 'parente
della sposa' e prese il suo bagaglio, uscendo una felpa con i teschi
e mettendosela fin sulla testa, coprendola con il cappuccio. Si
unì
ad un gruppo di suore e si piegò, passando davanti agli
energumeni
che lo cercavano con lo sguardo. Ah~ niente di più facile!
Andò a
ritirare il suo tesorino e dopo averla abbracciata si mise alla
guida, dettando l'indirizzo al suo navigatore satellitare
incorporato.
“A
noi due, schifoso inglese, vedremo di tra noi due l'avrà
vinta~”
------------
Salve a tutti!
Innanzitutto grazie mille per le recensioni<3 non pensavo,
addirittura così tante! Beh spero di aver centrato il punto
giusto! è.é e spero di continuarla
presto<3 (il secondo capitolo l'avevo già pronto,
nyah XD)
Marlot, per rispondere alla tua precisazione su Sky... hai proprio
ragione! Ma è proprio perché ha vissuto tanto con
Norvegia da bambino che ora parla così tanto...
perché stare con quel ragazzo sempre serio e taciturno lo
intristiva! Ma quando si arrabbia è capace di essere come
Norvegia... o come Scozia XD ecco, vorrei farvi vedere veloci veloci
dei disegnini su questi personaggi che ovviamente non conoscete (mi
dispiace, non ne ho ancora nessuno presentabile di Kain
ç_ç) -> Sky -> Ray (scusate, non ne avevo
una più normale X°DD) penso che Scozia lo conosciate tutti u.u
Al prossimo capitolo!<3